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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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compiuto dei giochi sacri avrebbe propiziato il felice esito dello scontro a favore di Augusto! In realtà feste e giochi in onore<br />

di Apollo si celebravano ad Azio già in epoca greca; Augusto però ingrandì il tempio del Dio e costruì, sulla sponda<br />

opposta, la città di Nicopoli (= della vittoria), istituendo allo stesso tempo dei giochi quadriennali, il 2 settembre, in ricordo<br />

della battaglia navale. Questi ludi vennero celebrati fino all’avvento del cristianesimo. L’imperatore Giuliano li ripristinò nel breve<br />

periodo del suo regno.║interea magnum sol circumvolvitur annum “intanto il sole aveva compiuto nel cielo un grande giro<br />

(magnum annum)”, era trascorso cioè un anno solare dalla partenza dalla Troade. Questo particolare ci permette di stabilire -<br />

almeno nella poco credibile cronologia virgiliana - che gli Eneadi erano rimasti nell’isola di Creta fino a metà Agosto,<br />

giungendo dopo alcuni giorni di viaggio ad Azio, salpando poi per l’Italia all’inizio della Primavera. Ma perché a Didone Enea<br />

raccontò di trovarsi per mare da sette anni?║di Helenum “Eleno” abbiamo già scritto che “è un trasparente pseudonimo per<br />

indicare la luna (Selene), cui ineriscono le facoltà profetiche. Eleno profetizzava scrutando il volo degli uccelli” (come pare<br />

avvenisse a Dodona). Enea qui, nel chiedergli un vaticinio sui futuri percorsi, lo definisce “vate”, “interprete degli Dei, che<br />

intende la potenza di Febo, i tripodi e i lauri di Claros 106 e le stelle, nonché i linguaggi dei volatili e i significati dei loro<br />

voli augurali”. Alla caduta di Troia seguì il figlio di Achille, l’acheo Pirro, divenendone fidato consigliere, tanto che quando<br />

l’epirota volle cambiare moglie, abbandonando quella Andromaca moglie di Ettore che aveva condotto prigioniera, la ebbe in<br />

sorte, assieme alla tutela del figlio avuto con lei, Molosso. Morto poi Pirro, Eleno divenne signore di parte (la Caonia) del<br />

regno che era stato di Pirro. Qui fondò una nuova Troia 107 .║calor ossa reliquit ”il calore vitale abbandona le sue ossa” per<br />

gli antichi le ossa erano la sede dell’anima vegetativa; da qui tutta l’importanza della conservazione di queste nei riti funerari<br />

per il successivo “nutrimento” rituale dell’anima del trapassato 108 ║“{}” il verso 340 è uno di quelli incompiuti e doveva<br />

contenere forse un accenno diretto a Creusa, madre di Ascanio║caesis primum de more iuvencis “uccisi prima di tutto<br />

secondo il rito dei giovenchi”, Eleno sta per emettere il vaticinio richiesto da Enea ma non trascura le cerimonie preparatorie,<br />

la più importante delle quali era lo scannamento di animali di grossa taglia, affinchè col sangue versato si potesse creare<br />

l’adatto ambiente fluidico per la “materializzazione” della visione║Aeaeaeque insula Circae “l’isola di Circe Eea”; in questo<br />

caso Eea è aggettivo in quanto specificazione della sede di Circe. La localizzazione della sede della maga Circe presso il<br />

promontorio del Circeo è molto antica e viene data per certa già ai tempi di Tarquinio. Si noti che “isola” in greco aveva<br />

riferimento anche a località terrestri ma circondate dalle acque (come ancora adesso in alcuni toponimi italiani), per cui non<br />

vi sarebbe nulla di strano nel parlare del Circeo, considerando che già Esiodo la localizzava in una località “tirrena”. Omero<br />

però non specifica (anzi, in base alla sua descrizione si potrebbe pensare all’isola egea di Ikaria), ma nella saga dei “nostoi”<br />

di Odisseo già si parla di una località del Lazio 109 ║Eleno predice ad Enea il segno segreto che indicherà il termine del suo<br />

viaggio, cioè il rinvenimento del sito della futura nuova Troia: allorchè egli vedrà ingens sus alba “una grossa scrofa bianca”<br />

sdraiata, intenta ad allattare trenta porcelli. La scrofa era l’animale totem degli Eneadi poichè, stando al racconto di Licofrone<br />

