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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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capriccio, che si può morire di malamorte e immeritatamente anche se si è il più pio degli uomini 85 , come pare fosse Rifeo.<br />

Questa frasetta messa lì en passant è uno di quegli altri punti in cui si potrebbe rintracciare un occulto tentativo virgiliano di<br />

criticare la teologia augustea (del resto Virgilio era epicureo), a favore di chi sapeva leggere tra le righe! Uno studioso<br />

cattolico ha tentato di ignorare questo verso parlando di una concezione metafisica maturata nel tempo, la quale riuscì a<br />

riconoscere un monoteismo di fondo: “Siamo quindi indotti a pensare che tra gli ‘anni di Mecenate’ e gli ‘anni di Augusto’ il<br />

poeta ebbe, in un’epoca che ci riserviamo di determinare, un’illuminazione tale da modificarne profondamente il pensiero.<br />

Rinunciando al dogma epicureo del puro meccanicismo – il grande gioco delle combinazioni eseguito, per secoli senza fine,<br />

dalle particelle (atomi) di cui è formata la materia, cozzando e vibrando all’interno di corpi composti secondo un ritmo<br />

caratteristico di ogni natura, senza che mai intervenga alcuna intelligenza, alcuno sprazzo di coscienza, alcuna volontà divina<br />

a introdurre la benchè minima finalità – Virgilio giunse ad ammettere l’intervento di forze trascendenti nella guida dell’universo.<br />

Inizialmente, l’essenziale del suo pensiero non ne venne modificato; ma questo fu l’avvio dell’evoluzione che risulta del tutto<br />

evidente solo nell’Eneide”. 86 In realtà questa interpretazione è una forzatura di alcuni passi virgiliani delle Georgiche nelle quali<br />

il poeta riconosce, politeisticamente, che esiste una legge di natura che regola il mondo animale; da qui ad estrarne una<br />

dottrina metafisica ce ne passa! Come ben disse Servio, Virgilio vuole/deve solo esaltare (laudare) Augusto, e quindi<br />

necessariamente deve far sboccare il tema della pietas in uno scenario metafisico. I versi connessi a Rifeo e Panto stanno<br />

dunque lì a manifestare la vera idealità di Virgilio.║Orco “Orco”, nome latino dell’Oltretomba che a volte designava lo stesso<br />

re degli inferi. Il nome forse deriva da “Forco”, Dio pre-greco delle profondità marine. Gli Dei maschi pre-greci del mare<br />

divennero, in seguito all’invasione achea, Dei degli inferi o “Vecchi del Mare”║Aiax “Aiace”, figlio di Telamone, è assieme ad<br />

Achille l’esempio caratteristico di guerriero ottuso e brutale. Si suiciderà per una sciocchezza, un motivo legato al codice<br />

d’onore guerriero. Da non confondersi con Aiace figlio di Oileo, citato nel precedente Libro. Quest’ultimo fu colui che rapì la<br />

sacerdotessa Cassandra (l’avrebbe anche violentata) e sottrasse il Palladio. La città magnogreca di Locri, aveva la secolare<br />

tradizione di inviare al tempio di Atena troiana due vergine destinate al culto, quale espiazione dell’empietà di questo Aiace.<br />

Forse un oscuro retaggio di un episodio di ieropornìa║Nereus “Nereo” divinità pre-olimpica del mare placido e tranquillo,<br />

analoga a Proteo e ad altri “Vecchi del Mare”, per quanto qui Virgilio lo descriva come sommovitore di flutti. Era anch’esso<br />

dotato di facoltà metamorfiche ed oracolari, ed era padre delle 50 Nereidi. Aveva predetto a Paride le sventure che<br />

sarebbero seguite al rapimento di Elena║Andromache ”Andromaca”, moglie di Ettore che alla caduta della città venne<br />

assegnata in sorteggio come schiava al figlio di Achille, Neottolemo, in Epiro. Alla morte di quest’ultimo andò in sposa ad<br />

Eleno, cioè a suo cognato (Eleno era fratello di Ettore) che aveva ereditato il regno di Neottolemo. Anche nel caso di<br />

