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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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3 Lo specchio della storia<br />

siane di piena occupazione furono abbandonate e i mercati deregolamentati.<br />

Poi è arrivata la quasi-Grande Depressione dei nostri giorni e la battaglia è<br />

ricominciata.<br />

I frequentatori della blogosfera sapranno che il principale oggetto del<br />

contendere in questo momento sono gli effetti dei piani di rilancio. I lettori<br />

del Financial Times avranno potuto farsi una vaga idea dell’intensità della<br />

battaglia nell’editoriale del 30 maggio a firma Niall Ferguson, intitolato «A<br />

history lesson for economists in thrall to Keynes» («Una lezione di storia per<br />

gli economisti asserviti a Keynes»). Ferguson e Paul Krugman, economista<br />

ed editorialista del New York Times, avevano già incrociato le spade in un<br />

convegno pubblico a New York, il 30 aprile. Lo storico sosteneva che l’incremento<br />

del deficit di bilancio avrebbe spinto al rialzo i tassi d’interesse sul<br />

lungo termine, riducendo pertanto a zero l’effetto di stimolo: la spesa pubblica<br />

avrebbe semplicemente “estromesso” la spesa privata. Infuriato, Krugman ha<br />

replicato sul suo blog che Keynes aveva dimostrato che ciò poteva accadere<br />

solo in una situazione di piena occupazione: in presenza di risorse inutilizzate,<br />

il deficit di bilancio farebbe sì crescere i tassi d’interesse, ma al contempo<br />

farebbe espandere l’economia. Le ignoranti osservazioni del professor Ferguson<br />

non facevano altro che confermare che «viviamo in un’epoca buia per la<br />

macroeconomia, dove conoscenze acquisite a caro prezzo sono state semplicemente<br />

dimenticate».<br />

Ma questo non è un dibattito tra economisti e storici. È una battaglia<br />

all’interno del mondo degli economisti, fra neoclassici e neokeynesiani. La<br />

cosa affascinante è che si tratta di una riedizione quasi esatta del dibattito tra<br />

Keynes e il Tesoro britannico nel 1929-1930. L’opinione del Tesoro allora era<br />

che la spesa pubblica, finanziata con i titoli di stato, avrebbe ridotto in misura<br />

equivalente la spesa privata. Keynes replicava che se questo fosse stato vero,<br />

si sarebbe applicato a qualsiasi nuovo atto di spesa privata. «In breve, la convinzione<br />

fatalistica che non possa esserci più occupazione di quella che già<br />

c’è è assolutamente infondata».<br />

In seguito il Tesoro ripiegò su una posizione più difendibile. <strong>Il</strong> pericolo<br />

di un incremento della spesa pubblica - passò a sostenere - non risiedeva<br />

nell’estromissione “fisica” di risorse, ma nell’estromissione “psicologica”.<br />

Se si fosse cominciato a dubitare della solvibilità dello stato - un timore che<br />

Krugman ha ammesso - l’effetto avrebbe potuto essere una fuga di capitali,<br />

che avrebbe reso più oneroso per lo stato prendere soldi in prestito.<br />

Siamo condannati a rimettere in scena periodicamente lo stesso dibattito?<br />

In questa discussione specifica sono dalla parte di Krugman, ma non penso<br />

che la posizione di Ferguson rappresenti un ritorno al flogisto dell’economia.<br />

Pensarla in questo modo equivarrebbe a trattare l’economia come una scienza<br />

naturale, cosa che Keynes si guardava bene dal fare, ritenendo che l’oggetto di<br />

studio dell’economia fosse fin troppo variabile nel tempo.<br />

L’opinione di Keynes era che abbiamo bisogno di modelli economici<br />

diversi in momenti diversi. La bellezza della sua Teoria generale dell’occupazione,<br />

dell’interesse e della moneta stava nel fatto che era sufficientemente<br />

generale da essere adattabile a una varietà di modelli applicabili<br />

in condizioni diverse. I mercati potevano comportarsi nei modi indicati<br />

dalla teoria classica e neoclassica, ma non era inevitabile che andasse in<br />

questo modo. Pertanto, era importante prendere precauzioni contro un<br />

cattivo comportamento. La rivoluzione keynesiana non fu un trionfo della<br />

scienza buona sulla scienza cattiva, fu una vittoria del giudizio buono sul<br />

giudizio cattivo.<br />

L’autore è emeritus professor di Economia politica all’università inglese di Warwick<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO

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