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d-ROMs Test E Stress Ossidativo

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Eugenio Luigi Iorio<br />

Prima Edizione – 2003<br />

d-<strong>ROMs</strong><br />

<strong>Test</strong><br />

E<br />

<strong>Stress</strong><br />

<strong>Ossidativo</strong><br />

DIACRON International


La struttura molecolare riportata in copertina è la formula chimica tridimensionale rielaborata al computer della N,N -<br />

dietilparafenilendiammina, il substrato cromogeno del d-<strong>ROMs</strong> test (brevetto DIACRON International s. a. s., Grosseto, Italia


3<br />

Prefazione<br />

Lo stress ossidativo costituisce un capitolo relativamente recente della biochimica che, probabilmente<br />

per il suo carattere di “trasversalità” o “interdisciplinarietà”, non ha ancora trovato una sua adeguata e<br />

soddisfacente collocazione in medicina.<br />

E’ noto, infatti, che un’accentuazione dei processi ossidativi, di cui è spesso espressione un’aumentata<br />

produzione di radicali liberi, può accelerare il fisiologico processo dell’invecchiamento e risulta associata ad<br />

almeno 50 patologie, dall’ictus cerebrale all’infarto del miocardio, dal diabete mellito all’obesità, dal morbo di<br />

Parkinson alla malattia di Alzheimer, dal morbo di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS al cancro, e così<br />

via.<br />

Tuttavia, al contrario di queste condizioni morbose, abbastanza ben definite sotto il profilo nosografico,<br />

lo stress ossidativo non esibisce una propria sintomatologia, non dà luogo ad un vero e proprio quadro<br />

clinico e, pertanto, al medico che non ne sospetta l’esistenza, non fornisce elementi tali da suggerire un<br />

adeguato approfondimento diagnostico, laddove l’esecuzione di alcune semplici indagini di laboratorio<br />

consentirebbe un immediato inquadramento del problema, evitando al paziente una serie di conseguenze<br />

tali da comprometterne la durata e/o la qualità della vita già nel breve o medio termine.<br />

A rendere più complesso questo quadro – già di per sé poco confortante – c’è da aggiungere che se il<br />

medico, per una serie di ragioni, non sempre è adeguatamente “informato” sull’argomento, l’analista di<br />

laboratorio non è generalmente “attrezzato” per l’esecuzione di test miranti alla valutazione dello stress<br />

ossidativo.<br />

E intanto – paradossalmente – terapisti, farmacisti, allenatori sportivi e persino estetisti continuano a<br />

prescrivere e/o suggerire al soggetto potenzialmente a rischio di stress ossidativo l’assunzione di integratori<br />

ad attività antiossidante. E non importa se quest’ultima sia reale o presunta.<br />

Infatti, secondo una prassi ormai consolidata, non è abitualmente prevista l’esecuzione preliminare di<br />

test di laboratorio, pur disponibili per la routine clinica, per dimostrare – tramite l’identificazione e la<br />

quantificazione nei fluidi extracellulari e/o nei tessuti di adeguati marker biochimici – la necessità oggettiva di<br />

tali formulazioni.<br />

In altri termini, mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo dopo<br />

che un test abbia documentato inequivocabilmente una condizione di ipercolesterolemia, è diffusa la<br />

tendenza all’uso di antiossidanti anche quando non è necessario, proprio perché non è ancora diventata<br />

buona prassi eseguire preliminarmente una valutazione di laboratorio dello stress ossidativo.<br />

Lo scopo del presente lavoro è quello di fornire una serie di evidenze scientifiche – ormai consolidate<br />

dalla letteratura biomedica – a sostegno del concetto che solo un’adeguata valutazione di laboratorio può<br />

consentire l’identificazione e la definizione circostanziata di una condizione di stress ossidativo e rendere<br />

possibile, quando indicato, il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante.<br />

Il presente lavoro vuol essere un aiuto per il clinico ed i terapisti in genere, compresi i farmacisti ed i<br />

biologi. Esso non ripropone come un testo esaustivo nel campo della medicina di laboratorio dello stress<br />

ossidativo ma intende fornire semplicemente una breve panoramica riguardo ai più recenti progressi nella<br />

valutazione del bilancio ossidativo. Il più interessante test qui discusso appare essere il d-<strong>ROMs</strong> test, che<br />

consente la valutazione del livello sierico degli idroperossidi, marker ed amplificatori del danno ossidativo<br />

tissutale. Finora sono stati pubblicati circa un centinaio di lavori, quasi a sottolineare la sua importanza nella<br />

pratica clinica. A questo riguardo si ringraziano per l’aiuto tutti gli Autori degli studi clinici e sperimentali<br />

riportati in questo volume e, in particolare, Mauro Carratelli, l’ “inventore” del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Grosseto, 6 marzo 2003 Dr Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD<br />

Science Manager Diacron International


Prefazione<br />

Indice<br />

4<br />

Indice<br />

Pag. 3<br />

Capitolo 1 Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno pag. 5<br />

1. 1 Generalità e definizioni pag. 5<br />

1. 2 Meccanismi di produzione delle specie reattive nei viventi pag. 7<br />

1. 3 Metabolismo delle più importanti specie reattive di interesse biologico pag. 11<br />

1. 4 Il sistema di difesa antiossidante<br />

pag. 12<br />

Capitolo 2 Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici. pag. 14<br />

2. 1 Generalità e definizioni pag. 14<br />

2. 2 Basi biochimiche pag. 14<br />

2. 3 Eziopatogenesi pag. 17<br />

2. 4 <strong>Stress</strong> ossidativo e invecchiamento pag. 19<br />

2. 5 <strong>Stress</strong> ossidativo e malattie<br />

pag. 20<br />

Capitolo 3 Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview.<br />

pag. 23<br />

Capitolo 4 I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante pag. 25<br />

4. 1 Il d−<strong>ROMs</strong> test pag. 25<br />

4. 2 Gli altri test<br />

pag. 38<br />

Capitolo 5 I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante pag. 40<br />

5. 1 L’OXY−Adsorbent test pag. 40<br />

5. 2 Il BAP test pag. 43<br />

5. 3 L’-SHp test<br />

pag. 44<br />

Capitolo 6 La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo pag. 47<br />

6. 1 Il sistema FREE pag. 47<br />

6. 2 Il sistema FRAS<br />

pag. 48<br />

Capitolo 7 Considerazioni conclusive e linee-guida pag. 50<br />

Capitolo 8 Selezione bibliografica pag. 53<br />

8. 1 Bibliografia generale per autore pag. 53<br />

8. 2 Bibliografia per aree di interesse medico pag. 59


Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

Capitolo 1<br />

Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

1. 1 Generalità e definizioni<br />

I radicali liberi o, più semplicemente, radicali,<br />

sono atomi o raggruppamenti di atomi aventi in uno<br />

degli orbitali esterni delle specie che li<br />

costituiscono uno o più elettroni spaiati,<br />

indipendentemente dalla carica elettrica espressa;<br />

per esempio, il radicale della N,Ndietilparafenilendiammina,<br />

il substrato cromogeno<br />

del d-<strong>ROMs</strong> test (vedi in seguito), è un classico<br />

esempio di radicale catione, cioè carico<br />

positivamente (figura 1. 1).<br />

Ne<br />

Un atomo di Ne<br />

Solo elettroni appaiati<br />

Un atomo di O<br />

Due elettroni spaiati<br />

Atomo (stabile)<br />

Radicali liberi dell’ossigeno (instabili)<br />

CH CH3-CH2 3-CH2 3-CH2 3-CH2 3-CH2<br />

N<br />

+<br />

O<br />

Figura 1. 1 Atomi e radicali<br />

Il radicale idrossile (*OH)<br />

Un elettrone spaiato<br />

In funzione della distribuzione della carica<br />

(nube elettronica) e/o del proprio potenziale di<br />

ossido-riduzione, i radicali liberi presentano una<br />

reattività più o meno spiccata, legata alla tendenza<br />

spontanea ad esistere come entità aventi tutti gli<br />

elettroni disposti in coppie, condizione che<br />

corrisponde alla stabilità o inerzia chimica. Ne<br />

deriva che non tutti i radicali sono ugualmente<br />

reattivi. In genere, quanto più è elevato il rapporto<br />

fra carica e volume, tanto più un radicale libero è<br />

reattivo e, pertanto, tenderà a raggiungere la<br />

propria stabilità strappando elettroni a qualsiasi<br />

specie chimica con la quale viene a contatto,<br />

ossidandola (compatibilmente con il suo potenziale<br />

di ossido-riduzione) (figura 1. 2).<br />

A<br />

Radicale libero<br />

(ossidante)<br />

Figura 1. 2 I radicali liberi agiscono come ossidanti<br />

In tal senso, il radicale ossidrile (HO*) è uno<br />

dei radicali liberi più instabili e, quindi, reattivi ed<br />

NH 2<br />

O<br />

CH 3-CH2<br />

Il radicale catione della N,N-dietilparafenilendiammina<br />

(il substrato cromogeno del d-<strong>ROMs</strong> test)<br />

Un esempio di radicale relativamente stabile<br />

+<br />

+<br />

C C A C C<br />

Molecola bersaglio<br />

(es. doppio legame C -C)<br />

ossidazione<br />

Nuova molecola<br />

(ridotta, stabile)<br />

H<br />

Elettrone spaiato<br />

Nuovo radicale<br />

(ossidato, instabile)<br />

5<br />

ossidanti. Infatti, la durata stimata della sua<br />

esistenza è dell’ordine dei nanosecondi.<br />

Viceversa, il trifenilmetile [(C6H5)3–C*] è un<br />

radicale che, in opportune condizioni, può essere<br />

persino isolato in soluzione, proprio per la sua<br />

relativa stabilità o inerzia chimica. Lo stesso<br />

radicale catione della N,Ndietilparafenilendiammina,<br />

appena citato,<br />

costituisce un esempio di radicale relativamente<br />

stabile (figura 1. 1).<br />

I radicali liberi vengono classificati sulla base<br />

della natura dell’atomo al quale appartiene<br />

l’orbitale con l’elettrone spaiato. Esistono, quindi,<br />

radicali liberi centrati sull’ossigeno, sul carbonio,<br />

sull’azoto, o sul cloro, solo per citare quelli di più<br />

immediato interesse in patologia umana.<br />

Nella presente trattazione, tuttavia, si farà<br />

riferimento prevalentemente ai radicali liberi<br />

centrati sull’ossigeno, noti più semplicemente come<br />

radicali liberi dell’ossigeno.<br />

Quest’ultimo, infatti, oltre ad essere uno degli<br />

elementi quantitativamente più importanti della<br />

materia vivente, nonché la fonte primaria della vita<br />

stessa, attraverso una serie di meccanismi – non<br />

ultimo la stessa respirazione cellulare – induce<br />

continuamente la formazione di specie chimiche<br />

con caratteristiche di reattività.<br />

A tal riguardo, occorre sottolineare che i<br />

radicali liberi dell’ossigeno rientrano nella più<br />

grande famiglia delle specie reattive dell’ossigeno<br />

(reactive oxygen species, ROS).<br />

Con questo termine si intende una classe di<br />

specie chimiche reattive derivate dall’ossigeno, di<br />

natura non necessariamente radicalica, tutte<br />

accomunate dalla tendenza più o meno spiccata ad<br />

ossidare vari substrati organici (carboidrati, lipidi,<br />

amminoacidi, proteine, nucleotidi, ecc.).<br />

Classici esempi di ROS di natura radicalica<br />

sono l’ossigeno singoletto e il radicale idrossile.<br />

L’ozono ed il perossido di idrogeno, invece, sono<br />

specie reattive non radicaliche dell’ossigeno.<br />

I radicali liberi, comunque centrati, possono<br />

essere generati attraverso diversi meccanismi e,<br />

una volta formati, danno luogo generalmente ad<br />

una serie di reazioni a catena, nel corso delle quali<br />

il sito radicalico può essere trasferito o,<br />

eventualmente, inattivato.<br />

Si distinguono, pertanto, tre step nelle reazioni<br />

radicaliche a catena: inizio, propagazione e termine<br />

(figura 1. 3).


Figura 1. 3 Schema delle reazioni radicaliche a catena<br />

I principali meccanismi attraverso cui si<br />

generano i radicali liberi – step 1, reazione di inizio<br />

– sono la scissione omolitica e l’interazione con i<br />

metalli di transizione.<br />

Con il termine di scissione omolitica si intende<br />

la divisione di una molecola a livello di uno dei suoi<br />

legami covalenti per effetto della somministrazione<br />

di energia (termica, pirolisi, o radiante, radiolisi)<br />

con generazione di due nuove specie<br />

chimiche, ciascuna con un elettrone spaiato,<br />

elemento distintivo dei radicali liberi (figura 1. 4,<br />

A).<br />

A<br />

B<br />

Inizio<br />

Propagazione<br />

Termine<br />

A B<br />

Molecola<br />

H<br />

Cl<br />

Molecola<br />

Fotolisi/<br />

pirolisi<br />

A : B<br />

+hν<br />

A• A + •B • A + •B • A + •B • A + •B • A + •B • + •B<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

R• R• R• R• R• R : H<br />

A : H<br />

Combinazione<br />

A• A + •B • + •B<br />

A : B<br />

Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe 2+<br />

Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe 2+<br />

Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe 2+<br />

Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe 2+ Fe 2+<br />

Energia<br />

Acqua<br />

AO • + OB -<br />

Fe 3+<br />

AO • + OB -<br />

Fe 3+<br />

AO • + OB -<br />

Fe 3+<br />

AO • + OB -<br />

AO • + OB -<br />

Fe 3+ Fe 3+<br />

Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• CH 2 =CH–<br />

R–CH 2 –CH* –<br />

Radicale libero 1<br />

Figura 1. 4 Scissione omolitica (A) e ionizzazione (B)<br />

E’ bene sottolineare che la scissione omolitica<br />

è ben diversa dalla ionizzazione che si osserva,<br />

per esempio, dopo aver disciolto in acqua molecole<br />

aventi almeno un legame covalente polarizzato (es.<br />

HCl). In questo caso, le molecole d’acqua, a causa<br />

della loro polarità e, dunque, senza alcuna<br />

somministrazione di energia, riescono a spezzare<br />

uno dei legami covalenti polarizzati della molecola<br />

di soluto generando due specie chimiche caricate<br />

di segno opposto, un catione ed un anione (H + e<br />

Cl - , rispettivamente, nell’esempio considerato)<br />

(figura 1. 4, B).<br />

E’ evidente che nella ionizzazione, al contrario<br />

della scissione omolitica, il doppietto elettronico di<br />

legame della molecola originaria non viene<br />

separato ma resta come tale in una delle “neonate”<br />

specie ioniche (l’anione).<br />

Un classico esempio di scissione omolitica è la<br />

radiolisi o fotolisi dell’acqua che genera un atomo<br />

di idrogeno ed un radicale idrossile (vedi più<br />

avanti).<br />

Oltre che per scissione omolitica, i radicali liberi<br />

possono essere prodotti in seguito all’interazione di<br />

+<br />

A B<br />

H<br />

Catione<br />

Scissione<br />

di perossidi<br />

RO : OR<br />

+hν<br />

RO• RO + •OR • RO + •OR • RO + •OR • RO + •OR • + •OR<br />

Frammentazione<br />

R:C – C*=<br />

= C = C =<br />

R • R • R • R • R •<br />

– C =<br />

– C =<br />

Disproporzione<br />

– C<br />

– C –<br />

• – – C<br />

– C –<br />

• – C –<br />

+<br />

– C –<br />

• – – C<br />

– C –<br />

• –<br />

+<br />

+<br />

+<br />

+<br />

Scissione di<br />

azocomposti<br />

RN : : NR<br />

R• R + •R • R + •R • R + •R • R + •R • + •R<br />

Radicale libero 2<br />

Cl<br />

Anione<br />

– N 2<br />

Ri-arrangiamento<br />

R:C – C*=<br />

=C* – C:R<br />

– C –<br />

– C –<br />

-<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

6<br />

particolari molecole con alcuni metalli di transizione<br />

(figura 1. 5).<br />

A<br />

B<br />

Molecola<br />

A<br />

B<br />

Molecola<br />

Men+1 Men+1 Men Men Men Men+1 Men Men+1 Radicale libero<br />

Figura 1. 5 Interazione con metalli di transizione<br />

Nell’interazione con i metalli di transizione,<br />

l’elettone generato dall’ossidazione di un metallo di<br />

transizione in forma ionica (es. da Fe 2+ a Fe 3+ o da<br />

Cu + to Cu 2+ ) spezza un legame covalente di una<br />

molecola bersaglio, generando così un radicale<br />

libero e un anione.<br />

Alternativamente, l’elettrone richiesto per<br />

ridurre un metallo di transizione in forma ionica (es.<br />

da Fe 3+ a Fe 2+ o da Cu 2+ to Cu + ) viene estratto dal<br />

legame covalente di una molecola bersaglio, che si<br />

decompone in un radicale libero ed un catione.<br />

Attraverso questo meccanismo, per esempio,<br />

il ferro (Fe 2+ /Fe 3+ ) o il rame (Cu + /Cu 2+ ) agiscono da<br />

catalizzatori in una sequenza di reazioni di ossidoriduzione<br />

generando radicali alcossilici (RO*) e<br />

perossilici (R–O–O*) a partire dai perossidi<br />

(R–O–O–R).<br />

Nel caso più semplice – descritto per la prima<br />

volta da Fenton – uno ione ferroso (Fe 2+ ),<br />

ossidandosi a ione ferrico (Fe 3+ ), cede il suo<br />

elettrone ad una molecola di perossido di idrogeno<br />

(H2O2) e ne scinde uno dei legami covalenti,<br />

generando un radicale libero (il radicale idrossile,<br />

HO*) ed un anione (ione ossidrile).<br />

A sua volta, lo ione ferrico (Fe 3+ ) si riduce –<br />

rigenerandosi come qualsiasi catalizzatore – a<br />

ione ferroso (Fe 2+ ), strappando un elettrone da una<br />

seconda molecola di perossido di idrogeno, che è<br />

scissa in un radicale libero (un radicale peridrossile<br />

(HOO*), e un catione (uno ione idrogeno, H + )<br />

(figura 1. 6).<br />

H-O-O-H<br />

Perossido di<br />

idrogeno<br />

H-O-O*<br />

Radicale<br />

peridrossile<br />

Fe2+ Fe2+ Fe2+ H + H + H +<br />

Figura 1. 6 Decomposizione del perossido di idrogeno<br />

Allo stesso modo, anche gli idroperossidi sono<br />

scissi, per azione catalitica del ferro, in radicali<br />

alcossilici (RO*) e perossilici (ROO*) (figura 1. 7).<br />

A<br />

Radicale libero<br />

Fe3+ Fe3+ Fe3+ +<br />

+<br />

B<br />

Anione<br />

A B<br />

OH- OH- OH- H-O*<br />

Radicale<br />

idrossile<br />

Catione<br />

H-O-O-H<br />

Perossido di<br />

idrogeno<br />

-<br />

+


R-O-O-H<br />

Idroperossido<br />

R-O-O*<br />

Radicale<br />

(idro)perossile<br />

Fe2+ Fe2+ Fe2+ H + H + H +<br />

OH- OH- OH- Fe3+ Fe3+ Fe3+ R-O*<br />

Radicale<br />

alcossile<br />

H-O-O-H<br />

Idroperossido<br />

Figura 1. 7 Decomposizione degli idroperossidi<br />

In assenza di catalizzatori, la scissione dei<br />

perossidi – che dà luogo ad un’unica specie<br />

radicalica, quella alcossilica – può avvenire solo in<br />

seguito a somministrazione di energia (figura 1. 3).<br />

Un’ultima modalità di formazione di radicali<br />

liberi, tra quelle di maggiore rilevanza biologica, è<br />

la decomposizione degli azocomposti, dalla quale<br />

originano, per sottrazione di azoto molecolare (N2)<br />

radicali alchilici (figura 1. 3).<br />

Una volta innescata, una reazione radicalica a<br />

catena tende a propagarsi (step 2).<br />

Si distinguono 4 meccanismi fondamentali di<br />

propagazione delle reazioni radicaliche:<br />

trasferimento, addizione, frammentazione e<br />

riarrangiamento.<br />

Tra questi, il più comune nell’ambito delle<br />

reazioni radicaliche è il trasferimento. In questa<br />

modalità, il radicale libero – generato da una delle<br />

precedenti reazioni di inizio – attacca una molecola<br />

sottraendo ad essa uno dei suoi atomi<br />

(generalmente un atomo di idrogeno). Il risultato<br />

finale è la formazione di una nuova specie reattiva<br />

e, in pratica, il trasferimento del sito radicalico<br />

(figura 1. 8A).<br />

A<br />

B<br />

+<br />

A R H<br />

Radicale libero<br />

(ossidante)<br />

Radicale<br />

ossidrile<br />

Molecola<br />

bersaglio<br />

A H<br />

Nuova<br />

molecola<br />

Figura 1. 8 Reazione di trasferimento<br />

Con questo meccanismo, per esempio, il<br />

radicale ossidrile (HO*) attaccando una molecola<br />

organica (R-H), strappa a questa un atomo di<br />

idrogeno, generando, accanto ad una molecola<br />

d’acqua (H2O), un radicale alchilico (R*) (figura 1.<br />

8, B). Con questo meccanismo, il sito radicalico si<br />

trasferisce dal radicale ossidrile al radicale alchile.<br />

Infine, una reazione radicalica a catena può<br />

arrestarsi (termine, step 3) o per combinazione o<br />

per disproporzione.<br />

In particolare, nella combinazione, che è la<br />

reazione inversa della scissione omolitica, due<br />

+<br />

R<br />

Nuovo radicale<br />

(ossidante)<br />

O H + R H R + H O H<br />

Substrato<br />

organico<br />

Radicale<br />

alchile<br />

Acqua<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

7<br />

radicali liberi reagiscono tra loro dando luogo ad<br />

una molecola non più reattiva (figura 1. 9).<br />

R<br />

Radicale libero 1<br />

(ossidante)<br />

+<br />

R 1<br />

Radicale libero 2<br />

(antiossidante)<br />

Figura 1. 9 Reazione di combinazione<br />

R R 1<br />

Nuova<br />

molecola<br />

Il primo radicale agisce come ossidante,<br />

mentre il secondo si comporta come un generico<br />

antiossidante (vedi appresso).<br />

Questo meccanismo viene sfruttato per<br />

bloccare una reazione radicalica e in generale, un<br />

qualsiasi processo radicalico a catena può essere<br />

interrotto grazie all’intervento di agenti denominati,<br />

genericamente antiossidanti.<br />

1. 2 Meccanismi di produzione<br />

delle specie reattive nei viventi<br />

Negli organismi viventi i ROS sono generati nel<br />

corso della normale attività metabolica cellulare;<br />

alcuni agenti esogeni, tuttavia, possono<br />

incrementarne la produzione, anche con<br />

meccanismo diretto (figura 1. 10).<br />

Agenti<br />

esterni<br />

Produzione<br />

di ROS<br />

Metabolismo<br />

cellulare<br />

Figura 1. 10 Meccanismo generale di produzione dei ROS<br />

E’ possibile individuare almeno 5 fonti<br />

metaboliche primarie di radicali liberi, in rapporto al<br />

sito cellulare prevalentemente interessato nella<br />

produzione dei ROS stessi: la plasmamembrana, i<br />

mitocondri, i perossisomi, il reticolo endoplasmatico<br />

liscio (microsomi) e il citosol. E’ bene precisare che<br />

in ciascuna di queste sedi i ROS vengono prodotti<br />

o spontaneamente o per effetto di reazioni<br />

catalizzate da enzimi o da metalli di transizione (es.<br />

ferro o rame) (figura 1. 11).


NADPH ossidasi<br />

Lipoossigenasi<br />

Xantina ossidasi<br />

Aldeide ossidasi<br />

Figura 1. 11 Fonti cellulari primarie di produzione di ROS<br />

La plasmamembrana rappresenta una delle<br />

fonti più importanti di ROS, particolarmente (ma<br />

non esclusivamente) nei leucociti polimorfonucleati<br />

(PMN). Infatti, nella plasmamembrana di queste<br />

cellule sonolocalizzati diversi enzimi, quali la<br />

NADPH ossidasi e le lipoossigenasi, la cui<br />

attivazione si accompagna alla produzione,<br />

rispettivamente di anione superossido e di<br />

intermedi metabolici con caratteristiche chimiche di<br />

perossidi.<br />

La NADPH ossidasi è un enzima che catalizza<br />

la formazione di anione superossido da<br />

NADPH(H + ) ed ossigeno molecolare, in seguito a<br />

stimolazione specifica dei PMN, per esempio da<br />

parte di endotossine, batteri, o anticorpi).<br />

La reazione, che avviene verosimilmente in<br />

due tappe, è resa possibile dall’aumentata<br />

disponibilità di NADPH(H+), per l’aumentata<br />

ossidazione del glucosio attraverso lo shunt<br />

degli esosi, e di ossigeno molecolare, nell’ambito<br />

del cosiddetto “respiratory burst” (figura 1. 12).<br />

1) NADPH + O2 ⎯⎯⎯→ NADP* + H + *<br />

+ O 2<br />

2) NADP* + O2 ⎯⎯⎯→ NADP + *<br />

+ O 2<br />

NADH deidrogenasi<br />

Citocromo ossidasi<br />

Citocromo P 450<br />

Citocromo b 5<br />

Figura 1. 12 Meccanismo d’azione della NADPH ossidasi<br />

Il sistema della lipoossigenasi, localizzato<br />

anch’esso a livello della plasmamembrana,<br />

comprende tre enzimi, la 5-, la 12-, e la 15lipoossigenasi,<br />

che catalizzano la formazione, a<br />

partire dall’acido arachidonico, del 5-, del 12- e del<br />

15-HPETE, rispettivamente. Queste sostanze sono<br />

chimicamente degli idroperossidi acidi, un gruppo<br />

particolare di ROS spesso indicati con la sigla di<br />

ROM (reactive oxygen metabolites, cioè metaboliti<br />

o derivati reattivi dell’ossigeno).<br />

La produzione di ROS a livello della<br />

plasmamembrana dei PMN, per attivazione della<br />

NADPH ossidasi e/o delle lipossigenasi, avviene,<br />

tipicamente, nel corso di processi reattivi (es.<br />

infezioni, immunoreazioni patogene,<br />

infiammazioni).<br />

I mitocondri rappresentano la fonte metabolica<br />

primaria di ROS perché sulle loro creste sono<br />

localizzati i complessi enzimatici della catena<br />

respiratoria deputati alla fosforilazione ossidativa.<br />

Idealmente, il trasferimento di elettroni dal NAD<br />

ridotto al citocromo C e da questo all’ossigeno<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

8<br />

dovrebbe concludersi, una volta sintetizzato l’ATP,<br />

con la produzione di H2O (riduzione tetravalente<br />

dell’ossigeno molecolare). Tuttavia, già in<br />

condizioni normali, questo processo non è perfetto,<br />

per cui in maniera non facilmente controllabile una<br />

certa quota di elettroni (1-2%) sfugge al sistema di<br />

trasporto dei vari coenzimi (es. ubichinone,<br />

flavoproteine, citocromi, ecc.) e reagisce<br />

direttamente con l’ossigeno molecolare,<br />

generando, così, anione superossido e /o<br />

perossido di idrogeno (riduzione uni- e bivalente<br />

dell’ossigeno molecolare).<br />

Per avere un’idea di questo processo, si<br />

consideri che è stato calcolato che durante un<br />

esercizio fisico intenso nei muscoli scheletrici, a<br />

causa dell’intensa stimolazione metabolica<br />

cellulare la quota di questo shunt elettronico può<br />

raggiungere il 15% dell’ossigeno utilizzato dai<br />

mitocondri.<br />

Il fenomeno della riduzione uni o bivalente<br />

dell’ossigeno molecolare avviene, nei mitocondri,<br />

senza l’intervento di enzimi, al contrario di quanto<br />

osservato in altre sedi cellulari (figura 1. 13).<br />

O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e -<br />

1e- 1e- O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e -<br />

1e- 1e- O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e -<br />

1e- 1e- Riduzione<br />

univalente<br />

2 H + 2 H + 2 H +<br />

Riduzione tetravalente<br />

Riduzione<br />

univalente<br />

Riduzione bivalente<br />

1H + 1H + 1H +<br />

Riduzione bivalente<br />

H H2O 2O 2O<br />

Figura 1. 13 Modalità di riduzione dell’ossigeno molecolare<br />

In altre parole, da un punto di vista<br />

squisitamente chimico la produzione di radicali<br />

liberi nel corso della fosforilazione ossidativa è<br />

esattamente una modalità non enzimatica di<br />

produzione di specie reattive.<br />

In realtà, come si è appenna accennato, la<br />

generazione di radicali liberi negli organismi viventi<br />

è strettamente legata ai fenomeni vitali e, pertanto,<br />

costituisce un fenomeno “fisiologico” che avviene<br />

continuamente nel corso di reazioni di<br />

ossidoriduzione attraverso meccanismi sia<br />

enzimatici che non enzimatici.<br />

A questo punto è opportuno sottolineare che,<br />

oltre ai mitocondri, esistono anche altre fonti non<br />

enzimatiche di radicali liberi nelle cellule. Per<br />

esempio, i perossinitriti generano spontaneamente<br />

radicale idrossile e radicale nitrossido.<br />

Tuttavia, le reazioni non enzimatiche più<br />

importanti sotto il profilo biologico per la produzione<br />

di radicali liberi sono quelle catalizzate da metalli di<br />

transizione. In queste reazioni, che richiedono<br />

generalmente ferro o rame allo stato ridotto<br />

(rispettivamente Fe 2+ e Cu + ) il perossido di<br />

idrogeno (generato attraverso varie metaboliche,<br />

come si preciserà più avanti) è scisso in radicale<br />

idrossile e ione ossidrile per inglobamento


dell’elettrone strappato al metallo di transizione,<br />

che viene rilasciato in forma ossidata<br />

(rispettivamente Fe 3+ e Cu 2+ ), secondo il<br />

meccanismo sopra discusso dell’interazione con<br />

metalli di transizione:<br />

HOOH + Fe 2+ ⎯→ HO* + OH - + Fe 3+<br />

oppure<br />

HOOH + Cu + ⎯→ HO* + OH - +Cu 2+<br />

Analoga reazione subiscono gli idroperossidi,<br />

che generano il radicale alcossile:<br />

ROOH + Fe 2+ ⎯→ RO* + OH - + Fe 3+<br />

oppure<br />

ROOH + Cu + ⎯→ RO* + OH - + Cu 2+<br />

Gli enzimi che rigenerano metalli di transizione<br />

allo stato ridotto costituiscono un complesso<br />

indicato con la sigla MCO (sistemi di ossidazione<br />

metallo-catalizzata). Essi comprendono la xantina<br />

ossidasi, la NADPH e la NADH ossidasi, l’acido<br />

nicotinico idrossilasi, il sistema del citocromo P450,<br />

la NADH reduttasi (coenzima chinonico), la<br />

succinico-reduttasi (coenzima chinonico) e varie<br />

proteine a ferro-zolfo non eminico. I chinoni e i<br />

gruppi prostetici flavinici ridotti generati da questi<br />

enzimi riducono a loro volta i metalli di transizione,<br />

provocando la riduzione diretta dell’ossigeno<br />

molecolare a radicale idrossile e/o a perossido di<br />

idrogeno (attraverso la mediazione o meno<br />

dell’anione superossido) (figura 1. 14).<br />

QH 2<br />

O 2<br />

FH 2<br />

O 2<br />

QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- 2H + 2H + 2H +<br />

x2<br />

O *<br />

2<br />

O 2<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

*OH + OH- *OH + OH + Fe (III)<br />

- *OH + OH + Fe (III)<br />

- + Fe (III)<br />

Fe(III)<br />

Figura 1. 14 Sistemi MCO e ciclo del ferro<br />

Oltre alla plasmamembrana ed ai mitocondri,<br />

anche i perossisomi rappresentano una fonte<br />

importante di ROS. In questi organuli cellulari,<br />

infatti, avviene un particolare processo di<br />

ossidazione degli acidi grassi, che è diverso da<br />

quello convenzionale (β−ossidazione). Nella prima<br />

tappa di tale sequenza di reazioni, una<br />

flavoproteina estrae una coppia di atomi di<br />

idrogeno da una molecola di acido grasso<br />

attivato(acil-CoA) trasferendola direttamente<br />

all’ossigeno molecolare, con formazione di<br />

perossido di idrogeno (successivamente inattivato<br />

dalla catalasi).<br />

Nel reticolo endoplasmatico (microsomi) la<br />

produzione di specie reattive passa attraverso il<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

