LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore
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4 L’economia senza frontiere<br />
perché il sensazionalismo vende. E dunque si va con la corrente. Eppure sono<br />
convinto che alla fine tutto questo rumore contro il capitalismo svanirà.<br />
E qual è allora la concezione “reale” del post crisi?<br />
Cominciamo dalle tesi di chi è partito all’attacco. Stiglitz dice: «Con la crisi è come<br />
se fosse caduto il Muro di Berlino». L’analogia è completamente sbagliata. Con<br />
il Muro di Berlino è caduto un modello politico ed economico disastroso privo<br />
dei quattro poteri di compensazione che intervengono se lo stato fa qualcosa<br />
di disastroso: società civile, potere giudiziario autonomo, partiti di opposizione,<br />
libertà di stampa. I fatti ci dicono che abbiamo avuto un’interruzione di 25 anni di<br />
prosperità, di riduzione di povertà di innovazione senza precedenti...<br />
Forse c’è qualcosa di più di un’interruzione: subprime, banche fallite,<br />
mercati del credito paralizzati, crisi economica. La crisi è anche<br />
ideologica...<br />
Bene, veniamo agli aspetti reali. Ci sono due fattori all’origine di questa crisi. <strong>Il</strong><br />
primo è quel che chiamo il connubio Tesoro-Wall Street: porte girevoli attraverso<br />
le quali banchieri come Bob Rubin vanno avanti e indietro. Con il loro bagaglio<br />
di influenza e di lobby. Sono persone la cui vita poggia su esperienze di trading e<br />
di innovazioni sui mercati dei capitali soprattutto negli ultimi 25 anni. <strong>Il</strong> secondo<br />
aspetto riguarda la liberalizzazione<br />
Quel che è buono<br />
per Wall Street non è buono<br />
per gli Stati Uniti<br />
74<br />
<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO<br />
prematura di certi comparti del settore<br />
finanziario. <strong>Il</strong> problema nasce<br />
dalla comunione di “liberalizzazioni<br />
premature” con la “compiacenza<br />
dell’asse Wall Street-Tesoro”. Si è<br />
peccato di eccessi, di sicurezza e<br />
di avidità. E così il meccanismo è<br />
scappato di mano. Con i controllori che non capivano neppure come funzionassero<br />
questi strumenti “innovativi” proposti al mercato. Per cui, prima lezione: quel che<br />
è buono per Wall Street non è buono per gli Stati Uniti. Detto questo, una cosa è<br />
riparare il danno, un’altra è una crisi ideologica. E io non credo che siamo alla crisi<br />
ideologica, come non lo fummo per il crollo del 1987 o per la crisi Ltcm del 1998.<br />
Perché?<br />
Perché siamo già passati attraverso un conflitto ideologico antimercato, contro<br />
il capitalismo, contro l’internazionalizzazione e lo abbiamo risolto. A cavallo fra<br />
la prima e la seconda metà del secolo scorso, molti fra i paesi in via di sviluppo<br />
guardavano con sospetto al processo d’integrazione internazionale: avrebbe favorito<br />
i ricchi penalizzando i poveri, si diceva. Penso al lavoro di Raúl Prebisch o<br />
di Osvaldo Sunkel e di Henrique Cardoso, ancora nel 1979. Non c’era solo ambivalenza,<br />
c’era paura dell’internazionalizzazione. Si voleva che ad accelerare fosse<br />
lo stato. Anch’io all’inizio della mia carriera ero un fondamentalista antimercato.<br />
Poi ho fatto viaggi empirici: ho visto interventismo di ogni genere e su tutto, dal<br />
Ghana al Brasile, all’Egitto. Al punto che una volta, durante le mie ricerche in<br />
loco, mi venne una battuta: il problema di questi paesi era che la mano invisibile<br />
del mercato non la si trovava davvero da nessuna parte. Poi Cardoso è diventato<br />
presidente del Brasile e ha cambiato di 180 gradi, ha aperto. Negli anni, più tardi,<br />
questo tipo di cambiamento ideologico e strutturale è avvenuto in Russia, in Cina,<br />
in India. E non credo che, cambiando, pensassero al Washington Consensus,<br />
quelle dieci regole per il mercato messe insieme da Williams nel 1989. Avevano<br />
capito, nei fatti, che erano sulla strada sbagliata, che dovevano aprire.<br />
Cosa propone allora?<br />
Che si riparino le falle, con nuovi controlli e regole per la finanza. Allo stesso<br />
tempo, prima del G-20, mi sono rivolto sia a Gordon Brown che a Barack Obama<br />
per sottolineare quanto sia importante tenere duro sull’apertura: non solo<br />
sul commercio, di cui parliamo sempre, ma su tutto, sull’immigrazione, sul