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L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti

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le gambe. Nella sua prima novella El chico del la bomba José María Sanz<br />

detto “Loquillo”, personaggio chiave del rock spagnolo, scrive a proposito<br />

dell’intellettuale catalano Antonio Rabinad: “Tortilla de patatas e Voll-<br />

Damm per colazione non sono male per uno che ha passato la barriera dei<br />

settanta.” È una colazione da campioni anche per un quarantenne.<br />

Euskadi mi ha cambiato l’esistenza. La prima volta che vi ho messo piede,<br />

vent’anni e qualche mesetto fa, non avevo idea di che cosa mi aspettasse.<br />

A parte l’esistenza di un’organizzazione terroristica separatista chiamata<br />

E.T.A. e di due squadre di calcio mietenti successi in Spagna a cavallo fra<br />

gli anni Settanta e gli Ottanta, Athletic Bilbao e Real Sociedad, non<br />

sapevo un fico seccato al sole della Sicilia di quei territori. Ancora meno<br />

che il concetto di “popolo basco” si estendesse alla Navarra, alla Rioja<br />

alavesa e oltre i confini spagnoli in tre province francesi sotto un unico<br />

lemma: Euskal Herria. Per non parlare della lingua ivi parlata.<br />

Poi successe che un amico mi portò a Donostia-San Sebastián e io, dopo<br />

essermi sciroppato dal 1986, anno della mia prima vacanza in Spagna, una<br />

sfilza di prescindibili località balneari quali Gandia, Peñiscola, Tossa e<br />

Lloret de Mar e aver storto la canappia bighellonando per le Ramblas pre-<br />

Olimpiadi del 1992 – piagate di tossici italiani, spacciatori africani,<br />

mignotte col sarcoma di Kaposi e travestiti – scoprii infine il mio Paese<br />

Celtibero dei Balocchi: cerveza e vino tinto a torrenti, vecchio e nuovo<br />

rock’n’roll sparato a volumi inenarrabili in ogni taverna (Kortatu, Fugazi,<br />

Ramones… Pogues!), architettura guascone, e certe femmine ciarliere dai<br />

lineamenti particolari, quasi estoni. Soltanto che i Lucignoli si chiamavano<br />

Gorka, Patxi, Andoni e Julio e il giorno dopo – alle tre del pomeriggio –<br />

non mi risvegliai con le orecchie d’asino ma scuoiato come una volpe.<br />

(Azeria larrutu, letteralmente “scuoiare la volpe”, è uno dei ben cinque<br />

sinonimi coi quali l’euskera denomina i postumi della sbornia.)<br />

Gernika, 16 agosto 1994, festa di San Roque. Il ragazzo italiano dai capelli<br />

infeltriti con la T-shirt degli Smashing Pumpkins e le Adidas da calcetto,<br />

pericolosamente rassomigliante al sottoscritto, prende l’ennesimo sorso di<br />

calimocho dalla tinozza plastificata. C’è chi fra la sua comitiva aborrisce<br />

con tutta l’anima quella mistura di Coca Cola e vinaccia del paese dietro la<br />

collina, ma lui ne va pazzo e che importa se a forza di mandarne giù a litri<br />

la lingua gli si è fatta bluastra come se avesse contratto la tremenda febbre<br />

catarrale degli ovini causata dall’urbi et orbivirus, tanto alle sette passate<br />

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