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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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Creusa║Lucifer ”Lucifero” (=apportatore di luce) è il pianeta Venere quando appare sul far dell’alba. Era chiamato Phosphoros<br />

dai Greci║<br />

LIBRO TERZO - “ODISSEA” (1-718)<br />

1<br />

In questo Terzo Libro, Enea prosegue il racconto che sta facendo alla corte di Didone circa le vicende che dalla caduta di<br />

Troia lo hanno condotto sulle spiagge puniche. Narra quindi di come gli Eneadi avessero lasciata la Troade e fossero<br />

approdati in Tracia. Qui però vengono informati dallo spirito del defunto Polidoro del tradimento del re Polimestore e di come<br />

fossero in pericolo. Pertanto salpano e giungono a Delo dove interrogano l’oracolo di Apollo circa i loro destini. Anchise<br />

interpreta l’oracolo nel senso di raggiungere l’isola di Creta, antica madre della stirpe troiana. Una subitanea pestilenza però li<br />

fa dubitare dell’esatta interpretazione e un’apparizione divina in sogno manifesta ad Enea che l’antica madre da cercare è<br />

l’Italia. Partiti da Creta, gli Eneadi incappano in una furiosa tempesta che li porta alle isole Strofadi, dove vengono a conflitto<br />

con le mostruose Arpie. Da qui, risalita la costa ionica della Grecia giungono a Butroto, ove ritrovano due insigni<br />

personaggi troiani: Eleno e Andromaca. Il primo, vate riconosciuto, racconta parte delle future peripezie di Enea e gli dà i<br />

suoi consigli. Attraversato lo stretto che separa l’Italia dalla penisola balcanica, Enea scende lungo le coste della Magna<br />

Grecia fino in Sicilia ma, all’altezza di Drepano, poco prima di raddrizzare la rotta alla volta dell’Italia, gli muore il padre<br />

Anchise. Il racconto dell’eroe termina col riferire a Didone e ai suoi commensali della disgraziata tempesta che li ha gettati<br />

naufraghi sulle coste cartaginesi.<br />

2<br />

Qui più che nei precedenti due Libri risalta la probabilità della doppia scrittura virgiliana, fatta di un testo epico come tutti<br />

noi lo conosciamo e di velati accenni e curiose contraddizioni (che non sfuggirono all’entourage di Augusto) i quali denotano<br />

l’insofferenza del Poeta per l’imposizione di un canovaccio falsato a fini di una “edificante” propaganda politica, e verso il<br />

formalismo religioso augusteo che Virgilio, come epicureo, non sopportava. Se nel libro successivo, infatti, verrà in risalto<br />

maggiormente la critica alla religione augustea del Fatum, contrapponendogli la commovente storia d’amore tra Didone ed<br />

Enea, in questo Terzo egli ha dato più spazio alla condanna del mito romano: quello che voleva Roma e il suo popolo<br />

discendere direttamente dai Troiani, magari attraverso gli Etruschi; ed emettere una condanna scrivendo formalmente il contrario<br />

di quello che si deve dire, non è impresa da poco. Ci limitiamo a segnalare come Virgilio, occultamente, sminuisce il ruolo<br />

di Enea, su cui tante attese ripone Augusto. Gli è sufficiente nel corso della narrazione segnalare al lettore sagace i passi<br />

in cui è Anchise il vero capo della spedizione troiana e ciò avverrà inesorabilmente per tutto il libro, fino alla di lui morte.<br />

Il libro comincia con una prima stridente contraddizione: la fondazione in Tracia della città di Eneada. A che scopo segnalare<br />

questa e le successive varianti di un mito di fondazione urbico, quando il poema aveva il compito di far convergere verso<br />

Roma tutti gli sforzi degli Eneadi, se non quello di negare la missione fatale di Roma? Sempre in Tracia Virgilio pone,<br />

contrariamente alla tradizione omerica, la figura di Polidoro e Iliona, colà nascosti dal padre Priamo assieme ai simboli della<br />

potestà regale troiana. Di fronte a loro Enea non può che apparire come un ramo collaterale, privo di investitura. Ma è<br />

davvero sorprendente scoprire che in tutta l’Eneide i Troiani vengono denominati dal poeta con l’epiteto di Dardani, cioè<br />

discendenti da quel Dardano che sarebbe giunto nella Troade dall’Italia, solo 13 volte (e sempre 13 col termine di Eneadi)<br />

mentre vengono designati come Teucri, cioè discendenti del cretese Teucro, per ben 130 volte. La decuplicazione non ci<br />

sembra affatto casuale tenendo poi conto che l’antica madre patria viene detta essere Creta! C’è poi la dura condanna che<br />

la regina delle Arpie pronuncia contro Enea. E’ un vero e proprio atto di accusa la cui gravità sfugge ai più solo grazie al<br />

successivo intervento laudatorio di Eleno che ne ottunde abilmente l’eco.<br />

║Antandro “Antandro” (l’odierna Altinoluk), città situata nel golfo di Edremit, cioè dalla parte opposta a dove erano sbarcati<br />

gli Achei. Plinio (V, 123) scrive che un tempo si chiamava Edoni. La leggenda che Enea, invece, avrebbe traversato<br />

l’Ellesponto è inverosimile: quella parte di costa era tutta presidiata dagli Achei, che vi avevano anche il loro accampamento.<br />

A meno di non voler ammettere l’ipotesi del tradimento degli Eneadi║Anchises “Anchise” dette l’ordine di prendere il largo,<br />

sia perché era ancora il paterfamilias degli Eneadi, sia in virtù della sua funzione sacerdotale connessa con l’arte augurale;<br />

un frammento di Nevio lo fa detentore di libri oracolari consegnatigli da Venere║ dum fortuna fuit “finchè durò la fortuna”.<br />

Enea intende accennare al tradimento del re tracio Polimestore ai danni dei Troiani per pura cupidigia di denaro║(*)<br />

Aeneadasque meo nomine de nomine fingo “ed Eneade la battezzo dal nome mio”: se Virgilio fa qui vedere un Enea subito<br />

pronto ad erigere una nuova città è perché segue gli antichi racconti che lo descrivevano come mai giunto in Italia. Lo<br />

conferma anche il fatto importante che egli la chiama col suo nome. E’ questo uno dei tanti esempi di scrittura occulta<br />

virgiliana, “secondo la sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di quella da lui

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