(Alessandra v. 1257), se l’erano portata appresso fin dalla partenza da Troia. Noi crediamo che con questo simbolo Virgilio<br />

abbia voluto significare anche l’etimologia della parola Roma, da ruma mammella o rumen pancia. Una scrofa come animale<br />

eponimo dei Romani non dovette però esaltare la nobiltà patrizia che in seguito cercò di dignificare le proprie origini<br />

trasformando la scrofa che allatta in una lupa 110 che allatta, e nonostante che ancora con Cassio Emina la figura della<br />

scrofa fosse presente nella storia di Romolo e Remo. Come ha ipotizzato il Wiseman il simbolo della lupa risalirebbe solo al<br />

IV secolo║is locus urbis erit “questo sarà il sito della città”. La scrofa non fu trovata nel sito della futura Roma bensì a<br />

poca distanza dalla foce del Tevere. I Romani e Virgilio da ultimo, hanno cercato di porre rimedio a questo dato, cioè alla<br />

fondazione di una nuova Troia ben lontano da Roma, costruendo tutto un apparato dinastico che collegasse l’Urbe con la<br />

106 Città della Ionia (Turchia) famosa per un santuario oracolare di Apollo, tuttavia sorto su una preesistente sede dionisiaca.<br />

107 (*) Riferendo (v.349) che anche Eleno costruì una “piccola Troia”, Virgilio smentisce clamorosamente l’unicità della missione troiana! Anche questo<br />

dato è un messaggio cacozelico del poeta contro Augusto, secondo la sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di<br />

quella da lui accolta.<br />

108 “le ossa di Anchise racchiudono ciò che sopravvive di quel padre venerato: le ceneri sono il luogo dei Mani; non sono ossa inerti, giacchè la vita<br />

continua in esse; lì, nel fondo del midollo, si rifugia la sensibilità e, cosa più importante, da lì rinascono le generazioni. Per riprendere le parole di J.<br />

Bayet: si faceva affidamento sui morti, cremati o inumati, per suscitare e mantenere una corrente procreatrice tra la terra feconda e i vivi…anche se<br />

passate per il fuoco del rogo funerario, le ossa consacrate dei defunti erano gli agenti necessari a quel flusso vitale che collegava misteriosamente le<br />

generazioni” (P. Grimal: VIRGILIO, p.251. Rusconi, Milano 1986).<br />

109 “La posizione di questa Aiaie, l’isola di Circe, viene data nell’Odissea con parole che la trasportano oltre occidente e oriente. Ebbe poi un suo<br />

particolare fondamento, un fondamento nella concezione mitologica della configurazione del paesaggio, quando i Greci credettero di riconoscere l’isola di<br />

Circe, davanti le coste occidentali d’Italia: nell’odierno monte Circeo. Questo è sì unito alla terraferma mediante una pianura paludosa – le scomparse<br />

paludi pontine -, tuttavia anticamente ne era separato appunto da essa, in modo da formare un’isola selvosa. In questo promontorio circondato dal<br />

mare e dalla palude, ricoperto ancora dai boschi quando io lo visitai, in un paesaggio che al chiarore lunare, come io l’ho visto, sembra fatato,<br />

poteva benissimo avere la sua dimora quella grande dea arcaica, di cui scopriamo le fattezze in Circe” (K. Kerényi, FIGLIE DEL SOLE Boringhieri,<br />

Torino 1991). In Servio, VII 19, Circe viene definita una “grandissima puttana” (clarissima meretrix) che si spacciava come figlia del Sole a causa di<br />

questa sua gran fama e degradava gli uomini ad una vita animalesca con le blandizie della lussuria.<br />

110 La vicenda della scrofa ha del tragicomico. Dionisio di Alicarnasso riferisce che essa, gravida e prossima al parto di ben trenta porcelli, stava per<br />

essere sacrificata quando riuscì con degli scarti a scappare dalle mani dei sacrificatori eneadi. Inseguita a lungo da Enea per qualche chilometro, fu<br />

colta dalle doglie del parto sulla cima di una collina, dove si sgravò esausta. Qui Enea la scannò assieme ai suoi trenta porcellini. Le sue traversie<br />

non finirono qui, però! Varrone (DE RE RUSTICA II,4) riferisce che ancora ai suoi giorni a Lavinio “i sacerdoti mostrano il suo corpo conservato in<br />

salamoia”…

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