Andromaca come in quello di Elena, ricorre l’usanza patriarcale di far sposare la vedova col fratello del defunto. Ebbe la<br />

ventura di rivedere Enea diretto in Italia. Alla morte di Eleno Andromaca si trasferì col figlio Pergamo, avuto da Neottolemo,<br />

in Asia minore, dove fonderanno la città omonima║Astyanacta “Astianatte” o Scamandrio era il figlioletto di Ettore e, quindi,<br />

l’ultimo erede della dinastia di Priamo. Il suo nome significa ‘padrone della città’. Venne ucciso scagliandolo giù dalle mura di<br />

Troia 87 . Con la sua morte, Enea divenne il continuatore della dinastia troiana. Altre versioni vogliono che Astianatte si salvò,<br />

fondando una nuova Troia.║la bipenni “bipenne” è la famosa doppia ascia, nota per i ritrovamenti archeologici cretesi.<br />

Tuttavia, nel caso di quest’ultimi, è da notare che si tratta di una deformazione del simbolismo e che non rappresenta<br />

un’ascia vera e propria ma la Dea-farfalla, simbolo di metamorfosi 88 .║Hecubam ”Ecuba”, seconda moglie di Priamo, cui aveva<br />

generato 19 dei suoi 50 figli. Il figlio Paride venne abbandonato sul monte Ida a seguito di un sogno della madre che ne<br />

vaticinava il futuro come causa della distruzione di Troia. Il nome potrebbe avere un’attinenza con il frigio ‘Cibele’ e quindi<br />

impersonare un’antica Madre divina di cui Priamo/Priapo sarebbe stato il paredro.║Priamo, prototipo del re fallico fecondatore,<br />

aveva un harem di centum nurus “cento giovani donne”; la parola nurus in latino significa infatti, oltre che nuora, anche<br />

giovane donna, concubina. Virgilio le designa eufemisticamente come “nuore” della moglie del re. I numeri 100, 50 e 19<br />

hanno comunque attinenza con un simbolismo astronomico ed in particolare con il computo del tempo per cicli di mesi<br />

lunari 89 ║l’albero del laurus “lauro” o alloro, che umbra complexa penatis “con la sua ombra era d’abbraccio ai penati”, posto<br />

al centro della casa di Priamo, è parallelo a quello che sorge al centro della dimora di re Latino, nel Lazio, come vedremo<br />

più avanti. Il lauro come pianta è un simbolo di potenza tellurica e di fuoco infero, in relazione col culto degli<br />

antenati║Creusa “Creusa”, come abbiamo visto nel precedente Libro, è il nome che Virgilio assegna alla moglie di Enea,<br />

85 v.426-8: “cadde Rifèo, ch'era ne' Teucri un lume / di bontà, di giustizia e d'equitate /(cosí a Dio piacque); ed Ipane e Dimante / caddero<br />

anch'essi; e questi, ohimè! trafitti /per le man pur de' nostri. E tu, pietoso / Panto, cadesti; e la tua gran pietate, / e l'ínfola santissima d'Apollo / in<br />

ciò nulla ti valse.”<br />

86 P. Grimal: VIRGILIO p.134. Rusconi, Milano1986.<br />

87 R. Graves sostiene che il racconto della sua uccisione è l’eco di un primitivo sacrificio di fondazione urbico che troverebbe riscontro anche in un<br />

testo biblico (PRIMO LIBRO DEI RE, 16,34), tuttavia non si capisce in che modo Graves stabilisca una relazione tra i due fatti. L’usanza di<br />

sacrificare esseri umani per propiziare la buona tenuta di un edificio era però nota anche in Cina (Grande Muraglia).<br />

88 M. Gimbutas: IL LINGUAGGIO DELLA DEA, p.273, Longanesi, Milano 1990.<br />

89 “cento mesi era il numero di lunazioni del Grande Anno pelasgico, che terminava con un’approssimazione del tempo lunare e di quello solare,<br />

molto più rudimentale però di quella che si riscontrava alla fine del ciclo di diciannove anni. I re gemelli regnavano ciascuno per cinquanta mesi” (R.<br />

Graves: LA DEA BIANCA, p.339. Adelphi, Milano 1992).

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