9<br />

citocromo P450. Quest’ultimo gioca un ruolo di<br />

primo piano nei processi di detossificazione.<br />

Il citocromo P450 agisce come donatore<br />

immediato di elettroni in molte reazioni di<br />

idrossilazione, in particolare quelle che avvengono<br />

all’interno degli epatociti e che sono finalizzate<br />

all’inattivazione di ormoni (es. steroidei) e composti<br />

non fisiologici (xenobiotici, quali tossici e farmaci<br />

idrofobici che vengono in tal modo resi più solubili<br />

e meno tossici).<br />

Il citocromo P450 è una proteina a ferro eminico<br />

presente non solo nel reticolo endoplasmatico del<br />

fegato ma anche nei mitocondri della corticale del<br />

surrene che, in un processo molto complesso e<br />

non ancora perfettamente chiarito, fa da traitd’union<br />

fra l’NADPH(H + ) (donatore di elettroni) e<br />

substrato da idrossilare. In tale complessa reazione<br />

un substrato idrossilabile (SH) reagisce con<br />

NADPH(H + ) ed ossigeno molecolare (O2) per<br />

formare il corrispondente derivato idrossilato<br />

(S-OH), insieme a NADP + ed acqua.<br />

Una produzione di radicali liberi avviene nella<br />

cellula anche nel corso di numerose altre reazioni<br />

biochimiche, come ad esempio durante<br />

l’ossidazione dell’ipoxantina a xantina e della<br />

xantina ad acido urico, che contrassegnano la fase<br />

finale del catabolismo dei nucleotidi purinici<br />

(AMP IMP inosina ipoxantina xantina acido<br />

urico).<br />

Ambedue le suddette reazioni sono catalizzate<br />

dalla xantina deidrogenasi, un enzima a molibdeno.<br />

In particolari condizioni, come nel corso del<br />

cosiddetto danno da ischemia-riperfusione, la<br />

xantina deidrogenasi è convertita in xantina<br />

ossidasi (probabilmente per clivaggio proteolitico<br />

calcio-dipendente). Quest’ultima, utilizzando come<br />

accettore finale di elettroni direttamente l’ossigeno,<br />

genera perossido di idrogeno e anione<br />

superossido, a partire, rispettivamente,<br />

dall’ipoxantina e dalla xantina (figura 1. 15).<br />

Ipoxantina Xantina<br />

H 2 O + O 2<br />

H 2 O 2<br />

← Xantina ossidasi →<br />

Xantina Acido urico<br />

Figura 1. 15 Produzione di ROS dal catabolismo purinico<br />

Altre reazioni che generano radicali liberi sono<br />

descritte nella sintesi delle catecolammine.<br />

Da quanto esposto finora, si evince che i ROS<br />

rappresentano intermedi quasi obbligati del<br />

metabolismo cellulare. E poiché la loro produzione<br />

è strettamente legata ai fenomeni vitali, a ragione<br />

essi sono stati definiti “insostituibili compagni di<br />

viaggio” della nostra esistenza.<br />

O 2<br />

O -<br />

2


Appare evidente che in ciascun sito cellulare,<br />

la produzione di specie reattive ha una sua<br />

specifica funzione. Infatti, è stato riconosciuto che i<br />

ROS giocano un ruolo importante “al servizio della<br />

vita” perché sono coinvolti non solo nel<br />

metabolismo cellulare ma anche nei “processi<br />

reattivi”, quali infezioni e infiammazioni. In verità,<br />

l’anione superossido e gli altri ROS vengono<br />

generati sulla superficie esterna della<br />

plasmamembrana dei leucociti attivati. Queste<br />

specie reattive attaccheranno componenti estranei<br />

quali batteri indebolendone la parete e rendendoli<br />

più facilmente accessibili alla fagocitosi e, in<br />

definitiva, alla loro distruzione. Queste attività<br />

“immunologiche” si estrinsecano non solo nei<br />

confronti di componenti estranei ma anche contro<br />

componenti “self” quali tessuti o organi trapiantati<br />

(reazione di rigetto). Questa strategia viene anche<br />

utilizzata nel corso della guarigione di organi o<br />

tessuti soggetti a traumi. Infatti, i leuociti migrano<br />

nell’area lesa, si attivano e iniziano a bombardare<br />

le cellule danneggiate con i radicali liberi che<br />

accelerano la loro distruzione, allontanamento dei<br />

sottoprodotti di lisi, e il corrispondente recupero<br />

(rigenerazione).<br />

La produzione di radicali liberi da parte delle<br />

cellule può, talvolta, subire un incremento notevole<br />

per effetto di stimolazioni esterne. Infatti, agenti<br />

fisici, chimici e biologici, da soli o in combinazione<br />

tra loro, possono indurre direttamente la<br />

generazione di ROS o aumentarne la “fisiologica”<br />

produzione attraverso una specifica stimolazione<br />

metabolica.<br />

Tra gli agenti fisici, sono da segnalare le<br />

radiazioni ionizzanti e i raggi UV. Ambedue queste<br />

fonti energetiche possono indurre il fenomeno della<br />

scissione omolitica dell’acqua, detto anche radiolisi<br />

o fotolisi a seconda del tipo di radiazione coinvolto<br />

(figura 1. 16).<br />

H R H UV H R + H<br />

Acqua Radicale<br />

Radicale<br />

idrossile<br />

idrogeno<br />

Figura 1. 16 La fotolisi dell’acqua<br />

In questa reazione la molecola d’acqua<br />

assorbe energia e la utilizza per scindere uno dei<br />

suoi due legami covalenti con l’idrogeno: i prodotti<br />

saranno due radicali liberi, il radicale idrossile e<br />

l’atomo di idrogeno. Considerato che un organismo<br />

vivente è costituito prevalentemente da acqua e<br />

che trascorre gran parte della sua vita sotto l’effetto<br />

di radiazioni (UV o ionizzanti che siano) appare<br />

evidente quanto questo fenomeno incida in<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

10<br />

maniera sostanziale sulla produzione di radicali<br />

liberi.<br />

Fra gli agenti chimici in grado di stimolare la<br />

produzione di radicali liberi è da citare l’ozono (un<br />

ROS) che genera direttamente radicali perossilici<br />

per interazione con composti fenolici.<br />

I due casi finora considerati (radiazioni e<br />

ozono) costituiscono esempi di produzione diretta<br />

di specie reattive.<br />

Altri agenti chimici, invece, quali gli idrocarburi<br />

aromatici policiclici o taluni farmaci, inducono un<br />

aumento della produzione dei radicali liberi<br />

attraverso un meccanismo indiretto, attivando il<br />

sistema del citocromo P450 a livello microsomiale.<br />

Agenti biologici che tipicamente inducono un<br />

aumento della produzione di ROS per attivazione<br />

metabolica specifica sono i batteri, nell’ambito del<br />

fisiologico processo di difesa dalle infezioni, e<br />

taluni anticorpi, nell’ambito di alcune reazioni<br />

immunopatogene. In questi casi, come accennato<br />

a proposito della plasmamembrana, sono chiamati<br />

direttamente in causa i PMN. Questi ultimi, infatti,<br />

possiedono oltre alla citata NADPH ossidasi, una<br />

serie di enzimi direttamente coinvolti nella<br />

produzione e, in parte, inattivazione di specie<br />

chimiche reattive, quali la superossidodismutasi<br />

(SOD), la mieloperossidasi (MPx), la catalasi (CAT)<br />

e la glutatione perossidasi (GPx) (figura 1. 17).<br />

Batteri, endotossine , anticorpi<br />

Ossidazione diretta<br />

del glucosio<br />

Generazione di<br />

NADPH + H +<br />

Generazione di<br />

NADPH + H +<br />

↑ Captazione di<br />

ossigeno<br />

↑ Disponibilità di<br />

ossigeno<br />

Attivazione NADPH ossidasi<br />

HClO<br />

.<br />

O 2<br />

SOD<br />

H H2O 2O 2<br />

MPx<br />

CAT GPx<br />

H H2O 2O<br />

NADPH ossidasi<br />

NADPH + O 2 → NADP . + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O 2 → NADP + NADPH ossidasi<br />

NADPH + O 2 → NADP<br />

+ O<br />

.<br />

2<br />

. + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O 2 → NADP + NADPH ossidasi<br />

NADPH + O 2 → NADP<br />

+ O<br />

.<br />

2<br />

. + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O 2 → NADP + + O<br />

.<br />

2<br />

Superossido dismutasi (SOD)<br />

2 O<br />

.<br />

2 + 2 H +<br />

2 + 2 H +<br />

2 + 2 H + → H2 O 2 + O 2<br />

Mieloperossidasi (MPx)<br />

HCl + H 2 O 2 → H 2 O + HClO<br />

Catalasi (CAT)<br />

2 H 2 O 2 → 2H 2 O + O 2<br />

Glutatione perossidasi (GPx)<br />

2 GSH + H 2 O 2 → 2H 2 O + GSSG<br />

Figura 1. 17 Produzione reattiva di ROS da parte dei PMN<br />

La SOD catalizza la trasformazione dell’anione<br />

superossido in perossido di idrogeno che, a sua<br />

volta, può essere inattivato ad acqua per azione<br />

della CAT o della GPx. Tuttavia, la disponibilità di<br />

cloruri – anche a concentrazioni fisiologiche –<br />

rende il perossido di idrogeno substrato della MPx.<br />

Il risultato finale è la produzione di un agente<br />

altamente ossidante, l’acido ipocloroso (HClO).<br />

Come verrà precisato in seguito, l’HClO può<br />

attaccare numerosi substrati organici e, in<br />

particolare, amminoacidi e proteine, per produrre<br />

cloroammine, una potenziale fonte di radicali<br />

alcossilici e perossilici.<br />

Infine, giova ricordare che un aumento della<br />

produzione di radicali liberi può osservarsi in<br />

situazioni “fisiologiche”, come ad esempio dopo un<br />

intenso sforzo muscolare o nel corso di numerose<br />

malattie. In quest’ultimo caso, spesso, non è chiaro


fino a che punto i ROS siano la causa o l’effetto<br />

della patologia considerata (vedi più avanti).<br />

1. 3 Metabolismo delle più importanti<br />

specie reattive di interesse biologico<br />

Le più comuni specie reattive di interesse<br />

biologico sono quelle centrate sull’ossigeno,<br />

sull’azoto, sul carbonio e sul cloro (tabella 1. 1).<br />

Tabella 1. 1 Specie reattive di maggiore interesse biologico<br />

Specie chimica Formula Natura Specie chimica Formula Natura<br />

Ozono<br />

Anione superossido<br />

Ossigeno singoletto<br />

O3<br />

*<br />

O2<br />

1<br />

O2*<br />

N-R<br />

R<br />

R (?)<br />

Ossido nitrico<br />

Diossido nitrico<br />

Acido nitroso<br />

NO*<br />

NO2*<br />

HNO2<br />

R<br />

R<br />

N-R<br />

Perossido di idrogeno H2O2 N-R Tetrossido di azoto N2O4 N-R<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale alcossile<br />

HO*<br />

RO*<br />

R<br />

R<br />

Triossido nitrico<br />

Perossinitrito<br />

N2O3<br />

ONOO<br />

N-R<br />

- N-R<br />

Radicale idroperossile ROO* R Acido perossinitroso ONOOH N-R<br />

Idroperossido ROOH N-R Catione nitronio NO 2+ N-R<br />

Semichinone ( CoQ) Q* R Alchil-perossinitrito ROONO N-R<br />

Fenossile (vit E) E-O* R Acido ipocloroso HClO N-R<br />

N-R: specie non radicalica.<br />

R: specie radicalica.<br />

Tra le specie reattive primarie dell’ossigeno<br />

citate nel paragrafo precedente, l’ossigeno<br />

singoletto rappresenta una varietà radicalica che<br />

può originarsi per eccitazione dell’ossigeno<br />

molecolare o per combinazione di radicali<br />

perossilici (figura 1. 18).<br />

O 2<br />

Eccitazione<br />

1<br />

O2<br />

Combinazione<br />

ROO*<br />

Figura 1. 18 Modalità di generazione dell’ossigeno singoletto<br />

Molto più complessa è, invece, la formazione<br />

dell’anione superossido (figura 1. 19).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

HO*<br />

NADPH<br />

ossidasi<br />

Ossidazione mista NADPH Autoossidazione<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione univalente<br />

Reazione di Haber-Weiss<br />

O 2<br />

Ossidazione mista<br />

ipoxantina<br />

Citocromi<br />

P 450 e 5 b<br />

Figura 1. 19 Metabolismo dell’anione superossido<br />

Xantina<br />

ossidasi<br />

Il radicale idrossile, noto per la sua enorme<br />

potenzialità istolesiva, può derivare da un’ampia<br />

serie di reazioni, tra le quali spiccano la già<br />

e<br />

Superossido dismutasi<br />

H H2O 2O 2O 2<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

11<br />

discussa fotolisi dell’acqua e la decomposizione del<br />

perossido di idrogeno (figura 1. 20).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

O O2* 2* 2* H H2O 2O 2O<br />

H H2O 2O 2O 2<br />

Reazione di Haber-Weiss<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione univalente<br />

RH<br />

H H2O 2O 2O<br />

Radiolisi<br />

HO*<br />

R*<br />

Reazione di Fenton<br />

Scissione spontanea<br />

Reazione con ozono<br />

Fenoli<br />

Figura 1. 20 Metabolismo del radicale idrossile<br />

Infine, il perossido di idrogeno viene generato<br />

prevalentemente attraverso meccanismi di tipo<br />

enzimatico e per via enzimatica è generalmente<br />

inattivato o dà luogo alla formazione di specie<br />

chimiche più ossidanti (figura 1. 21).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

HO*<br />

Superossido<br />

dismutasi<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione bivalente<br />

H H2O 2O 2O 2<br />

H H2O 2O 2O<br />

Ossidazione mista<br />

ipoxantina<br />

Figura 1. 21 Metabolismo del perossido di idrogeno<br />

HONOO<br />

Amminoacido<br />

ossidasi<br />

Xantina<br />

ossidasi<br />

Reaz. di Haber-Weiss Catalasi Perossidasi Mieloperossidasi<br />

ClO- Superossido dismutasi ClO- Superossido dismutasi ClO- Superossido dismutasi<br />

Le specie reattive primarie dell’ossigeno<br />

possono attaccare qualsiasi substrato organico,<br />

generando specie reattive secondarie, note anche<br />

come metaboliti o derivati reattivi dell’ossigeno,<br />

quali gli idroperossidi. Questi ultimi, a loro volta, in<br />

particolari condizioni, possono dare origine a<br />

specie chimiche particolarmente reattive quali i<br />

radicali perossile e alcossile.<br />

Le specie reattive centrate sull’azoto di<br />

maggiore rilevanza biomedica comprendono<br />

varietà sia radicaliche che non radicaliche. Fra le<br />

prime sono da citare l’ossido nitrico (NO*) e il<br />

biossido nitrico (NO2*); fra le seconde, piuttosto<br />

numerose, ricordiamo, invece, l’acido nitroso e il<br />

perossinitrito.<br />

L’ossido nitrico, un gas considerato per<br />

decenni un inquinante ambientale, viene prodotto,<br />

insieme alla L-citrullina, a partire dall’amminoacido<br />

L-arginina, in una reazione catalizzata dall’enzima<br />

ossido nitrico sintetasi (nitric oxide synthase, NOS).<br />

Quest’ultimo possiede la singolare proprietà di<br />

ospitare sulla stessa catena polipeptidica due<br />

domini ad azione catalitica, uno reduttasico ed uno<br />

ossigenasico, e richiede come cofattori NADPH e<br />

pteridina ridotta. La NOS esiste in numerose


isoforme, alcune costitutive (cellule endoteliali,<br />

piastrine, SN) ed altre inducibili (macrofagi, PMN,<br />

cellule endoteliali, cellule muscolari lisce, epatociti)<br />

(figura 1. 22).<br />

H 2 N<br />

H 2 N<br />

HN<br />

HO<br />

L-arginina<br />

+<br />

NH 2<br />

O<br />

NOS<br />

NADPH, O 2 , BH 4<br />

H 2 N<br />

H 2 N<br />

L-citrullina<br />

Figura 1. 22 Biosintesi del l’ossido nitrico<br />

Nei sistemi biologici, l’NO agisce come un<br />

importante messaggero intra- ed inter-cellulare<br />

regolando molte funzioni quali la pressione<br />

arteriosa, la respirazione, la coagulazione del<br />

sangue, e alcune attività cerebrali. Esso, inoltre,<br />

gioca un ruolo determinante nella difesa dalle<br />

infezioni batteriche e nella prevenzione dei tumori.<br />

Tuttavia, se generato in quantità abnormi esso è<br />

anche un potente killer cellulare.<br />

Nell’NO gli elettroni spaiati del livello<br />

energetico più esterno (cinque appartenenti<br />

all’azoto e sei all’ossigeno) generano una specie<br />

chimica non carica, dotata di proprietà<br />

paramagnetiche e, dunque, un radicale.<br />

In quanto radicale libero, l’NO reagisce<br />

rapidamente con altre specie aventi elettroni<br />

spaiati; l’effetto può essere un’ossidazione, una<br />

riduzione oppure il legame con altre molecole, in<br />

funzione del microambiente (figura 1. 22).<br />

N N2O 2O 2O 3<br />

R-SH / R-NH 2<br />

RS-NO<br />

RNH-NO<br />

NO -<br />

3<br />

Redox<br />

pH


Gli scavenger, che agiscono attraverso vari<br />

meccanismi, possono essere di natura idrofila<br />

(albumina, urato, ascorbato, urato) oppure lipofila<br />

(carotenoidi, vitamina E, ubichinolo).<br />

Secondo alcuni ricercatori, gli scavenger<br />

dovrebbero essere distinti dagli antiossidanti<br />

propriamente detti. Infatti, mentre gli scavenger<br />

(es. α−tocoferolo) sono agenti che riducono la<br />

concentrazione di radicali liberi rimuovendoli dal<br />

mezzo in cui si trovano, gli antiossidanti (es.<br />

difenilammina), invece, sono agenti che inibiscono<br />

il processo dell’autoossidazione, di cui costituisce<br />

un importante esempio l’irrancidimento dei grassi.<br />

Questo fenomeno, ben noto in scienza<br />

dell’alimentazione, viene definito autoossidazione<br />

perché avviene attraverso una sequenza<br />

autocatalitica di reazioni radicaliche in presenza di<br />

ossigeno. Alternativamente si può usare il termine<br />

di perossidazione, in quanto lo stesso processo<br />

genera intermedi con caratteristiche di perossidi<br />

(R–O–OR) (figura 1. 23).<br />

ROOH<br />

RH<br />

R*<br />

RO*<br />

ROH<br />

*OH<br />

RH<br />

H H2O 2O 2O 2O<br />

R*<br />

Figura 1. 23 Il processo di autoossidazione o perossidazione<br />

Attraverso questo processo alcuni grassi alimentari<br />

irrancidiscono e le biomembrane degli organismi<br />

viventi vengono ossidate.<br />

ROO *<br />

ROO *<br />

ROO *<br />

ROO *<br />

ROOR<br />

RO*<br />

RH H 2 O<br />

O 2<br />

ROO*<br />

Gli agenti di riparo comprendono<br />

esclusivamente enzimi che intervengono dopo che<br />

il danno da specie reattive si è instaurato. La loro<br />

azione – spesso sequenziale – prevede dapprima<br />

l’identificazione del segmento molecolare ossidato,<br />

poi la separazione del frammento ormai<br />

inutilizzabile e, infine, la sistensi e l’inserimento di<br />

un nuovo segmento in sostituzione di quello<br />

danneggiato. Appartengono agli agenti di riparo le<br />

idrolasi (glicosidasi, lipasi, proteasi), le trasferasi e<br />

le polimerasi, tutte indispensabili per la riparazione<br />

del danno da radicali liberi di importanti molecole o<br />

strutture cellulari (es. DNA, membrane, ecc).<br />

Infine, gli agenti di adattamento comprendono<br />

tutte quelle sostanze o tecniche o procedure<br />

attraverso le quali è possibile potenziare il sistema<br />

O 2<br />

R*<br />

RH: molecola organica<br />

ROOH: idroperossido<br />

ROO*: radicale idroperossilico<br />

RO*: radicale alcossilico<br />

Capitolo 1. Radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno<br />

13<br />

antiossidante fisiologico di un organismo. Per<br />

esempio, un corretto esercizio fisico o l’adozione di<br />

un regime alimentare corretto ed equilibrato sono<br />

misure di per sé in grado di controllare il<br />

metabolismo ossidativo attraverso la riduzione<br />

della produzione di specie reattive e l’induzione di<br />

enzimi ad attività antiossidante .<br />

Il sistema di difesa antiossidante è<br />

regolarmente distribuito nell’organismo, sia a livello<br />

extracellulare che a livello intracellulare.<br />

A livello dei liquidi extracellulari e, in<br />

particolare, nel plasma, l’insieme delle sostanze<br />

potenzialmente in grado di cedere equivalenti<br />

riducenti (atomi di idrogeno o singoli elettroni) sì da<br />

soddisfare “l’avidità di elettroni” che rende i radicali<br />

liberi instabili costituisce la cosiddetta barriera<br />

antiossidante. Ne fanno parte, nel plasma, tutte le<br />

proteine e, in particolar modo, l’albumina, la<br />

bilirubina, l’acido urico, il colesterolo, e i vari<br />

antiossidanti esogeni introdotti con l’alimentazione<br />

o sotto forma di integratori dietetici (ascorbato,<br />

tocoferolo, polifenoli ecc.). Un ruolo di particolare<br />

importanza è svolto, nel contesto di questa<br />

barriera, dai gruppi tiolici (-SH).<br />

All’interno delle cellule il sistema di difesa<br />

antiossidante ha una sua ben precisa<br />

compartimentalizzazione (figura 1. 24).<br />

Vitamina E<br />

Acidi grassi poliinsaturi<br />

b-carotene<br />

Glutatione<br />

Ascorbato<br />

Selenio<br />

Vitamina E,<br />

Ascorbato<br />

b-carotene<br />

Catalasi<br />

Selenio<br />

Vitamina E<br />

Ubichinone<br />

Vitamina E<br />

b-carotene<br />

Figura 1. 24 Compartimentalizzazione dei sistemi antiossidanti<br />

Il sistema antiossidante comprende alcuni<br />

enzimi (superossidodismutasi, catalasi e<br />

perossidasi) ed una serie di sostanze assunte<br />

dall’esterno (vitamine e sostanze analoghe ad<br />

attività antiossidante, quali i polifenoli,<br />

oligoelementi ecc). Alcuni di questi agenti sono<br />

liposolubili (es. tocoferoli) e, entrando nella<br />

compagine delle biomembrane, costituiscono la<br />

prima linea di difesa contro l’attacco dei radicali<br />

liberi. Altri, invece, sono idrosolubili (es. ascorbato)<br />

ed intervengono soprattutto nel contesto della<br />

matrice solubile del citoplasma e degli organuli<br />

cellulari.


Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

Capitolo 2<br />

Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

2. 1 Generalità e definizioni<br />

Lo stress ossidativo è una particolare<br />

condizione indotta da un’accentuazione in senso<br />

pro-ossidante dell’equilibrio dinamico fra processi<br />

ossidativi e riduttivi che hanno luogo<br />

continuamente in ogni cellula, quale espressione<br />

fisiologica delle complesse trasformazioni<br />

biochimiche del metabolismo terminale.<br />

Sulla base di questo tentativo di inquadrare un<br />

aspetto della biochimica dinamica che è tuttora<br />

oggetto di ampio dibattito fra i ricercatori, lo stress<br />

ossidativo si configura come un fenomeno che<br />

riguarda, almeno in prima battuta, la singola cellula<br />

che, per effetto della propria attività metabolica,<br />

non di rado sotto lo stimolo di agenti ad essa<br />

esterni, è costretta a subire gli effetti<br />

potenzialmente lesivi di una serie di reazioni<br />

indesiderate che accompagnano quei processi<br />

ossidativi da cui dipende la sua stessa esistenza.<br />

2. 2 Basi biochimiche<br />

I ROS rappresentano una minaccia mortale<br />

per la vita della cellula che ne tiene sotto controllo<br />

la produzione grazie ad un efficiente sistema di<br />

difesa. Tuttavia, in particolari condizioni, quando la<br />

produzione di ROS è eccessiva e/o la capacità di<br />

smaltire questi ultimi si riduce, la cellula è costretta<br />

a subire il danno da radicali liberi.<br />

Trasferendo il discorso all’intero organismo,<br />

possiamo definire lo stress ossidativo come una<br />

particolare forma di stress chimico indotto dalla<br />

presenza di una quantità eccessiva di specie<br />

reattive per un’aumentata produzione delle stesse<br />

e/o per una ridotta capacità di smaltirne le quantità<br />

comunque prodotte ( figura 2. 1).<br />

Radiazioni,farmaci, metalli pesanti<br />

Fumo di sigaretta, alcool, inquinamento<br />

Esercizio fisico inadeguato, sedentarietà<br />

Infezioni ed altre malattie<br />

Malattie<br />

cardiovascolari<br />

Ridotta assunzione<br />

e/o diminuita sintesi<br />

e/o ridotta capacità di utilizzazione<br />

e/o aumentato consumo di antiossidanti<br />

Specie reattive › Difese antiossidanti fl<br />

Demenza,<br />

M. di Parkinson<br />

Danno cellulare<br />

Invecchiamento<br />

precoce<br />

Infiammazioni,<br />

tumori<br />

Altre<br />

malattie<br />

Figura 2. 1 Eziopatogenesi schematica dello stress ossidativo<br />

E’ ovvio che il discorso è ben più complesso,<br />

ma il concetto appena esposto è sufficiente per<br />

comprendere i principali aspetti fisiopatologici dello<br />

14<br />

stress ossidativo e le relative implicazioni sul piano<br />

diagnostico e terapeutico.<br />

Comunque determinatasi, infatti, l’eccessiva<br />

produzione di specie reattive, non più<br />

adeguatamente controllata dai sistemi di difesa<br />

antiossidanti, provoca una serie di alterazioni<br />

funzionali e strutturali della cellula, che possono<br />

condurre all’apoptosi o addirittura alla necrosi<br />

(tabella 2. 1).<br />

Tabella 2. 1 Alterazioni biochimiche cellulari nello s. ossidativo<br />

• Perossidazione biomolecole (glicidi, lipidi, amminoacidi, nucleotidi…)<br />

• Ossidazione e deplezione di GSH<br />

• Ossidazione dei tioli proteici<br />

• Ossidazione dei nucleotidi piridinici<br />

• Lesioni del DNA ed attivazione della poli(ADP-ribosio)polimerasi<br />

• Alterazioni dei meccanismi di trasduzione del segnale<br />

• Alterazioni dell’omeostasi ionica<br />

• Alterazioni del citoscheletro<br />

• Inibizione della glicolisi<br />

• Deplezione di NAD+<br />

• Caduta del potenziale di membrana mitocondriale<br />

• Deplezione di ATP<br />

• Aumento della permeabilità della membrana plasmatica<br />

Sul piano generale, queste lesioni – dapprima<br />

cellulari e poi tissutali – saranno responsabili,<br />

infine, di patologie d’organo, quali ad esempio il<br />

morbo di Crohn o la pancreatite, oppure di<br />

condizioni sistemiche, quali l’invecchiamento<br />

precoce, l’aterosclerosi e così via.<br />

Comunque, va sottolineato ancora una volta<br />

che non sempre è possibile stabilire se i radicali<br />

liberi sono la causa oppure l’effetto delle lesioni<br />

osservate.<br />

Le principali cause di aumentata produzione di<br />

ROS sono da individuarsi in fattori ambientali,<br />

situazioni fisiologiche, stile di vita, fattori<br />

psicologici, malattie e fattori iatrogeni, ecc. (tabella<br />

2. 2).<br />

Tabella 2. 2 Cause di aumentata produzione di specie reattive<br />

Eziologia Examples<br />

Fattori ambientali Radiazioni, inquinamento<br />

Stati fisiologici Gravidanza (?)<br />

Stile di vita Alimentazione, alcool, fumo, esercizio fisico incongruo<br />

Fattori psicologici <strong>Stress</strong> psico-emotivo (?)<br />

Malattie Traumi, infiammazioni, infezioni, vasculopatie, neoplasie<br />

Fattori iatrogeni Farmacoterapia, radioterapia, raggi X<br />

Bisogna sottolineare che il fumo di sigaretta,<br />

l’abuso di alcool ed altri fattori correlati con lo stile<br />

di vita sono responsabili dell’aumento della<br />

produzione di ROS. Lo stesso effetto è indotto da<br />

un’attività fisica incongrua (eccessiva o<br />

insufficiente). Infine, è riconosciuto il ruolo dei<br />

numerose malattie, su base disreattiva o infettiva<br />

(es. artrite reumatoide e infezioni batteriche) nel<br />

favorire l’incremento dei ROS.<br />

Una riduzione delle difese antiossidanti è da<br />

imputarsi sostanzialmente ad un deficit assoluto o


elativo di antiossidanti, comunque determinatosi.<br />

In tale contesto, alcune malattie, quali la celiachia,<br />

possono provocare uno stress ossidativo riducendo<br />

la disponibilità di antiossidanti assunti con<br />

l’alimentazione (tabella 2. 3).<br />

Tabella 2. 3 Cause di ridotte difese antioossidanti<br />

Eziologia Esempi<br />

Ridotta assunzione di AO Ipovitaminosi, diete monotone<br />

Ridotto assorbimento di AO Sindromi da malassorbimento, celiachia<br />

Ridotta capacità di utilizzazione di AO Deficit dei mec. di captazione e/o trasporto<br />

Insufficienza dei sistemi enzimatici AO Fattori genetici e/o iatrogeni<br />

Eccessivo consumo di AO Eccessiva produzione di specie reattive<br />

Assunzione di farmaci Sovraccarico del sistema microsomiale<br />

Malattie Vari<br />

AO: antiossidanti<br />

A proposito delle malattie, va precisato che<br />

esse alcune di esse si accompagnano ad<br />

un’aumentata produzione di specie reattive, altre<br />

ad una riduzione delle difese antiossidanti, altre<br />

ancora, infine, alla combinazione di ambedue i<br />

meccanismi.<br />

Spesso, tuttavia, non è chiaro se i radicali liberi<br />

ne siano la causa oppure l’effetto o addirittura un<br />

semplice epifenomeno.<br />

Dal punto di vista biochimico, considerando il<br />

fenomeno all’interno della cellula, è indubbio che<br />

all’origine delle alterazioni funzionali e strutturali vi<br />

è un aumento della produzione di specie reattive<br />

per stimolazione parziale o generalizzata del<br />

metabolismo, spesso sotto la spinta di fattori<br />

esogeni. I ROS, resisi disponibili in grandi quantità,<br />

sono in grado di attaccare qualsiasi substrato con il<br />

quale giungono a contatto, strappando ad essi<br />

l’elettrone o gli elettroni necessari per raggiungere<br />

la propria stabilità. Ciò, a sua volta, innesca<br />

processi radicalici a catena che, se non bloccati<br />

tempestivamente, possono provocare gravi<br />

conseguenze sul piano, dapprima funzionale, poi<br />

anche strutturale (figura 2. 2).<br />

Anione superossido O .<br />

2<br />

Radicale idrossile HO*<br />

Radicale peridrossile HO 2 *<br />

Metallidi transizione/<br />

Sistemi enzimatici<br />

Agenti esterni, attività metabolica<br />

Substrati organici RH (glicidi, lipidi,<br />

amminoacidi, nucleotidi , etc.)<br />

Idroperossido R-OOH<br />

Radicale alcossile R-O*<br />

Radicale idroperossile R-OO*<br />

Alterazioni funzionali e/o strutturali della cellula<br />

Ossigeno singoletto 1 Ossigeno singoletto O2 Perossido di idrogeno H2O2 1O2 Perossido di idrogeno H2O2 Metallidi transizione/<br />

Sistemi enzimatici<br />

Superamento difese<br />

antiossidanti<br />

Figura 2. 2 Patogenesi dello stress ossidativo: aspetti biochimici<br />

Fra i vari meccanismi cito- ed isto-lesivi<br />

assume rilevante importanza quello correlato con<br />

la formazione degli idroperossidi (ROOH), una<br />

classe di derivati o metaboliti reattivi dell’ossigeno<br />

(reactive oxygen metabolites, ROM).<br />

Questo meccanismo, tipico delle reazioni<br />

radicaliche a catena, viene innescato dall’attacco,<br />

da parte di un ROS (per esempio, il radicale<br />

istolesivo *OH), di un generico substrato organico<br />

R-H (es. un glicide, un lipide, un amminoacido, un<br />

nucleotide ecc.) (figura 2. 3).<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

15<br />

R–H + HO* → R* + H2O<br />

R* + O2 → ROO*<br />

ROO* → ROOH + R1*<br />

R1* + R 1* → R1*–R1*<br />

Figura 2. 3 Reazioni radicaliche e produzione di perossidi<br />

Il radicale *OH, avendo un elettrone spaiato, è<br />

molto reattivo e, giunto a contatto con il substrato<br />

R-H, strappa a quest’ultimo un atomo di idrogeno<br />

per raggiungere la sua stabilità.<br />

In questo modo, però, il sito radicalico è ora<br />

trasferito al substrato che si trasforma in radicale<br />

R*. Quest’ultimo, in presenza di ossigeno<br />

molecolare, è convertito in radicale (idro)perossile<br />

ROO*, un nuovo radicale che, a sua volta, può<br />

attaccare un altro substrato organico R1H<br />

trasformandosi in idroperossido ROOH.<br />

La reazione a catena ormai innescata<br />

continuerà a partire dall’ultimo radicale generato<br />

(R1*), fino a quando non interverrà un meccanismo<br />

di terminazione (es. reazione di combinazione, R1*<br />

+ R1*, per produrre R1-R1) oppure un antiossidante.<br />

Il fenomeno della perossidazione – è bene<br />

ribadirlo – non è esclusivo dei lipidi, ma può<br />

interessare qualsiasi substrato organico, dagli<br />

amminoacidi alle proteine, dai carboidrati ai<br />

nucleotidi.<br />

Non v’è dubbio, tuttavia, che i lipidi,<br />

specialmente se insaturi, e, quindi, con doppietti di<br />

legame “disponibili” a soddisfare l’avidità di<br />

elettroni dei radicali liberi, costituiscano target<br />

importanti dell’attacco ossidativo, in particolar<br />

modo se inseriti nel contesto di biomembrane e,<br />

come tali, maggiormente esposti all’azione<br />

radicalica.<br />

La perossidazione lipidica segue lo schema<br />

generale delle reazioni radicaliche appena<br />

discusso, con la variante che, se ad essere colpito<br />

è un acido grasso poliinsaturo, quale l’acido<br />

arachidonico, ad essere attaccato dal radicale<br />

istolesivo HO* è uno dei doppi legami C-C.<br />

In questo caso specifico, la sottrazione di un<br />

atomo di iidrogeno da parte del radicale idrossile<br />

genera un radicale centrato sul carbonio, che<br />

rapidamente va incontro ad una redistribuzione dei<br />

doppi legami trasformandosi in diene coniugato.<br />

Quest’ultimo, in presenza di ossigeno si trasforma<br />

in radicale perossilico.<br />

Il radicale perossilico corrispondente<br />

rappresenta un composto chiave in questa<br />

sequenza di reazioni, perché può essere non solo<br />

trasformato in idroperossido, ma andare incontro,<br />

per la sua peculiare struttura chimica, ad ulteriore<br />

degradazione fino a malonildialdeide e, infine, a<br />

pentano, se sono disponibili ulteriori donatori di<br />

idrogeno (e, in ultima analisi, fino a completa<br />

utilizzazione del sistema antiossidante) (figura 2.<br />

4).


