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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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4 L’economia senza frontiere<br />

La gLobaLizzazione<br />

prende una pausa<br />

Prosperità, riduzione della povertà e innovazione:<br />

una corsa senza precedenti che si è solo interrotta<br />

Intervista a Jagdish Bhagwati<br />

di Mario Platero<br />

Èun torrente in piena: scoppiettante, rapido, allegro, Jagdish Bhagwati,<br />

docente pro mercato alla Columbia University, appassionato teorico<br />

della globalizzazione e del libero commercio, respinge le tesi sulla<br />

fine del capitalismo come lo conosciamo. E apre uno scisma nella<br />

sua stessa scuola: se la prende soprattutto con Joseph Stiglitz e con Jeffrey<br />

Sachs, entrambi professori alla Columbia, entrambi stelle dell’economia ed<br />

entrambi pronti, seppure con modi e tesi diverse, a cavalcare l’onda popolare<br />

che invoca un ritorno al centralismo per la gestione economica, al controllo<br />

del mercato. Secondo Bhagwati, Stiglitz diventa un interventista rancoroso,<br />

ossessionato da antichi fantasmi personali. Sachs viene più semplicemente<br />

liquidato come un tecnocrate.<br />

Quando fra professori compassati il dibattito rompe gli argini e diventa lite<br />

pubblica, vuol dire che la posta in gioco è particolarmente alta. Chi emergerà<br />

come il teorico che ha già impostato l’equazione per il nostro futuro? Non lo<br />

sappiamo ancora. Bhagwati, 74 anni, nato e cresciuto in India, originario del<br />

gruppo etnico dei Gujarati (di cui faceva parte anche il Mahatma Ghandi) va<br />

a studiare economia prima a Cambridge e poi al Mit. Paul Samuelson, monumentale<br />

premio Nobel della scuola keynesiana, lo ha paragonato al compositore<br />

Haydn: «Ha scritto cento sinfonie e tutte di altissimo livello... ha provato che<br />

la globalizzazione migliora la produttività dei paesi più ricchi, come l’America,<br />

e dei più poveri in Asia o in Africa». In questa intervista, Bhagwati è pragmatico:<br />

la crisi c’è stata. Ha sue connotazioni e responsabilità molto precise. Ci<br />

sono molte cose da rimettere a posto. Ma sarà superata senza aver prodotto<br />

traumi o tragedie collettive paragonabili a quelli degli anni Trenta.<br />

È vero che il capitalismo come lo conosciamo è finito?<br />

C’è la percezione popolare del post crisi, e poi c’è quella reale. La concezione<br />

popolare si autoalimenta nella stampa. La serie del Financial Times sul capitalismo<br />

aveva un taglio di predefinito scetticismo. L’Economist in una copertina<br />

ha messo Sarkozy in testa, poi la Merkel e in fondo, schiacciato a destra, c’era<br />

in piccolo Gordon Brown. Un nuovo ordine gerarchico per dire che il modello<br />

anglosassone è finito. Neanche un punto interrogativo. Poi, se si leggono gli articoli,<br />

il contenuto è più problematico: la critica al modello francese o a quello<br />

del socialismo di mercato è forte. Ma l’impatto di una copertina come quella<br />

sulla concezione popolare di questa crisi è enorme. E dunque c’è qualcosa<br />

nell’aria, nei media in particolare, forse perché loro stessi sono in difficoltà o<br />

73<br />

<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO

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