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LE IDEE PER BATTERE LA CRISI - Shopping24 - Il Sole 24 Ore

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5 L’Italia e la ripresa<br />

Una bUona notizia<br />

pUò cambiare tUtto<br />

La “fiducia collettiva” agisce su scala planetaria<br />

come motore del rilancio economico<br />

Gli effetti della crisi finanziaria sull’economia reale inizialmente<br />

modesti diventano drammatici dopo il fallimento di Lehman<br />

Brothers del 15 settembre 2008. L’intervento coordinato delle Banche<br />

centrali - molto enfatizzato l’8 ottobre con un taglio comune<br />

dei tassi di interesse - evita il peggio con riferimento al settore finanziario,<br />

ma ciò non basta a far ripartire l’economia.<br />

<strong>Il</strong> panico dato dalla scomparsa di Lehman determina infatti condizioni di<br />

illiquidità totale cui l’industria può reagire in un solo modo: tagliando gli ordini,<br />

a cominciare da investimenti e magazzino. Per compensare ciò, servirebbe una<br />

“buona notizia” altrettanto importante e globale come lo era stata la “pessima<br />

notizia” della scomparsa di Lehman, ma di questi tempi ciò non è facile. È quindi<br />

improbabile un recupero altrettanto rapido e intenso come lo è stato il crollo<br />

dei mesi successivi al 15 settembre.<br />

Più probabile che il graduale e<br />

lento cumularsi di tante piccole<br />

buone notizie, prima o poi (ma ciò<br />

può richiedere tre anni) ci riporti<br />

a dov’eravamo un anno fa.<br />

Lo “stato delle aspettative”, che<br />

è quello che chiamiamo la “fiducia<br />

collettiva”, è quanto accomuna<br />

miliardi di persone al mondo: non<br />

basterebbe (neppure se ci fosse)<br />

tutto l’ottimismo di 60 milioni di<br />

di Giacomo Vaciago<br />

italiani. E nell’economia globale in cui viviamo, non ci sono più paesi-locomotiva.<br />

Quando ci sarà la ripresa, sarà comune come lo è stata la crisi dei mesi scorsi.<br />

È la prima lezione che abbiamo imparato del modo di operare della “internazionalizzazione<br />

produttiva” che da vent’anni sempre più ci caratterizza.<br />

Non solo globalizzazione come è l’aumento degli scambi commerciali, ma è<br />

in modo ancor più radicale: organizzazione della produzione industriale su<br />

un numero “n” di paesi. Ci diceva Krugman - nella sua bella “Lezione Luca<br />

d’Agliano” tenuta due anni fa a Torino - che questa “frammentazione” della<br />

produzione su un numero “n” di paesi amplifica gli effetti degli shock, sia di<br />

quelli positivi sia di quelli negativi. Che è poi la seconda lezione imparata<br />

della globalizzazione: quando le cose vanno bene vanno meglio, ma quanto<br />

vanno male vanno peggio.<br />

111<br />

<strong>Il</strong> <strong>Sole</strong> <strong>24</strong> <strong>Ore</strong> <strong>LE</strong>ZIONI <strong>PER</strong> IL FUTURO<br />

<strong>LA</strong> GLOBALIZZAZIONE<br />

La produzione frammentata<br />

in una molteplicità di paesi<br />

amplifica le conseguenze<br />

sia quando tutto va bene<br />

sia quando va peggio

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