20<br />

H 3 C<br />

20<br />

H 3 C<br />

20<br />

H 3 C<br />

20<br />

H 3 C<br />

20<br />

H 3 C<br />

20<br />

H 3 C<br />

Figura 2. 4 Schema della perossidazione lipidica<br />

Comunque prodotti, gli idroperossidi sono<br />

sostanze relativamente stabili e conservano una<br />

discreta capacità ossidante. Pertanto, nella stessa<br />

cellula, se si rendono disponibili metalli di<br />

transizione allo stato libero, essi possono subire la<br />

reazione di Fenton e generare così i più reattivi<br />

radicali alcossile (RO*) e idroperossile (ROO*), che<br />

amplificano il danno all’interno della cellula.<br />

A causa della potenziale tossicità, si ritiene che<br />

gli idroperossidi vengano espulsi dalla cellula ed<br />

immessi nei fluidi circolanti, fra cui il sangue. Nel<br />

plasma, quindi, se esistono condizioni tali da<br />

indurre il rilascio di ferro allo stato ionico dalle<br />

proteine circolanti (es. un’acidosi transitoria), si<br />

innescherà la reazione di Fenton che genererà<br />

ancora una volta radicali alcossile e idroperossile<br />

che amplificheranno il danno a livello delle LDL e,<br />

soprattutto, dell’endotelio. In ogni caso, gli<br />

idroperossidi plasmatici, conservando, come nella<br />

cellula, ancora una discreta capacità ossidante ed<br />

essendo relativamente stabili, possono essere<br />

opportunamente messi in evidenza e quantificati<br />

(vedi oltre, d-<strong>ROMs</strong> test) (figura 2. 5).<br />

Agenti esterni<br />

*OH<br />

RH<br />

O 2<br />

Attività metabolica<br />

H O 2<br />

R*<br />

ROO*<br />

Danno<br />

ossidativo<br />

R 1 *<br />

R 1 H ROOH<br />

Respirazione<br />

Nucleo<br />

MDA<br />

16<br />

16<br />

16<br />

16<br />

15 14<br />

15 14<br />

15 14<br />

15<br />

14<br />

Danno<br />

ossidativo<br />

13<br />

13<br />

13<br />

13<br />

Citoplasma<br />

Cellula<br />

12 11<br />

12 11<br />

12 11<br />

12<br />

11<br />

O<br />

O<br />

15 13<br />

11<br />

16 14 12<br />

OH<br />

O<br />

15 13<br />

11<br />

16 14 12<br />

8<br />

*OH<br />

H 2 O<br />

O 2<br />

8<br />

8<br />

Transfer elettronico<br />

8<br />

8<br />

RH<br />

R<br />

8<br />

R-O-O-H R-O*<br />

Fe 3+<br />

Fe 2+ pH fl Fe 3+<br />

Fe 2+ pH fl<br />

OH- Ossidazione LDL<br />

OH- Ossidazione LDL<br />

R-O-O* R-O-O-H<br />

H +<br />

Danno H<br />

endoteliale<br />

+<br />

Danno<br />

endoteliale<br />

Vaso sanguigno (capillare)<br />

1<br />

COOH<br />

ROOH<br />

Cellula<br />

Figura 2. 5 Metabolismo ed effetti patogeni degli idroperossidi<br />

A tal riguardo, si dice che gli idroperossidi sono<br />

testimoni o marcatori ma anche amplificatori del<br />

danno cellulare da radicali liberi.<br />

Anche i livelli di malondialdeide (MDA) nel<br />

plasma o degli alcani (pentano o etano)<br />

nell’espirato forniscono informazioni sulla<br />

produzione di radicali liberi, ma solo quando il<br />

sistema antiossidante presente nel mezzo<br />

biologico si è esaurito.<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

1 COOH<br />

1<br />

COOH<br />

1<br />

COOH<br />

1<br />

COOH<br />

Acido<br />

arachidonico<br />

Acido arachidonico<br />

radicale<br />

[Acido arachidonico<br />

radicale]<br />

Diene coniugato<br />

dell’acido arachidonico<br />

1<br />

COOH Radicale perossilico<br />

dell’acido arachidonico<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

Idroperossido<br />

(d-<strong>ROMs</strong> test)<br />

16<br />

Oltre agli idroperossidi, i ROS sono in grado di<br />

generare diversi prodotti e sottoprodotti di<br />

ossidazione reagendo con biomolecole target, le<br />

quali possono essere più o meno<br />

permanentemente modificate, frammentate o<br />

depolimerizzate. Tra questi sottoprodotti sono da<br />

segnalare le cloroammine.<br />

Infatti, diversi studi hanno dimostrato che il<br />

“respiratory burst” dei fagociti attivati (macrofagi e<br />

PMN) è in grado di produrre perossido di idrogeno<br />

sia in vitro che in vivo. Queste cellule possono<br />

anche rilasciare la mieloperossidasi, un enzima a<br />

ferro eminico che catalizza la reazione tra<br />

perossido di idrogeno e ione cloruro (già a<br />

concentrazioni fisiologiche) per produrre il potente<br />

ossidante acido ipocloroso (HClO).<br />

Tale sostanza gioca un ruolo importante<br />

nelle difese messe in atto dai mammiferi contro<br />

microrganismi patogeni, in quanto è dotata di<br />

potente attività battericida.<br />

E’ altresì noto, tuttavia, che un’eccessiva o<br />

inadeguata produzione di HClO provoca lesioni a<br />

carico dei tessuti nei mammiferi, e questo si ritiene<br />

essere importante in alcune patologie umane, quali<br />

l’aterosclerosi, le malattie infiammatorie croniche<br />

ed alcune forme di neoplasie.<br />

Numerosi studi hanno dimostrato che le<br />

proteine rappresentano i bersagli principali<br />

dell’azione dell’HClO, anche se questo potente<br />

ossidante reagisce con un ampia varietà di altre<br />

molecole organiche target, quali il DNA, i lipidi, il<br />

colesterolo, l’NADH, e i tioli.<br />

In particulare, è stato dimostrato mediante EPR<br />

che l’HClO reagisce con i gruppi amminici<br />

di amminoacidi e proteine per produrre<br />

cloroammine. Queste, a loro volta, si<br />

decompongono e generano radicali liberi,<br />

dimostrabili mediante tecniche di spin trapping<br />

combinate con l’EPR, quali i radicali perossilici ed<br />

alcossilici.<br />

Secondo l’ipotesi più accreditata, il carbonio<br />

alfa dell’amminoacido che ha subito l’attacco<br />

dell’acido ipocloroso trasformandosi in<br />

cloroammina, si trasforma in un sito radicalico. Il<br />

conseguente attacco dell’ossigeno genera un<br />

radicale perossilico che, dimerizzando, forma il<br />

tetrossido corrispondente. Dalla scissione di<br />

quest’ultimo originerebbero, con l’ossigeno<br />

molecolare, i radicali alcossilici.<br />

Il processo descritto, che è favorito ma non<br />

dipende dall’aggiunta di ioni ferro, sembra giocare<br />

un ruolo determinante nell’amplificare il danno<br />

ossidativo da radicali liberi nei fluidi extracellulari,<br />

quali il sangue, anche quando, appunto, non sono<br />

disponibili metalli di transizione allo stato libero.<br />

In ogni caso questa possibilità alternativa di<br />

produrre radicali perossilici e alcossilici rende<br />

ancora più importante il significato delle<br />

informazioni fornite dal d-<strong>ROMs</strong> test che, come<br />

verrà discusso dettagliatamente in seguito,<br />

consente di dosare non solo gli idroperossidi<br />

generati dalle “classiche” reazioni di


perossidazione, ma anche questi importantissimi<br />

marker di stress ossidativo generati dalla<br />

decomposizione delle cloroammine.<br />

Infine, fra gli altri meccanismi biochimici<br />

coinvolti nel danno da radicali liberi sono da citare<br />

la formazione di legami crociati, la condensazione<br />

di proteine, la depolimerizzazione<br />

dell’acido ialuronico, l’interruzione di uno o<br />

ambedue i filamenti del DNA, ecc (tabella 2. 4).<br />

Tabella 2. 4 Bersagli dei ROM e relativi prodotti di ossidazione<br />

Specie<br />

Molecola<br />

Prodotti di<br />

reattive<br />

bersaglio ossidazione<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale peridrossile<br />

Lipidi (PUFA) Idroperossidi lipidici<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale peridrossile<br />

Proteine<br />

Molecole con legami<br />

crociati, idroperossidi<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale peridrossile<br />

Acido jaluronico<br />

Glucosidi,<br />

idroperossidi<br />

Radicale idrossile DNA/RNA<br />

Filamenti interrotti,<br />

8-idrossiguanosina<br />

2. 3 Eziopatogenesi<br />

La produzione di specie reattive – si è detto –<br />

avviene in ben definiti siti cellulari:<br />

plasmamembrana, mitocondri, reticolo<br />

endoplasmatico liscio (microsomi), perossisomi e<br />

citosol.<br />

Va sottolineato che la generazione di ROS in<br />

ciascuno di questi siti e gli effetti che da essa ne<br />

scaturiscono assume caratteristiche peculiari in<br />

rapporto alla specificità dello stimolo ed alle<br />

modalità, qualità e quantità di specie reattive<br />

prodotte.<br />

E’ evidente che la produzione di ROS da parte<br />

dei PMN, conseguente ad attivazione della<br />

plasmamembrana, richiede stimoli diversi da quelli<br />

necessari per la generazione di specie reattive<br />

dalle cellule muscolari, associata all’attivazione del<br />

metabolismo mitocondriale.<br />

In linea di massima, infatti, uno stimolo<br />

flogistico tenderà prevalentemente ad attivare la<br />

plasmamembrana dei PMN laddove un intenso<br />

esercizio muscolare tenderà ad esaltare<br />

prevalentemente l’attività metabolica mitocondriale<br />

delle cellule muscolari.<br />

Ciascuna delle due situazioni, inoltre, è<br />

accompagnata dalla produzione di specie reattive<br />

almeno in parte diverse, per il diverso corredo<br />

enzimatico delle cellule e delle relative strutture<br />

subcellulari interessate.<br />

Per esempio, i mitocondri delle cellule<br />

muscolari, che non possiedono la mieloperossidasi<br />

non potranno generare HClO, che potrà essere<br />

prodotto solo dalla plasmamembrana dei PMN<br />

attivati. Infine, anche gli effetti sistemici delle due<br />

condizioni saranno diverse.<br />

Sulla base di queste considerazioni si può<br />

associare a ciascun sito cellulare coinvolto nella<br />

produzione di specie reattive un particolare tipo di<br />

stress ossidativo: indotto prevalentemente da<br />

modificazioni reattive della superficie cellulare,<br />

indotto prevalentemente da una ridotta efficienza<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

17<br />

della respirazione cellulare, secondario<br />

prevalentemente ad induzione farmacometabolica,<br />

indotto prevalentemente da variazioni della<br />

tensione intracellulare di ossigeno e da<br />

meccanismi multipli combinati (figura 2. 6).<br />

NADPH ossidasi<br />

Lipoossigenasi<br />

<strong>Stress</strong> ossidativo da<br />

modifiche reattive della<br />

superficie cellulare<br />

Xantina ossidasi<br />

Aldeide ossidasi<br />

<strong>Stress</strong> ossidativo da<br />

variazioni della<br />

pO 2 intracellulare<br />

NADH deidrogenasi<br />

Citotocromo ossidasi<br />

<strong>Stress</strong> ossidativo da<br />

ridotta efficacia della<br />

respirazione cellulare<br />

Citocromo P 450<br />

Citocromo b 5<br />

<strong>Stress</strong> ossidativo<br />

da induzione<br />

farmacometabolica<br />

Figura 2. 6 Fonti cellulari di ROS e stress ossidativo<br />

E’ evidente che questa impostazione<br />

rappresenta un’ipersemplificazione della ben più<br />

complessa e multiforme situazione biochimica che<br />

si osserva a livello cellulare, tissutale e sistemico<br />

nello stress ossidativo.<br />

Rimanendo nell’esempio comparativo appena<br />

discusso della plasmamembrana dei PMN e dei<br />

mitocondri delle cellule muscolari, non bisogna<br />

dimenticare che nelle condizioni disreattive, quali le<br />

infezioni, la febbre indotta dall’attivazione dei PMN<br />

si associa ad un’esaltazione del metabolismo e,<br />

viceversa, lo sforzo muscolare intenso può<br />

associarsi a condizioni infiammatorie, ritenute<br />

responsabili di lesioni traumatiche dell’apparato<br />

muscoloscheletrico.<br />

In altri termini, è difficile distinguere nettamente<br />

uno stress ossidativo indotto da modificazioni<br />

reattive della superficie cellulare da uno stress<br />

ossidativo indotto da ridotta efficienza della<br />

respirazione cellulare.<br />

Anzi, estendendo ancor di più il discorso, nella<br />

patogenesi del danno muscolare legato ad<br />

esercizio fisico strenuo entra in gioco anche il<br />

meccanismo dell’ischemia-riperfusione, che è alla<br />

base dello stress ossidativo da variazioni della pO2<br />

intracellulare.<br />

E’ per questo motivo che nella classificazione<br />

dei diversi tipi di stress ossidativo si è convenuto di<br />

usare la circumlocuzione “stress ossidativo indotto<br />

prevalentemente da…”.<br />

Pur nella consapevolezza degli inevitabili limiti<br />

legati ai tentativi di classificare i fenomeni biologici,<br />

l’individuazione di cinque pattern di stress<br />

ossidativo conserva, tuttavia, un’indubbia valenza<br />

didattica e concettuale e, pertanto, può essere di<br />

grande aiuto non solo al clinico, per<br />

l’inquadramento diagnostico del soggetto con<br />

compromissione del bilancio redox, ma anche al<br />

terapeuta, per orientare la scelta nel complesso<br />

labirinto delle opzioni terapeutiche attualmente<br />

disponibili (tabella 2. 5).


Tabella 2. 5 Pattern fondamentali dello stress ossidativo (SO)<br />

SO* Sito † Meccanismo † ROS/ROM Correlazioni<br />

I Membrana<br />

Generazione ac.<br />

arachidonico<br />

Idroperossidi, a.<br />

superossido<br />

Processi reattivi<br />

(infiammazione)<br />

Attivazione NADPH<br />

ossidasi<br />

A. superossido<br />

Processi reattivi<br />

(infiammazione)<br />

II Mitocondri<br />

Attivazione<br />

metabolica<br />

A. superossido<br />

Perossido di H<br />

Ipernutrizione,<br />

es. inadeguato<br />

Disfunzione A. superossido Mitocondriopatie<br />

mitocondriale Perossido di H (prim. o sec.)<br />

III Microsomi<br />

Attivazione citocromi<br />

P450/b5<br />

Varii<br />

Alcol, farmaci,<br />

xenobiotici<br />

IV Citosol<br />

Attivazione xantina<br />

ossidasi<br />

A. superossido<br />

Perossido di H<br />

Malattie da<br />

ischemiariperfusione<br />

V Almeno due Multipli<br />

Variabilmente<br />

centrati ‡<br />

Fumo,<br />

inquinanti,<br />

radiazioni<br />

I: SO prevalentemente da modifiche reattive della superficie cellulare; II:<br />

SO prevalentemente da ridotta efficacia della respirazione cellulare; III:<br />

SO prevalentemente da induzione farmaco-metabolica; IV: SO<br />

prevalentemente da variazioni della pO2 intracellulare; V: SO da<br />

meccanismi multipli. † Prevalente. ‡ Carbonio, azoto, cloro ecc<br />

Lo stress ossidativo indotto prevalentemente<br />

da modificazioni reattive della superficie cellulare è<br />

provocato dall’attivazione della plasmamembrana<br />

che, come si è detto, è sede di attività enzimatiche<br />

generatrici di ROS.<br />

Questo tipo di stress ossidativo è generato,<br />

nella sua forma più caratteristica, da una massiccia<br />

attivazione dei leucociti pomorfonucleati ad opera<br />

di batteri o endotossine o immunocomplessi.<br />

Questi agenti, infatti, legandosi alla<br />

plasmamembrana possono attivare l’NADPH<br />

ossidasi, con produzione di anione superossido<br />

(figura 2. 7).<br />

Figura 2. 7 Produzione di specie reattive da PMN attivati<br />

Anche l’attivazione delle lipoossigenasi,<br />

localizzate sulla plasmamembrana dei PMN, si<br />

accompagna a produzione di perossidi (figura 2. 8).<br />

H + H +<br />

Batteri<br />

MPx MPx<br />

1 2 4<br />

3<br />

H H<br />

cis, cis-1,4-pentadiene<br />

H<br />

PLA 2<br />

H 2 O 2<br />

Figura 2. 8 Produzione di perossidi lipoossigenasi-dipendente<br />

5<br />

Idroperossido<br />

PL AA PG<br />

O OO2 2<br />

O – O<br />

O – O<br />

O – OH<br />

SOD SOD<br />

Fenton/HW Fenton/HW<br />

ROOH<br />

Fe/Cu<br />

NADPH-Ox NADPH-Ox<br />

O 2<br />

Fe2+ Fe3+ Fe2+ Fe3+ Fe/Cu<br />

.<br />

Proteasi<br />

O 2<br />

Cl- H2O R-NH Cl<br />

2<br />

RH H2O -<br />

H2O R-NH2 RH H2O HClO OH .<br />

R-NHCl HClO OH R*<br />

.<br />

R-NHCl R*<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

18<br />

Lo stress ossidativo da modificazioni reattive<br />

della superficie cellulare è tipico dei processi<br />

reattivi, quali infezioni (es. batteriche) e<br />

infiammazioni (es. artrite reumatoide).<br />

Lo stress ossidativo indotto prevalentemente<br />

da una ridotta efficienza della respirazione cellulare<br />

è provocato da un’alterazione della funzionalità dei<br />

mitocondri che, come è noto, costituiscono una<br />

delle fonti primarie di produzione di ROS. Nel caso<br />

più semplice, l’aumentata produzione di specie<br />

reattive è legata ad un’eccessiva attivazione<br />

metabolica, quale si riscontra ad esempio durante<br />

lo sforzo fisico intenso o nell’iperalimentazione; in<br />

questo caso le specie reattive maggiormente<br />

prodotte sono i prodotti di riduzione non<br />

tetravalente dell’ossigeno, quali l’anione<br />

superossido e il perossido d’idrogeno. E’ anche<br />

possibile che un aumento della produzione di ROS<br />

per ridotta efficienza della respirazione cellulare sia<br />

legato ad una patologia primaria dei mitocondri<br />

ovvero all’innescarsi di un circolo vizioso<br />

(attivazione metabolica → produzione di ROS da<br />

shunt elettronico → disfunzione mitocondriale →<br />

riduzione dell’efficienza respiratoria → ulteriore<br />

produzione di ROS da shunt elettronico).<br />

Lo stress ossidativo secondario<br />

prevalentemente ad induzione farmacometabolica<br />

è provocato da un’attivazione del sistema di<br />

idrossilazione a funzione disintossicante del<br />

citocromo P450. Ne sono frequenti cause l’etilismo<br />

cronico e l’esposizione a xenobiotici. In questi casi<br />

possono essere prodotte specie reattive anche non<br />

centrate sull’ossigeno (es. il radicale del<br />

paracetamolo, un comunissimo antipiretico e<br />

analgesico).<br />

Lo stress ossidativo indotto prevalentemente<br />

da variazioni della tensione intracellulare di<br />

ossigeno è tipico delle lesioni da ischemiariperfusione<br />

che si osservano nell’infarto e in<br />

seguito ad interventi di rivascolarizzazione<br />

chirurgica o trapianto di organi.<br />

Si ritiene che in questi casi entri in gioco<br />

l’attivazione della xantina ossidasi con produzione<br />

di perossido di idrogeno e anione superossido<br />

(figura 2. 9).<br />

Infarto, bypass, trapianti<br />

Macroischemia<br />

Microischemia<br />

pO 2 ↓<br />

Acidosi<br />

Sedentarietà<br />

Deficit pompe<br />

Disponibilità ossigeno ↓<br />

Lattato ↑<br />

Cellula<br />

Glicolisi<br />

Stato ridotto mitocondri ↑<br />

anaerobica ↑<br />

Rilascio F e2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

Rilascio F<br />

dalle proteine<br />

e2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

Rilascio F<br />

dalle proteine<br />

e2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

dalle proteine<br />

Fosforilazione<br />

ossidativa ↓<br />

Creatina ↑ Osmolarit à ↑<br />

Creatina -P↓<br />

Sintesi ATP ↓ Decompartimentalizzazione<br />

Disorganizzazione citoscheletro<br />

ADP ↑<br />

Attacco substrati<br />

organici<br />

AMP ↑<br />

IMP ↑<br />

H 2O2↑<br />

.<br />

O2 ↑<br />

ROO* RO*<br />

ROOH ↑<br />

ROOH<br />

Inosina ↑ Ipoxantina Xantina<br />

Xantina<br />

Ossidasi<br />

Acido urico<br />

Vaso sanguigno<br />

Calcio ↑<br />

citosolico<br />

Attivazione<br />

proteasi<br />

Deficit pompe<br />

Danno<br />

membrana<br />

Alterazioni<br />

omeostasi ionica<br />

Xantina<br />

deidrogenasi<br />

Figura 2. 9 Meccanismi del danno da ischemia-riperfusione


Infine, il fumo di sigaretta, l’esposizione ad<br />

inquinanti atmosferici o a radiazioni ionizzanti o UV<br />

ovvero ad agenti tossici saranno responsabili di<br />

uno stress ossidativo conseguente all’attivazione di<br />

meccanismi multipli combinati.<br />

2. 4 <strong>Stress</strong> ossidativo e invecchiamento<br />

Nel corso degli ultimi decenni sono state<br />

formulate almeno 20 ipotesi per spiegare le cause<br />

e i meccanismi dell’invecchiamento, da quella di<br />

una modifica delle proteine (anomalie della sintesi<br />

– modifiche post-traduzionali – alterazioni del<br />

turnover), a quella dell'incapacità nel riparare i<br />

danni al DNA, fino a quella dei pace-maker (in<br />

base alla quale alcuni organi o sistemi perdendo<br />

funzionalità trascinano nell'invecchiamento).<br />

Ovviamente, l’aspetto genetico, costituisce la<br />

base di molte di queste ipotesi: non a caso si dice<br />

che il metodo più sicuro per andare avanti con gli<br />

anni è avere dei genitori longevi.<br />

Tuttavia, un ruolo decisamente importante<br />

sembra essere svolto anche da alcuni cofattori,<br />

apparentemente acquisiti, quali, ad esempio, il<br />

sovrappeso, l’eccesso calorico e l’attività fisica<br />

inadeguata, tutti in qualche modo correlati con la<br />

produzione di radicali liberi. Non è escluso,<br />

pertanto, che lo stress ossidativo, attraverso anche<br />

questa via, oltre a quelle note (danno primario a<br />

carico di molecole target essenziali, quali il DNA e<br />

le proteine) possa contribuire alla riduzione della<br />

longevità.<br />

Infatti, è noto che la condizione di sovrappeso<br />

favorisce la rottura del bilancio redox, laddove la<br />

restrizione calorica e l'attività fisica costante (di tipo<br />

"salutistico") tendono a riequilibrarlo.<br />

In particolare, il sovrappeso – valutabile<br />

mediante il cosiddetto indice di massa corporea,<br />

IMC o BMI, che esprime il rapporto tra peso in Kg e<br />

quadrato dell'altezza in cm – è un noto fattore che<br />

riduce la sopravvivenza in entrambi i sessi. Indici di<br />

massa corporea tra 19 e 21.9 (considerando la<br />

normalità a 22.5) si sono dimostrati associati a un<br />

basso rischio di mortalità, mentre indici più elevati<br />

sono apparsi correlati ad un rischio maggiore.<br />

Curiosamente, si è anche osservato che il<br />

rischio relativo di mortalità correlato alla massa<br />

corporea è più basso negli anziani rispetto ai<br />

giovani. Ad ogni modo, è noto come la massa<br />

corporea si possa controllare attraverso l'attività<br />

fisica e la restrizione calorica.<br />

Negli animali da laboratorio, la restrizione<br />

calorica favorisce la longevità e riduce la morbilità,<br />

soprattutto quella legata a patologie cardiovascolari<br />

e tumorali. Il fenomeno è decisamente da correlarsi<br />

sia alla ridotta produzione di radicali liberi a livello<br />

mitocondriale sia all’aumentata efficienza, in<br />

queste condizioni, dei sistemi di difesa<br />

antiossidanti, fattori, entrambi, in grado di ridurre<br />

l’entità dello stress ossidativo. Infatti, come verrà<br />

discusso in seguito, i soggetti in sovrappeso<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

19<br />

presentano al d-<strong>ROMs</strong> test, rispetto ai normopeso,<br />

livelli significativamente più alti di idroperossidi.<br />

L’attività fisica gioca un ruolo decisivo nel<br />

rompere o riequilibrare il bilancio redox e, dunque,<br />

nel favorire o rallentare l’invecchiamento,<br />

rispettivamente.<br />

Infatti, l’attività fisica intensa e concentrata nel<br />

tempo favorisce un temporaneo aumento del livello<br />

di radicali liberi da attivazione mitocondriale,<br />

proprio in coincidenza del momento in cui<br />

incrementa il consumo di O2 sotto sforzo. Poiché la<br />

domanda di ossigeno non può essere soddisfatta<br />

dalla richiesta, si crea una situazione comparabile<br />

ad una riduzione del flusso sanguigno (ischemia).<br />

Subentrando una condizione di parziale<br />

anaerobiosi, i livelli muscolari di ipoxantina<br />

aumentano. Infine, nel momento in cui il flusso<br />

sanguigno diviene in grado di soddisfare la<br />

richiesta di ossigeno (riperfusione) la concomitante<br />

attivazione della xantina ossidasi favorisce la<br />

conversione dell’ipoxantina in xantina ed acido<br />

urico, con produzione di anione superossido e<br />

perossido di idrogeno.<br />

Viceversa, l’attività fisica regolare e costante,<br />

stimola nell'individuo allenato, ovvero abituato allo<br />

sforzo, l’attivazione dei sistemi antiossidanti<br />

fisiologici e migliora le capacità di tamponamento<br />

dell'acidosi, riducendo, di fatto la gravità e<br />

l’intensità dello stress ossidativo comunque<br />

prodotto.<br />

Nelle persone anziane, come è noto, la spesa<br />

energetica totale (TEE, total energy expenditure)<br />

appare ridotta, principalmente per diminuzione<br />

dell'attività fisica ma anche, seppur in grado<br />

minore, del metabolismo basale (BMR, basal<br />

metabolic rate). Non si osservano, invece, riduzioni<br />

significative dell'effetto termico dell'alimentazione<br />

(TEF, termic effect of feeding), il quale ha una forte<br />

correlazione con il consumo di ossigeno e quindi<br />

con la produzione di radicali liberi. Sembrerebbe<br />

verificarsi lo stesso fenomeno dello sforzo fisico nel<br />

soggetto non allenato, ovvero l'inerzia dei sistemi<br />

antiossidanti che prolunga, in questo caso, l'effetto<br />

dell'impatto calorico. D’alra parte, nell'anziano si<br />

verifica il ben noto decremento della massa<br />

muscolare (LBN, lean body mass) con incremento<br />

della massa lipidica in ambedue i sessi. I fattori<br />

coinvolti in questi eventi dipendono almeno in parte<br />

dall'attività fisica e dalla diminuzione del GH<br />

(growth hormon). Di fatto, aumentando l'attività<br />

fisica si può riportare la LBM a livelli simili a quelli<br />

dell'età giovanile. All'appropriata attività fisica,<br />

conseguirà il benessere di tutto l'apparato<br />

cardiovascolare e quindi una riduzione della<br />

morbilità e mortalità cardiovascolare, con favorevoli<br />

ripercussioni, in definitiva, sulla longevità.<br />

In conclusione, la riduzione dello stress<br />

ossidativo – ottenuta mediante il controllo del peso<br />

corporeo, la restrizione calorica e l’adeguata attività<br />

fisica – sia attraverso dei meccanismi diretti (più<br />

efficiente controllo dell’equilibrio redox) che indiretti<br />

(riduzione della morbilità e della mortalità) può


contribuire efficacemente al rallentamento del<br />

fisiologico processo dell’invecchiamento.<br />

2. 5 <strong>Stress</strong> ossidativo e malattie<br />

2. 5. 1 Premessa<br />

L’intervento dei radicali liberi è stato chiamato<br />

in causa nella patogenesi di almeno 50 diverse<br />

malattie. Anche se in molti casi la formazione dei<br />

radicali è secondaria all’evento patogeno primario,<br />

l’innesco di reazioni a catena a partire dalle specie<br />

reattive comunque prodotte può contribuire ad<br />

aggravare il danno cellulare, anche attraverso un<br />

vero e proprio effetto “tossico”.<br />

I radicali liberi sono coinvolti direttamente nel<br />

danno cellulare e tissutale che si riscontra nella<br />

malattia aterosclerotica, nel diabete mellito, nelle<br />

malattie su base infiammatoria, in corso di tumori e<br />

in alcune epato- e broncopneumopatie. In<br />

generale, tuttavia, non vi è patologia umana nella<br />

quale non sia documentabile un qualche ruolo<br />

patogeno delle specie reattive dell’ossigeno<br />

(nefropatie, endocrinopatie, malattia di Alzheimer,<br />

malattia di Parkinson, colite ulcerosa, pancreatite,<br />

malattie metaboliche, ecc.).<br />

2. 5. 2 Radicali liberi e malattie cardiovascolari<br />

Le malattie cardiovascolari rappresentano<br />

attualmente la principale causa di morte nei Paesi<br />

Occidentali e, in particolare, in quelli Europei e<br />

Nordamericani. Alla base della maggior parte delle<br />

malattie cardiovascolari note, quali l’ictus cerebrale<br />

e l’infarto del miocardio, vi è l’aterosclerosi. Con<br />

questo termine intendiamo una patologia<br />

generalmente a distribuzione sistemica<br />

caratterizzata da un ispessimento dell’intima o, in<br />

generale, dello strato dell’arteria prospiciente il<br />

lume vasale.<br />

Sono stati descritti tre tipi di ispessimento o<br />

“placche”, di gravità crescente: placche<br />

ateromasiche, placche fibrose e placche<br />

complicate.<br />

Le placche ateromasiche si presentano come<br />

sollevamenti più o meno pronunciati dell’intima,<br />

disposti lungo il maggior asse del vaso, di colorito<br />

giallognolo. All’esame microscopico appaiono<br />

costituite da “foam cells”, cellule ricche di lipidi che<br />

possono derivare sia dalle cellule della<br />

muscolatura liscia che dai macrofagi.<br />

Le placche fibrose, probabilmente derivate<br />

dalla degenerazione dei depositi lipidici delle<br />

placche ateromasiche, appaiono come lesioni più o<br />

meno tondeggianti, del diametro di circa 1 cm,<br />

generalmente biancastre. Una tipica placca fibrosa<br />

consiste di un “tappo” fibroso, costituito da cellule<br />

della muscolatura liscia e tessuto connettivo<br />

contenente collagene, elastina e proteoglicani, che<br />

copre un’area ricca di macrofagi, cellule muscolari<br />

lisce, linfociti T, e da un “core” necrotico più<br />

profondo, che contiene detriti cellulari, depositi<br />

lipidici extracellulari e cristalli di colesterolo. La<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

