L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti

L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti

maurizioferrarotti.com
from maurizioferrarotti.com More from this publisher
21.05.2013 Views

anoressico e ora sembri un cinghiale di Giaveno!” Che esagerati. Però m’altererei molto di più se mi dicessero: “Ehi, Ma’, una volta eri il nipote sabaudo di Iggy Pop e ora sembri il fratello gemello di Vasco Rossi.” O peggio ancora, Antonio Albanese a.k.a. Alex Drastico, un altro cui vengo frequentemente raffrontato anche se, per dirla come Johnny Stecchino, nun me somiglia pe’ nniente. Puntualmente il giorno dopo che qualcuno – in genere è una lei, porcaccia l’oca, ma cos’hanno le donne al posto delle cornee? – mi ha rovinato il drink con ’ste similitudini del kaiser Franz, scendo giù al parco e meno mazzate basche al muro come un forsennato per un’ora. Jakina! Tra il 1993 e il 1995 ci nominammo Avanguardia Gastrica. In autunno e inverno ogni sabato o domenica salpavamo per vere e proprie spedizioni enogastronomiche nelle Langhe o nel Monferrato. Il nostro santuario era il ristorante Vigin Mudest di Alba, dove ci stroncavamo d’antipasti alla piemontese, agnolotti e/o tajarin con grattatina di tartufo bianco, sorbetto, costolette di agnello o brasato e dolci prelibati (il bunet è paradisiaco…), il tutto generosamente annaffiato di Barbera. Ora ci siamo acquietati, ma di quando in quando, direi una volta ogni due mesi, la mangiata festiva ci scappa ancora. E le mandibole tornano a macinare come il Pac-Man. Per quanto concerne Torino e i suoi luoghi di ristoro, prendo a prestito da un giornale questa dichiarazione: “Restano le eccellenze, stentano i locali medi.” Sono tempi duri per la ristorazione di qualità, sia per la crisi, sia perché i tempi e i costumi sono cambiati. È in voga “l’apericena” e io invero non lo osteggio purché l’offerta sia variegata e genuina: in tal senso il Fluido, situato al Parco del Valentino in riva al Po, è il miglior locale di Torino. Prosciutto crudo, insalata di riso e Budweiser come se piovesse è il mio aperitivo lungo del sabato sera col vista sul ponte della Gran Madre. Se poi mi resta fame vado al Retrò, il ristorante di Steve. Markette. Tornando a bomba, cioè alla sacra birra, il Birrificio Torino la produce artigianalmente in moderate quantità nel laboratorio annesso al ristorantebirreria dallo stesso nome. Non è uno dei locali che batto di frequente ma mi garba andarci. Là potete gustare alcune ricette sfiziose, come il maiale cucinato con la Birra Torino, chiara doppio malto a bassa fermentazione, le frittelle di baccalà alla Clara (così il Birrificio Torino denomina la sua birra chiara) e le coscette di pollo marinate in un intingolo di bacche di ginepro, foglie d’alloro spezzettate, sale, pepe e birra Rufus, specialità artigianale di birra rossa a doppio malto. Un altro birrificio d’ottima fama 70

è il Brew Pub BEFed di Settimo Torinese, dove si tracanna birra d’acqua e malto d’orzo e si mangia il galletto al forno. Gnam gnam. Chiunque almeno una volta nella propria vita ha idoleggiato un divo/a del piccolo o grande schermo. O si è fortemente immedesimato in un ruolo da lui/lei interpretato. In quest’ultimo rispetto, potrei citarvi minimo trenta personaggi che mi hanno preso nel cervello: Charlie Crews, protagonista del serial Life, è l’ultimo arrivato. Anch’io come Charlie, un detective che si è fatto dodici anni in galera per un crimine che non ha commesso, ho dovuto combattere a lungo per non perdere il senno; soltanto che la mia prigione era mentale, non fisica. Gli scarabocchi sulle pareti della mia cella rivelavano mancanza d’autostima, difficoltà di comunicazione col prossimo, sensi di colpa generati dalla morte di mia sorella Danii per quel male bastardo figlio di puttana sifilitica il cui nome i media sono ancora riluttanti a pronunciare: cancro, cancro, cancro, CANCROOO! Charlie Crews, al secolo Damian Lewis, si è aggrappato a un libercolo zen trovato in cella per sopravvivere; tornato in libertà n’applica i precetti alla sua nuova vita, sia pure sui generis. Io, Maurizio Ferrarotti, bevo birra gustandone ogni singolo sorso, gioco a pelota, compro e scarico musica a tonnellate, corteggio femmine giovani e mature: poi, c’è Stop allo stress. Ho rinvenuto questo libretto nel bidone cartesiano per la raccolta di carta e cartone del mio palazzo; in origine era allegato a un numero della rivista Viversani & belli. Quest’ultima è uno di quei mensili salutisti nei quali per recuperare la linea dopo i bagordi natalizi ti si consiglia una dieta a base di melone e acqua minerale naturale per dieci giorni e prima di partire per le vacanze estive frullati di guaranà e scolopendra indiana, la quale per di più si dice possieda virtù anti-ictus. In ogni modo, Stop allo stress si è rivelato tutt’altro che una boiata. Scritto con la consulenza di una nota neuropsichiatra bergamasca, è prodigo di suggerimenti su come affrontare gli stressor (così vengono genericamente chiamate tutte le situazioni di stress). Io, per me, prediligo l’auto-shiatsu. Lo shiatsu (parola composta di shi = dito e atsu = pressione), è una tecnica giapponese risalente al VI secolo, quando i monaci buddisti importarono nel paese del Sol Levante i principi della medicina tradizionale cinese che ne costituiscono il fondamento teorico. Consiste nell’esercitare con le dita una moderata pressione in alcuni punti strategici del corpo, risvegliandone la forza di autoguarigione. Nonostante ora nel nostro paese sia molto in 71

