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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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Chi investe in titoli pubblici Usa<br />

6 <strong>Il</strong> pendolo tra stato e mercato<br />

Distribuzione geografi ca per nazionalità delle società investitrici.<br />

Dati in miliardi di dollari (marzo 2009)<br />

Giappone Oil P.** G. Bretagna Lussemburgo Taiwan<br />

Cina Caraibi*<br />

Russia<br />

Brasile<br />

Hong Kong<br />

Certo, in molti paesi, a partire dalla Gran Bretagna stessa, e compresi gli<br />

Stati Uniti, le tasse, almeno sui redditi più alti, sono state aumentate, i sistemi<br />

bancari parzialmente nazionalizzati o sostenuti, come altri settori, a partire<br />

dall’auto, con massicce iniezioni di denaro pubblico, la finanza, sotto accusa,<br />

sta per essere sottoposta a regole molto più stringenti, la disciplina fiscale è<br />

stata abbandonata in favore di stimoli anti-recessione di stampo keynesiano.<br />

Ma quanto di queste misure può essere considerato un’inversione permanente<br />

delle convinzioni prevalenti nel recente passato e quanto il frutto della<br />

reazione, spesso affannata, a un’emergenza epocale? Un’analisi che guardi al<br />

di là della fase più concitata della crisi - e forse ci stiamo arrivando - dovrebbe<br />

riconoscere che, nel lungo periodo, se il retaggio più importante della risposta<br />

alla crisi sarà una regolamentazione che si spera più efficiente sulla finanza,<br />

dove il mercato dovrà fare un passo indietro, nessuno invece vorrà a tempo<br />

indeterminato banche a controllo pubblico o dipendenti dalle casse statali,<br />

tasse più alte, debito dello stato su una traiettoria esplosiva tanto da minacciare<br />

la solvibilità stessa dei paesi.<br />

Oppure c’è qualcuno che pensa che siamo entrati davvero in un “nuovo<br />

paradigma”, come andava di moda dire qualche anno fa, e il sistema economico<br />

possa funzionare indefinitamente con il credito sotto il controllo, più o meno<br />

diretto, dei politici, banche centrali che stampano moneta, stati che si indebitano<br />

sempre di più? Che l’economia mondiale possa progredire senza la spinta<br />

del commercio internazionale o bloccando i movimenti di capitale, in una parola<br />

negando la globalizzazione? O la normalizzazione che speriamo si avvicini<br />

non dovrà riportare ad abbracciare alcuni principi che oggi vengono ripudiati?<br />

<strong>Il</strong> che non significa naturalmente evitare la disamina degli errori e degli eccessi.<br />

Ma, come ammette lo stesso Rachman e sostiene l’Economist, nelle parole<br />

della stessa Margaret Thatcher, ai principi del libero mercato «there is no<br />

alternative», per ora non c’è alternativa. La crisi non ha provato il contrario.<br />

L’autore è inviato del <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong>, esperto di economia e fi nanza internazionale<br />

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<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO<br />

TOTA<strong>LE</strong> GENERA<strong>LE</strong>: 3.265,2<br />

Nota: (*) Paradisi fiscali dei Caraibi; (**) Paesi produttori di petrolio Fonte: Tesoro Usa, Federal Reserve e U.S. Census Bureau

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