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L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti

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addirittura per allungare il vin ordinaire – certi Rioja scuri e spessi come<br />

inchiostro di china serviti nei menù del giorno a 10 €. Paese che vai,<br />

costumanze barbare che trovi.<br />

In medias res. Nell’Europa continentale del XVI secolo, la <strong>birra</strong> di luppolo<br />

era già un prodotto semi-industriale, preparato in fabbrica da artigiani<br />

forniti di titoli. Nelle isole britanniche la <strong>birra</strong> di fabbricazione domestica<br />

sopravvisse fino al XVIII secolo: bastian cuntrari inveterati, gli inglesi. In<br />

certe regioni come l’Alsazia, nonostante il suo status culturale d’inferiorità<br />

nei confronti del vino, era la bevanda popolare delle città e delle osterie.<br />

Ciononostante nella seconda metà del XVIII secolo l’alto prezzo del vino<br />

permise alla <strong>birra</strong> di irrigare finanche le gole assetate dei contadini. E i<br />

consumi pro capite, quantunque in maniera disomogenea secondo le aree<br />

geografiche e le congiunture economiche, crebbero vertiginosamente sino<br />

a oggi.<br />

Vinum est donatio Dei, cervisia traditio humana. In passato i contadini<br />

della Norvegia producevano, nei loro casolari, due tipi di <strong>birra</strong>: una più<br />

leggera, da consumare durante i lavori nei mesi estivi, e una più forte, per<br />

le feste natalizie, i matrimoni, le nascite e addirittura i funerali. Era molto<br />

diffusa la credenza che le figlie d’Eva, specialmente durante alcuni giorni<br />

del mese, esercitassero un’influenza negativa sul lievito. Esso inoltre era<br />

ritenuto particolarmente “suscettibile” allo sbattimento delle porte e alle<br />

vibrazioni del pavimento.<br />

Sempre nel buon tempo passato europeo, se un giovanotto aveva deciso di<br />

conquistare i favori di una pulzella, doveva dar prova al di colei padre di<br />

poter montare un cavallo in stato d’ebbrezza. Con la <strong>birra</strong> s’irroravano i<br />

campi all’inizio prima dell’aratura dopo il gelo invernale; lo stesso rituale<br />

era ripetuto al momento del raccolto, della trebbiatura e infine della nuova<br />

semina.<br />

“Una <strong>birra</strong> forte, un tabacco profumato e una femmina, questo è piacere.”<br />

Goethe dixit. Dal suo epistolario si apprende che la <strong>birra</strong> prodotta a Lipsia<br />

(“la piccola Parigi”) era di povera qualità: perciò la si acquistava da fuori e<br />

la si beveva allungata con acqua. Da buon alemanno, Goethe era un<br />

<strong>birra</strong>iolo: dapprima aficionado alle equilibrate birre di Francoforte, poi si<br />

assuefece a quelle amare di Merseburgo, apprezzò la Gose – una <strong>birra</strong> a<br />

fermentazione spontanea che ancor oggi viene prodotta in Belgio con il<br />

nome di “Gueuze”, bevuta anche questa – cui si aggiungeva una fettina di<br />

limone, e assaggiò perfino la Bavaroise, una sciccheria che era servita<br />

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