L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti
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dirigenti italiani (ma non solo) pieni di zuppa irrancidita, nonché centinaia<br />
di migliaia di cosiddetti tifosi. ’Fanculo al business teratocapitalistico, il<br />
calcio deve tornare a essere un divertimento, i trequartisti devono puntare<br />
l’uomo in verticale e le ali volare sulle fasce e crossare in area dal fondo!<br />
Ricordo una piacevole serata passata a Casa Olanda durante le Olimpiadi<br />
Invernali del 2006, bevendo un boccale dietro l’altro e rimpinzandomi di<br />
patatine fritte insaporite con gustose mostarde locali. Sotto il padiglione<br />
principale c’era una pista di pattinaggio su cui, bevuto, presi un bel paio di<br />
culate prima di assestarmi in uno stile alquanto mediocre ma sicuro. Gli<br />
inservienti erano tutti sorridenti e affabili. Alfine, malgrado la Endemol e<br />
l’Ajax della stagione 1991-1992 (chi come me tifa Toro proverà una fitta<br />
al cuore), gli olandesi mi stanno simpatici. Forse ai più non importerà una<br />
beata fava, ma nel lontano 1968 Starstruck, canzone tratta dall’album che<br />
io considero il meisterwerk dei Kinks, The Kinks Are the Village Green<br />
Preservation Society, non riuscì a entrare nelle classifiche in alcun paese<br />
tranne che l’Olanda: con tutto che è una canzone sublime, purissimo genio<br />
melodico britannico. Questa è soltanto una tra le numerose dimostrazioni<br />
d’apertura mentale degli abitanti delle Nederlands. Oltretutto furono loro<br />
ad aprire la prima fabbrica di <strong>birra</strong> in America, nel lontano 1632: le prime<br />
birre americane erano state commercializzate in modo ufficiale nel sud di<br />
Manhattan venti anni prima. New York è sempre avanti.<br />
La Heineken, commercializzata come pilsener ma in realtà una lager, è la<br />
<strong>birra</strong> più importata in tutto il mondo, la prima a sbarcare negli Stati Uniti<br />
dopo il Proibizionismo. È la mia seconda scelta in bottiglia, essendo la<br />
Menabrea la prima. Soprattutto in Spagna ne assumo in buone dosi, come<br />
fresca e leggera alternativa “serale” a San Miguel e Voll-Damm; benché<br />
perlopiù al banco mi tocchi pronunciarla alla castigliana, enequen, poiché<br />
in diverse occasioni i camareros mi hanno restituito un inarcamento di<br />
sopracciglio.<br />
Tempo fa in una discoteca di Suances, una cittadina della costa cantabrica<br />
esteriormente ordinaria ma dalla nightlife estiva sorprendente (soprattutto i<br />
mercoledì sera) e con una spiaggia, Los Locos, assai rinomata per il surf,<br />
chiesi una Heineken alla maniera sassone. Il barista, faccia da indio, gilet<br />
di pelle nera e foulard al collo, mi guardò strano e chiese: “Ma da dove<br />
vieni?”<br />
Io sorrisi. “Sono italiano. E tu?”<br />
“Io? Honduras.”<br />
Una mutua sensazione di sradicamento… 2000 anni luce da <strong>casa</strong>.<br />
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