20<br />

placca fibrosa è in grado di avviare l’ostruzione del<br />

vaso dalla cui parete si sviluppa.<br />

Le placche complicate, infine, sono<br />

probabilmente placche fibrose alterate da necrosi,<br />

deposizione di calcio, emorragie e trombosi,<br />

fenomeni nei quali gioca un ruolo determinante la<br />

cascata infiammatoria. L’ischemia cerebrale e<br />

l’infarto del miocardio avvengono quando il lume di<br />

un’arteria con caratteristiche di vaso terminale<br />

viene occluso completamente, generalmente da un<br />

trombo che si è formato sulla placca.<br />

I radicali liberi giocano un ruolo determinante<br />

nella patogenesi delle lesioni aterosclerotiche<br />

attraverso l’ossidazione delle LDL. Questo<br />

processo è innescato dalle cellule endoteliali<br />

arteriose, dalle cellule della muscolatura liscia e dai<br />

macrofagi. L’ossidazione delle LDL, a sua volta,<br />

porta alla degradazione degli acidi grassi<br />

poliinsaturi con la coniugazione dei corrispondenti<br />

frammenti ai fosfolipidi e all’apoproteina B.<br />

Quest’ultima, successivamente, va incontro a sua<br />

volta a frammentazione e, modificando la sua<br />

conformazione, viene riconosciuta dai recettori<br />

scavenger presenti sulla membrana dei<br />

monociti/macrofagi e, quindi, fagocitata da questi<br />

ultimi. L’espressione dei suddetti recettori, però, al<br />

contrario di quanto si osserva per i comuni recettori<br />

per le LDL, non è modulata da alcun meccanismo<br />

di “down-regulation”, per cui i macrofagi,<br />

inglobando progressivamente LDL ossidate, si<br />

trasformano in foam cells ricche di grassi.<br />

L’accumulo di queste cellule nello spazio<br />

subendoteliale danneggia l’endotelio sovrastante<br />

rendendo possibile l’aggregazione delle piastrine e<br />

il rilascio di potenziali mitogeni che contribuiscono<br />

a favorire lo sviluppo della lesione. Le LDL<br />

ossidate, dal canto loro, hanno delle proprietà che<br />

le rendono più aterogenetiche delle LDL native:<br />

sono citotossiche, inducono l’espressione di<br />

molecole di adesione e la produzione di sostanze<br />

chemiotattiche, inibiscono l’attività di fattori di<br />

rilasciamento endotelio-dipendenti, incrementano<br />

l’espressione di fattori tissutali, attivano le piastrine<br />

e le cellule T, e stimolano la crescita delle cellule<br />

muscolari lisce, l’inibitore dell’attivatore del<br />

plasminogeno e, più in generale, la reazione<br />

immmunitaria.<br />

Il danno da radicali liberi nelle malattie<br />

cardiovascolari, comunque, non si esaurisce nel<br />

favorire lo sviluppo dell’aterosclerosi. Infatti, le<br />

evidenze accumulatesi nel corso degli ultimi<br />

trent’anni hanno dimostrato un ruolo chiave delle<br />

specie reattive nella patogenesi delle lesioni<br />

tissutali da cardiovasculopatie anche attraverso<br />

l’induzione del cosiddetto danno “da ischemiariperfusione”.<br />

Infatti, durante la riperfusione di<br />

tessuti ischemici, si possono formare specie<br />

reattive dell’ossigeno, attraverso l’attivazione della<br />

xantina ossidasi. Come è noto, nel tessuto<br />

normale, questo enzima agisce come deidrogenasi<br />

trasferendo una coppia di equivalenti riducenti<br />

(elettroni) al NAD + trasformando la xantina in


ipoxantina e quest’ultima in acido urico. Nel corso<br />

di un’ischemia sufficientemente protratta,<br />

probabilmente per effetto dell’ossidazione di alcuni<br />

gruppi tiolici e/o di una proteolisi limitata calciodipendente,<br />

la xantina ossidasi può modificare la<br />

sua attività catalitica acquisendo la capacità, nella<br />

successiva fase di riperfusione, di trasferire gli<br />

elettroni direttamente all’ossigeno molecolare, con<br />

produzione di anione superossido. All’enorme<br />

accumulo di questa specie reattiva è, dunque,<br />

riconducibile il danno da ischemia-riperfusione,<br />

proprio nel momento in cui l’ossigeno viene<br />

reintrodotto nei tessuti ischemici. Questo<br />

meccanismo gioca un ruolo determinante nelle<br />

lesioni osservate in corso di ischemia cerebrale e<br />

dopo infarto del miocardio.<br />

2. 5. 2 Radicali liberi e diabete mellito<br />

La maggior parte delle evidenze finora<br />

accumulate sul ruolo dei radicali liberi<br />

nell’eziopatogenesi del diabete riguarda il diabete<br />

mellito di tipo 2, lo stadio finale di una sindrome<br />

cronica e progressiva causata da diverse<br />

combinazioni di insulino-resistenza e riduzione<br />

della funzione delle cellule pancreatiche, dovuta a<br />

danni di natura genetica o acquisita.<br />

Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta solo la<br />

“punta dell’iceberg” di disturbi metabolici di lunga<br />

durata in grado di esercitare effetti deleteri su<br />

tessuti ed organi. Una diagnosi tempestiva e un<br />

trattamento adeguato dei pazienti può essere utile<br />

per evitare le complicanze tardive del diabete<br />

preservando la qualità della vita del paziente.<br />

I radicali liberi giocano un ruolo rilevante nella<br />

patogenesi del diabete mellito di tipo 2. In questa<br />

condizione morbosa, infatti, accanto all’aumentata<br />

produzione di specie reattive dell’ossigeno,<br />

secondaria all’iperglicemia e/o all’aumentata<br />

resistenza insulinica, si osserva<br />

contemporaneamente anche una riduzione delle<br />

difese antiossidanti, fino a configurare il classico<br />

quadro fisiopatologico dello stress ossidativo. Si<br />

ritiene che le specie radicaliche siano in grado di<br />

compromettere l’azione dell’insulina, contribuendo<br />

a far aumentare la glicemia, mentre l’iperglicemia e<br />

l’insulino-resistenza, da sole, possono favorire lo<br />

stress ossidativo (la prima, in particolare, riducendo<br />

l’efficienza delle difese antiossidanti).<br />

Schematizzando al massimo il discorso, quindi, i<br />

radicali liberi sono coinvolti nella patogenesi del<br />

diabete mellito di tipo 2 almeno attraverso due<br />

meccanismi fondamentali: l’iperglicemia e<br />

l’insulino-resistenza.<br />

L’iperglicemia è ritenuta una delle principali<br />

cause responsabili dell’aumento della<br />

concentrazione plasmatica di radicali liberi nel<br />

diabete mellito. Tre i meccanismi postulati alla<br />

base dell’aumenta produzione di specie reattive<br />

dell’ossigeno: la glicazione non enzimatica,<br />

l’autoossidazione del glucosio e l’attivazione<br />

intracellulare della via dei polioli.<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

21<br />

La glicazione non enzimatica è legata alle<br />

proprietà chimiche intrinseche del glucosio.<br />

Quest’ultimo, infatti, è una poliossialdeide e, come<br />

tale, conserva la reattività del suo gruppo<br />

carbonilico nei confronti dei gruppi amminici di<br />

amminoacidi, proteine e nucleotidi. Tra i prodotti di<br />

questa reattività, sono da segnalare i cosiddetti<br />

AGE (advanced glycation end products) la cui<br />

formazione è favorita dalle specie reattive<br />

dell’ossigeno. Il significato patogenetico di questi<br />

fenomeni è notevole, se si pensa che l’accumo di<br />

AGE si accompagna a danni microvascolari in<br />

distretti critici (retina, nervi periferici, rene).<br />

Il glucosio, sempre per le sue intrinseche<br />

proprietà chimiche, può autoossidarsi, generando<br />

direttamente radicali liberi e altre sostanze<br />

ossidanti. Come altri monosaccaridi, infatti, esso<br />

può subire l’azione catalitica di tracce di metalli di<br />

transizione allo stato libero (es. ferro o rame)<br />

generando radicale idrossile, anione superossido,<br />

perossido di idrogeno e derivati carbonilici tossici.<br />

Questi ultimi contribuiscono notevolmente ad<br />

amplificare il danno ossidativo a carico di altri<br />

target molecolari, quali le proteine.<br />

L’attivazione intracellulare della via dei polioli è<br />

secondaria all’aumentata disponibilità di glucosio<br />

intracellulare libero che, non potendo essere<br />

metabolizzato attraverso la glicolisi a causa del<br />

deficit insulinico, è trasformato dall’aldoso reduttasi<br />

in sorbitolo. Quest’ultimo si accumula nella cellula<br />

e, convertito in fruttosio dalla sorbitolodeidrogenasi,<br />

provoca un aumento del rapporto<br />

NADH/NAD + citosolico. La suddetta alterazione del<br />

bilancio redox (pseudoipossia iperglicemica)<br />

favorisce la produzione di anione superossido<br />

attraverso la riduzione della PGG2 a PGH2 da parte<br />

della prostaglandina idroperossidasi NADHdipendente.<br />

L’insulino-resistenza, che provoca i suoi effetti<br />

più deleteri soprattutto a livello del fegato e del<br />

muscolo scheletrico, si associa ad un aumentato<br />

livello di perossidazione lipidica, almeno in modelli<br />

animali. A questo proposito, in colture di adipociti,<br />

si è osservato che l’insulina fa aumentare la<br />

produzione di perossido di idrogeno il quale, a sua<br />

volta, sembra in grado di mimare l’azione<br />

dell’ormone stesso; infatti, la somministrazione di<br />

vanadio riproduce l’azione mediata dall’insulina<br />

attraverso il rilascio intracellulare di radicali liberi.<br />

D’altra parte, l’iperinsulinemia, in vivo, riduce le<br />

concentrazioni di vitamina E. Nel complesso,<br />

queste osservazioni suggeriscono, dunque, che<br />

livelli aumentati di insulina, tipici dell’insulinoresistenza,<br />

possono provocare stress ossidativo.<br />

A conclusione di questa breve panoramica,<br />

occorre sottolineare che i radicali liberi possono<br />

assumere un ruolo determinante nella patogenesi<br />

non solo della malattia diabetica in sé ma anche<br />

delle complicanze ad essa legate, quali le<br />

cardiovasculopatie, la neuropatia, la embriofetopatia,<br />

ecc. In particolare, è noto che i pazienti<br />

diabetici presentano un deficit dell’attività


microbicida, probabilmente riconducibile ad una<br />

difettosa funzione fagocitaria (ridotta produzione di<br />

specie reattive da parte dei leucociti<br />

polimorfonucleati).<br />

In ultimo, l’aumentata produzione di radicali<br />

liberi e/o la ridotta efficienza dei meccanismi di<br />

difesa antiossidanti osservati nel diabete mellito di<br />

tipo 2 possono accelerare il fisiologico processo di<br />

invecchiamento riducendo ulteriormente<br />

l’aspettativa di vita dei pazienti.<br />

2. 5. 3 Ruolo dei radicali liberi in oncologia<br />

L’intervento delle specie reattive dell’ossigeno<br />

è decisivo nei tumori indotti da radiazioni ionizzanti,<br />

da xenobiotici, da metalli e da composti chimici<br />

cancerogeni. In particolare, le radiazioni ionizzanti<br />

agiscono inducendo la fotolisi dell’acqua, che<br />

genera il radicale idrossile.<br />

Noto per la sua straordinaria capacità<br />

istolesiva, quest’ultimo, insieme ad altre specie<br />

reattive, è in grado di interrompere i filamenti di<br />

DNA o ossidarne le basi, producendo la 8idrossiguanosina.<br />

L’effetto mutageno che ne consegue può<br />

favorire la trasformazione neoplastica.<br />

Capitolo 2. Lo stress ossidativo. Aspetti fisiopatologici e clinici.<br />

22<br />

2. 5. 4 Ruolo dei radicali liberi nelle epatopatie<br />

Nel fegato hanno sede i sistemi enzimatici<br />

deputati al metabolismo dell’etanolo ed alla<br />

biotrasformazione degli xenobiotici, compresi i<br />

farmaci. In particolare, i microsomi degli epatociti<br />

sono direttamente responsabili della produzione di<br />

specie reattive nel modello di stress ossidativo da<br />

induzione farmacometabolica. Lo squilibrio fra<br />

status pro-ossidante e difese antiossidanti che ne<br />

consegue è ritenuto responsabile del danno<br />

cellulare che si osserva in corso di epatopatie<br />

alcoliche, da tossici e da farmaci.<br />

2. 5. 6 Radicali liberi e broncopneumopatie<br />

Nel corso dell’ultimo decennio si sono<br />

accumulate molte evidenze di ordine sperimentale<br />

e clinico che suggeriscono un ruolo cruciale del<br />

danno cellulare mediato da specie reattive nella<br />

patogenesi di svariate situazioni ed affezioni<br />

dell’apparato respiratorio. Lo spettro di tali<br />

condizioni va da semplici effetti del fumo di<br />

sigaretta nel soggetto normale ai danni cronici<br />

caratterizzati dalla distruzione dell’interstizio<br />

polmonare (enfisema polmonare) o, viceversa, da<br />

un suo irreversibile ispessimento (fibrosi<br />

intertsiziale da agenti esogeni o da iperossia) fino a<br />

manifestazioni acute che richiedono un trattamento<br />

intensivo (distress respiratorio dell’adulto).


Capitolo 3. Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview.<br />

Capitolo 3<br />

Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview.<br />

La valutazione dello stress ossidativo nei<br />

soggetti sani o in pazienti sottoposti a<br />

farmacoterapia è la condicio sine qua non per<br />

prevenire il danno tissutale e per monitorare<br />

l’andamento e la risposta al trattamento di una<br />

eventuale patologia in atto in tutte quelle situazioni<br />

correlate con la presenza di specie reattive.<br />

Le tecniche di laboratorio disponibili per<br />

identificare e quantificare un marcatore biochimico<br />

in un campione biologico prevedono generalmente<br />

una fase di estrazione che consenta il passaggio<br />

dell’analita di interesse dal materiale prelevato in<br />

un fluido con caratteristiche chimico-fisiche simili<br />

(per esempio estrazione dal siero dei lipoperossidi,<br />

sostanze liposolubili, in una soluzione cloroformiometanolo,<br />

in grado di sciogliere i grassi). Segue,<br />

poi, una fase di separazione più fine, durante la<br />

quale l’estratto (lipidico o acquoso), grazie ad<br />

opportune tecniche cromatografiche (in fase<br />

gassosa o in fase liquida ad alta risoluzione,<br />

HPLC) viene risolto in una serie di frazioni. Infine,<br />

grazie, all’impiego di idonei metodi di rivelazione<br />

(spettrometria di massa, spettrofotometria,<br />

fluorimetria, potenziometria, ecc) è possibile<br />

identificare, grazie ad uno standard noto, in quale<br />

delle frazioni si trova l’analita di interesse e, in<br />

definitiva, precisarne, con ragionevole sicurezza, la<br />

natura e la concentrazione.<br />

Purtroppo, questa metodologia solo raramente<br />

è applicabile nella routine clinica quando l’obiettivo<br />

della valutazione è lo stress ossidativo. Infatti, i<br />

radicali liberi sono, per definizione, specie chimiche<br />

estremamente reattive, a brevissima emivita, e<br />

l’unica tecnica in grado di evidenziarli è la<br />

spettroscopia di risonanza di spin dell’elettrone<br />

(ESR o EPR) che, eseguita talvolta con particolari<br />

accorgimenti (metodi di spin trap), costituisce il<br />

golden standard per valutazioni nel vivente.<br />

Sfortunatamente, però, l’ESR è una tecnica<br />

piuttosto complessa, richiede una strumentazione e<br />

delle professionalità non disponibili in tutti i<br />

laboratori, ed è particolarmente costosa, per cui<br />

viene utilizzata non per indagini di routine o studi di<br />

screening, quanto, piuttosto, per validare altri<br />

metodi di laboratorio, come accaduto, per esempio,<br />

proprio con il d-<strong>ROMs</strong> test (vedi più avanti).<br />

Anche quando correttamente eseguita,<br />

comunque, l’ESR fornisce informazioni solo sulla<br />

componente pro-ossidante dello stress ossidativo e<br />

non su quella antiossidante. Si è ripetutamente<br />

sottolineato, invece, che lo stress ossidativo è la<br />

conseguenza della rottura di un equilibrio tra<br />

produzione di specie reattive ed efficienza dei<br />

sistemi di difesa antiossidanti. Questo squilibrio<br />

porta ad un eccesso di metaboliti reattivi<br />

23<br />

dell’ossigeno, quali gli idroperossidi (ROOH) che,<br />

versati in circolo, vanno a costituire i marcatori e gli<br />

amplificatori del danno tissutale e, in definitiva, i<br />

responsabili ultimi, insieme ad altri prodotti di<br />

ossidazione, dell’invecchiamento e delle patologie<br />

correlate con lo stress ossidativo.<br />

Sulla base di queste considerazioni preliminari,<br />

è opportuno che la valutazione di laboratorio dello<br />

stress ossidativo sia “globale”, cioè tenga conto sia<br />

della componente pro-ossidante che di quella antiossidante,<br />

anche alla luce del ruolo, finora<br />

ripetutamente sottolineato degli idroperossidi quali<br />

marcatori ed amplificatori del danno cellulare<br />

(figura 3. 1).<br />

Aumentata produzione di<br />

specie reattive<br />

(O2 . , HO . , H2O2…)<br />

Compromissione della<br />

barriera antiossidante<br />

(ascorbato, SOD,…)<br />

Perossidazione di biomolecole con produzione di idroperossidi<br />

R-OOH<br />

(una classe di ROM)<br />

Idroperossidi (marker, testimoni e amplificatori del danno<br />

cellulare) nei liquidi extracellulari<br />

Invecchiamento e malattie correlate con lo stress ossidativo<br />

(ictus, infarto, diabete, obesità, demenza, m. Parkinson, tumori…)<br />

Figura 3. 1 Valutazione dello stress ossidativo e idroperossidi<br />

In realtà, i test di laboratorio attualmente<br />

disponibili esplorano o la componente proossidante<br />

(produzione di specie reattive) o la<br />

componente anti-ossidante (attività antiossidante)<br />

dello stress ossidativo (tabella 3. 1).<br />

Tabella 3. 1 Comuni metodi di laboratorio<br />

per la valutazione dello stress ossidativo<br />

Status proossidante Status antiossidante<br />

d-<strong>ROMs</strong> test OXY-Adsorbent test<br />

TBAR (MDA) BAP<br />

Lipoperossidi TAS<br />

Isoprostani -SHp test<br />

Chemiluminescenza Dosaggio singoli antiossidanti<br />

Poichè, come si è detto, l’ESR non è<br />

utilizzabile di routine, la valutazione dello status<br />

pro-ossidante di un individuo viene abitualmente<br />

eseguita con una serie di metodiche che alcuni<br />

ricercatori hanno battezzato con il termine di<br />

“fingerprinting” (impronta digitale). Secondo questo<br />

approccio, la presenza in un organismo vivente di<br />

specie reattive, non altrimenti misurabili<br />

routinariamente, viene dedotta indirettamente,<br />

grazie alla documentazione (nei tessuti e/o nei<br />

liquidi extracellulari) della presenza di specie<br />

molecolari variamente modificate dall’attacco dei


Capitolo 3. Il ruolo del laboratorio nella valutazione dello stress ossidativo. Una overview.<br />

radicali liberi. In tale contesto, poiché la<br />

perossidazione è uno dei più comuni meccanismi<br />

del danno indotto dai ROS, il dosaggio degli<br />

idroperossidi fornisce un’indicazione molto<br />

affidabile dello status pro-ossidante di un individuo.<br />

E, più in generale, la documentazione nei fluidi<br />

biologici della presenza di idroperossidi, così come<br />

di MDA o di isoprostani, fornisce “l’impronta<br />

digitale” più o meno accurata e fedele della<br />

componente ossidante dello stress ossidativo di un<br />

individuo.<br />

I test per la valutazione della componente<br />

antiossidante mirano generalmente a determinare<br />

lo “spessore” o “potere” o “attività” della barriera<br />

antiossidante plasmatica nel suo complesso e, in<br />

alcuni casi specifici, a quantificarne alcune<br />

importanti componenti, quali ad esempio i gruppi<br />

tiolici o singoli antiossidanti (es. ascorbato,<br />

tocoferoli). Tale valutazione si rende necessaria<br />

ogni qualvolta si sospetti una situazione di stress<br />

ossidativo (anche a fronte di valori normali o<br />

addirittura ridotti di test dello status proossidante)<br />

e, più in generale, ogni qualvolta si intende<br />

monitorare una terapia antiossidante.<br />

Uno dei pannelli particolarmente utili nella<br />

valutazione globale dello stress ossidativo è quello<br />

sviluppato da Diacron International sas e che<br />

comprende un test per la determinazione dello<br />

status pro-ossidante (il d-<strong>ROMs</strong> test) e tre test per<br />

la determinazione dello status antiossidante (OXYadsorbent<br />

test, BAP test ed -SHp test) (figura 3. 2).<br />

Aumentata produzione di<br />

metaboliti reattivi<br />

d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Compromissione barriera<br />

antiossidante<br />

OXY-, BAP,SHp test<br />

Valutazione globale<br />

dello stress ossidativo<br />

Prevenzione e monitoraggio delle<br />

patologie correlate allo stress ossidativo<br />

Figura 3. 2 La valutazione globale dello stress ossidativo<br />

24<br />

Più specificamente, tale pannello prevede la<br />

determinazione per via spettrofotometrica sia dei<br />

metaboliti reattivi dell’ossigeno (d-<strong>ROMs</strong> test) sia<br />

della barriera antiossidante plasmatica (Oxy–<br />

Adsorbent test, BAP e –SHp test) in campioni<br />

biologici (a seconda dei casi, sangue intero,<br />

plasma, siero, estratti tissutali o cellulari).<br />

Questi test possono essere eseguiti non solo<br />

con un comune fotometro (manualmente) ma<br />

anche con un analizzatore multiplo (in automatico).<br />

Tuttavia, l’aspetto più interessante e innovativo<br />

consiste nel fatto che è possibile eseguire in parte<br />

o tutto il pannello grazie ad apparecchi dedicati di<br />

facile uso, quali il sistema FREE (sviluppato da<br />

Diacron International, Grosseto) ed il sistema<br />

FRAS (sviluppato da Iram s.r.l., Parma). L’impiego,<br />

sempre consigliabile, di questi affidabili strumenti si<br />

impone, per ragioni di opportunità pratiche, quando<br />

non si dispone di un fotometro con le specifiche<br />

richieste (termostatazione, filtri per particolari<br />

lunghezze d’onda, ecc.) o quando si vuole<br />

approfondire specificamente le tematiche dello<br />

stress ossidativo senza impegnare altri fotometri<br />

necessari per l’esecuzione di altre analisi.<br />

I capitoli immediatamente seguenti si<br />

prefiggono l’obiettivo di presentare il pannello di<br />

test e gli strumenti dedicati sviluppi da Diacron<br />

International per la valutazione globale dello stress<br />

ossidativo.


Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

Capitolo 4<br />

I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

4. 1 Il d-<strong>ROMs</strong> test<br />

4. 1. 1 Principio e validazione<br />

4. 1. 1. 1 Aspetti teorici<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test è un test spettrofotometrico che<br />

consente di determinare, in un campione biologico,<br />

la concentrazione degli idroperossidi (ROOH),<br />

generati nelle cellule dall’attacco ossidativo dei<br />

ROS su svariati substrati biochimici (glicidi, lipidi,<br />

amminoacidi, proteine, nucleotidi ecc.).<br />

La sigla ROM vuole sottolineare che gli analiti<br />

misurati dal test, gli idroperossidi, sono dei<br />

metaboliti reattivi dell’ossigeno (Reactive Oxygen<br />

Metabolites, ROM).<br />

Attraverso il d-<strong>ROMs</strong> test gli idroperossidi di un<br />

campione biologico, quale, ad esempio, il siero,<br />

dopo aver reagito con un apposito cromogeno<br />

sviluppano un derivato colorato (dal rosa al rosso)<br />

rilevabile e quantificabile per via spettrofotometrica.<br />

La concentrazione degli idroperossidi, che<br />

correla direttamente con l’intensità del colore<br />

rilevato, viene espressa in unità di concentrazione<br />

di facile impiego nella pratica clinica. Tali unità<br />

sono indicate con la sigla U CARR dal cognome<br />

del chimico pientino (Carratelli) che ha inventato e<br />

brevettato il d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Alla base del d-<strong>ROMs</strong> test vi è un meccanismo<br />

già descritto a proposito dell’innesco delle reazioni<br />

radicaliche a catena: l’interazione con metalli di<br />

transizione (figure 1. 5, 1. 6 e 1. 7).<br />

Il principio è quello del la reazione di Fenton,<br />

verificato per il perossido di idrogeno e<br />

successivamente ampliato da Haber e Weiss,<br />

secondo cui un metallo di transizione in forma<br />

ionica (es. ferro o rame) catalizza la scissione di un<br />

idroperossido (ROOH), generando nuove specie<br />

radicaliche, l’idroperossile (ROO*) o l’alcossile<br />

(RO*), a seconda che, rispettivamente, lo ione<br />

catalizzante si ossidi (Fe 2+ →Fe 3+ o Cu + →Cu 2+ )<br />

oppure si riduca (Fe 3+ →Fe 2+ o Cu 2+ →Cu + ) (figura<br />

4. 1).<br />

ROOH + Fe 2+ (Cu + ) RO* + OH - + Fe 3+ (Cu 2+ )<br />

ROOH + Fe 3+ (Cu 2+ ) ROO* + H + + Fe 2+ (Cu + )<br />

Figura 4. 1 Generazione di radicali liberi dagli idroperossidi<br />

Se ad una soluzione contenente idroperossidi<br />

e tracce di un metallo di transizione in forma ionica<br />

si aggiunge una sostanza il cui potenziale di<br />

ossidazione è tale che i radicali generati dalla<br />

decomposizione degli idroperossidi stessi (alcossili<br />

25<br />

e perossili) possano strappare ad essa l’elettrone<br />

necessario per raggiungere la propria stabilità, tale<br />

sostanza sarà a sua volta radicalizzata, come<br />

previsto dalla seconda fase delle reazioni<br />

radicaliche a catena (reazione di trasferimento del<br />

sito radicalico, figura 1. 8). E’ ovvio che se la<br />

sostanza in questione ha la proprietà ottica di<br />

cambiare colore nel momento in cui viene ossidata<br />

ed è sufficientemente stabile in questa forma, sarà<br />

possibile, con le opportune tecniche<br />

spettrofotometriche, risalirne alla concentrazione,<br />

che risulterà direttamente proporzionale a quella<br />

delle specie radicaliche generate in vitro e, in<br />

definitiva, a quella degli idroperossidi inizialmente<br />

presenti nel campione analizzato.<br />

Nel d-<strong>ROMs</strong> test, dunque, gli idroperossidi<br />

contenuti in un campione biologico – per comodità<br />

espositiva, nel siero – vengono messi nelle<br />

condizioni previste dalla reazione di Fenton per<br />

generare in vitro radicali idroperossilici ed<br />

alcossilici.<br />

In pratica, un’aliquota di siero viene diluita in<br />

una soluzione tampone (acetato) a pH 4.8. In<br />

queste condizioni, il ferro ionico dapprima legato<br />

alle sieroproteine, si rende disponibile in forma<br />

libera, catalizzando, in vitro, la scissione degli<br />

idroperossidi, inizialmente presenti nel campione di<br />

sangue, in radicali idroperossilici ed alcossilici.<br />

A questa soluzione viene, quindi, aggiunta una<br />

sostanza (cromogeno) che ha la proprietà di<br />

cambiare colore nel momento in cui viene ossidata.<br />

Il cromogeno impiegato nel d-<strong>ROMs</strong> test è la<br />

N,N-dietil-parafenilendiammina (figura 4. 2).<br />

CH CH3-CH 3-CH 2<br />

N<br />

CH 3 -CH 2<br />

NH 2<br />

Figura 4. 2 La N, N-dietil-parafenilendiammina,<br />

il substrato cromogeno del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Questa sostanza ha la proprietà di lasciarsi<br />

ossidare dai radicali idroperossilici ed alcossilici,<br />

trasformandosi in una forma cationica colorata in<br />

rosa, anch’essa radicalica, ma abbastanza stabile<br />

da consentirne la determinazione quantitativa per


via fotometrica, nelle condizioni di lavoro<br />

previste (lunghezza d’onda 505 0 546).<br />

La concentrazione del complesso colorato<br />

sarà direttamente correlata con il livello di<br />

idroperossidi inizialmente presenti nel campione da<br />

analizzare (figura 4. 3).<br />

1A) R-OOH + Fe 2+ → R-O* + Fe 3+ + OH -<br />

1B) R-O* + A-NH2 → R-O - + [A-NH2*] +<br />

2A) R-OOH + Fe 3+ → R-OO* + Fe 2+ + H +<br />

2B) R-OO* + A-NH2 → R-OO - + [A-NH2*] +<br />

dove:<br />

– R-OOH è un generico idroperossido<br />

– R-O* è il radicale alcossilico del generico idroperossido<br />

– R-OO* è il rad. idroperossilico del generico idroperossido<br />

– A-NH2 è la N, N-dietil-parafenilendiammina, cioè il substrato<br />

cromogeno del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

– [A-NH2*] + è il radicale catione, colorato, del substrato<br />

cromogeno<br />

Figura 4. 3 Principio e reazioni del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

I risultati del d-<strong>ROMs</strong> test vengono espressi in<br />

unità arbitrarie, le UNITA’ CARRATELLI o U CARR<br />

(dove 1 U CARR equivale a 0.08 mg H2O2/dL), a<br />

causa dell’eterogeneità delle specie chimiche<br />

presenti inizialmente nel campione biologico da<br />

testare. Il significato delle U CARR sarà discusso<br />

più avanti nel corso della trattazione.<br />

4. 1. 1. 2 Aspetti sperimentali<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test, come si è detto, si basa sullo<br />

studio spettrofotometrico dell'aumento dell'intensità<br />

della colorazione rossa che si sviluppa quando un<br />

piccolo campione di siero di sangue umano viene<br />

aggiunto ad una soluzione di N,N-dietil-parafenilendiammina<br />

(cromogeno) tamponata a pH 4,8.<br />

La comparsa della colorazione è attribuita alla<br />

formazione, per ossidazione, del radicale catione<br />

dell'ammina, che verrebbe generato dalla<br />

concomitante ossidazione dei radicali alcossilici e<br />

perossilici derivanti dalla scissione degli<br />

idroperossidi presenti nel campione per azione<br />

catalitica degli ioni Fe 2+ ed Fe 3+ rilasciati dalle<br />

sieroproteine nell'ambiente acido creato in vitro.<br />

La conferma sperimentale che effettivamente<br />

abbiano luogo le suddette reazioni è stata ottenuta<br />

integrando alcuni dati elettrochimici con i risultati<br />

ottenuti in parallelo dalla spettrofotometria e dalla<br />

spettroscopia di risonanza di spin dell’elettrone<br />

(ESR), la tecnica sperimentale più adatta alla<br />

rilevazione della presenza di radicali ed alla loro<br />

identificazione in un campione.<br />

Anzitutto, la stima dei potenziali redox delle<br />

specie chimiche implicate suggerisce che la<br />

reazione tra un generico radicale alcossile o<br />

perossile con la N,N-dietilparafenilendiammina è<br />

termodinamicamente possibile.<br />

Sulla base di questa valutazione indiretta, il d-<br />

<strong>ROMs</strong> test è stato sottoposto alla ESR. Pertanto,<br />

10 μL di un campione di siero, 10 μL di cromogeno<br />

e 980 μL di tampone acetato (pH 4.8) sono stati<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

26<br />

inseriti in una cella piatta da ESR collocata nella<br />

cavità risonante di uno spettrometro ESR.<br />

Eseguendo scansioni successive, al tempo<br />

zero si è osservata la comparsa di una linea di<br />

fondo piatta che, con il passare dei minuti, si è<br />

trasformata in un segnale ESR costituito da una<br />

sola riga, larga circa 5 mT e caratterizzata da un<br />

fattore g di 2.00478, la cui intensità è andata<br />

aumentando progressivamente sino a raggiungere<br />

un massimo per poi calare lentamente. Tale<br />

segnale indica incontestabilmente la presenza di<br />

un radicale (figura 4. 4).<br />

g = 2.00478<br />

3440 3460 3480 3500 3500<br />

Figura 4. 4 Il segnale ESR è consistente<br />

con la presenza di un radicale<br />

[G]<br />

0 min<br />

150 min<br />

Tuttavia, poiché non è possibile associare tale<br />

segnale ad una specie ben precisa solo sulla base<br />

del valore del fattore g, che pure sarebbe coerente<br />

con quello del radicale catione del cromogeno, si è<br />

valutata la struttura iperfine, impiegando un valore<br />

di modulazione 10 volte più basso (0,01 mT).<br />

Lo spettro registrato in queste nuove condizioni<br />

è risultato composto da molte righe (più di mille),<br />

mostrando una struttura iperfine molto complicata,<br />

ma al contempo ricca di informazioni sulla natura<br />

della specie che ne è responsabile.<br />

Il risultato ottenuto su siero è stato confermato<br />

ripetendo l’esperimento su un sistema modello, nel<br />

quale il campione biologico è stato sostituito da<br />

una soluzione tampone a pH 4.8 contenente, oltre<br />

alla N,N-dietil-parafenilendiammina (cromogeno), il<br />

terz-butilidroperossido (in sostituzione degli<br />

idroperossidi sierici) e del solfato ferroso, quale<br />

catalizzatore (in sostituzione del ferro sierico).<br />

E’ stato, quindi, eseguito lo spettro ESR ad alta<br />

risoluzione (m.a.=0.0075 mT) e i risultati<br />

sperimentali sono stati confrontati con quelli<br />

dello spettro simulato al computer.<br />

Sulla base dei risultati ottenuti confrontando,<br />

con adeguati programmi di calcolo, lo spettro<br />

teorico da quello ottenuto sperimentalmente, si è<br />

giunti alla conclusione inequivocabile che la specie<br />

paramagnetica responsabile dello spettro<br />

osservato è proprio il radicale catione del<br />

cromogeno del d-<strong>ROMs</strong> test, cioè della N,N-dietilparafenilendiammina<br />

(figura 4. 5).


