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I MOTIVI DEL « CATTIVO ZELO »<br />
“Molte, sì, le cose meravigliose, eppure talvolta miti elaborati con arte<br />
travisano con variopinte menzogne, andando al di là del discorso verace,<br />
le storie degli uomini. La Grazia, che apporta ogni dolcezza, spesso fa sì che<br />
credibile sia l’incredibile, ma sono i giorni a venire i testimoni più sicuri”<br />
(Pindaro, Olimpiche, I)<br />
Hanc etiam, Maecenas, aspice partem<br />
[Anche su ciò, o Mecenate, getta uno sguardo]<br />
Virgilio: Georgiche, IV, 2<br />
L’utopia della ‘neutralità’ e ‘oggettività’ di una ricostruzione<br />
storica appare tanto più impensabile riguardo a tematiche in grado di<br />
coinvolgere i ricercatori anche sul piano umano, sollecitandoli a<br />
confrontarsi con le proprie intime convinzioni ideali.<br />
(F. Lucrezi: Messianismo, Regalità, Impero. La Giuntina, Firenze 1996)<br />
L’Eneide prima di essere un monumento letterario è un monumento politico. Di quest’ultimo aspetto si è persa da secoli ogni<br />
attualità, al punto che a stento qualche autore più avveduto vi si è soffermato. Riproporne ora la natura politica è dunque<br />
operazione di limitata importanza ma che abbiamo intrapreso sia per una personale curiosità intellettuale che per soddisfare il<br />
bisogno storico di definire questo documento in tutti i suoi aspetti; cosa che non è mai stata fatta. Marginalmente ciò servirà<br />
anche da stimolo per un nuovo revisionismo, nei confronti di coloro che con scritti sparsi si ancorano tuttoggi tenacemente al<br />
mito di Roma, senza volerlo sfrondare degli aspetti irrazionali e più volgarmente emotivi.<br />
E’ di scarsa importanza sapere se Virgilio decise di dar vita all’Eneide autonomamente; traccia di ciò vi sarebbe in un<br />
componimento precedente. Sta di fatto che il poema venne accettato e “dettato” al poeta mantovano personalmente da<br />
Ottaviano Augusto (lo stesso fece col poeta Orazio), allo scopo di propagandare il nuovo corso ideologico che l’erede adottivo<br />
di Cesare stava instaurando nel Mediterraneo. Col metro odierno l’operazione appare poco efficace, ma non se si considera<br />
che all’epoca un componimento scritto da un poeta aveva una forza travolgente, equivalente all’assommarsi dei vari mezzi di<br />
comunicazione di massa contemporanei.<br />
Da tempo le famiglie nobili (patrizie e plebee) di Roma avevano cercato di abbinare al predominio economico e politico una<br />
veste che desse lustro in termini di celebrità spirituale ad una grandezza che altrimenti avrebbe denunciato tutta la sua<br />
opaca, anche se industriosa, materialità. Per fare ciò dovevano seguire un percorso obbligato, poiché allora parlare di<br />
eccellenza spirituale e umana voleva dire parlare di Grecia. Queste famiglie dunque si ricollegarono agli antichi racconti dei<br />
primi navigatori micenei giunti in Italia e ne deformarono alcuni particolari per adattarli alle proprie necessità 1 . “Nel corso dei<br />
secoli Roma aveva accumulato gloria militare sufficiente a non farle avvertire il bisogno di conquistarne altra. Vi erano però<br />
glorie diverse, acquisibili solo nella pace: la gloria della bellezza, in ogni sua forma”. 2<br />
Il gruppo gentilizio cui apparteneva Ottaviano Augusto, la stirpe giulia, era stato fatto derivare dalla Dea greca Afrodite<br />
(unicamente nel suo aspetto di “genitrice” poiché i suoi canoni mal si adattavano alla rude moralità romulea… come era già<br />
avvenuto per la Magna Mater di Pessinunte) e, più umanamente, dal figlio che essa ebbe con il troiano Anchise. Trattandosi<br />
del gruppo che deteneva già con Giulio Cesare il vertice del potere, anche l’insieme del popolo romano venne fatto partecipe<br />
della stessa ascendenza: i Troiani. Fin qui le cose poco prima della stesura dell’Eneide. Ma la manipolazione più grossa era<br />
stata escogitata già con l’Alessandra di Licofrone, per giustificare le mire espansionistiche verso Oriente dello stato romano, e<br />
quindi ripresa da Augusto. Così si volle che l’antenato di una componente del popolo troiano, un certo Dardano, fosse partito<br />
dalla presunta natia Corito in Italia prima di dar vita alla schiatta troiana. Veniva deliberatamente stravolto il mito originario di<br />
Dardano, che era illirico 3 . Il presunto ritorno 4 dardanide di Enea in Italia, veniva quindi giustificato e idealizzato ed ora che i<br />
1 Secondo Georges Dumézil (LA RELIGIONE ROMANA ARCAICA, p.392, Rizzoli, Milano 1977) ciò avvenne tra il 380 e il 270 a.C.: “Giunta ormai a<br />
grande potenza, Roma si creava un passato. Le influenze greche sono manifeste nei particolari del lavoro degli eruditi, soprattutto nel passato che<br />
doveva procurare alla loro città delle patenti di nobiltà adeguate all’attuale supremazia, i pre-annalisti attribuirono speciale importanza a racconti che,<br />
almeno in parte, esistevano già e consentivano di collegare alle grandi favole greche l’origine del popolo romano (…) Si discuterà ancora a lungo<br />
sull’origine della carriera italica, poi romana, del pio Enea. Una recente ipotesi, più verosimile di altre, attribuisce agli abitanti della Focide l’onore<br />
d’aver introdotto in Italia la figura dell’eroe, che sembra sia stata accolta dapprima dagli etruschi”.<br />
2 P. Grimal: VIRGILIO, p.103. Rusconi, Milano 1986. La stessa operazione era stata già compiuta per loro conto dagli Etruschi i quali, che fossero o<br />
non fossero derivati dal mondo egeo, erano affetti da una vera e propria grecomania, pur combattuti aspramente dagli stessi Greci.<br />
3 J. Wilkes: GLI ILLIRI Ecig, Genova 1998.<br />
4 “Il viaggio dell’eroe troiano è l’altro grande nostos occidentale e legittimamente magnogreco” (G.D. Massaro: Itinerari e viaggi marittimi in Magna<br />
Grecia. Sta in: IDEA E REALTÀ DEL VIAGGIO - Il viaggio nel mondo antico, p.146. Ecig, Geova 1991)