L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti
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Figura 10. Keep your riches, gimme a Budweiser! 130
EPILOGO Un martedì sera qualunque. Cementati davanti all’ingresso del Lab, io e la mia banda sorseggiamo la quarta o quinta birra, dopo un po’ uno perde il conto. Sotto i portici della piazza è tutto uno sfilare di ragazze mediamente giovani e attraenti, con frequenti bagliori d’eccellenza. Vito reitera spesso che quando noi eravamo dei pivellini le ragazze non erano così belle. Io credo che vi fossero anche meno ragazze a spasso per la città la sera: per dirla volgarmente, eravamo tutti cazzi e zero, o quasi, gnocche. In fin dei conti, non tutto il progresso viene per nuocere. Comunque io ora sono in una seria e felicissima relazione a distanza e, insomma, che ve lo dico a fare. Alla consolle DJ Naska, storico (Daffy, suo vecchio compagno di brigata modernista, correggerebbe in “anziano”) batterista degli Statuto, si lancia in un brillante mix di successi rock britannici. Ciò dà la stura all’ennesima discussione musicomaniaca: Vito: “Secondo te qual è il disco più bello dei Faces?” Io: “Mah, a me piacciono tutti. Certo che A nod is as good…” Giorgio Pitone (soprannominato così per i suoi forti appetiti): “Io sono più per gli Smiths e le band shoegazer. Carina quella biondina laggiù.” Daffy: “Dio c…, sempre con ’sta musica. Non avete più vent’anni!” Io: “Se è per questo, neanche trenta. E fra un po’, neanche quaranta.” Eh già. Di Soffocare, che per me è il miglior libro scritto da Mr. Chuck Palahniuk, mi ha colpito soprattutto una frase. Pag. 1, riga 7: “Tanto, ringiovanire non ringiovanisci.” Spietatissimo, ma vero. Puoi tingerti o trapiantarti i capelli, riempirti i lineamenti di botoina fino a sembrare uno scimpanzé bonobo, bere ettolitri di tè verde e passare tre quarti della tua giornata a pisciare nel cesso, gonfiarti le poppe con l’olio di colza dieci volte l’anno, massacrarti di step cinque sere su sette, fare Tai Chi ogni mattina presto al parco sotto casa in mezzo alle deiezioni canine e alle siringhe usate. Ma non smetti di invecchiare neanche per un fottuto nanosecondo. Tutto sta nel piantarla di rodercisi il fegato e il cervello. Cambiare canale ogni qual volta lo psicologo ospitato di turno si mette a pontificare sulla crisi di mezz’età. Fregarsene altamente di quella data stampata sulla carta d’identità. Far rottamare l’invidiometro dall’AMIAT. C’è ancora tanta, tantissima vita oltre il devastante doposbornia della gioventù. I brasiliani, 131
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Un martedì sera qualunque. Cementati davanti all’ingresso del Lab, io e la<br />
mia banda sorseggiamo la quarta o quinta <strong>birra</strong>, dopo un po’ uno perde il<br />
conto. Sotto i portici della piazza è tutto uno sfilare di ragazze mediamente<br />
giovani e attraenti, con frequenti bagliori d’eccellenza. Vito reitera spesso<br />
che quando noi eravamo dei pivellini le ragazze non erano così belle. Io<br />
credo che vi fossero anche meno ragazze a spasso per la città la sera: per<br />
dirla volgarmente, eravamo tutti cazzi e zero, o quasi, gnocche. In fin dei<br />
conti, non tutto il progresso viene per nuocere. Comunque io ora sono in<br />
una seria e felicissima relazione a distanza e, insomma, che ve lo dico a<br />
fare.<br />
Alla consolle DJ Naska, storico (Daffy, suo vecchio compagno di brigata<br />
modernista, correggerebbe in “anziano”) batterista degli Statuto, si lancia<br />
in un brillante mix di successi rock britannici. Ciò dà la stura all’ennesima<br />
discussione musicomaniaca:<br />
Vito: “Secondo te qual è il disco più bello dei Faces?”<br />
Io: “Mah, a me piacciono tutti. Certo che A nod is as good…”<br />
Giorgio Pitone (soprannominato così per i suoi forti appetiti): “Io sono<br />
più per gli Smiths e le band shoegazer. Carina quella biondina laggiù.”<br />
Daffy: “Dio c…, sempre con ’sta musica. Non avete più vent’anni!”<br />
Io: “Se è per questo, neanche trenta. E fra un po’, neanche quaranta.”<br />
Eh già.<br />
Di Soffocare, che per me è il miglior libro scritto da Mr. Chuck Palahniuk,<br />
mi ha colpito soprattutto una frase. Pag. 1, riga 7: “Tanto, ringiovanire non<br />
ringiovanisci.” Spietatissimo, ma vero. Puoi tingerti o trapiantarti i capelli,<br />
riempirti i lineamenti di botoina fino a sembrare uno scimpanzé bonobo,<br />
bere ettolitri di tè verde e passare tre quarti della tua giornata a pisciare nel<br />
cesso, gonfiarti le poppe con l’olio di colza dieci volte l’anno, massacrarti<br />
di step cinque sere su sette, fare Tai Chi ogni mattina presto al parco sotto<br />
<strong>casa</strong> in mezzo alle deiezioni canine e alle siringhe usate. Ma non smetti di<br />
invecchiare neanche per un fottuto nanosecondo.<br />
Tutto sta nel piantarla di rodercisi il fegato e il cervello. Cambiare canale<br />
ogni qual volta lo psicologo ospitato di turno si mette a pontificare sulla<br />
crisi di mezz’età. Fregarsene altamente di quella data stampata sulla carta<br />
d’identità. Far rottamare l’invidiometro dall’AMIAT. C’è ancora tanta,<br />
tantissima vita oltre il devastante doposbornia della gioventù. I brasiliani,<br />
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