Figura 4. 5 Spettro ESR ad alta risoluzione (m.a.=0.0075 mT)<br />

sperimentale (a) e spettro simulato da computer (b) esibiti dal<br />

sistema sperimentale tBuOOH/DEPPD/FeSO4/buffer dopo 420<br />

sec dal mescolamento (tBuOOH: terz-butilidroperossido;<br />

DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina)<br />

D’altra parte, si è detto che, nel corso degli<br />

esperimenti, nella soluzione contenuta nella cella<br />

piatta dell’ESR, l’intensità della colorazione rossa<br />

osservata aumenta progressivamente nel tempo.<br />

Poiché molti radicali allo stato ionico esibiscono<br />

una propria colorazione, su base qualitativa, si è<br />

assunto che il fenomeno cromatico fosse<br />

riconducibile alla presenza, in soluzione, di specie<br />

chimiche reattive colorate allo stato ionico.<br />

Pertanto, allo scopo di verificare, questa volta<br />

su basi quantitative, al correttezza dell’assunto,<br />

l’esperimento iniziale è stato seguito nel tempo<br />

monitorando contemporaneamente sia il segnale<br />

ESR che quello fotometrico (assorbanza a 505<br />

nm).<br />

Con questo approccio, si osservato che i profili<br />

dell'intensità ESR e dell'assorbanza a 505 nm nel<br />

tempo per due campioni dello stesso siero<br />

coincidono palesemente fino al raggiungimento del<br />

massimo.<br />

Anche in questo caso, il risultato sperimentale<br />

ottenuto è stato confermato ripetendo questo<br />

esperimento su un sistema modello (figura 4. 6).<br />

Intensità EPR (unità arbitrarie)<br />

1.0<br />

0.5<br />

0<br />

0 25 50 75 100 0 25 50 75 100<br />

Tempo (min)<br />

Tempo ( min)<br />

(A) Profilo nel tempo, a temperatura ambiente, dell’intensità spettrale normalizzata (•) e delle letture<br />

A505 (p), esibito dal sistema DEPPD (3.7 x 10-3 M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) a<br />

temperatura ambiente. (B) Profilo nel tempo delle letture A505 esibite dai sistemi DEPPD (3.7 x 10 -3<br />

M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) ( •), DEPPD (3.7 x 10-3 M)/tBuOOH (2.0 x 10-5 M )/FeSO4<br />

(2.8x10-5 M) (¢) e DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (0.95 x 10 -5 M )/FeSO4 (2.8x10-5 (A) Profilo nel tempo, a temperatura ambiente, dell’intensità spettrale normalizzata (•) e delle letture<br />

A505 (p), esibito dal sistema DEPPD (3.7 x 10<br />

M) (p) a<br />

temperatura ambiente. tBuOOH: terz-butilidroperossido; DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina.<br />

-3 M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) a<br />

temperatura ambiente. (B) Profilo nel tempo delle letture A505 esibite dai sistemi DEPPD (3.7 x 10 -3<br />

M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) ( •), DEPPD (3.7 x 10-3 M)/tBuOOH (2.0 x 10-5 M )/FeSO4<br />

(2.8x10-5 M) (¢) e DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (0.95 x 10 -5 M )/FeSO4 (2.8x10-5 (A) Profilo nel tempo, a temperatura ambiente, dell’intensità spettrale normalizzata (•) e delle letture<br />

A505 (p), esibito dal sistema DEPPD (3.7 x 10<br />

M) (p) a<br />

temperatura ambiente. tBuOOH: terz-butilidroperossido; DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina.<br />

-3 M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) a<br />

temperatura ambiente. (B) Profilo nel tempo delle letture A505 esibite dai sistemi DEPPD (3.7 x 10 -3<br />

M)/tBuOOH (3.9 x 10-5 M)/FeSO4 (2.8x10-5 M) ( •), DEPPD (3.7 x 10-3 M)/tBuOOH (2.0 x 10-5 M )/FeSO4<br />

(2.8x10-5 M) (¢) e DEPPD (3.7 x 10 -3 M)/tBuOOH (0.95 x 10 -5 M )/FeSO4 (2.8x10-5 M) (p) a<br />

temperatura ambiente. tBuOOH: terz-butilidroperossido; DEPPD: N,N-dietilparafenilendiammina.<br />

Figura 4. 6 Il radicale catione della N,N-dietilparafenilendiammina,<br />

responsabile dello spettro ESR, è anche responsabile<br />

dell’assorbimento nel visibile a 505 nm<br />

Questo dato indica, in definitiva, che l'aumento<br />

dell'assorbanza nel tempo è dovuto all'aumento<br />

della quantità di radicale catione del cromogeno,<br />

che a sua volta è dipendente dalla quantità di<br />

idroperossidi inizialmente presente nel campione di<br />

siero analizzato.<br />

a<br />

b<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

0.8<br />

0.4<br />

0<br />

Assorbanza a 505 nm (A 505 )<br />

27<br />

4. 1. 1. 3 Aspetti biochimico-clinici<br />

Le performance del d-<strong>ROMs</strong> test, eseguito sia<br />

con metodica manuale che in automatico, sono<br />

state valutate mediante spettrofotometria.<br />

I parametri analitici presi in considerazione<br />

sono stati: la cinetica della reazione, l’effetto della<br />

temperatura sulla velocità di reazione, la linearità<br />

della reazione, i limiti di sensibilità della metodica,<br />

l’imprecisione analitica, la stabilità nel tempo dei<br />

campioni conservati a due diverse temperature (+4<br />

e –20 °C), l’influenza sui risultati del test del tipo di<br />

prelievo e di eventuali fattori bioumorali interferenti.<br />

La cinetica della reazione, l’effetto della<br />

temperatura sulla velocità di reazione e la linearità<br />

segnale-concentrazione sono state valutate<br />

eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test su siero sia in manuale<br />

(spettrofotometro Shimadzu CL-750) che in<br />

automatico (spettrofotometro UVIKON 941 PLUS).<br />

In tali condizioni analitiche, monitorando nel tempo<br />

l’incremento dell’assorbanza a 505 nm, la reazione<br />

del d-<strong>ROMs</strong> test è apparsa lineare a 37°C<br />

nell’intervallo di misura più frequentemente<br />

utilizzato (1÷4 minuti).<br />

Ripetendo il test su 12 differenti sieri si sono<br />

osservate solo delle lievi differenze tra i campioni,<br />

verosimilmente dipendenti dalle differenti specie<br />

molecolari di idroperossidi coinvolte nella reazione.<br />

L’effetto della temperatura sulla velocità di reazione<br />

(valutata in termini mAbs/min) nella finestra di<br />

misura utilizzata (1÷4 minuti) è risultato evidente e<br />

tale da rendere necessario l’utilizzo di<br />

termostatazione per le misure cinetiche (optimum<br />

37 °C). La linearità segnale/concentrazione,<br />

valutata misurando la velocità media (mAbs/min)<br />

nell’intervallo di tempo più frequentemente<br />

utilizzato (1÷4 min) in funzione dell’aumento<br />

progressivo di volume (spettrofotometro Shimadzu<br />

CL-750) o delle diluizione (spettrofotometro<br />

UVIKON 941 PLUS) del campione è risultata<br />

ottima.<br />

Risultati sovrapponibili sono stati ottenuti<br />

eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test anche con<br />

apparecchiature diverse, sia diluendo i campioni,<br />

con metodica manuale (fotometro Shimadzu CL<br />

7000), che aumentandone i volumi, in automatico<br />

(Arco, Biogamma). Un esempio di linearità, riferito<br />

ad analisi cinetica, è riportato nella figura 4. 7.<br />

Volume di campione<br />

Figura 4. 7 Linearità segnale-concentrazione nel d-<strong>ROMs</strong> test


Il range di linearità del d-<strong>ROMs</strong> test, valutato<br />

con metodica in automatico (Arco, Biogamma) è<br />

risultato compreso fra 50 e 500 CARR U. Pertanto,<br />

valori superiori a 500 CARR richiedono la diluizione<br />

del campione.<br />

Per quanto riguarda l’imprecisione analitica, in<br />

uno studio condotto eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test in<br />

cinetica, con metodica manuale (fotometro<br />

Shimadzu CL 7000), la precisione nella serie<br />

(n=30) per un solo livello (alto) ha dato un CV di<br />

0.89%.<br />

In uno studio immediatamente successivo, nel<br />

quale il d-<strong>ROMs</strong> test è stato eseguito su siero sia in<br />

manuale (spettrofotometro Shimadzu CL-750) che<br />

in automatico (spettrofotometro UVIKON 941<br />

PLUS) sono stati evidenziati valori di imprecisione<br />

analitica altrettanto accettabili (tabella 4. 1).<br />

Tabella 4. 1 Imprecisione analitica del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Parametri statistici Siero A Siero B<br />

Media (mAbs/min) 28.9 ± 29.7 21.0 ± 21.5<br />

CV intraserie (%) 0.73 ± 1.75 1.00 ± 1.30<br />

CV tra serie (%) 1.27 ± 1.60 0.67 ± 1.28<br />

CV totale (%) 1.76 ± 2.09 1.46 ± 1.63<br />

A: siero ad alto titolo di idroperossidi; B: siero a basso titolo di idroperossidi<br />

Questo dato è stato confermato da un altro<br />

studio, ove eseguendo l’analisi in manuale, il CV<br />

intraserie è stato pari al 2.2% (valore riferito a 20<br />

aliquote di siero fresco), mentre quello interserie è<br />

stato del 3.7% (valore riferito a 20 aliquote di siero<br />

congelato).<br />

Più recentemente, eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test in<br />

cinetica, in automatico (Arco, Biogamma), il CV<br />

intraserie valutato su 20 aliquote di siero fresco ha<br />

fornito il valore di 2.1% mentre il CV interserie,<br />

valutato su 20 aliquote di siero congelato è stato di<br />

3.1%. Risultati sostanzialmente sovrapponibili sono<br />

stati ottenuti, nelle medesime condizioni analitiche,<br />

con un’altra apparecchiatura (Hitachi 717), ove la<br />

valutazione di due pool di sieri ha fornito un CV<br />

intraserie di 3.3% e 2.5% (rispettivamente per il<br />

livello A, basso, e B, alto) e un CV interserie, per<br />

ambedue le aliquote di pool testate, pari a 4.5%.<br />

Altri studi hanno valutato l’effetto sul d-<strong>ROMs</strong><br />

test delle modalità di conservazione del campione,<br />

e, in particolare il ruolo della temperatura.<br />

In uno dei primi studi, eseguendo il d-<strong>ROMs</strong><br />

test in cinetica, con metodica manuale (fotometro<br />

Shimadzu CL 7000) la conservazione del siero a<br />

+4°C si è accompagnata a una lieve riduzione dei<br />

valori del test mentre la conservazione a –20° fino<br />

a 48 ore non ha sortito alcun effetto. Più<br />

recentemente, eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test in<br />

cinetica, con metodica in automatico (Hitachi 717),<br />

la conservazione –20°C fino a 3 mesi non ha<br />

influito significativamente sulle performance del<br />

test.<br />

Eseguendo l’analisi in cinetica, con metodica<br />

manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), non sono<br />

state segnalate differenze statisticamente<br />

significative, nei risultati del d-<strong>ROMs</strong> test, tra<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

28<br />

prelievo arterioso e prelievo venoso effettuato nello<br />

stesso paziente.<br />

Ai fini della valutazione dell’interferenza,<br />

eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test in cinetica, con metodica<br />

manuale (fotometro Shimadzu CL 7000), i risultati<br />

del test non sono stati influenzati né dal livello di<br />

bilirubina (fino a 3 mg/dL), né dalla con contrazione<br />

di creatinina (fino a 19 g/dL), né dall’azotemia ( fino<br />

a 590 mg/dL), né dalla trigliceridemia (fino a 750<br />

mg/dL). Nelle medesime condizioni analitiche,<br />

l’impiego di K EDTA come anticoagulante in<br />

provetta ha reso gli idroperossidi non dosabili,<br />

mentre il citrato, ha comportato una sottostima dei<br />

valori; l’eparina, che in alcune valutazioni<br />

preliminari sembrava indurre una soprastima dei<br />

valori non ha dimostrato, in realtà, alcuna capacità<br />

di influenzare i risultati del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

In un altro studio, eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test in<br />

cinetica, con metodica in automatico (Hitachi 717),<br />

le massime concentrazioni consentite (espresse in<br />

mmoli/L) per ottenere risultati analitici attendibili<br />

sono state 0.068 per l’emoglobina, 171 per la<br />

bilirubina e 28.22 per i trigliceridi.<br />

In conclusione, sulla base dei dati qui<br />

analizzati, è possibile affermare che il d-<strong>ROMs</strong> test<br />

è in grado di fornire determinazioni precise ed<br />

accurate, correlate con la concentrazione, sia in<br />

cinetica che in endpoint. In particolare, disponendo<br />

di un adeguato sistema di termostatazione, è<br />

possibile eseguire il d-<strong>ROMs</strong> test sia in manuale<br />

che in automatico con risultati sostanzialmente<br />

sovrapponibili.<br />

4. 1. 2 Composizione del kit<br />

Il d-ROMS test è disponibile sotto forma di vari<br />

kit, in funzione del campione biologico da testare<br />

(sangue intero, plasma, siero, liquidi infiammatori,<br />

estratti cellulari ecc.) e della strumentazione con la<br />

quale va effettuata l’analisi. A questo proposito,<br />

infatti, va sottollineato che il d-<strong>ROMs</strong> test può<br />

essere eseguito sia con comuni apparecchiature di<br />

laboratorio (fotometro o analizzatore multiplo) che<br />

con sistemi dedicati, quali il FREE ed il FRAS.<br />

In ogni caso, un kit di d-<strong>ROMs</strong> test contiene, di<br />

base, una miscela cromogena, a base di N,N-dietilparafenilendiammina<br />

(reagente R 1 ) ed un tampone<br />

di reazione, a base di acetato (reagente R 2 )<br />

(tabella 4. 2).<br />

Tabella 4. 2 Esempio di kit di d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Reagenti*<br />

Reagente R1<br />

Miscela cromogena<br />

Reagente R2<br />

Tampone acetato (pH 4.8)<br />

Confezioni disponibili**<br />

MC 001 MC 002 MC 003<br />

Reagente R1 1 x 0.5 mL 1 x 1 mL 1 x 2 mL<br />

Reagente R2 1 x 50 mL 2 x 50 mL 4 x 50 mL<br />

*Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla<br />

data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al<br />

contatto diretto con la luce solare. ** La confezione varia in<br />

funzione sia della strumentazione analitica impiegata per<br />

l’esecuzione del test sia della natura del campione biologico<br />

da testare.


Per calibrare lo strumento analitico è<br />

disponibile un siero di controllo a titolo conosciuto.<br />

4. 1. 3 Condizioni di lavoro<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test può essere eseguito su sangue<br />

intero (sistema dedicato FRAS), su plasma fresco,<br />

su siero eparinizzato ed altri fluidi biologici o estratti<br />

cellulari (sistema dedicato FREE).<br />

In ogni caso, anche con strumenti analitici non<br />

dedicati, manuali (comuni fotometri) o automatici<br />

(analizzatori multipli), le condizioni di lavoro<br />

sperimentalmente stabilite e standardizzate per il<br />

d-<strong>ROMs</strong> test – che può essere eseguito sia in<br />

cinetica sia in end-point – sono le seguenti:<br />

lunghezza d’onda 505 or 546 nm, cammino ottico<br />

1 cm, e temperatura 37 °C.<br />

4. 1. 4 Procedura analitica<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test può essere eseguito sia in<br />

cinetica che in endpoint. In ambedue i casi, prima<br />

di procedere all’esecuzione dell’analisi, bisogna<br />

preparare lo standard (o calibratore), fornito<br />

opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a<br />

matrice umana a titolo noto (U CARR), indicato<br />

sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere al<br />

liofilizzato il volume di acqua distillata previsto<br />

(secondo le indicazioni del produttore) e mescolare<br />

la soluzione così ottenuta con delicatezza<br />

(evitando di formare schiuma, indice indesiderato<br />

di denaturazione proteica all’interfacie aria-liquido).<br />

Si suggerisce di attendere 10 minuti e quindi<br />

rimescolare la soluzione con le medesime<br />

precauzioni.<br />

In ogni caso, prima di eseguire il test è<br />

assolutamente indispensabile assicurarsi che tutto<br />

il liofilizzato sia stato completamente disciolto. In<br />

queste condizioni, tra l’altro, la soluzione così<br />

ricostituita di calibratore può essere conservata a –<br />

20 °C ed è stabile per 6 mesi.<br />

Dopo aver portato i reagenti (R1, miscela<br />

cromogena, ed R2, soluzione tampone) alla<br />

temperatura di lavoro, si procede, quindi,<br />

all’esecuzione del test.<br />

Nella procedura cinetica standard si parte<br />

preparando tre soluzioni: il bianco reagente, il<br />

campione (preferibilmente siero fresco) ed il<br />

calibratore, secondo lo schema riportato nella<br />

seguente tabella:<br />

Tabella 4. 3 Procedura analitica del d-<strong>ROMs</strong> test in cinetica<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 10 μL 10 μL 10 μL<br />

Reagente R2 1 mL 1 mL 1 mL<br />

H2O distillata 10 μL<br />

Campione 10 μL<br />

Calibratore 10 μL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate<br />

delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 1<br />

minuto. Terminata l’incubazione, esse vanno<br />

sottoposte a lettura fotometrica, misurando<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

29<br />

l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A505)<br />

immediatamente e successivamente, nelle stesse<br />

condizioni di lavoro (37°C), dopo 1, 2 e 3 min. Ai<br />

valori di assorbanza ottenuti per il campione e per il<br />

calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza<br />

del bianco reagente. I risultati del test saranno<br />

espressi in U CARR applicando la seguente<br />

formula:<br />

U CARR = ΔAbs/min x F<br />

dove:<br />

• ΔAbs/min sono le differenze medie dei valori di<br />

assorbanza misurati a 1, 2, 3 e 3 minuti;<br />

• F è un fattore di correzione con un valore<br />

predeterminato.<br />

A questo punto è opportuno fare alcune<br />

precisazioni. Si è detto che i risultati del d -<strong>ROMs</strong><br />

test, anche per l’eterogeneità delle specie chimiche<br />

valutabili con questo metodo (idroperossidi di<br />

derivazione cellulare e prodotti di ossidazione delle<br />

cloroammine), sono espressi in U CARR.<br />

Perché si è scelto di usare queste unità di<br />

misura “arbitrarie”? Per rispondere a questa<br />

domanda bisogna anticipare un dato sperimentale<br />

che sarà ampiamente discusso in seguito e cioè<br />

che, eseguendo il d-<strong>ROMs</strong> test su un campione<br />

piuttosto numeroso (circa 5.000) di soggetti<br />

apparentemente sani, si è visto che l’incremento<br />

per minuto dei valori di assorbanza a 505 nm<br />

(ΔA505/min) varia fra 0.023 e 0.031,<br />

distribuendosi, nella popolazione testata, secondo<br />

un tipico profilo gaussiano.<br />

E’ evidente che l’impiego di tale notazione<br />

(terza cifra decimale) non consente un’immediata<br />

valutazione e, soprattutto, un’adeguata<br />

discriminazione dei valori di concentrazione di<br />

idroperossidi da essa sottesa.<br />

Pertanto, per ovviare a questo problema di<br />

natura squisitamente pratica ed avere un range<br />

adeguatamente ampio di variazioni, si è stabilito di<br />

esprimere il risultato del d-<strong>ROMs</strong> test in unità<br />

convenzionali, le U CARR, appunto, che si<br />

ottengono moltiplicando la variazione di<br />

assorbanza registrata fotometricamente per un<br />

prestabilito fattore di correzione, il fattore F<br />

(generalmente compreso tra 9.000 e 10.000).<br />

Va ribadito che tale operazione di “correzione”<br />

si rende necessaria esclusivamente per rendere<br />

più agevoli al medico – abituato a interpretare<br />

valori, come quello del colesterolo, del range delle<br />

centinaia di unità – la lettura e l’interpretazione del<br />

test (che altrimenti sarebbero “appesantite”<br />

dall’impiego di una serie di cifre decimali).<br />

Negli strumenti dedicati, quali il FREE ed il<br />

FRAS, è possibile, via software, impostare il fattore<br />

di correzione sulla base dei risultati del d-<strong>ROMs</strong><br />

test eseguito sul siero di controllo a titolo noto<br />

fornito dal produttore.


Ad ogni modo, tuttavia, per avere una<br />

valutazione assoluta, è stato sperimentalmente<br />

stabilito che 1 U CARR corrisponde a 0.08 mg di<br />

H2O2/dL.<br />

Nella procedura endpoint si parte preparando<br />

tre soluzioni: il bianco reagente, il campione (siero<br />

o plasma eparinato) ed il calibratore, secondo lo<br />

schema riportato nella seguente tabella:<br />

Tabella 4. 4 Procedura analitica del d-<strong>ROMs</strong> test in endpoint<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 10 μL 10 μL 10 μL<br />

Reagente R2 1 mL 1 mL 1 mL<br />

H2O distillata 5 μL − −<br />

Campione − 5 μL −<br />

Calibratore − − 5 μL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate<br />

delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 75<br />

minuti. Appena terminata l’incubazione, esse<br />

vanno sottoposte a lettura fotometrica, misurando<br />

l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A546). Ai<br />

valori di assorbanza ottenuti per il campione e per il<br />

calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza<br />

del bianco reagente (azzeramento con bianco<br />

reagente). I risultati del test saranno espressi in U<br />

CARR applicando la seguente formula:<br />

U CARR =<br />

Abs campione<br />

Abs standard<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

x [standard]<br />

dove:<br />

• Abs sono i valori di assorbanza misurati (per il<br />

campione e per lo standard);<br />

• [standard ] è la concentrazione dello standard.<br />

Va aggiunto che gli strumenti dedicati (FREE e<br />

FRAS) sono programmati per eseguire ambedue le<br />

modalità di analisi del d-<strong>ROMs</strong> test sopra descritte<br />

con appositi kit. Tuttavia, se si ha la necessità di<br />

dover effettuare il test su un comune fotometro o<br />

su un analizzatore multiplo, si può anche operare,<br />

in alternativa alle procedure descritte, con una<br />

miscela di lavoro realizzata mescolando il reagente<br />

R1 (cromogeno) ed il reagente R2 (tampone) nel<br />

rapporto di 1:100 e utilizzando il campione come<br />

“starter”. Tale miscela di lavoro ha il vantaggio di<br />

essere stabile per circa 12 ore (più che sufficienti<br />

per una seduta analitica), se conservata,<br />

ovviamente a 2-8°C e al riparo dalla luce.<br />

4. 1. 5 Interpretazione dei risultati<br />

La disponibilità di una metodica precisa ed<br />

affidabile ha consentito di stabilire i livelli ematici di<br />

riferimento del d-<strong>ROMs</strong> nella popolazione normale.<br />

Si è potuto dimostrare, su un campione di circa<br />

5.000 soggetti clinicamente sani, che il livello di<br />

idroperossidi circolanti determinati con il d-<strong>ROMs</strong><br />

test segue nella popolazione una distribuzione<br />

unimodale (figura 4. 8 A), con un picco tra 250 e<br />

300 U CARR (pari a 20.08-24.00 mg/dL di H2O2),<br />

individuato come il valore di riferimento del test<br />

(figura 4. 8 B).<br />

30<br />

Frequenze<br />

A<br />

B<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

Serie<br />

-<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15<br />

Serie (U CARR)<br />

Intervalli<br />

(U CARR)<br />

200-210<br />

211-220<br />

221-230<br />

231-240<br />

241-250<br />

251-260<br />

261-270<br />

271-280<br />

281-290<br />

291-300<br />

300-310<br />

311-320<br />

321-330<br />

331-340<br />

341-350<br />

Totale<br />

Intervalli<br />

(mg H 2 O 2 /dL)<br />

16.00-16.80<br />

16.88-17.60<br />

17.68-18.40<br />

18.48-19.20<br />

19.28-20.00<br />

20.08-20.80<br />

20.88-21.60<br />

21.68-22.40<br />

22.48-23.20<br />

23.28-24.00<br />

24.08-24.80<br />

24.88-25.60<br />

25.68-25.40<br />

25.48-27.20<br />

27.28-28.00<br />

Frequenze<br />

Figura 4. 8 Distribuzione dei valori del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

nella popolazione apparentemente sana<br />

Ovviamente, valori superiori a questo<br />

intervallo, dopo una fascia borderline (301-320 U<br />

CARR) indicano livelli progressivamente crescenti<br />

di stress ossidativo (tabella 4. 5).<br />

Tabella 4. 5 Gravità dello stress ossidativo (SO)<br />

sulla base dei valori del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Idroperossidi Idroperossidi <strong>Stress</strong> ossidativo<br />

(U CARR) (mg H2O2/dL) (gravità)<br />

300-320 24.08-25.60 Condizione border-line<br />

321-340 25.68-27.20 <strong>Stress</strong> ossidativo lieve<br />

341-400 27.28-32.00 <strong>Stress</strong> ossidativo medio<br />

401-500 32.08-40.00 <strong>Stress</strong> ossidativo elevato<br />

>500 >40.00 <strong>Stress</strong> ossidativo elevatissimo<br />

Range normale: 250-300 U CARR<br />

1 U CARR corrisponde a 0.08 mg H2O2/dL<br />

Per completezza, va aggiunto che i valori<br />

riportati si riferiscono alla popolazione italiana e<br />

non è escluso che vi possano essere delle<br />

oscillazioni in eccesso o in difetto in funzione di<br />

particolarità razziali.<br />

Si è anche osservato che i risultati del d-<strong>ROMs</strong><br />

test non sono significativamente influenzati né dal<br />

sesso né dall’età.<br />

Tuttavia, i neonati, indipendentemente dal<br />

sesso e dalle modalità del parto (via vaginale o<br />

taglio cesareo), possiedono livelli ematici di<br />

idroperossidi significativamente inferiori a quelli<br />

riscontrati negli adulti; questa differenza<br />

probabilmente riflette la diversa risposta all’ipossia<br />

dei neonati (figura 4. 9).<br />

(n)<br />

29<br />

89<br />

193<br />

244<br />

342<br />

547<br />

659<br />

731<br />

654<br />

491<br />

256<br />

162<br />

80<br />

57<br />

13<br />

4547<br />

Dati cumulativi<br />

(%)<br />

0.6<br />

2.6<br />

6.8<br />

12.2<br />

19.7<br />

31.8<br />

46.3<br />

62.3<br />

76.7<br />

87.5<br />

93.1<br />

96.7<br />

98.5<br />

99.7<br />

100.0<br />

100.0


U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

Figura 4. 9 Valori del d-<strong>ROMs</strong> test nei neonati<br />

Viceversa, la gravidanza si associa a valori del<br />

d-<strong>ROMs</strong> test mediamente più alti rispetto a quelli<br />

osservati nelle donne non in gestazione (figura 4.<br />

10).<br />

U CARR<br />

0<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

Parto vaginale<br />

(n=71)<br />

Taglio cesareo<br />

(n=27)<br />

Asfissia IP<br />

(n=20)<br />

100<br />

0<br />

mesi<br />

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />

Figura 4. 10 Andamento del d-<strong>ROMs</strong> test in gravidanza<br />

I risultati del d-<strong>ROMs</strong> test eseguito<br />

ripetutamente nello stesso soggetto nell’arco della<br />

giornata non mostrano differenze degne di nota, a<br />

meno che non intervengano fattori in grado di<br />

indurre una brusca produzione di perossidi (es. uno<br />

sforzo muscolare intenso).<br />

Infine, non sono state riscontrate differenze<br />

significative nei risultati del d-<strong>ROMs</strong> test quando il<br />

prelievo viene effettuato su sangue arterioso o su<br />

sangue venoso.<br />

4. 1. 6 Trial clinici<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test si è dimostrato validissimo<br />

nell’individuazione di soggetti a rischio di stress<br />

ossidativo per fattori legati allo stile di vita, quali<br />

quali il fumo di sigaretta, l’assunzione di bevande<br />

alcoliche, l’attività fisica inadeguata ed il<br />

sovrappeso.<br />

In particolare, si è visto che i forti fumatori<br />

presentano, all’incirca nel 70% dei casi, livelli sierici<br />

di idroperossidi significativamente più elevati<br />

rispetto a quelli riscontrabili, a parità di ogni<br />

altra condizione, nei non fumatori; la normalità<br />

dei risultati del test in una percentuale non<br />

trascurabile di fumatori suggerisce l’esistenza di<br />

una differente reattività, in questa popolazione di<br />

soggetti, alle sostanze biologicamente attive<br />

presenti nel fumo di sigaretta (figura 4. 10).<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

No asfissia IP<br />

(n=78)<br />

Parto<br />

31<br />

U CARR<br />

Figura 4. 10 Valori elevati del d-<strong>ROMs</strong> test nei fumatori<br />

Analogamente, gli alcolisti presentano valori<br />

del d-<strong>ROMs</strong> test significativamente più elevati<br />

rispetto a quelli rilevabili nei non bevitori (figura 4.<br />

11).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Non fumatori<br />

(n=28)<br />

Controlli<br />

(n=42)<br />

p


Tabella 4. 6 Valori medi del d-<strong>ROMs</strong> test in soggetti sani(1)<br />

