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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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5 L’Italia e la ripresa<br />

questo fatto - alla vigilia del voto per il Parlamento europeo - apre la strada a<br />

sentimenti antieuropei e al riflusso nel nazionalismo.<br />

L’intero assetto di governo dell’economia europea risente della diffidenza<br />

intergovernativa. La filosofia con cui il Consiglio dei governi Ue coordina le<br />

politiche economiche nazionali è quella di limitare i danni: si esercita una<br />

“pressione tra pari” senza strumenti sanzionatori e con obiettivi difensivi,<br />

seppur orientati a migliorare la struttura dell’offerta, cioè il funzionamento di<br />

un mercato integrato attraverso la libertà di circolazione e di concorrenza, nel<br />

contesto di un solido apparato regolatorio e di politiche sociali il cui grado di<br />

armonizzazione è finalizzato quasi solo alla libertà di movimento.<br />

Nonostante l’agenda di Lisbona, non ci sono riforme comuni del lavoro o<br />

della tassazione del capitale. La gestione della domanda comune non è prevista,<br />

nemmeno per ragioni anticicliche, il patto di stabilità consente infatti ai singoli<br />

paesi lo spazio degli stabilizzatori automatici, ma nemmeno in questo ambito<br />

esiste un vero coordinamento, quanto alla politica monetaria, proprio per l’assenza<br />

di un interlocutore responsabile della politica fiscale comune, non può<br />

che avere un unico obiettivo - anch’esso difensivo - la stabilità dei prezzi.<br />

Nel caso di normali recessioni cicliche, questo assetto ha il vantaggio di stimolare<br />

le riforme strutturali che vengono accomodate socialmente dal welfare state<br />

nazionale. Ma in una fase depressiva, quando la caduta della domanda è molto<br />

protratta, mancano i poteri di coordinamento che consentono di mobilitare i tradizionali<br />

strumenti di governo dell’economia: rafforzare la rete sociale insieme<br />

alle riforme strutturali e coordinare gli stimoli a consumi e investimenti.<br />

Le risposte nazionali sono una soluzione di “second best”, prevalgono cioè gli<br />

effetti nocivi: aggravano la divergenza strutturale sia dal lato dell’offerta (chi già sta<br />

meglio può permettersi riforme mirate), sia dal lato della domanda (chi ha bilanci<br />

migliori può spendere di più). Le politiche nazionali inoltre sono poco efficaci<br />

perché beneficiano gli elettori locali con consumi e investimenti condizionati da<br />

finalità politiche, circoscritti e in genere con bassi moltiplicatori fiscali, finendo per<br />

pregiudicare la sostenibilità dei conti e la fiducia dei cittadini e delle imprese. Così,<br />

in assenza di coordinamento e di stimolo comune, la ripresa non può venire dalla<br />

domanda interna dei singoli paesi e dipende ancora una volta dalla domanda esterna,<br />

che premierà però solo i paesi più competitivi. Inoltre l’assenza di una capacità<br />

politica comune rende più agevole ai paesi esterni all’euro e all’Ue svalutare le loro<br />

monete, danneggiando ancor più le economie dell’euro.<br />

Tutte queste dinamiche accrescono la divergenza tra paesi più e meno competitivi,<br />

fino a mettere a rischio l’assetto istituzionale dell’Unione, il mercato<br />

interno e la moneta unica. In un’area valutaria comune, per evitare che i paesi<br />

con alti deficit esterni debbano deprezzare il cambio in termini reali, cioè ridurre<br />

i redditi dei propri lavoratori, sarebbe necessario che i paesi in surplus<br />

(la Germania) aumentassero i propri. La flessibilità del cambio viene cioè sostituita<br />

da quella di prezzi e salari relativi. Senza questa flessibilità, le divergenze<br />

si scaricano sulla disoccupazione, fino a diventare socialmente insostenibili e a<br />

provocare scelte politiche distruttive: protezionismo o uscita dall’euro.<br />

Come nel caso dell’euro, per convincere la Germania a integrare le politiche<br />

di bilancio bisognerà creare istituzioni comuni e regole di garanzia “alla<br />

tedesca”, che non potranno però non avere caratteri di governo. Nuovi automatismi<br />

dunque - freni fiscali, eurobonds, sistemi di compensazione - ma anche<br />

scelte discrezionali sul modello sociale e sul ruolo geopolitico dell’euro e<br />

dell’Unione. Di fatto se si vuole evitare la disintegrazione dell’Unione la strada<br />

è quella di un governo dell’euro. Diceva Hermann Hesse che dietro ogni inizio<br />

c’è una magia. Forse dietro ogni crisi c’è un inizio.<br />

L’autore è editorialista del <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong><br />

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<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO

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