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differenza di Eolo, i Venti sono oggetto di devozione popolare. Una “Sacerdotessa dei Venti” è ricordata in una iscrizione<br />
cretese (Knossos Corpus, Tavoletta Fp [1]1). Ai Venti pare che si sacrificassero vittime umane e più tardi, agnelli bianchi o<br />
neri, a seconda che essi fossero benefici o meno. Secondo il bizantino Giovanni Malalas Vespasiano edificò un tempio dei<br />
Venti ad Antiochia. Erano rappresentati come uomini anziani alati e dai lunghi capelli. Ecco i loro nomi greco-romani: Borea<br />
o Settentrione, da Nord; Scirone o Coro da Nord-Ovest; Zefiro o Favonio, da Ovest; Lips o Africo da Sud-Ovest; Noto o<br />
Austro, da Sud; Euro o Volturno da Sud-Ovest; Apoliote o Subsolano da Est; Cecia o Aquilone da Nord-Est║Virgilio usa il<br />
plurale poiché sottintende che con sceptra uno scettro Eolo ammansisca i Venti e con l’altro li susciti. Come si evince più<br />
sotto, Eolo in realtà impugna un’asta, le cui estremità hanno il potere di sciogliere o rinserrare i Venti 38 .║penatis I Penati<br />
sono potenze invisibili tipiche della tradizione latina (identici ai Lari della tradizione etrusca e ai Terafim di quella ebraica),<br />
energie promananti dagli antenati che fornivano il sostentamento e la protezione della più antica famiglia latina. Venivano<br />
rappresentati in maniera fittile come statuine conservate gelosamente nel penetrale (penus) della casa, costituendo infatti<br />
l’identità stessa di ogni nucleo familiare. Secondo Fustel de Coulanges i Penati erano infatti gli antenati, sepolti sotto il<br />
pavimento della più antica abitazione latina. Successivamente però, con l’introduzione delle leggende filo-troiane, i Penati<br />
assunsero esplicitamente un’altra connotazione. Divennero i “Grandi Dei” di Samotracia, i Palladii, che gli Eneadi – come<br />
scrisse già Varrone - avrebbero recato nel Lazio e a cui vennero eretti templi sia a Lavinio che ad Alba ed infine a Roma<br />
col nome di “Dei Penati”. “Ma cosa fossero, in ultima analisi, i Penati, gli stessi autori antichi sembravano ignorarlo,<br />
limitandosi al più ad avanzare in proposito le ipotesi più diverse e contraddittorie” (Baistrocchi, cit. p.198). Detto da un<br />
seguace della religione augustea non si può che credergli. Nigidio Figulo e Cornelio Labeone ipotizzarono infatti che questi<br />
Dei fossero nient’altro che Apollo e Nettuno, cioè coloro che contribuirono a edificare Troia. Macrobio, senza citare la fonte,<br />
riporta l’opinione che li identifica in Giove, Giunone e Minerva. Pure Vesta farebbe parte di questa associazione. Anche<br />
Cassio Emina e Claudio Igino si occuparono dell’origine di questi Dei, dimostrando con ciò il grande interesse dei Romani<br />
per un mito “esotico” di cui non si sapeva praticamente nulla. 39 Lo stesso Dionisio di Alicarnasso conferma l’ignoranza di tutti<br />
sull’argomento scrivendo che non è giusto indagare troppo su tale questione, a causa di una tabù religioso. Egli anzi propizia<br />
la confusione parlando di due palladii maschili, forse attingendo a un passo di Ferecide. Invece il Palladio vero e proprio,<br />
stando ad una seria ed importante testimonianza di Erodiano (Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio V,6) era semplicemente la<br />
statua di Pallade: “…la statua di Pallade, che i Romani venerano tenendola in un luogo nascosto e lontano da ogni occhio<br />
umano. La statua non era mai stata mossa dai tempi nei quali era stata portata da Troia, se non quando il tempio fu<br />
minacciato da un incendio (…) portava le armi e di indole guerriera”. Ciò è confermato da quanto scrisse Apollodoro (III,12,3)<br />