Timing n U CARR mgH2O2/dL<br />

Immediatamente dopo sforzo<br />

massimale<br />

20 > 350* >28.00*<br />

Un’ora dopo sforzo massimale<br />

(soggetti non allenati)<br />

10 > 350* > 28.00*<br />

Un’ora dopo sforzo massimale<br />

10 < 300** < 24**<br />

(soggetti allenati)<br />

(1) <strong>Test</strong> al cicloergometro *Nessuno dei soggetti reclutati aveva livelli<br />

inferiori a 350 U CARR (28.00 H2O2/dL). ** Nessuno dei soggetti<br />

reclutati aveva livelli superiori a 300 U CARR (24.00 mg H 2O2/dL).<br />

Diverse discipline sportive che comportano un<br />

considerevole impegno muscolare, per l’intensità<br />

e/o per la durata dello sforzo, si accompagnano<br />

costantemente all’incremento dei valori del d-<br />

<strong>ROMs</strong> test al termine della prestazione.<br />

A questo proposito, in uno studio longitudinale,<br />

è stato monitorato il livello di stress ossidativo in un<br />

campione di 12 atleti prima e dopo una gara<br />

ciclistica di gran fondo (150 km). In sei dei dodici<br />

ciclisti reclutati, il d-<strong>ROMs</strong> test è stato ripetuto<br />

anche dopo 2 giorni, a riposo, e dopo 10 giorni di<br />

trattamento antiossidante specifico (ARD Stenovit ® )<br />

(figura 4. 12).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Riposo<br />

(n=12)<br />

Immediatamente<br />

dopo la corsa* (n=12)<br />

Figura 4. 12 Valutazione dello stress ossidativo<br />

in una gara ciclistica di gran fondo<br />

Il trial ha confermato che gli atleti presentano in<br />

condizioni basali, prima della gara, livelli sierici di<br />

idroperossidi nei limiti della norma. L’intenso sforzo<br />

muscolare si accompagna ad un considerevole<br />

incremento dei valori del d-<strong>ROMs</strong> test che, tuttavia,<br />

tendono a ridursi già due giorni dopo la gara. E’<br />

interessante notare che il ritorno ai valori basali di<br />

idroperossidi è favorito dal trattamento<br />

antiossidante.<br />

Il sovrappeso e, in maggior misura, l’obesità,<br />

anche se lieve, tendono ad associarsi a livelli<br />

mediamente più elevati di idroperossidi nel siero<br />

rispetto ai soggetti normopeso.<br />

A questo proposito, uno studio comparativo ha<br />

dimostrato che un indice di massa corporea (BMI)<br />

superiore a 30, una condizione che corrisponde ad<br />

un’obesità di I° grado secondo la classificazione<br />

dell’OMS, si associa a valori del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

significamene più elevati di quelli rilevati nel gruppo<br />

normopeso di controllo (BMI


U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Prima della terapia<br />

Figura 4. 14 La terapia antiossidante riduce in modo significativo<br />

i livelli di stress ossidativo nella m. di Alzheimer<br />

Analogo effetto positivo sulla demenza senile<br />

ha dimostrato di possedere, in un altro trial<br />

controllato, il trattamento chelante con Dpenicillamina.<br />

Più recentemente, si è visto che pazienti con<br />

sclerosi laterale amiotrafica presentano, rispetto a<br />

soggetti sani di controllo, più elevati livelli sierici di<br />

idroperossidi al d-<strong>ROMs</strong> test. Questo dato<br />

suggerisce che i radicali liberi possano giocare un<br />

ruolo importante nella patogenesi della<br />

degerazione neuronale osservata in questa<br />

malattia.<br />

Nel complesso i risultati qui presentati indicano<br />

che il d-<strong>ROMs</strong> test è utile per monitorare il livello di<br />

stress ossidatvio e le sue conseguenze in alcune<br />

condizioni morbose di interesse neuropsichiatrico<br />

altamente invalidanti ed onerose per la società.<br />

Le patologie cardio-vascolari, che forniscono<br />

esempi paradigmatici per comprendere il ruolo<br />

patogeno delle specie reattive, rappresentano un<br />

altro dei campi più fertili di applicazione del d-<br />

<strong>ROMs</strong> test.<br />

In tale contesto, si è osservato che pazienti<br />

ipertesi non trattati presentano livelli sierici di<br />

idroperossidi significativamente più elevati rispetto<br />

a quelli rilevabili dei soggetti normotesi (figura 4.<br />

15).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

p


Figura 4. 19 Effetto sinergico della terapia combinata sulla<br />

riduzione dei livelli di stress ossidativo nella stenosi carotidea<br />

In pazienti con stenosi carotidea serrata<br />

sottoposti a endoarteriectomia carotidea, il<br />

trattamento con dipiridamolo per via orale si è<br />

dimostrato in grado di ridurre, in uno studio<br />

controllato con placebo, i livelli di stress ossidativo<br />

associati con l’ischemia cerebrale transitoria che<br />

inevitabilmente accompagna questo tipo di<br />

intervento (figura 4. 20).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

* ** * *<br />

Basale 15’ clamp 30’ clamp<br />

Figura 4. 21 Riduzione dello stress ossidativo associato<br />

all’endarteriectomia carotidea con dipiridamolo orale<br />

Questo trial fornisce la conferma sperimentale<br />

e clinica che l’ischemia seguita da riperfusione<br />

realmente si accompagna ad un aumento dei livelli<br />

di radicali liberi e che il d-<strong>ROMs</strong> test è uno<br />

strumento formidabile per prevenire il danno<br />

ossidativo in quelle condizioni in cui viene<br />

ripristinata la circolazione in un distretto arterioso<br />

che aveva subito in precedenza una riduzione del<br />

flusso sanguigno.<br />

Infatti, pazienti sottoposti ad angioplastica<br />

coronaria presentano al termine dell’intervento un<br />

incremento significativo del livello sierico di<br />

idroperossidi (figura 4. 22).<br />

U CARR<br />

U CARR<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Solo TS (n=12)<br />

p


Il d-<strong>ROMs</strong> test è stato impiegato con successo<br />

anche nella valutazione dello stress ossidativo<br />

associato a patologie renali e, in particolare,<br />

nell’insufficienza renale cronica. E’ stato possibile<br />

dimostrare, per esempio, che i soggetti sottoposti a<br />

trapianto renale sono ad alto rischio di stress<br />

ossidativo, così come il trattamento emodialitico,<br />

che si rende indispensabile nelle fasi avanzate<br />

dell’insufficienza renale cronica, si accompagna ad<br />

un incremento significativo del livello degli<br />

idroperossidi sierici (figura 4. 25).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Controlli<br />

(n=25)<br />

p


U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

p


Il d–<strong>ROMs</strong> test, inoltre, andrebbe eseguito su<br />

tutti i soggetti affetti da patologie – oltre una<br />

cinquantina – che risultano in qualche modo<br />

correlate con lo stress ossidativo, dalla demenza<br />

senile al m. di Parkinson, dall’ictus all’infarto, dal m.<br />

di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS ad alcune<br />

neoplasie e così via. In tutti questi casi le finalità<br />

del d–<strong>ROMs</strong> test sono monitorare lo stress<br />

ossidativo e prevenirne le sue conseguenze,<br />

monitorare l’efficacia della terapia specifica sulla<br />

patologia in atto e, aspetto non trascurabile,<br />

monitorare l’efficacia della terapia specifica, in<br />

associazione con l’eventuale trattamento<br />

antiossidante integrativo, sullo stress ossidativo<br />

associato alla patologia in atto.<br />

Riguardo a quest’ultima finalità, occorre<br />

sottolineare che in molte delle patologie sopra<br />

elencate, quasi tutte ad andamento cronico, lo<br />

stress ossidativo tende a configurarsi come un<br />

fattore di rischio aggiuntivo e, come tale, deve<br />

essere controllato per rendere ottimali i risultati<br />

della terapia. In altri termini, l’evidenza, attraverso il<br />

d-<strong>ROMs</strong> test, di una condizione di stress ossidativo<br />

costituisce un indice di controllo incompleto della<br />

malattia e, pertanto, suggerisce al clinico un<br />

approccio terapeutico integrato ove trovino<br />

adeguata collocazione non solo i farmaci o gli<br />

interventi chirurgici tradizionali, ma anche la<br />

correzione dello stile di vita e, eventualmente,<br />

l’assunzione di antiossidanti.<br />

Infine, sono candidati al d-<strong>ROMs</strong> test tutti quei<br />

soggetti sottoposti ad interventi terapeutici sia di<br />

tipo farmacologico (es. antiblastici, pillola, ecc.) sia<br />

di tipo chirurgico (es. trapianti di organo, interventi<br />

di rivascolarizzazione, ecc.), compresa la dialisi, in<br />

grado di compromettere il bilancio ossidativo in<br />

senso proossidante. Le finalità è quella di<br />

identificare e prevenire lo stress ossidativo e le sue<br />

conseguenze e, in particolare, monitore l’efficacia<br />

di eventuali misure messe in atto per prevenire il<br />

danno tissutale da stress ossidativo.<br />

4. 1. 7. 2 Le aree di interesse del d–<strong>ROMs</strong> test<br />

Le aree di interesse del d–<strong>ROMs</strong> test, come<br />

ampiamente discusso (vedi paragrafo 4. 1. 6, studi<br />

clinici), sono numerose e coprono tutto l’ambito<br />

della medicina tradizionale.<br />

Limitando il campo alle applicazioni che hanno<br />

trovato finora il supporto di incontrovertibili<br />

evidenze sperimentali e cliniche, le branche in cui il<br />

d-<strong>ROMs</strong> test ha dimostrato la sua validità sono tra<br />

l’altro: la neuropsichiatria, la cardioangiologia, la<br />

broncopneumologia, l’epatologia, la nefrologia,<br />

l’ematologia, la diabetologia, l’endocrinologia,<br />

l’andrologia, la reumatologia, la dietologia e la<br />

dietoterapia, l’infettivologia, l’oncologia, la geriatria,<br />

la medicina sportiva e l’otorinolaringoiatria (tabella<br />

4. 8).<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

37<br />

Tabella 4. 8 Aree di interesse ed applicazioni del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Disciplina Esempi<br />

Neuropsichiatria<br />

• Malattia di Alzheimer<br />

• Sclerosi Laterale Amiotrofica<br />

Otorinolaringoiatria • Sindrome di Ménière<br />

• Stenosi carotidea<br />

• Cardiopatia ischemica<br />

Cardioangiologia • Ipertensione arteriosa<br />

• Vasculopatie periferiche<br />

• Insufficienza venosa<br />

Broncopneumologia • Broncopneumopatia cronica ostruttiva<br />

Epatologia • Epatopatia alcolica<br />

Nefrologia<br />

• Insufficienza renale cronica<br />

• Emodialisi<br />

Ematologia<br />

• Sindromi mielodisplastiche<br />

• Sindrome trombofilica<br />

Diabetologia<br />

• Diabete mellito 1<br />

• Diabete mellito 2<br />

Malattie dei ricambio<br />

• Obesità<br />

• Dislipidemie<br />

Endocrinologia • Terapia estroprogestinica<br />

Andrologia • Infertilità maschile<br />

Ostetricia • Gravidanza<br />

Neonatologia • Sindrome asfittica<br />

Malattie genetiche • Sindrome di Down<br />

Reumatologia • Artrite reumatoide<br />

Infettivologia • AIDS<br />

Oncologia<br />

• Linfomi e leucemie<br />

• Radio e chemioterapia<br />

Medicina dello sport<br />

• Calcio<br />

• Ciclismo<br />

4. 1. 7. 3 Considerazioni conclusive<br />

e punti di forza del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> è l’unico test attualmente disponibile<br />

per la valutazione complessiva della componente<br />

lesiva, pro-ossidante, dello stress ossidativo (v.<br />

confronto con altre metodiche), che unisce a<br />

questa specificità a) una standardizzazione<br />

estremamente utile nella pratica clinica routinaria<br />

(vedi scelta delle unità di misura) e b) la<br />

possibilità di integrarsi perfettamente, nell’attuale<br />

panorama della diagnosi di laboratorio, con altri<br />

test sullo stress ossidativo (vedi TAS).<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> è un test estremamente preciso e<br />

affidabile, che ha superato brillantemente l’esito<br />

di sofisticate procedure di controllo, di<br />

valutazione e di validazione da parte di enti di<br />

ricerca di riconosciuta valenza internazionale<br />

(Università, Consiglio Nazionale delle Ricerche),<br />

come attestano le numerose pubblicazioni<br />

scientifiche recensite nella letteratura scientifica<br />

internazionale.<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> test richiede una strumentazione<br />

relativamente semplice (un fotometro<br />

termostatato ed una centrifuga) comunemente<br />

disponibili presso qualsiasi laboratorio di analisi;<br />

inoltre, esso può essere eseguito anche con una<br />

strumentazione dedicata (sistemi FRAS e<br />

FREE).<br />

• Il d -<strong>ROMs</strong> test possiede tutti i vantaggi di un<br />

mono test (rilevazione fotometrica diretta di<br />

un’unica miscela di reazione, contenente il<br />

campione e il reattivo cromogeno).<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> test, eseguito con la strumentazione<br />

dedicata, richiede una minima manualità, con<br />

notevole riduzione delle possibilità di errore; non


è richiesta, fin dall’inizio, alcuna particolare<br />

conoscenza di biochimica analitica; utile, invece<br />

l’esperienza che con esso si acquisisce.<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> test non è influenzato in maniera<br />

significativa dalla presenza di altre sostanze<br />

normalmente presenti nel sangue e dotate di<br />

attività antiossidante (es. bilirubina, acido urico<br />

ecc.). Evitare l’emolisi ed il prelievo in provette<br />

contenenti chelanti (quali EDTA o CITRATO)<br />

sono le uniche precauzioni richieste; è possibile,<br />

invece, eseguire il test sia su plasma fresco o<br />

eparinato che su siero o sangue intero.<br />

• Il d-<strong>ROMs</strong> è un test che si presta in maniera<br />

eccellente per l’impiego nella prevenzione e nel<br />

monitoraggio delle condizioni correlate allo stress<br />

ossidativo, anche in rapporto ad eventuali<br />

interventi terapeutici; lo confermano gli oltre 80<br />

lavori scientifici attualmente recensiti in<br />

letteratura.<br />

4. 2 Altri test<br />

4. 2. 1 Premessa<br />

Di fronte all’ipotesi di una valutazione globale<br />

dello stress ossidativo e/o di una valutazione<br />

comparativa fra test, è bene ricordare che test di<br />

laboratorio abitualmente impiegati per la<br />

valutazione dello stress ossidativo ne misurano o<br />

la componente pro-ossidante, come il d-<strong>ROMs</strong> test,<br />

o la componente antiossidante, come l’ OXY-<br />

Adsorbent test, il BAP e l’–SHp test (tabella 3. 1).<br />

Sulla base di queste considerazioni, il d-<strong>ROMs</strong><br />

test può essere confrontato con i test che<br />

esplorano la componente pro-ossidante dello<br />

stress ossidativo, mentre non ha alcun senso<br />

confrontare il d-<strong>ROMs</strong> test con il cosiddetto TAS<br />

(Total Antioxidant Status) o il BAP (vedi oltre).<br />

4. 2. 2 MDA test<br />

La MDA (malonilaldeide o malonildialdeide,<br />

CHO-CH2-CHO) rappresenta uno dei prodotti finali<br />

della catena di reazioni innescata nelle membrane<br />

cellulari dall'attacco ossidativo, da parte di alcuni<br />

radicali liberi dell'ossigeno (quali il radicale<br />

idrossile), degli acidi grassi poliinsaturi (quali l'acido<br />

arachidonico, costituente appunto dei fosfolipidi di<br />

membrana).<br />

Questa catena di reazioni, nel caso specifico<br />

dell'acido arachidonico, ha come specie chimica<br />

"chiave" dell'intero processo il radicale perossido.<br />

Quest'ultimo, infatti, è posto al "bivio" di due<br />

possibili metabolici, in quanto può essere<br />

convertito in idroperossido (mediante acquisizione<br />

di un H) oppure "imboccare" la via dei perossidi<br />

ciclici che, in seguito ad ulteriori attacchi ossidativi,<br />

porta ad una serie di prodotti terminali, tra i quali la<br />

MDA (vedi figura 2. 4). Questi ulteriori "attacchi<br />

ossidativi" e, quindi, la formazione di MDA, si<br />

realizzano grazie al superamento delle "difese"<br />

antiossidanti del medium nel quale avviene il<br />

processo ossidativo stesso.<br />

Capitolo 4. I test di laboratorio per la valutazione dello status ossidante<br />

38<br />

Pertanto, anche la presenza di MDA nei liquidi<br />

biologici sarà rilevabile solo quando tutto il sistema<br />

antiossidante endogeno del medium in cui è<br />

avvenuto l'attacco ossidativo si è esaurito.<br />

Sulla base di queste considerazioni, si evince che<br />

la MDA, prodotto quasi "terminale" dell'ossidazione<br />

di vari substrati biologici, quali gli acidi grassi<br />

poliinsaturi di membrana, rappresenta un indicatore<br />

piuttosto tardivo di stress ossidativo. Pertanto, uno<br />

dei maggiori svantaggi dei test basati sulla<br />

determinazione della MDA è relativo al fatto che<br />

essi non sempre sono in grado di poter svelare<br />

precocemente uno stato ossidativo alterato.<br />

Viceversa, il d-<strong>ROMs</strong> test si basa sulla<br />

determinazione del livello di idroperossidi, l'altra<br />

classe di composti che può formarsi a partire dal<br />

radicale perossido (specie chimica "chiave" della<br />

catena di reazione che porta all'ossidazione degli<br />

acidi grassi poliinsaturi di membrana). Al contrario<br />

della MDA, gli idroperossidi sono composti che si<br />

formano precocemente nella sequenza di reazioni<br />

ossidative dei lipidi di membrana, sono<br />

relativamente stabili e, conservando ancora una<br />

discreta capacità ossidante, possono essere<br />

rilevati grazie ad un adeguato sistema redox (come<br />

quello della N,N-dietil-parafenilendiammina del d-<br />

<strong>ROMs</strong> test). Pertanto, rispetto ai test che valutano<br />

la MDA, il d-<strong>ROMs</strong> test è in grado di svelare più<br />

precocemente stati ossidativi alterati, con enormi<br />

vantaggi sul piano clinico in termini di prevenzione<br />

e monitoraggio terapeutico.<br />

Inoltre, come riportato più volte in letteratura, la<br />

MDA va incontro a molte reazioni secondarie che<br />

riducono l'accuratezza dei risultati ottenuti; infatti, in<br />

quanto reattivo bifunzionale (doppio gruppo<br />

aldeidico CHO) la MDA può formare legami crociati<br />

con proteine o nucleotidi (dando luogo alla<br />

formazione di basi di Shiff) e può essere degradata<br />

dal perossido di idrogeno o ossidata da perossidasi<br />

e xantinaossidasi.<br />

Anche come marcatore di perossidazione<br />

lipidica la MDA si mostra scarsamente specifica;<br />

infatti, essa è stata identificata fra i prodotti di<br />

decomposizione ossidativa di amminoacidi, di<br />

carboidrati e di prostaglandine, Infine, la MDA può<br />

essere anche un prodotto di ossidazione dell'acido<br />

ascorbico, e ciò rende inutilizzabile il suo dosaggio<br />

ai fini di un eventuale monitoraggio terapeutico in<br />

corso di trattamenti antiossidanti.<br />

Viceversa, come dimostrano i numerosi studi<br />

pubblicati sull’argomento, il d-<strong>ROMs</strong> test è stato<br />

impiegato con successo nel monitoraggio<br />

terapeutico sia in corso di trattamenti antiossidanti<br />

che in corso di trattamenti farmacologici specifici.<br />

4. 2. 3 Determinazione dei lipoperossidi<br />

Per quanto riguarda i test di<br />

lipoperossidazione, esistono in commercio vari test<br />

etichettati come "Lipid hydroperoxide assay kit".<br />

Tali test presentano una serie di svantaggi, in<br />

quanto prevedono spesso una fase di


deproteinizzazione e di estrazione; inoltre,<br />

richiedono tempi lunghi (circa 30 minuti in tutto) e<br />

forniscono un'informazione molto limitata, in quanto<br />

gli idroperossidi lipidici costituiscono solo una<br />

classe degli idroperossidi totali.<br />

Viceversa, il d-<strong>ROMs</strong> test, non prevede alcun<br />

pretrattamento del campione biologico (se non la<br />

centrifugazione se si parte da sangue intero), è<br />

rapido (in cinetica, richiede non più di 3 minuti) e,<br />

soprattutto, fornisce un'indicazione globale sullo<br />

stato ossidante del sistema biologico testato, in<br />

quanto consente di dosare tutti gli idroperossidi<br />

(anche quelli derivati dal processo di ossidazione di<br />

altri substrati, non solo lipidici, quali ad esempio<br />

amminoacidi, peptidi, ecc.).<br />

4. 2. 4 Dosaggio degli isoprostani<br />

Il dosaggio dell’8-isoprostano a livello<br />

plasmatico viene generalmente effettuato mediante<br />

metodica immunoenzimatica. Due gli svantaggi<br />

segnalati: la possibile cross-reattività in fase<br />

analitica e l’informazione limitata a condizioni di<br />

stress ossidativo su base disrfeattiva.<br />

Ad ogni modo occorre segnalare che in un<br />

recente studio comparativo, l’analisi di regressione<br />

ha mostrato una correlazione diretta fra la<br />

concentrazione plasmatica di 8-isoprostano e i<br />

valori del d-<strong>ROMs</strong> (r=0.68; p


Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

Capitolo 5<br />

I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

5. 1 L’ OXY-Adsorbent test<br />

5. 1. 1 Principio<br />

5. 1. 1. 1 Presupposti scientifici<br />

Numerose sostanze presenti nel plasma sono<br />

in grado di “tamponare” la potenziale capacità<br />

ossidante delle specie reattive dell’ossigeno.<br />

Virtualmente, ogni agente, sia esso “endogeno”<br />

(es. GSH, proteine, bilirubina, acido urico,<br />

colesterolo, ecc.) o “esogeno” (es. carotenoidi,<br />

ascorbato, vitamina E, ecc.) in grado di “donare”<br />

elettroni blocca la potenziale lesività di un radicale<br />

libero, la cui reattività è proprio legata alla<br />

particolare “carenza” di queste piccole particelle<br />

negative.<br />

Ovviamente, qualsiasi “insulto” a tale barriera<br />

plasmatica può contribuire al danno ossidativo dei<br />

tessuti (figura 5. 1).<br />

Vaso sanguigno Cellula<br />

Figura 5. 1 Rappresentazione schematica della<br />

barriera antiossidante plasmatica<br />

L’OXY–Adsorbent test valuta la capacità del<br />

plasma di opporsi all’azione ossidante massiva di<br />

una soluzione di acido ipocloroso (HClO).<br />

Quest’ultimo, come è noto, è un agente<br />

altamente ossidante sia in vitro che in vivo.<br />

L’azione sbiancante e, talvolta, disinfettante, delle<br />

varechine, per esempio, è legata proprio all’azione<br />

ossidante dell’acido ipocloroso diluito in esse<br />

contenuto.<br />

D’altra parte, in condizioni patologiche – ad es.<br />

in seguito ad un’infezione batterica – i leucociti<br />

polimorfonucleati attivati producono HClO a partire<br />

dal perossido d’idrogeno (H2O2) e dallo ione cloruro<br />

(Cl - ), attraverso una reazione catalizzata dalla<br />

mieloperossidasi; una volta prodotto, l’acido agisce<br />

come ossidante naturale contro l’attacco dei<br />

microrganismi patogeni, contribuendo alla<br />

risoluzione dell’infezione.<br />

Il meccanismo chimico dell’azione ossidante<br />

dell’HClO non è conosciuto nei minimi particolari,<br />

ma è verosimile che esso preveda la generazione<br />

di intermedi radicalici dell’alogeno e la formazione<br />

di cloroammine (come discusso nel paragrafo 2. 2).<br />

40<br />

In ogni caso, nell’OXY-Adsorbent test la scelta<br />

del reattivo è caduta sull’acido ipocloroso perché<br />

questo è un antiossidante non solo potente ma<br />

anche “fisiologico” e, pertanto, meglio in grado di<br />

mimare situazioni che si verificano in vivo.<br />

Nell’OXY-Adsorbent, in pratica, un campione di<br />

plasma viene sottoposto, per un prederminato<br />

intervallo di tempo (10 minuti primi), all’azione<br />

ossidante massiva di una soluzione di acido<br />

ipocloroso a titolo noto, in evidente eccesso<br />

rispetto alla “capacità antiossidante” del campione<br />

da testare.<br />

L’acido ipocloroso, verosimilmente attraverso<br />

intermedi radicalici, ossiderà, compatibilmente con<br />

il suo potenziale di ossidazione, tutti i gruppi<br />

chimici disponibili delle molecole componenti la<br />

barriera antiossidante plasmatica.<br />

Al termine dell’intervallo previsto per<br />

l’ossidazione massiva, resterà nella soluzione<br />

iniziale un’aliquota di acido ipocloroso, in forma<br />

radicalica, non “adsorbito” dalla barriera<br />

plasmatica, ormai completamente ossidata.<br />

Se, a questo punto, si aggiunge al sistema un<br />

cromogeno (quale la N,N-dietilparafenilendiammina),<br />

in grado di reagire<br />

ossidandosi a spese dei radicali dell’acido ancora<br />

presenti in soluzione, questi ultimi potranno essere<br />

dosati fotometricamente, per differenza (rispetto ad<br />

un opportuno “standard” costituito dal solo acido<br />

ipocloroso).<br />

La concentrazione del complesso colorato sarà<br />

direttamente proporzionale alla concentrazione di<br />

HClO rimasta in eccesso e indirettamente<br />

proporzionale alla capacità antiossidante del<br />

plasma analizzato.<br />

In altri termini, tanto più elevata sarà la<br />

concentrazione di HClO rimasto in eccesso, tanto<br />

più alta sarà la concentrazione del complesso<br />

colorato e, quindi, tanto più bassa sarà la capacità<br />

antiossidante del plasma (o di altro campione<br />

biologico) in esame.<br />

5. 1. 1. 2 Aspetti biochimico-clinici<br />

Le performance dell’OXY-adsorbent test,<br />

eseguito sia con metodica manuale, sono state<br />

valutate mediante spettrofotometria.<br />

I parametri analitici presi in considerazione<br />

sono stati, soprattutto, la linearità della reazione e<br />

l’imprecisione analitica.<br />

Un’esempio di linearità del saggio è riportato<br />

nella figura 5. 2.


Figura 5. 2 Esempio di linearità della reazione<br />

dell’OXY-Adsorbent test<br />

Per quanto concerne l’imprecisione analitica, in<br />

uno studio il CV intra-serie, valutato su 20 aliquote<br />

di siero fresco, è stato pari al 2.2%, mentre il CV<br />

interserie su 20 aliquote di siero congelato è stato<br />

del 6.3%. In un altro trial, invece, il CV intraserie su<br />

20 aliquote di siero fresco è stato pari a 2.5%,<br />

quello interserie su 20 aliquote di siero congelato<br />

6.3%.<br />

5. 1. 2 Composizione del kit<br />

Il tipico kit dell’OXY-Adsorbent test contiene, di<br />

base, una soluzione ossidante (acido ipocloroso,<br />

reagente R1), una miscela cromogena (N,N-dietilparafenilendiammina,<br />

reagente R 2 ) ed un<br />

calibratore (siero di controllo a titolo noto, reagente<br />

R 3 ) (tabella 5. 1).<br />

Tabella 5. 1 Composizione del kit dell’OXY-Adsorbent test<br />

Reagente R1<br />

Reagente R2<br />

Reagente R3<br />

Volume di campione (μL)<br />

Reagenti*<br />

Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

Soluzione ossidante<br />

Miscela cromogena<br />

Calibratore<br />

Confezioni disponibili<br />

MC 434 MC 435<br />

Reagente R1 2 x 25 mL 4 x 25 mL<br />

Reagente R2 1 x 0.5 mL 1 x 1 mL<br />

Reagente R3 1 x 1 mL 1 x 1 mL<br />

*Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla<br />

data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al<br />

contatto diretto con la luce solare.<br />

L’OXY-Adsorbent test può essere eseguito sia<br />

con un normale fotometro che con una<br />

strumentazione dedicata, quale il sistema FREE<br />

(vedi più avanti). In ogni caso, per calibrare<br />

l’apparecchiatura analitica è disponibile un siero di<br />

controllo liofilo a matrice umana a titolo noto.<br />

5. 1. 3 Condizioni di lavoro<br />

L’OXY-Adsorbent può essere eseguito su<br />

plasma o siero freschi nelle seguenti condizioni di<br />

lavoro: lunghezza d’onda 505 o 546 nm, cammino<br />

ottico 1 cm, e temperatura ambiente.<br />

L’analisi può essere eseguita solo con la<br />

modalità endpoint.<br />

41<br />

5. 1. 4 Procedura analitica<br />

Prima di procedere all’esecuzione del test<br />

bisogna preparare il calibratore, fornito<br />

opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a<br />

matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere al<br />

liofilizzato il volume di acqua distillata previsto<br />

(secondo le indicazioni del produttore) e mescolare<br />

la soluzione così ottenuta con delicatezza, avendo<br />

cura di attenersi alle indicazioni di carattere<br />

generale descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4<br />

a proposito del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di<br />

lavoro, si preparano tre soluzioni: il bianco<br />

reagente, il campione ed il calibratore. Tuttavia, a<br />

differenza degli altri test, quali il d-<strong>ROMs</strong> e il BAP,<br />

nell’OXY-Asdsorbent test il campione e il<br />

calibratore non possono essere usati come tali ma<br />

solo dopo averli diluiti con acqua distillata nel<br />

rapporto di 1:100, secondo lo schema riportato in<br />

tabella:<br />

Tabella 5. 2 Procedura analitica dell’OXY-Adsorbent test<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 1 mL 1 mL 1 mL<br />

