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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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stranezza virgiliana, di quelle che ipoteticamente possono far pensare ad una ideologia sotterranea parallela a quella ufficiale<br />

dell’Eneide voluta da Augusto: lo sceptrum scettro che Enea dona a Didone. Pare davvero strano che il duce troiano vada a<br />

donare alla regina di Cartagine lo scettro che aveva impugnato Iliona, la figlia primogenita di re Priamo! Chiunque avrebbe<br />

interpretato come una consegna di dignità e prerogative, come un passaggio di poteri, il trasferimento a Cartagine<br />

dell’imperium di Troia – e il fatto che una figlia primogenita fosse, secondo Virgilio, dotata della potestà di impugnare uno<br />

scettro, potrebbe dirla lunga sulla vera concezione virgiliana della potestà governativa! Il dato è ancor più significativo perchè<br />

Iliona, una volta andata sposa al re di Tracia Polimestore 62 , avrebbe consegnato lo scettro a Enea. Non solo, ma tra i doni<br />

di Enea a Didone ve ne sono altri non meno significativi e regali: una doppia corona di oro e gemme ed un mantello<br />

trapunto d’oro. Una cosa del genere non poteva naturalmente sfuggire a chi segnalò a Vipsanio Agrippa la generale cacozelia<br />

del testo virgiliano. Un moderno estimatore della Romanità romulea, Marco Baistrocchi, ha cercato di ovviare non negando<br />

l’incongruenza bensì ammettendola e associando il dono dello scettro ilionaeo con quello che Enea donerà a re Latino,<br />

spiegando come se Virgilio avesse voluto “adombrare i due retaggi e le due opzioni fatidiche entro cui è oscillata la<br />

tradizione romana dalle più remote origini” (cit. p.312) 63 . In quest’ottica Didone intravede la possibilità di unire al suo<br />

dominio su Cartagine anche i “diritti” sul mondo greco… che invece proprio Augusto voleva avocare a sé tramite la<br />

rielaborazione del mito eneadico. Didone è Cleopatra! Ribaltare almeno miticamente l’esito della battaglia di Azio e dare<br />

all’Egitto il dominio sull’Occidente. La volontà di Virgilio, vistosi moribondo, di far bruciare l’Eneide acquista quindi un altro<br />

sapore: non più eliminare un’opera perché non ancora ritoccata nei suoi ultimi dettagli (e in effetti tale motivazione è ben<br />

poco credibile), ma eliminarla per togliere ad Augusto la base ideologica e mitica del suo potere. Il doppio senso virgiliano<br />

assumerebbe in questo contesto il sapore di una tremenda pugnalata alle spalle.║Cupido, la forza dell’Eros, è l’essenza<br />

stessa della Dea Venere e per questo essa chiama il piccolo Dio: meae vires, mea magna potentia solus mia forza, mia<br />

unica grande potenza”.║Il potere di Cupido – ed è forse questa una reminiscenza orfica - è superiore anche alle saette di<br />

Giove, che qui son dette tela typhoea dardi tifei in ricordo della lotta che vide vincitore Giove sul dio pre-indoeuropeo Tifeo<br />

o Tifone.║amaracus “amaraco” o sampsuco è la nostra maggiorana. L’amaraco è pianta sacra alla Dea, stanti le sue<br />

signaturae: delicato di aspetto (mollis) e promanante un effluvio calmante e seducente. Esiste anche un Amaracus Dictamnus<br />

che non è altro che il Dittamo di Creta, pianta che vanta una forte tradizione come afrodisiaco. Tuttavia il suo odore non è<br />

gradevole come la maggiorana 64 .║la pateram patera è il tipico recipiente, basso e svasato, usato per compiere le libagioni.<br />

In origine l’usanza di bere vino in gruppo aveva peraltro uno scopo divinatorio o entusiastico. La libazione si effettuava con<br />

diversi generi di liquidi che venivano versati su altari, mense ma anche sul terreno o nell’acqua o, nei sacrifici cruenti, sul<br />

capo degli animali. Questa pratica era compiuta dagli Antichi più volte nel corso della giornata, allorchè si riteneva che ci<br />

fosse un motivo per compierla, e si può dire che fosse il corrispettivo della pratica cristiana del recitare preghiere. La<br />

libazione era soggetta a precise norme: alle divinità infernali, alle Ninfe, al Sole, alla Luna e alle Muse si libava<br />

generalmente pura acqua di fonte; alle altre latte, miele, vino e sangue oppure una mescolanza di elementi.║Il personaggio<br />

cartaginese Bitiae Bizia, che Servio identifica come capo della flotta cartaginese, è assiso a fianco di Didone e beve dalla<br />

sua coppa. Questo particolare rende giustizia alla storia, poiché la figura di Didone è stata falsata da Virgilio. Le colonie<br />

fenicie non furono mai rette da sovrani autonomi – men che mai donne – ma da suffeti cioè da funzionari che, almeno<br />

simbolicamente, dipendevano dalle Città-madri, cui versavano un tributo annuale. Bizia e gli altri principi erano i veri capi di<br />

Cartagine.║La costellazione delle pluvias Hyadas Iadi piovose appariva in cielo tra il 16 Maggio e il 9 Giugno e,<br />

tramontando tra il 2 e il 7 Novembre, segnava l’inizio della cattiva stagione.║Nel racconto virgiliano è la septima aestas<br />

settima estate che gli Eneadi stanno peregrinando in cerca del Lazio. Questa affermazione non collima con il successivo<br />

racconto che Enea fa a Didone della sua partenza da Troia fino al seppellimento di Anchise a Drepano. Si può comunque<br />

congetturare che Virgilio abbia voluto dare al racconto una successione cronologica molto schematica. Secondo Dionisio di<br />

Alicarnasso, invece, Enea avrebbe raggiunto la terra designata dal Destino “al compimento del secondo anno dopo la presa<br />

di Troia” (I, 63). Enea computa per estati anziché per anni in quanto nel mondo antico la navigazione avveniva nella<br />

stagione estiva cioè da Maggio a Novembre, mentre in quella invernale le navi venivano tirate in secco e i marinai<br />

svernavano sul posto dove si erano fermati.<br />

LIBRO SECONDO - “La caduta di Troia” (1-804)<br />

1<br />

Virgilio rievoca, a beneficio di Didone e della sua corte, le vicende della caduta di Troia. Questo secondo libro risalta<br />

rispetto al precedente per la maggiore forza emotiva che Virgilio conferisce ad alcuni episodi, quali quello di Sinone, le stragi<br />

anche la romana Acca Larenzia. Tutto ciò rimanda a rituali di prostituzione dotale (M. Duichin: IEROPORNIA, cap.II. Il Mondo 3, Roma 1996). Anche<br />

l’espressione faccia di cagna è comunque connessa al tema della prostituzione sacra, poichè in Licofrone (v.1385) la figlia di Neleo, “vergine puttana”,<br />

viene detta “abbaiare oscenità”. Tra i Romani, popolo meno domestico dei Greci, la lupa faceva le veci della cagna.<br />

62 Caduta Troia, Polimestore la uccise, così come uccise anche suo fratello Polidoro.<br />

63 In realtà il dono fatto a Latino si pone, come vedremo, sullo stesso piano del dono fatto a Didone!<br />

64 Cfr. anche la nostra nota sul dittamo al Libro XII

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