“Era grande tre cubiti, aveva i piedi tra loro accostati e teneva nella mano destra una lancia brandita, mentre nell’altra aveva<br />
una conocchia e un fuso”. Ma, insomma, chi era Pallade? Analizzando il mito riportato nel passo di Apollodoro 40 si vede<br />
bene che era la divinità pre-indoeuropea, a carattere amazzonico, venerata con quel nome prima della sua trasformazione in<br />
Atena.║bis septem due volte sette, cioè quattordici, è il numero di una mezza lunazione (i 14 giorni di maggiore illunazione)<br />
che identifica Giunone come Dea della luna piena. ║nimphae Ninfe, energie sottili della natura polarizzate in senso femminile<br />
e divinizzate antropomorficamente come seducenti fanciulle, corrispettive dei maschili Satiri. I latini le chiamavano anche<br />
lymphae (da “linfa”), con il che si evidenzia meglio il loro carattere di energie occulte e latenti, celate dietro l’aspetto<br />
manifestato della natura. Essendo delle energie di polarità negativa la mitologia le ha sempre raffigurate perenni vittime degli<br />
assalti erotici dei loro corrispettivi poli positivi; quasi tutte le divinità maschili hanno avuto, chi più chi meno, a che fare con<br />
queste creature equoree e diafane. Da succube delle divinità maschili esse però diventavano incube di quegli uomini che si<br />
lasciavano sedurre dalla loro malìa, ovvero attrarre dall’iper-polarizzazione del loro elemento occulto, l’acqua. Celebre è il caso<br />
di quegli uomini che grazie al contatto con una ninfa – come nel caso di Numa con Egeria – godettero di una saggezza<br />
inusuale. Con caratteristiche a volte inquietanti erano raffigurate tra gli Etruschi col nome di Lases.║conubio stabili lo stabile<br />
connubio con Deiopea che Giunone promette ad Eolo è una delle tante enfatizzazioni virgiliane che ricalcano la politica<br />
religiosa di Augusto, basata sulla morigeratezza di costumi ormai tramontati nella Roma imperiale.║Aras le Are o altari di<br />
Nettuno sarebbero stati i relitti di un’isola dove Romani e Cartaginesi avevano stabilito il confine marittimo tra le due potenze<br />
(ci sarebbe notizia in alcuni autori latini). Poi l’isola sarebbe stata sommersa lasciando affiorare soltanto degli scogli dove i<br />
Cartaginesi si recavano talora per celebrare qualche sacrificio; sempre che la notizia non sia una fantasia che Virgilio ha<br />
ripresa dai Greci che volevano trasporre la leggenda del confine cartaginese terrestre dell’ara dei Fileni, posta di fronte alle<br />
Sirti, che divideva Cartagine da Cirene. Ancora ieri, nel Canale di Sicilia, si è avuta notizia dell’isola vulcanica Ferdinandea,<br />
apparsa e scomparsa più volte a causa di sommovimenti tellurici║Syrtis la Grande e la Piccola Sirte sono due larghi golfi<br />
(oggi Sidra e Gabes: il primo di bassi fondali ed il secondo di coste rocciose) posti moltissimo più a sud di Cartagine,<br />
38 “Non bisogna infatti dimenticare che lo scettro è un bastone lungo, che viene tenuto verticalmente sul suolo e su cui ci si appoggia, un bastone<br />
cioè anche per camminare” (Baistrocchi: cit. p.192).<br />
39 Si potrebbe essere avviati sulla giusta strada raccogliendo l’etimologia proposta dal Dumezil ne LA RELIGIONE DI ROMA ARCAICA (che associa<br />
penus, penitus, penetrare, penetralia e penates) e quella già citata del Nispi-Landi che fa risalire la parola Palladio al greco phallos.<br />
40 “Si dice che quando Atena nacque venne allevata da Tritone, che aveva una figlia chiamata Pallade. Entrambe praticavano le arti della guerra e<br />
un giorno si sfidarono; Pallade era sul punto di colpire l’amica quando Zeus spaventato la protesse con l’egida, cosicchè quella, sorpresa, fissò gli<br />
occhi su di essa e in tal modo venne colpita da Atena e morì” (Apollodoro: BIBLIOTECA Adelphi, Milano 1995)