H2O distillata 10 μL − −<br />

Campione* − 10 μL −<br />

Calibratore* − − 10 μL<br />

*In soluzione diluita 1:100<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate<br />

delicatamente e lasciate ad incubare a temperatura<br />

ambiente per 10 minuti.<br />

Appena terminata l’incubazione, dopo aver<br />

aggiunto a ciascuna di esse 10 L di reagente R2<br />

(miscela cromogena), si passa immediatamente<br />

alla lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a<br />

505 nm (A505) o 546 nm (A546). Ai valori di<br />

assorbanza ottenuti per il campione e per il<br />

calibratore si sottrae, quindi, il valore di assorbanza<br />

del bianco reagente. I risultati del test, ovvero la<br />

capacità antiossidante del campione analizzato,<br />

saranno espressi in moli di HClO/mL di<br />

campione, secondo la formula:<br />

(Abs bianco – Abs campione)<br />

(Abs bianco – Abs standard)<br />

x [standard]<br />

Dove:<br />

• Abs sono i valori di assorbanza (del bianco, del<br />

campione e dello standard)<br />

• [standard ] è la concentrazione dello standard.<br />

Normalmente, 1 mL di plasma umano è in<br />

grado di “adsorbire” almeno 350 μmoli di HClO.<br />

5. 1. 5 Interpretazione dei risultati<br />

Valori inferiori a 350 μmoli di HClO indicano<br />

una riduzione dello “spessore” della barriera<br />

antiossidante e correlano direttamente con la<br />

gravità del danno da questa subito. Infatti, quanto<br />

più elevato sarà l’“eccesso” di radicali dell’HClO<br />

rilevato fotometricamente al termine dell’intervallo


previsto per l’ossidazione massiva, tanto più la<br />

barriera risulterà ridotta, e viceversa (tabella 5. 2).<br />

Tabella 5. 2 Gravità dello stress ossidativo in rapporto<br />

ai valori forniti dall’OXY-Adsorbent test<br />

μmoli HClO/mL Grado di compromissione della<br />

di campione<br />

barriera antiossidante<br />

350-320 Riduzione lieve<br />

319-280 Riduzione media<br />

279-250 Riduzione elevata<br />

350 μmoli HClO/mL di campione<br />

5. 1. 6 Studi clinici<br />

L’OXY-Adsorbent test si è dimostrato molto<br />

affidabile nella valutazione della capacità<br />

antiossidante totale del plasma in diversi studi<br />

clinici, integrando i risultati del d-<strong>ROMs</strong> test nella<br />

valutazione globale dello stress ossidativo. Esso va<br />

sempre eseguito nei casi in cui i valori di d-<strong>ROMs</strong><br />

test risultano particolarmente elevati.<br />

In particolare, si è visto che pazienti DOWN<br />

esprimono, rispetto ai controlli, valori<br />

significativamente più elevati del d-<strong>ROMs</strong> test e più<br />

bassi dell’OXY-Adsorbent test (p


agione di una barriera antiossidante praticamente<br />

normale o addirittura superiore alla norma.<br />

A conclusione di questa breve panoramica<br />

sulle applicazioni cliniche, occorre sottolineare che<br />

l’OXY-Adsorbent test, con opportuni accorgimenti<br />

tecnici, può essere eseguito anche su preparati o<br />

estratti vegetali in fase acquosa (es. succhi di<br />

frutta, succo di pomodoro, vini, ecc.). Esso,<br />

pertanto, è utilissimo per valutare l’attività<br />

antiossidante di un prodotto in soluzione acquosa<br />

che vanti, sulla carta, proprietà anti-radicali liberi.<br />

5. 2 Il BAP test<br />

5. 2. 1 Presupposti scientifici e principio<br />

L’insieme delle sostanze presenti nel plasma<br />

contribuisce, come si è detto a proposito dell’OXY-<br />

Adsorbent test, alla costituzione della cosiddetta<br />

barriera antiossidante plasmatica. Il potere<br />

(antiossidante) di quest’ultima può essere valutato<br />

saggiandone, non solo la capacità di opporsi<br />

all’ossidazione da parte di un predeterminato<br />

agente ossidante (l’acido ipocloroso, nell’OXY-<br />

Adsorbent test), ma anche, più semplicemente, di<br />

ridurre un derminato substrato, ossidante,<br />

adeguatamente prescelto sulla base del suo<br />

potenziale redox.<br />

In ultima analisi, infatti, la cosiddetta attività<br />

antiossidante altro non è, in termini rigorosamente<br />

chimici, che un’attività riducente, cioè<br />

idrogeno/elettron-donatrice.<br />

Se la riduzione del substrato ossidante<br />

(“sensore”) viene fatta avvenire in presenza di un<br />

agente (“cromogeno”) – in grado di modificare le<br />

sue caratteristiche cromatiche (es. cambiando<br />

colore o decolorandosi) – nel momento in cui tutto<br />

il sistema è completo, mettendo a contatto<br />

un’aliquota di plasma con il substrato ossidante e il<br />

cromogeno, sarà anche possibile, per via<br />

fotometrica, con opportuni filtri, “leggere” il segnale<br />

indotto dall’avvenuta riduzione e, in definitiva,<br />

quantificare l’attività antiossidante presente nel<br />

campione di plasma analizzato in termini di attività<br />

riducente (rispetto a quel determinato substrato<br />

utilizzato come ossidante-sensore).<br />

Nel BAP (Biological Antioxidant Potential)<br />

l’agente ossidante – utilizzato come “sensore” – è il<br />

cloruro ferrico (FeCl3) e, quindi, il “potere”<br />

antiossidante, ovvero riducente, del plasma, viene<br />

valutato misurando la capacità del campione in<br />

esame di ridurre il ferro di una soluzione di cloruro<br />

ferrico da ione ferrico (Fe 3+ ) a ione ferroso (Fe 2+ ).<br />

I risultati del test sono espressi come μmoli di<br />

ferro ridotto per L di campione.<br />

Le variazioni di assorbanza sono lineari in un<br />

ampio range di concentrazione, come documentato<br />

da prove eseguite non solo su plasma, ma anche<br />

su soluzioni contenenti uno o più antiossidanti in<br />

forma pura (es. trolox, α−tocoferolo, ascorbato,<br />

acido urico ecc.). Inoltre, non è stata segnalata<br />

alcuna interazione apparente fra antiossidanti.<br />

Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

43<br />

Nel BAP test il “cromogeno” impiegato è il<br />

tiocianato, una sostanza in grado di legarsi agli ioni<br />

ferrici formando un complesso colorato che<br />

assorbe a 505 nm. Nel momento in cui tali ioni<br />

ferrici sono ridotti a ioni ferrosi il suddetto<br />

complesso si decolora. Dopo una breve<br />

incubazione a 37°C, l’entità della decolorazione –<br />

misurata in termini di A505 rispetto ad uno standard<br />

a titolo noto, un siero di controllo, aggiustando lo<br />

zero con acqua distillata – sarà direttamente<br />

proporzionale alla concentrazione degli ioni ferrosi,<br />

ovvero alla capacità ferrico-riducente degli<br />

antiossidanti presenti nel campione, che può<br />

essere assunta, in definitiva, come una misura del<br />

“potere antiossidante” del plasma testato.<br />

5. 2. 2 Composizione del kit<br />

Il tipico kit del BAP test contiene, di base, una<br />

soluzione di tiocianato (reagente R1), una soluzione<br />

di cloruro ferrico, FeCl3 (reagente R 2 ) ed un<br />

calibratore (siero umano liofilizzato) (tabella 5. 3).<br />

Tabella 5. 3 Composizione del kit del BAP test<br />

Reagente R1<br />

Reagente R2<br />

Reagenti*<br />

Soluzione di tiocianato<br />

Soluzione di cloruro ferrico (FeCl3)<br />

Calibratore Siero umano liofilizzato a titolo noto<br />

Confezioni disponibili<br />

MC 436 MC 437<br />

Reagente R1 1 x 50 mL 2 x 50 mL<br />

Reagente R2 1 x 2.5 mL 1 x 5.0 mL<br />

Calibratore 1 x 2 mL 1 x 2 mL<br />

*Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla<br />

data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al<br />

contatto diretto con la luce solare.<br />

Il BAP test può essere eseguito sia con un<br />

normale fotometro che con una strumentazione<br />

dedicata, quale il sistema FREE (e, a breve, il<br />

sistema FRAS).<br />

In ogni caso, per calibrare l’apparecchiatura<br />

analitica è disponibile, nella confezione, un siero di<br />

controllo liofilo a matrice umana.<br />

5. 2. 3 Condizioni di lavoro<br />

Il BAP test può essere eseguito su siero o<br />

plasma fresco eparinizzato nelle seguenti<br />

condizioni di lavoro: lunghezza d’onda 505 nm,<br />

cammino ottico 1 cm, temperatura 37°C.<br />

L’analisi è eseguita con la modalità<br />

differenziale.<br />

5. 2. 4 Procedura analitica<br />

Prima di procedere all’esecuzione del test<br />

bisogna preparare il calibratore, fornito nel kit sotto<br />

forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto,<br />

indicato sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere 2 mL<br />

di acqua distillata al liofilizzato e mescolare la<br />

soluzione così ottenuta con delicatezza, avendo<br />

cura di attenersi alle indicazioni di carattere


generale descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4<br />

a proposito del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di<br />

lavoro, si preparano tre soluzioni: il bianco<br />

reagente, il campione ed il calibratore, secondo la<br />

procedura indicata nella seguente tabella:<br />

Tabella 5. 4 Procedura analitica del BAP test<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 1 mL 1 mL 1 mL<br />

Reagente R2 50 μL 50 μL 50 μL<br />

H2O distillata 10 μL − −<br />

Campione − 10 μL −<br />

Calibratore − − 10 μL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate<br />

delicatamente e lasciate ad incubare a 37°C per 5<br />

minuti. Terminata l’incubazione, esse vanno<br />

sottoposte a lettura fotometrica, misurando<br />

l’assorbanza a 505 nm, dopo aver azzerato con<br />

acqua distillata.<br />

L’attività antiossidante ferro-riducente del<br />

plasma viene espressa come μmoli di ferro ferrico<br />

ridotto per L di campione, secondo la formula:<br />

[Abs bianco reagente Abs campione]<br />

[Abs bianco reagente Abs calibratore]<br />

Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

x [calibratore]<br />

dove:<br />

- ABS è l’assorbanza misurata a 505 nm<br />

- [calibratore] è la concentrazione del calibratore<br />

espressa in μmoli/L.<br />

5. 2. 5 Interpretazione dei risultati<br />

Il range stimato del BAP test negli individui<br />

normali è 2200–4000 μmoli/L. E’ buona prassi,<br />

comunque, che ogni laboratorio determini<br />

l’ampiezza di oscillazione della variabilità biologica<br />

eseguendo un congruo numero di test su soggetti<br />

normali. In ogni caso, una riduzione dei valori del<br />

test al di sotto dell’intervallo indicato appare<br />

direttamente correlata con una ridotta efficienza<br />

della barriera antiossidante plasmatica.<br />

Valori di Riferimento<br />

espressi in μmol/L di sostanze antiossidanti come la Vitamina C<br />

> 2200 VALORE OTTIMALE<br />

2200 - 2000 VALORE DI ATTENZIONE O BORDER LINE<br />

2000−1800 STATO DI DISCRETA CARENZA<br />

1800-1600 STATO DI CARENZA<br />

1600-1400 STATO DI FORTE CARENZA<br />

< 1400 STATO DI FORTISSIMA CARENZA<br />

5. 3 -SHp test<br />

5. 3. 1 Principio<br />

44<br />

I tioli rappresentano una componente<br />

qualitativamente significativa della barriera<br />

antiossidante plasmatica (figura 5. 6).<br />

-SH Altri gruppi chimici<br />

Figura 5. 6 Rappresentazione schematica della barriera<br />

antiossidante plasmatica<br />

Infatti, i gruppi sulfidrilici delle molecole dei<br />

componenti plasmatici (quali, ad esempio, le<br />

proteine, P-SH) possono opporsi alla fase di<br />

propagazione dei processi perossidativi inattivando<br />

i radicali sia alcossilici (RO*) che idrossilici (HO*),<br />

rispettivamente, secondo le reazioni:<br />

2 P-SH + 2 RO* à 2 PS* + 2 ROH à P-S-S-P + 2 ROH<br />

2 P-SH + 2 HO* à 2 PS* + 2 H2O à P-S-S-P + 2 H2O<br />

In pratica, considerando l’evento dal punto di<br />

vista stechiometrico, una coppia di gruppi tiolici può<br />

ossidare una coppia di radicali alcossililici (RO*) o<br />

idrossilici (*OH), cedendo ad essa due elettroni<br />

(sotto forma di due atomi di idrogeno). In questo<br />

modo ambedue i tipi di radicali vengono inattivati: i<br />

radicali alcossilici sono rilasciati come molecole di<br />

alcool mentre i radicali idrossilici diventano innocue<br />

molecole d’acqua. I gruppi tiolici ormai ossidati,<br />

invece, reagiscono tra loro, generando ponti<br />

disolfuro.<br />

Va ricordato, in tale contesto, che i gruppi<br />

sulfidrilici ossidandosi contrastano l’attacco di<br />

alcuni radicali liberi istolesivi, ma, quando si<br />

formano nel contesto di molecole proteiche,<br />

possono avere conseguenze indesiderate. Per<br />

esempio la formazione di un ponte disolfuro fra i<br />

residui di cisteina di due diverse proteine può<br />

portare ad una sorta di “polimerizzazione”. Se il<br />

ponte disolfuro, invece, si crea nell’ambito della<br />

stessa catena, la proteina può modificare<br />

stabilmente la sua conformazione. In ambedue i<br />

casi è possibile che le proteine coinvolte nella<br />

formazione di legami –S–S– subiscano<br />

un’alterazione delle proprie capacità funzionali.


L’ –SHp test si basa sulla capacità dei gruppi<br />

–SH di sviluppare un complesso colorato<br />

determinabile fotometricamente (picco di massima<br />

assorbanza, 405 nm) quando reagiscono con<br />

l’acido 5,5-ditiobis-2-nitrobenzoico (DTNB). Il<br />

“titolo” di tioli è direttamente proporzionale<br />

all’intensità del colore rilevato strumentalmente.<br />

Il test ha mostrato un grado accettabile di<br />

imprecisione analitica. Infatti, il CV intraserie su 20<br />

aliquote di siero fresco è stato pari a 1.7%, quello<br />

interserie su 20 aliquote di siero congelato 3.3%.<br />

5. 3. 2 Composizione del kit<br />

Un tipico kit di –SHp test contiene, di base, una<br />

soluzione tampone (reagente R1), una miscela<br />

cromogena (DTNB, reagente R2) e un calibratore<br />

(L-cisteina in polvere predosata, reagente R3)<br />

(tabella 5. 5).<br />

Tabella 5. 5 Composizione del kit dell’ –SHp test kit<br />

Reagenti*<br />

Reagente R1 Soluzione tampone (pH 7.6)<br />

Reagente R2<br />

Miscela cromogena**<br />

Reagente R3<br />

L-cisteina***<br />

Confezioni disponibili<br />

MC MC<br />

Reagente R1 1 x 50 mL 4 x 50 mL<br />

Reagente R2 1 x 1 mL 1 x 4 mL<br />

Reagente R3 1 x 1 mL 1 x 1 mL<br />

*Conservare a 2-8°C. Tutti i reagenti restano stabili fino alla<br />

data di scadenza riportata sulla confezione se non esposti al<br />

contatto diretto con la luce solare.**DTNB. ***Polvere<br />

predosata per la preparazione dello standard.<br />

L’analisi può essere effettuata sia con una<br />

strumentazione dedicata, quale il sistema FREE,<br />

sia con un normale fotometro.<br />

5. 3. 3 Condizioni di lavoro<br />

L’ –SHp test va eseguito su siero o plasma<br />

freschi nelle seguenti condizioni di lavoro:<br />

lunghezza d’onda 405 nm, cammino ottico 1 cm,<br />

temperatura ambiente. Si può eseguire l’analisi<br />

solo con la modalità end point.<br />

5. 3. 4 Procedura analitica<br />

Prima di procedere all’esecuzione del test<br />

bisogna preparare anzitutto lo standard, fornito<br />

opzionalmente col kit sotto forma di siero liofilo a<br />

matrice umana a titolo noto, indicato sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere al<br />

liofilizzato il volume di acqua distillata previsto<br />

(indicato dal produttore) e mescolare la soluzione<br />

così ottenuta con delicatezza, avendo cura di<br />

attenersi alle indicazioni di carattere generale<br />

descritte in dettaglio nel paragrafo 4. 1. 4 a<br />

proposito del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di<br />

lavoro, si prepara, quindi, la soluzione del<br />

calibratore per i gruppi tiolici (L-cisteina). In pratica<br />

si scioglie la L-cisteina in polvere (R3) in 25 mL di<br />

acqua distillata e si prepara da essa, per diluizione,<br />

una soluzione 496 mM di gruppi tiolici. Tale<br />

Capitolo 5. I test di laboratorio per la valutazione dello status antiossidante<br />

45<br />

soluzione è stabile per 2-3 hr e 2-3 giorni, a<br />

temperatura ambiente o +4°C, rispettivamente. A<br />

questo punto avendo pronti lo standard di siero e il<br />

calibratore “chimico”, si preparano cinque<br />

soluzioni, seguendo lo schema riportato nella<br />

seguente tabella:<br />

Tabella 5. 6 Procedura analitica dell’ –SHp test<br />

Bianco<br />

reagente<br />

Bianco<br />

standard<br />

Bianco<br />

campione<br />

Campione Standard<br />

R1 1 mL 1 mL 1 mL 1 mL 1 mL<br />

R2 20 μL – – 20 μL 20 μL<br />

Acqua 50 μL 20 μL 20 μL – –<br />

Standard – 50 μL – – 50 μL<br />

Campione – – 50 μL 50 μL –<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate<br />

delicatamente e lasciate ad incubare a temperatura<br />

ambiente per 3-4 minuti. Terminata l’incubazione,<br />

esse vanno sottoposte a lettura fotometrica,<br />

misurando l’assorbanza a 405 nm.<br />

I risultati del test, ovvero la capacità<br />

antiossidante o titolo tiolico del campione<br />

analizzato, saranno espressi in moli di –SH/L di<br />

campione, secondo la formula:<br />

[Abs campione-(bianco campione + Abs bianco reagente)]<br />

[Abs standard-(Abs bianco standard + Abs bianco reagente)]<br />

x 496<br />

dove: Abs sono i valori di assorbanza a 405 nm<br />

osservate per le soluzioni analizzate.<br />

5. 3. 5 Interpretazione dei risultati<br />

Il range negli individui normali è 450–650<br />

μmoli/L. Una riduzione dei valori del test al di sotto<br />

di questo intervallo si correla direttamente con una<br />

ridotta efficienza della barriera antiossidante tiolica.<br />

5. 3. 6 Studi clinici<br />

Il titolo dei tioli, determinato mediante l’–SHp<br />

test, è risultato più basso rispetto ai controlli nella<br />

sindrome di Down (figura 5. 7), ove, come si è visto<br />

in precedenza, anche l’OXY-Adsorbent fornisce<br />

valori inferiori alla norma, contro il palese<br />

incremento del d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

U CARR<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Controlli<br />

(n=20)<br />

p


700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

800<br />

U CARR<br />

200<br />

100<br />

0<br />

d-<strong>ROMs</strong> test<br />

Controlli<br />

(n=8)<br />

p


Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo<br />

Capitolo 6<br />

La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo<br />

6. 1 Il sistema FREE<br />

Il FREE è un sistema analitico integrato che<br />

consente di eseguire, grazie alle sue particolari<br />

specifiche tecniche, qualsiasi tipo di analisi chimica<br />

basata sul principio della fotometria (nell’ambito<br />

dell’ampio campo spettrale per il quale è<br />

predisposto) (tabella 6. 1).<br />

Tabella 6. 1 Caratteristiche tecniche del sistema FREE<br />

Caratteristiche generali<br />

Dimensioni 30 x 30 x 36 (h) cm<br />

Peso 8 kg<br />

Alimentazione 115 – 230 VAC 50-60Hz<br />

Consumo 83 VA<br />

Fusibile linea<br />

Sistema fotometrico<br />

T 1AL<br />

Sorgente luminosa Lampada alogena a lunga durata (1)<br />

Campo spettrale 320 – 680 nm<br />

Filtri di corredo 340, 405, 505, 546, 578, 630 (2)<br />

Filtri opzionali 2 posizioni per altrettanti filtri opzionali<br />

Vano lettura 1 cuvetta (volume minimo 400 μL)<br />

Cammino ottico 1 cm<br />

Sistema di termostatazione A secco, Peltier riscaldante-raffreddante<br />

Sensibilità termostatazione 0.1 °C<br />

Stabilizzaz. termostatazione Da 25 a 37 °C in 7 min<br />

Fotorivelatore Rivelatore ottico allo stato solido<br />

Campo di misura Da -200 a +2500 OD<br />

Linearità fotometrica Da –0.3000 a 2.9999 O. D. (>1%)<br />

Risoluzione 0.0001 O. D.<br />

Accuratezza fotometrica ±2% a 700 O. D.<br />

Ripetibilità ± 1 digit<br />

Deriva Inferiore a 0.005 in O. D. per ora<br />

Tempo di misura 0.3 secondi<br />

Azzeramento<br />

Blocco termostatico<br />

Automatico<br />

A 9 posti (3)<br />

Programmazione ed elaborazione dati<br />

Tastiera 17 tasti funzionali e 1 tasto per il timer (4)<br />

Software Residente su memoria FLASH (5)<br />

Programmi memorizzabili Fino a 150<br />

Metodiche programmabili Cinetica, end point, fixed time (6)<br />

Tipi di fitting Lineare, punto a punto, cubico<br />

Interfaccia RS 232 a 9 poli per collegamento al PC<br />

Display Alfanumerico a cristalli liquidi (7)<br />

Stampante Grafica, termica, con 192 punti / riga (8)<br />

Presentazione risultati Dati gezzi, calibrazione, cinetiche<br />

Altri dispositivi<br />

Condizioni operative<br />

Autodiagnosi, allarmi per patologie<br />

Temperatura 15-32°C (in funzione) – 0-50°C (spento)<br />

Umidità relativa 20-80 % (in funzione) – 0-90% (spento)<br />

Altitudine < 2000 m (in funzione)<br />

Sicurezza DIRETTIVA 73/23/CEE (9)<br />

Compatibilità elettromagnetica<br />

(1)<br />

Da 20 W<br />

(2)<br />

Con 8 nm di banda passante<br />

DIRETTIVA 89/336/CEE<br />

(3)<br />

Per cuvette quadrate e cilindriche<br />

(4)<br />

12 per inserim. dati alfanum., 2 per comandi stampa, 3 per gest. fotom.<br />

(5)<br />

Aggiornabile mediante porta seriale<br />

(6)<br />

Con Fattore K<br />

(7)<br />

4 righe da 20 caratteri<br />

(8)<br />

Stampa automatica dei risultati<br />

(9)<br />

NORME: CEI-EN 61010-1, CLASSE I; CATEGOR. INSTALLAZIONE II<br />

Il FREE è un sistema “aperto” che riunisce in<br />

una sola unità analitica un fotometro ed un un vano<br />

di termostatazione a secco, ambedue gestiti da un<br />

sistema computerizzato in grado di ricevere,<br />

elaborare ed esportare dati.<br />

47<br />

Le dimensioni abbastanza contenute e la<br />

funzionalità del design rendono il FREE uno<br />

strumento facilmente collocabile in qualsiasi<br />

contesto, dal laboratorio alla farmacia, dallo studio<br />

medico all’ospedale, dal centro benessere alla<br />

clinica.<br />

Il fotometro, alimentato da lampada alogena e<br />

con fotorivelatore allo stato solido, è predisposto<br />

per 8 filtri, 6 dei quali disponibili di default (340,<br />

405, 505, 546, 578 e 630 nm) e due opzionali, in<br />

grado di coprire il campo spettrale compreso fra<br />

320 e 680 nm. Il sistema di termostatazione, del<br />

tipo Peltier, copre l’intero intervallo fra 20 e 45 °C<br />

(con una sensibilità di 0.1 °C e un tempo di<br />

stabilizzazione, da 25 a 37°C, di circa 7 min).<br />

Il vano di termostatazione, a secco, consente<br />

di alloggiare 9 cuvette a base quadrata o cilindrica.<br />

Tutte le funzioni del FREE sono controllate da<br />

un microprocessore con memoria FLASH<br />

(aggiornabile attraverso porta seriale) che<br />

consente di memorizzare fino a 150 programmi. E’<br />

così possibile fissare per ciascuna metodica,<br />

attraverso una tastiera alfanumerica a membrana,<br />

la lunghezza d’onda, la temperatura, la durata<br />

dell’incubazione, il tipo di reazione, l’eventuale K<br />

factor, l’unità di misura, e i valori di normalità.<br />

L’ouput è affidato ad un display a cristalli liquidi,<br />

per le operazioni di programmazione, e ad una<br />

stampante termica, per la stampa dei risultati, delle<br />

curve di calibrazione e delle cinetiche. Una porta<br />

seriale collegabile ad un PC consente non solo<br />

l’aggiornamento del software ma anche<br />

l’esportazione dei dati.<br />

l sistema FREE viene fornito come tale e, su<br />

richiesta del cliente, insieme con una<br />

minicentrifuga (6000 r.p.m.), per la separazione del<br />

siero/plasma, dotata di 6 posizioni, nelle quali<br />

possono essere inserite anche le cuvette destinate<br />

alla lettura fotometrica.<br />

Sono disponibili, inoltre, degli accessori (es.<br />

micropipette), del materiale monouso (es. puntali,<br />

provette), degli standard (es. sieri di controllo) e dei<br />

kit dedicati.<br />

A quest’utimo proposito, il FREE, anzitutto, è<br />

predisposto per l’esecuzione dell’intero pannello di<br />

test per la valutazione globale dello stress<br />

ossidativo, ossia il d-<strong>ROMs</strong> test, l’OXY-adsorbent<br />

test, il BAP test e l’ –SHp test. La sigla FREE,<br />

infatti, sta per Free Radical Elective Evaluator,<br />

ossia valutatore elettivo di radicali liberi. In tal<br />

senso, il FREE è un apparecchio “dedicato”. Esso,<br />

tuttavia, consente di effettuare, mediante apposita<br />

programmazione, anche la maggior parte dei test<br />

laboratoristici di routine e, pertanto, costituisce un<br />

sistema “aperto” (tabella 6. 2).


Tabella 6. 2 <strong>Test</strong> eseguibili con il sistema FREE<br />

Scopo Matrice Esempi<br />

Valutare stress Plasma d-<strong>ROMs</strong> test, OXY-adsorbent test<br />

ossidativo o siero<br />

BAP test, −SHp test<br />

Sangue intero Ematrocrito, emoglobina<br />

Acido urico, albumina, α−amilasi,<br />

bilirubina (diretta e totale), calcio,<br />

creatina chinasi, cloruri,<br />

colesterolo (totale, libero,<br />

Chimica clinica<br />

di routine<br />

Plasma o siero<br />

HDL), creatinina, ferro, fosfatasi<br />

alcalina, fosforo inorganico,<br />

fruttosammina, γ−GT, glucosio,<br />

GPT(AST), GPT (ALT), lipasi,<br />

magnesio, potassio, proteine<br />

totali, trigliceridi, urea<br />

Urina Acido citrico, indolo, proteine<br />

Liquido seminale Acido citrico<br />

Ideale per approfondire le problematiche<br />

diagnostiche dello stress ossidativo, il FREE è un<br />

sistema progettato specificamente per i ricercatori<br />

e per gli operatori dei laboratori di analisi. Tuttavia,<br />

la straordinaria semplicità d’uso, unitamente<br />

all’estrema flessibilità, rende questo apparecchio<br />

utilizzabile, con un minimo di esperienza, in<br />

qualsiasi contesto diagnostico (studi medici,<br />

cliniche, ospedali, farmacie, centri benessere,<br />

palestre, ecc.), con il duplice vantaggio per il<br />

paziente di poter ottenere il risultato dei test<br />

effettuati su di lui in tempo reale, senza il disagio di<br />

doversi rivolgere ad un laboratorio di analisi<br />

esterno. Il FREE, infine, consente di eseguire test a<br />

costi bassissimi insieme ad un preciso controllo di<br />

qualità.<br />

6. 2 Il sistema FRAS<br />

Il FRAS (release 3) è un sistema analitico<br />

integrato costituito da un fotometro dedicato con<br />

centrifuga incorporata progettato per consentire<br />

esclusivamente l’esecuzione del d-<strong>ROMs</strong> test su<br />

sangue intero, ottenuto generalmente mediante<br />

prelievo di sangue capillare. Esso, pertanto, viene<br />

fornito insieme al kit del d-ROMS test che ne<br />

costituisce parte integrante.<br />

La sigla FRAS sta per Free Radical Analytical<br />

System, ossia sistema per l’analisi dei radicali<br />

liberi.<br />

L’aspetto tecnologico maggiormente innovativo<br />

del FRAS 3 è l'integrazione della centrifuga nel<br />

modulo analitico, che consente all’operatore di<br />

disporre di un unico strumento in grado di svolgere<br />

sia le funzioni di fotometro che quelle di centrifuga.<br />

Benché la procedura del d-<strong>ROMs</strong> test sia<br />

abbastanza semplice, FRAS 3 dispone di un<br />

display autoistruente che fornisce, oltre alle<br />

temperature del fotometro e della centrifuga, anche<br />

i messaggi operativi (in varie lingue). Ciò è<br />

possibile grazie al particolare software che gestisce<br />

la strumentazione e che può essere aggiornato<br />

attraverso il collegamento con un normale PC.<br />

Particolarmente interessante è la gestione<br />

dell’output. Infatti, FRAS 3 consente, grazie alla<br />

sua piccola stampante, l’emissione di uno scontrino<br />

con intestazione personalizzabile e,<br />

Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo<br />

48<br />

opzionalmente, grazie ad una porta seriale<br />

(RS232), l’archiviazione dei dati in un normale PC.<br />

FRAS 3, infine, dispone di un sistema di<br />

sicurezza, che blocca la centrifuga al momento<br />

dell’apertura dello sportello, e può essere collegato<br />

a qualsiasi tipo di alimentazione di rete (tabella 6.<br />

3).<br />

Tabella 6. 3 Caratteristiche tecniche del FRAS 3<br />

Caratteristiche generali<br />

Dimensioni 39 x 26 x 12 cm<br />

Peso Circa 3,9 kg<br />

Alimentazione 85 ÷ 265 VAC, 50 ÷ 60 Hz<br />

Consumo 50 W<br />

Sistema fotometrico<br />

Lampada Focalizzata a lunga durata<br />

Campo spettrale 505 nm ottenuti con filtro interferenziale (1)<br />

Principio di misura Assorbanza. Legge di Lambert e Beer.<br />

Vano lettura 37°C con temperatura visualizzata sul display<br />

Centrifuga<br />

Velocità di rotazione 6000 rpm ± 5%<br />

Capacità 2 – 4 posti<br />

Temperatura 37°C visualizzata in tempo reale sul display<br />

Software<br />

Programma Residente su memoria FLASH (4)<br />

Interfaccia RS 232 a 9 poli per collegamento al PC<br />

Display<br />

LCD alfanumerico retroilluminato (3)<br />

Stampante<br />

Tipologia Grafica, termica, con 192 dots per linea<br />

Emissione risultato Stampa automatica del risultato (2)<br />

Autodiagnosi<br />

Automatica con visualizzazione degli errori<br />

Condizioni di esercizio<br />

Temperatura Ambiente, 15 ÷ 35°C<br />

Umidità relativa Fino ad un massimo del 90%<br />

Sicurezza DIRETTIVA 73/23/CEE (5)<br />

Compat. elettromag. DIRETTIVA 89/336/CEE<br />

(1)<br />

Con 8 nm di larghezza di banda<br />

(2)<br />

Con possibilità di personalizzare l'intestazione e ripetere la stampa<br />

(3)<br />

Con 4 righe da 20 caratteri<br />

(4)<br />

Aggiornabile con collegamento seriale a PC<br />

(5)<br />

NORME: CEI-EN 61010-1, CLASSE I; CATEGOR. INSTALLAZIONE II<br />

Il kit del d-ROMS test per il FRAS 3 è fornito in<br />

una pratica confezione da 50 test (tabella 6. 4).<br />

Tabella 6. 4 Il kit del d-<strong>ROMs</strong> test dedicato per il FRAS 3<br />

Componente Descrizione Confezione Conservazione<br />

Lancetta Dispositivo per digito- 2 x 25 pezzi Temperatura<br />

pungidito puntura a scatto, sterile,<br />

monouso<br />

ambiente<br />

Capillare Sottilissimo cilindro di 1 x 50 pezzi Temperatura<br />

vetro della capacità di 20<br />

μL per la raccolta del<br />

sangue capillare<br />

ambiente<br />

Reagente R1 Miscela cromogena in 1 flacone da 1 2-8 °C, al riparo<br />

contenitore con mL dalla luce diretta*<br />

Reagente R2<br />

dispensatore a gocce<br />

Soluzione tampone (pH 2 x 25 pezzi 15-25°C, al riparo<br />

4.8) contenente<br />

dalla luce diretta*<br />

stabilizzanti e conservanti<br />

in miniprovetta<br />

predosata, tipo “Eppendorf”<br />

(contenitore di<br />

forma conica con tappo<br />

integrato, incolore,<br />

monodose, monouso)<br />

Cuvetta Cuvetta in polietilene 2 x 25 pezzi Temperatura<br />

tappabile, prismatica, di<br />

dimensioni alla base di<br />

1.0 x 1.0 cm<br />

ambiente<br />

Tappo per Tappo a vite cilindrico 1 x 50 pezzi Temperatura<br />

cuvetta<br />

grigio<br />

ambiente<br />

Siero di controllo Siero liofilo a matrice 1 flacone da 2-8 °C, al riparo<br />

(opzionale) umana<br />

ricostituire con<br />

1 mL di acqua<br />

distillata<br />

dalla luce diretta*<br />

*In tali condizioni i reattivi sono stabili sino alla data di scadenza<br />

indicata sulla confezione


La procedura analitica è molto semplice. Una<br />

goccia di sangue, prelevata per digitopuntura, è<br />

raccolta in un piccolo capillare e, insieme a questo<br />

tubicino, immersa in una provetta contenente una<br />

soluzione tampone lievemente acida. Il campione,<br />

dopo una delicata agitazione, è trasferito in<br />

cuvetta, ove viene aggiunta una goccia di reattivo<br />

cromogeno. La nuova soluzione è, quindi,<br />

sottoposta a centrifugazione e, infine, alla lettura<br />

fotometrica.<br />

In questa procedura, il sangue raccolto nel<br />

capillare viene messo a contatto con la soluzione<br />

tampone lievemente acida per consentire il rilascio<br />

del ferro dalle proteine plasmatiche. Una volta<br />

libero, questo metallo di transizione, analogamente<br />

a quanto accade in vivo in condizioni di acidosi,<br />

catalizza in vitro la trasformazione degli<br />

idroperossidi contenuti nel campione in radicali<br />

alcossili e perossili.<br />

Capitolo 6. La strumentazione dedicata nella valutazione dello stress ossidativo<br />

49<br />

Quando viene aggiunta la soluzione di<br />

cromogeno, la N,N-dietil-parafenilendiammina in<br />

essa disciolta reagisce con i radicali generati in<br />

vitro radicalizzandosi a sua volta ed assumendo un<br />

colore rosato. Si versa il contenuto della provettina<br />

nella cuvetta di lettura. La successiva breve<br />

centrifugazione consente la sedimentazione della<br />

parte corpuscolata del sangue.<br />

Si pone, quindi, la cuvetta nel vano di lettura; il<br />

fotometro potrà trasformare l’intensità del colore<br />

(che è proporzionale alla quantità di radicali e,<br />

quindi, di idroperossidi presenti inizialmente nel<br />

campione) in unità di concentrazione (U CARR), a<br />

cui possono corrispondere determinati livelli di<br />

stress ossidativo.<br />

FRAS 3 un sistema progettato specificamente<br />

per il medico, sia di base che specialista, e per il<br />

farmacista.


