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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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6 <strong>Il</strong> pendolo tra stato e mercato<br />

siderò la necessità di alti salari. L’economia della globalizzazione ha preteso<br />

sistematicamente di farne a meno, sostituendoli con l’indebitamento privato. È<br />

impossibile non vederne il rapporto con la creazione della bolla e con l’esplodere<br />

della crisi finanziaria. La teoria di Minsky sull’instabilità si prende così<br />

una rivincita sull’oscuramento a cui è stata condannata e rivela la prevedibilità<br />

della crisi. È la conferma, la possibilità di prevederla analizzando il funzionamento<br />

di questa economia, che si tratta di una crisi sistemica.<br />

Invece non rappresenta ancora un’ammissione di questo stato di cose il fatto<br />

che sia in corso la rinuncia, di fatto, da parte delle principali economie occidentali<br />

di uno degli assunti fondamentali teorizzati nel ciclo del “turbocapitalismo”:<br />

lo stato non è la soluzione del problema, bensì il problema. Lo stato viene potentemente<br />

richiamato in servizio, il mercato chiede soccorso alla politica. L’ordine<br />

di grandezza dell’intervento pubblico è sconvolgente. L’intervento dello stato<br />

configura delle nazionalizzazioni di fatto in gangli strategici delle economie.<br />

Eppure non è né il ritorno al keynesismo dei “30 anni gloriosi” né, tanto meno,<br />

la prefigurazione di un’uscita dalla crisi verso un modello economico e sociale<br />

diverso. Non basta lo spiazzamento, che c’è, sia delle culture neo-liberiste che di<br />

quelle “modernizzatrici”. Vale la lezione di Bauman secondo cui il capitalismo<br />

crea problemi che non sa risolvere e per risolverli deve negare anche propri dichiarati<br />

fondamenti per uscire dalla contraddizione. La capacità d’innovarsi non<br />

viene certo meno nella crisi.<br />

Lo sarà anche in questa crisi così profonda, strutturale e drammatica. Ma<br />

in quale direzione?<br />

La discussione su quale modello economico vada perseguito è il centro<br />

reale della contesa in questa crisi. Se la politica non lo vede si condanna all’inutilità.<br />

Non c’è nulla d’astratto, di separato dai problemi concreti in questa<br />

consapevolezza. La spesa pubbli-<br />

ca in disavanzo è una necessità,<br />

ma quel che incide della direzione<br />

di marcia è a cosa viene finalizzata,<br />

se o non si accompagna a<br />

una riqualificazione produttiva, a<br />

una conversione della produzione,<br />

dei servizi e della composizione<br />

dei consumi. L’intervento<br />

pubblico per salvare le banche e<br />

le imprese strategiche è una necessità,<br />

ma decide la sua natura<br />

la strada che intraprende, se cioè, contemporaneamente, si modificano o no<br />

gli assetti proprietari; se s’introducono o no forme inedite di democratizzazione<br />

dell’economia.<br />

<strong>Il</strong> rafforzamento e la generalizzazione degli ammortizzatori sociali vanno<br />

bene, ma decide della qualità dell’intervento pubblico su questo terreno il non<br />

lasciare mano libera sui licenziamenti, come una significativa redistribuzione<br />

a favore dei bassi redditi, come la restituzione ai lavoratori di un reale potere<br />

di contrattazione e di controllo sull’organizzazione del lavoro e sulle scelte<br />

dell’impresa.<br />

Ha ragione Delors quando parla contro l’arroganza del “brevitempismo”.<br />

Riaprire, nella crisi, un discorso sulla programmazione e sullo spazio pubblico<br />

significherebbe mostrare di aver inteso la sfida della crisi, se è la crisi di un<br />

intero modello economico e sociale. L’Europa dovrebbe intenderlo prima e<br />

più di altri.<br />

L’autore è stato presidente della Camera dei deputati<br />

121<br />

<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO<br />

GLI ASSETTI DA CAMBIARE<br />

La spesa pubblica in disavanzo<br />

è una necessità, ma quello<br />

che qualifica è il suo utilizzo:<br />

serve una conversione di<br />

produzione, servizi e consumi

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