è il Brew Pub BEFed di Settimo Torinese, dove si tracanna <strong>birra</strong> d’acqua e<br />

malto d’orzo e si mangia il galletto al forno. Gnam gnam.<br />

Chiunque almeno una volta nella propria vita ha idoleggiato un divo/a del<br />

piccolo o grande schermo. O si è fortemente immedesimato in un ruolo da<br />

lui/lei interpretato. In quest’ultimo rispetto, potrei citarvi minimo trenta<br />

personaggi che mi hanno preso nel cervello: Charlie Crews, protagonista<br />

del serial Life, è l’ultimo arrivato.<br />

Anch’io come Charlie, un detective che si è fatto dodici anni in galera per<br />

un crimine che non ha commesso, ho dovuto combattere a lungo per non<br />

perdere il senno; soltanto che la mia prigione era mentale, non fisica. Gli<br />

scarabocchi sulle pareti della mia cella rivelavano mancanza d’autostima,<br />

difficoltà di comunicazione col prossimo, sensi di colpa generati dalla<br />

morte di mia sorella Danii per quel male bastardo figlio di puttana sifilitica<br />

il cui nome i media sono ancora riluttanti a pronunciare: cancro, cancro,<br />

cancro, CANCROOO!<br />

Charlie Crews, al secolo Damian Lewis, si è aggrappato a un libercolo zen<br />

trovato in cella per sopravvivere; tornato in libertà n’applica i precetti alla<br />

sua nuova vita, sia pure sui generis. Io, <strong>Maurizio</strong> <strong>Ferrarotti</strong>, bevo <strong>birra</strong><br />

gustandone ogni singolo sorso, gioco a pelota, compro e scarico musica a<br />

tonnellate, corteggio femmine giovani e mature: poi, c’è Stop allo stress.<br />

Ho rinvenuto questo libretto nel bidone cartesiano per la raccolta di carta e<br />

cartone del mio palazzo; in origine era allegato a un numero della rivista<br />

Viversani & belli. Quest’ultima è uno di quei mensili salutisti nei quali per<br />

recuperare la linea dopo i bagordi natalizi ti si consiglia una dieta a base di<br />

melone e acqua minerale naturale per dieci giorni e prima di partire per le<br />

vacanze estive frullati di guaranà e scolopendra indiana, la quale per di più<br />

si dice possieda virtù anti-ictus.<br />

In ogni modo, Stop allo stress si è rivelato tutt’altro che una boiata. Scritto<br />

con la consulenza di una nota neuropsichiatra bergamasca, è prodigo di<br />

suggerimenti su come affrontare gli stressor (così vengono genericamente<br />

chiamate tutte le situazioni di stress). Io, per me, prediligo l’auto-shiatsu.<br />

Lo shiatsu (parola composta di shi = dito e atsu = pressione), è una tecnica<br />

giapponese risalente al VI secolo, quando i monaci buddisti importarono<br />

nel paese del Sol Levante i principi della medicina tradizionale cinese che<br />

ne costituiscono il fondamento teorico. Consiste nell’esercitare con le dita<br />

una moderata pressione in alcuni punti strategici del corpo, risvegliandone<br />

la forza di autoguarigione. Nonostante ora nel nostro paese sia molto in<br />

71

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!