Il punto di partenza nella valutazione di<br />

laboratorio dello stress ossidativo è l’esecuzione<br />

del d-<strong>ROMs</strong> test attraverso la strumentazione<br />

dedicata (sistemi FREE e FRAS) o quella al<br />

momento disponibile (comune fotometro o<br />

analizzatore multiplo).<br />

Il d-<strong>ROMs</strong> test andrebbe effettuato in<br />

condizioni di buona salute o “basali” perché,<br />

valutando anche lo stato metabolico<br />

dell’organismo, fornisce risultati che sono<br />

influenzati dallo stile di vita.<br />

Ognuno dovrebbe conoscere tale valore di<br />

riferimento, specifico di ogni individuo e rientrante<br />

nell’ambito della variabilità documentata nella<br />

popolazione generale.<br />

Ad esso bisogna rapportarsi per ogni controllo<br />

che si rendesse necessario in futuro, in relazione a<br />

situazioni fisiologiche (es. attività fisica),<br />

parafisiologiche (es. gravidanza) o francamente<br />

patologiche (es. infarto) ovvero in rapporto a<br />

specifici interventi terapeutici (es. chemioterapici,<br />

cortisonici, contraccettivi orali ecc.).<br />

In ogni caso, i risultati del d-<strong>ROMs</strong> test, che<br />

valuta il livello degli idroperossidi, testimoni e<br />

indicatori dello stress ossidativo, devono essere<br />

inquadrati dal medico nella situazione clinica del<br />

singolo paziente.<br />

Sulla base dei risultati dei numerosi studi finora<br />

pubblicati in materia, è oggi possibile tracciare una<br />

serie di linee-guida orientative per una corretta<br />

interpretazione e, quindi, gestione dei risultati del<br />

d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Di fronte a valori inferiori a 250 U CARR,<br />

definiti come normali, bisogna interrogarsi se la<br />

procedura è stata eseguita in maniera corretta o<br />

meno.<br />

A tal proposito vi sono alcuni errori da evitare<br />

in fase analitica.<br />

Essi riguardano le modalità del prelievo e di<br />

disinfezione della cute, il tipo di anticoagulante<br />

eventualmente usato, l’emolisi del campione, le<br />

modalità di conservazione dei reagenti, ecc<br />

(tabella 7. 1).<br />

Capitolo 7<br />

Considerazioni conclusive e linee-guida<br />

50<br />

Capitolo 7. Considerazioni conclusive e linee-guida<br />

Tabella 7. 1 d-<strong>ROMs</strong> test: errori da evitare<br />

Fase critica Accorgimento<br />

Usare solo alcool etilico, perché<br />

Disinfezione della superficie<br />

queste sostanze interferiscono<br />

cutanea con sali di alchilammonio<br />

con i risultati del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

o derivati ossidanti del cloro<br />

(sottostima)<br />

Evitare qualsiasi trauma, perché<br />

Prelievo ematico l’emolisi interferisce con i risultati<br />

del d-<strong>ROMs</strong> test (sottostima)<br />

Usare solo eparina se necessario<br />

Impiego di coagulanti<br />

perché EDTA e CITRATO<br />

della classe dei chelanti<br />

interferiscono con i risultati del d-<br />

(EDTA o CITRATO)<br />

<strong>ROMs</strong> test (sottostima)<br />

Conservare il reagente R1 a 2-8<br />

°C e tenerlo lontano dal contatto<br />

Modalità di conservazione<br />

diretto con le radiazioni solari. In<br />

della soluzione di cromogeno<br />

tali condizioni esso rimane stabile<br />

(reagente R1)<br />

fino alla data di scadenza riportata<br />

sulla confezione.<br />

Se non è possibile effettuare<br />

l’analisi subito dopo il prelievo,<br />

Modalità di conservazione conservare il siero a +4° C o a –<br />

del prelievo<br />

20 °C ed eseguire il test entro<br />

l’intervallo prestabilito per queste<br />

temperature<br />

Se la procedura è corretta, l’anamnesi e<br />

l’esame obiettivo dovranno chiarire se il soggetto è<br />

affetto da una patologia o segue regimi terapeutici<br />

particolari, che possono “mascherare” il livello reale<br />

di idroperossidi. Per esempio, il trattamento con<br />

cortisonici, talvolta anche ad uso topico, riduce<br />

considerevolmente il livello di idroperossidi<br />

falsando il risultato reale del d-<strong>ROMs</strong> test In tutti<br />

questi casi è opportuno ripetere il test dopo un<br />

congruo intervallo di tempo, dopo aver messo in<br />

atto gli interventi diagnostici e terapeutici del<br />

singolo caso. In aggiunta a quanto esposto, va<br />

ricordato che gli stati cachettici in genere si<br />

accompagnano a valori bassissimi del d-<strong>ROMs</strong> test<br />

a causa del rallentamento di tutti i processi<br />

metabolici (figura 7. 1).<br />

Procedura errata<br />

Emolisi<br />

Chelanti<br />

Ripetere il test<br />

immediatamente<br />

Assenza str.<br />

ossidativo<br />

< 250 U CARR (valori normali)<br />

Non evidenza di patologia in atto<br />

Monitorare<br />

lo stile di vita<br />

Ripetere il test<br />

dopo 6 mesi<br />

Controllare la procedura<br />

Razza orientale<br />

(?)<br />

Procedura corretta<br />

Anamnesi ed esame obiettivo<br />

Condizione<br />

di atleta<br />

Controllare<br />

regime<br />

allenamento<br />

Abuso di<br />

antiossidanti<br />

Controllare<br />

regime terapia<br />

Ripetere il test<br />

dopo 4 mesi<br />

Possibile<br />

patologia<br />

Evidenza<br />

patologia<br />

Ulteriori<br />

indagini<br />

Eventuale<br />

terapia<br />

specifica<br />

Figura 7. 1 d-<strong>ROMs</strong> test: linee guida 1<br />

(valori


normale del d-<strong>ROMs</strong> test è in genere sufficiente<br />

per escludere una condizione di stress ossidativo<br />

in atto, fermo restando che avere un valore del d-<br />

<strong>ROMs</strong> test “nella norma” non esclude l’esistenza<br />

di patologie in atto ma indica solo la presenza di un<br />

livello sierico di idroperossidi che rientra nella<br />

media rilevata nella popolazione clinicamente<br />

asintomatica ed apparentemente sana.<br />

Poiché è importante che tale valore resti<br />

normale nel tempo, il medico suggerirà il<br />

mantenimento o l’adozione di stili salutari di vita,<br />

consiglierà regimi idonei di allenamento se si<br />

svolge attività sportiva e inviterà il paziente a<br />

ripetere il test dopo 6-8 mesi.<br />

Se, tuttavia, il paziente nel corso di precedenti<br />

determinazioni aveva in passato valori<br />

significativamente inferiori a quello rilevato al<br />

momento (es. un valore attuale di 290 U CARR<br />

contro un valore pregresso di 210 U CARR), è<br />

possibile che sia intervenuta una condizione di<br />

stress ossidativo e, dunque, è da sospettarsi una<br />

patologia in atto che, se confermata, richiederà gli<br />

interventi diagnostici e terapeutici indicati e la<br />

ripetizione del test dopo 3 mesi (in funzione della<br />

malattia e della terapia intrapresa) (figura 7. 2).<br />

Non evidenza<br />

patologia in atto<br />

Non evidenza<br />

stress ossidativo<br />

Monitorare<br />

stile di vita<br />

Ripetere<br />

il test<br />

dopo 6-8 mesi<br />

250-300 U CARR (valori normali)<br />

Anamnesi ed esame obiettivo<br />

Precedente valore<br />


Gravidanza<br />

avanzata<br />

Monitorare<br />

gestazione<br />

Interventi<br />

specifici<br />

Integrazione<br />

antiossidante<br />

Ripetere il test<br />

ogni 10 giorni<br />

>400 U CARR (stress ossidativo elevato-elev.mo)<br />

Pillola<br />

anticoncez.<br />

Anamnesi ed esame obiettivo<br />

Terapia<br />

in atto<br />

Chemioterapia<br />

Radio-terapia Mal. cardiovascolari<br />

Eventuali<br />

interventi specifici<br />

Integrazione<br />

antiossidante<br />

Ripetere il test<br />

dopo 30 giorni<br />

Patologia<br />

in atto<br />

Malattia<br />

disreattiva<br />

Ulteriori indagini<br />

con valutazione dello status antiossidante<br />

Figura 7. 5 d-<strong>ROMs</strong> test: linee guida 5<br />

(valori >400 U CARR)<br />

Malattia de-<br />

generativa<br />

Nel caso in cui, dopo la terapia antiossidante<br />

non si registrasse un abbassamento del valore dei<br />

radicali liberi, sarà utile fare le seguenti<br />

considerazioni:<br />

1. La terapia non è stata efficace (ad es. per una<br />

bassa concentrazione plasmatica degli<br />

antiossidanti)<br />

52<br />

Capitolo 7. Considerazioni conclusive e linee-guida<br />

2. E' intervenuto un fenomeno di proossidazione<br />

durante la terapia (ad es. causa di un<br />

iperdosaggio di antiossidanti)<br />

3. E' stata attivata un'altra fonte di idroperossidi (ad<br />

es. per una infiammazione del cavo orale, o per<br />

intensi esercizi fisici, etc.) durante la terapia<br />

4. L'operatore ha commesso un errore durante il<br />

rilevamento dello stress ossidativo<br />

Pertanto, per avere una risposta corretta,<br />

occorre sapere:<br />

1. Si è sicuri che il paziente non abbia in corso<br />

qualche malattia?<br />

2. Si è sicuri che il paziente durante la terapia non<br />

sia andato incontro a patologie intercorrenti?<br />

3. Quale è l'esatta composizione del cocktail<br />

antiossidante usato?<br />

4. Quale è la concentrazione plasmatica della<br />

Vitamina C e della Vitamina E nel paziente?<br />

5. E' disponibile un controllo, vale a dire i risultati<br />

ottenuti su una persona con la stessa malattia<br />

trattata con il medesimo cocktail di<br />

antiossidanti?<br />

La risposta a questi quesiti può fornire la<br />

soluzione del caso esaminato.


Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

53<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

Tutti i lavori scientifici selezionati nel capito 8 del presente volume sono disponibili sotto forma di abstract.<br />

Della maggior parte di essi, previo il consenso degli Autori, sono disponibili anche le versioni originali.<br />

Per maggiori informazioni contattare il direttore scientifico,<br />

dott. Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD, ai seguenti recapiti:<br />

DIACRON International s. r. l.<br />

58 100 Grosseto, via Zircone 8 – Italia<br />

Phone 0039 0564 467 922 – FAX 0039 0564 467 684<br />

e–mail: eugenioluigi.iorio@diacron.com – web site www.diacron.com<br />

1. Akkus I, Can UG, Caglayan O, Gurbilek M,<br />

Kalak S, Bor MA, Dikici I Lipid peroxidation<br />

and antioxidant status in serum,<br />

erythrocytes and leucocytes of children with<br />

insulin-dependent Diabetes Mellitus.<br />

Proceedings of the 16 th International<br />

Congress of Clinical Chemistry, London,<br />

UK. 1996.<br />

2. Alberti A Report of a EPR experiment on<br />

Diacron’s kit [original title “Esperimento EPR<br />

sul kit Diacron”]. I.Co.C.E.A. – National<br />

Council of Research. Research Area.<br />

Bologna, Italy. 1997. EXPERIMENTAL<br />

REPORT.<br />

3. Alberti A The d-<strong>ROMs</strong> test. Model and<br />

chemical basis [original title “Il d-<strong>ROMs</strong> test.<br />

Modello e basi chimiche”]. I.Co.C.E.A. –<br />

National Council of Research. Research<br />

Area. Bologna, Italy. 1997. 1997.<br />

EXPERIMENTAL REPORT.<br />

4. Alberti A, Bolognini L, Carratelli M, Della<br />

Bona MA, Macciantelli D Assessing<br />

oxidative stress with the d-<strong>ROMs</strong> test. Some<br />

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the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28<br />

June 1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 82-<br />

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5. Alberti A, Bolognini L, Macciantelli D,<br />

Carratelli M The radical cation of N,Ndiethyl-para-phenylendiamine:<br />

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indicator of oxidative stress in biological<br />

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6. Alberti A, Della Bona MA, Bolognini L,<br />

Carratelli M, Macciantelli D. Assessing<br />

oxidative stress in living organisms by ESR<br />

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1997. P 2.<br />

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Gazzotti RM, Di Lorenzo D Application of<br />

different methods to evaluate oxidative<br />

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Gogo R, Damato S, Patrigni G, Piatti G,<br />

Rampolli C, Rizzato G Optimisation of N-<br />

Acetylcysteine dosage for its mucolytic and<br />

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12. Bamonti F, Novembrino C, Cighetti G,<br />

Annaloro C, Luchesini C, De Franceschi M,<br />

Bortone L, Della Volpe A, Ippolito S,<br />

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liberi in differenti attività sportiva e sue<br />

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18. Campise M, Tarantino A, Bamonti F,<br />

Novembrino C, Ippolito S, Lonati S,<br />

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19. Capunzo M, Iorio EL, Cavallo P Correlation<br />

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title “Correlazione fra stress ossidativo e<br />

livello di lipidi plasmatici: risultati di uno<br />

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20. Carratelli M, Porcaro R, Ruscica M, De<br />

Simone E, Bertelli AAE, Corsi MM Reactive<br />

54<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

Oxygen Metabolites (<strong>ROMs</strong>) and prooxidant<br />

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Alberti A Bioavailability and antioxidant<br />

activity of some food supplements in men<br />

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55<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

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Plasma total antioxidant capacity in<br />

hemodialyzed patients and its relationship to<br />

other biomarkers of oxidative stress and<br />

lipid peroxidation. Clin Chem Lab Med.<br />

2002. 40 (2): 104-110.<br />

41. Giannattasio A, De Chiara M, Basile G,<br />

Peticca M, De Rosa M, Zarrilli S, Metafora<br />

S, Hall L A new method for the assay of<br />

sperm membranes lipoperoxides in normal<br />

and pathological human semen. J<br />

Endocrinol Invest. 1998. 21 (Suppl 7): 187.<br />

42. Giordano N, Battisti E, Geraci S, Santacroce<br />

C, Lucani B, Fortunato M, Mattii G, Gennari<br />

C. Analgesic-antiinflammatory effect of a<br />

100 Hz variable magnetic field in RA. Clin<br />

Exp Rheumatol. 2000. 18 (2): 263.<br />

43. Hiss RM, Sauerwein SH. The effects of<br />

feeding antioxidative supplements on<br />

haptoglobin (Hp) and serum amyloid A<br />

(SAA) serum concentrations in horses.<br />

Report of Biofocus GmbH, Recklinghausen,<br />

Germany and Institute of Physiology,<br />

Biochemistry and Hygiene of Domestic<br />

Animals, Bonn University, Germany. 2002.<br />

EXPERIMENTAL REPORT.<br />

44. Iamele L, Amboni P, Felletti S, Pasinetti G,<br />

Auriema A, Vernocchi A Reference values<br />

of hydroperoxides in the blood serum of


newborns and adults [original title “Valori di<br />

riferimento di idroperossido nel siero di<br />

neonati e adulti”]. Biochimica Clinica. 1997.<br />

21: 7-8.<br />

45. Iamele L, Fiocchi R, Vernocchi A Evaluation<br />

of an automated spectrophotometric assay<br />

for reactive oxygen metabolites in serum.<br />

Clin Chem Lab Med 2002. 40 (7): 673-6.<br />

46. Iamele L, Vernocchi A, Amboni P, Pasinetti<br />

G, Auriema A., Bellan C, Tempra A Normal<br />

values of free radicals in newborns and<br />

comparison with adults. Proceedings of the<br />

12 th IFCC European Congress of Clinical<br />

Chemistry “Medlab ‘97”. Basel, Switzerland.<br />

1997. P 196.<br />

47. Incandela L, Belcaro G, Cesarone MR, De<br />

Sanctis MT, Griffin M, Cacchio M,<br />

Nicolaides AN, Bucci M, Barsotti A, Martines<br />

G, Cornelli U, Di Renzo A Oxygen-free<br />

radical decrease in hypertensive patients<br />

treated with lercanidipine Int Angiol. 2001.<br />

20(2): 136-40.<br />

48. Iorio EL Courses of feeding education in the<br />

schools: eating well – eating sure [original<br />

title “Corsi di educazione alimentare nelle<br />

scuole: mangiare bene – mangiare sicuro”].<br />

Scientific Nutrition Today. 2000. 2: 17.<br />

49. Iorio EL, Carratelli M, Quagliuolo L, Caletti<br />

G Oxidative stress evaluation in athletes<br />

Proceedings of the 2 nd International<br />

Conference on Oxidative <strong>Stress</strong> and Aging.<br />

2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001.<br />

P60.<br />

50. Iorio EL, Carratelli M, Alberti A A simple test<br />

to monitor the oxidative stress by<br />

evaluating total serum hydroperoxides.<br />

Proceedings of the 2 nd International<br />

Conference on Oxidative <strong>Stress</strong> and Aging.<br />

2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001.<br />

P25.<br />

51. Iorio EL, Escalona M, De Prisco R,<br />

Attianese P, Caratelli M. Impairment of<br />

redox balance in obesity. Proceedings of the<br />

10 th Congreso Italo-latinoamericano de<br />

Etnomedicina. 23-28 September 2001. Isla<br />

de Margarita, Venezuela. 2001.<br />

52. Iorio EL, Quagliuolo L, Carratelli M. The d-<br />

<strong>ROMs</strong> test: a method to monitor oxidative<br />

stress in vascular diseases [Original title “d-<br />

<strong>ROMs</strong> test: metodo di monitoraggio dello<br />

stress ossidativo nelle patologie vascolari”].<br />

Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6,<br />

suppl. 1): 143-144.<br />

56<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

53. Ippolito S, Bamonti F, Novembrino C, De<br />

Franceschi M, Massaro P, Cortelezzi A,<br />

Fracchiolla NS, Ciani A, Maiolo AT.<br />

Homocysteine levels and oxidative stress in<br />

myeloprolyferative and myelodysplastic<br />

syndromes. Clin Chem Lab Med. 2001. 39<br />

(Special Supplement): S269.<br />

54. Ippolito S, Bamonti-Catena F, Novembrino<br />

C, Cortellezzi A, Fracchiolla NS, Di Cataldo<br />

D, Guggiari E, Ciani A, Maiolo AT Oxidative<br />

stress in myelodysplastic syndromes.<br />

Biochimica Clinica. 2001. 25: 61.<br />

55. Ippolito S, Caruso R, Novembrino C,<br />

Bamonti-Catena, Della Noce C, Lorenzano<br />

E, Camolo J, Tonini A, Lonati S, Rosina M,<br />

Accinni R Dislipidemia and oxidative stress.<br />

Ital J Biochem. 2002. 51 (3-4): 129.<br />

56. Kusmic C, Petersen C, Picano E, Busceti<br />

C, Parenti G, Laghi Pasini F, Barsacchi R<br />

Antioxidant effect of oral dipyramidole<br />

during cerebral hypoperfusion with human<br />

carotid endarterectomy. Journal of<br />

Cardiovascular Pharmacology. 2000. 36 (2):<br />

141-145.<br />

57. La Torre F, Orlando A, Silipigni A,<br />

Giacobello T, Pergolizzi S, Aragona M<br />

Increase of oxygen free radicals and their<br />

derivatives in chemo- and radiation treated<br />

neoplasm patients [original title “Incremento<br />

dei radicali liberi dell’ossigeno e dei loro<br />

derivati in pazienti neoplastici chemio e<br />

radiotrattati”]. Minerva Medica. 1996. 86: 1-<br />

4.<br />

58. Liotti F, Maselli R, De Prisco R, Iorio EL, De<br />

Seta C, Sannolo N Antioxidant agents in<br />

work environment and professional<br />

bronchopneumopathies [original title “Agenti<br />

antiossidanti in ambiente di lavoro e<br />

broncopneumopatie professionali”].<br />

Proceedings of the Meeting “Giornate<br />

Scientifiche della Facoltà 2000”. 17-19 May<br />

2000. Second University of Naples, Naples,<br />

Italy. 2000. P 555-556.<br />

59. Mariani MM The assessment of oxidative<br />

stress before, during and after EDTA<br />

chelation therapy by means of the d-<strong>ROMs</strong><br />

test [original title “Studio dello stress<br />

ossidativo tramite d-<strong>ROMs</strong> test prima<br />

durante e dopo terapia chelante con<br />

EDTA”]. Minerva Cardioangiologica. 2002.<br />

50 (6, suppl. 1): 138-139.<br />

60. Marzatico. Use of d-<strong>ROMs</strong> test in a pilot<br />

study on the effects of a acute and chronic<br />

transcutaneous administration of ginkgo<br />

biloba [original title “Utilizzo del d-<strong>ROMs</strong> test


in uno studio pilota sugli effetti di una<br />

somministrazione transdermica acuta e<br />

cronica di ginkgo biloba”]. 1999. CLINICAL<br />

REPORT<br />

61. Novembrino C, Bamonti F, Campise MR,<br />

Tarantino A, Ippolito S, Ponticelli C, Maiolo<br />

AT. Homocysteine metabolism and<br />

oxidative stress after kidney transplantation.<br />

Clin Chem Lab Med. 2001. 39 (Special<br />

Supplement): S115.<br />

62. Novembrino C, Bamonti F. Ippolito S,<br />

Lorenzano F, Lonati S, Della Noce C, Tonini<br />

A, Accinni R A new approach to the risk for<br />

cardiovascular diseases [original title<br />

“Nuovo approccio al rischio di patologia<br />

cardiovascolare”]. Biochimica Clinica. 2002.<br />

26 (3): 267.<br />

63. Palumbo R, Bondanini F, Vitaliano E,<br />

Chiaretti B, Galliani M, Tarquini G, Travaglia<br />

S, Paone A, Zepponi E. Hemodialysis and<br />

oxidative stress: reactive oxygen<br />

metabolites determination [original title<br />

“Emodialisi e stress ossidativo:<br />

determinazione dei derivati dei metaboliti<br />

reattivi dell’ossigeno”]. Giornale Italiano di<br />

Nefrologia. 2000. 17 (3, Special Number):<br />

73.<br />

64. Palumbo R, Chiaretti B, Bondanini F,<br />

Vitaliano E, Tarquini G, Galliani M, Di Blasi<br />

S, Paone A. Chronic renal failure, free<br />

radicals, and the oxidant/antioxidant status.<br />

Journal of The American Society of<br />

Nephrology. 2000. 11: 73A.<br />

65. Palumbo R, Chiaretti B, Vitaliano E,<br />

Bondanini F, Galliani M, Tarquini G,<br />

Travaglia S, Di Blasi S, Paone A, Zepponi<br />

E. Oxidative stress and chronic renal failure:<br />

effects of hemodialysis. Proceedings of the<br />

37 th Congress of the European Renal<br />

Association - European Dialysis and<br />

Transplant Association. First combined<br />

congress with European Kidney Research<br />

Association. 17-20 September 2000. Nice,<br />

France. 2000. P 246.<br />

66. Parmigiani S, Gambini L, Massari A,<br />

Pezzani I, Bevilacqua G Evaluation by<br />

micromethod of reactive oxygen metabolites<br />

in the newborn: assessment of normality<br />

standards [original title “Valutazione con<br />

micrometodo dei metaboliti reattivi<br />

dell’ossigeno nel neonato: determinazione<br />

degli standard di normalità”]. Proceedings of<br />

the 7 th National Congress of Italian Society<br />

of Perinatal Medicine “Medicina Perinatale<br />

’98”. 25-28 March, Bari, Italy. 1998. 266-<br />

269.<br />

57<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

67. Parmigiani S, Gambini L, Massari A,<br />

Pezzani I, Payer C, Bevilacqua G.<br />

Evaluation of reactive oxygen metabolites<br />

with micromethod in neonates:<br />

determination of standards of normality in<br />

full-term babies. Acta Biomed Ateneo<br />

Parmense. 1997. 68 (Suppl 1): 103-6.<br />

68. Parmigiani S, Payer C, Massari A, Bussolati<br />

G, Bevilacqua G. Normal values of reactive<br />

oxygen metabolites on the cord-blood of fullterm<br />

infants with a colorimetric method. Acta<br />

Biomed Ateneo Parmense. 2000. 71(1-2):<br />

59-64.<br />

69. Pontiggia P, Silvotti MG, Martano F,<br />

Cuppone Curto F, Rotella GB, Sabato A<br />

The role of whole body hyperthermia in<br />

AIDS patients: effects on the free radicals<br />

level. Med Biol Environm 1995. 23 (2): 279-<br />

282.<br />

70. Rampoldi C. The measurement of<br />

oxidation-reduction phenomenon [original<br />

title “La misura dei fenomeni ossidoriduttivi”]<br />

Giornale Italiano delle Malattie del Torace.<br />

1998. 4: 277-281.<br />

71. Rizzato G Death due to air pollution: role of<br />

oxidative stress and protection of an<br />

antioxidant aerosol [original title “Mortalità<br />

da inquinamento atmosferico: ruolo dello<br />

stress ossidativo e potere tampone di un<br />

aerosol antiossidante”]. Giornale Italiano<br />

delle Malattie Toraciche. 2000. 54 (3): 204-<br />

212.<br />

72. Serra A, Garozzo A, Cocuzza S, D'Amico<br />

VA, Carnevale G, Maiolino L Role of free<br />

radicals and their determination by means of<br />

d-<strong>ROMs</strong> test in Ménière’s diseases [original<br />

title “Ruolo dei radicali liberi e loro<br />

determinazione mediante d-ROMS test nella<br />

malattia di Ménière”]. Progressi in<br />

Audiologia e Vestibologia. 1999. 3: 1-2.<br />

73. Siciliano G, D'Avino C, Del Corona A,<br />

Barsacchi R, Kusmic C, Rocchi A, Pastorini<br />

E, Murri L. Impaired oxidative metabolism<br />

and lipid peroxidation in exercising muscle<br />

from ALS patients. Amyotroph Lateral Scler<br />

Other Motor Neuron Disord. 2002. 3(2): 57-<br />

62.<br />

74. Squitti R, Rossini PM, Cassetta E, Moffa F,<br />

Pasqualetti P, Cortesi M, Colloca A, Rossi<br />

L, Finazzi-Agro A d-penicillamine reduces<br />

serum oxidative stress in Alzheimer’s<br />

disease patients. Eur J Clin Invest 2002. 32<br />

(1) : 51-9.


75. Tanganelli I, Ciccoli L, Tansi R, Borgogni P,<br />

Rossi V, Gistri M, Pettinari O, Signorini C,<br />

Marisi M Markers of oxidative stress in<br />

diabetic patients. Diabetes Research and<br />

Clinical Practice. 2000. 50 (Suppl 1): S1.<br />

76. <strong>Test</strong>a Effects of a vitamin E-modified<br />

membrane (CL-E) on plasma oxidative<br />

stress markers of hemodialyzed patients<br />

[original title “Effetti di un filtro modificato<br />

con vitamina E su alcuni marker plasmatici<br />

di stress ossidativo in pazienti<br />

emodializzati”]. Report of the Hospital of<br />

Cremona. Cremona, Italy. 1999. CLINICAL<br />

REPORT.<br />

77. Trotti R, Carratelli M, Barbieri M.<br />

Performance and clinical application of a<br />

new, fast method for the detection of<br />

hydroperoxides in serum. Panminerva Med<br />

2002. 44 (1): 37-40.<br />

78. Trotti R. Carratelli M, Barbieri M, Micieli G,<br />

Bosone D, Rondanelli P., Bo P Oxidative<br />

stress and thrombophilic condition in<br />

alcoholics without severe liver disease.<br />

2001. Haematologica. 86: 85-91.<br />

79. Usberti M, Bufano G, Lima G, Gazzotti RM,<br />

Tira P, Gerardi GM, Di Lorenzo D.<br />

Increased red blood cell survival reduces<br />

the need of erythropoietin in hemodialyzed<br />

patients treated with exogenous glutathione<br />

and vitamine E-modified membrane. Contrib<br />

Nephrol. 1999. 127: 208-14.<br />

80. Usberti M, Gerardi G, Bufano G, Tira P,<br />

Micheli A, Albertini A, Floridi A, Di Lorenzo<br />

D, Galli F. Effects of erythropoietin and<br />

vitamin E-modified membrane on plasma<br />

58<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

oxidative stress markers and anemia of<br />

hemodialyzed patients. Am J Kidney Dis.<br />

2002. 40(3): 590-9.<br />

81. Vassalle C, Lubrano V, Boni C, L’Abbate A,<br />

Zucchelli GC. Evaluation of oxidative stress<br />

levels in vivo by means of colourmetric and<br />

immunoenzymatic methods [original title<br />

“Valutazione dei livelli di stress ossidativo in<br />

vivo mediante metodo colorimetrico ed<br />

immunoenzimatico”]. Report of National<br />

Council of Research. Institute of Clinic<br />

Physiology, Pisa, Italy. 2001. CLINICAL<br />

REPORT.<br />

82. Verde V, Fogliano V, Ritieni A, Maiani G,<br />

Morisco F, Caporaso N Use of N,Ndimethyl-p-phenylenediamine<br />

to evaluate<br />

the oxidative status of human plasma. Free<br />

Radic Res. 2002. 36 (8): 869-73.<br />

83. Verduri A, Del Donno M, Chetta A, Olivieri D<br />

Free radical of oxygen measurement on<br />

capillary blood in healthy smokers, COPD<br />

patients and control subjects [original title<br />

“Misurazione dei radicali liberi dell’ossigeno<br />

su sangue capillare in fumatori sani, pazienti<br />

BPCO e soggetti di controllo”]. Proceedings<br />

of the Congress “Capitolo Italiano Chest”.<br />

20-22 June 2002. Naples, Italy. 2002.<br />

84. Vitola NM, Paraggio C, De Luna A, Nigro C<br />

Dosing of serum free radicals as possibile<br />

marker of alcohol abuse [original title “Il<br />

dosaggio dei radicali liberi serici quale<br />

possibile marker di abuso alcolico”]. Report<br />

of the Laboratory of Radioimmunology.<br />

Hospital of Battipaglia, Salerno, Italy. 1999.<br />

CLINICAL STUDY. IN PRESS.


8. 2. 1 Studi di validazione e review<br />

Da Vela G, Casini MC, Della Lena R, Gozzi F From<br />

the theoretical research to clinical practice: free<br />

radicals in some pathological situations,<br />

usefulness, limits and perspectives [original title<br />

“Dalla ricerca teorica alla pratica quotidiana: i<br />

radicali liberi in alcune situazioni patologiche,<br />

utilità, limiti e prospettive”]. Etruria Medica. 1995. 2:<br />

29-34.<br />

Franzini A, Luraschi P, Pagani A Direct<br />

measurement of reactive oxygen metabolites in<br />

blood serum: analytical assesment of a novel<br />

method [original title “Misura diretta dei metaboliti<br />

reattivi dell’ossigeno nel siero: valutazione analitica<br />

di un nuovo metodo”]. Biochimica Clinica. 1996.<br />

Suppl. 1/5-6: 89.<br />

Alberti A Report of a EPR experiment on Diacron’s<br />

kit [original title “Esperimento EPR sul kit Diacron”].<br />

I.Co.C.E.A. – National Council of Research.<br />

Research Area. Bologna, Italy. 1997.<br />

EXPERIMENTAL REPORT.<br />

Alberti A The d-<strong>ROMs</strong> test. Model and chemical<br />

basis [original title “Il d-<strong>ROMs</strong> test. Modello e basi<br />

chimiche”]. I.Co.C.E.A. – National Council of<br />

Research. Research Area. Bologna, Italy. 1997.<br />

1997. EXPERIMENTAL REPORT.<br />

Alberti A, Bolognini L, Carratelli M, Della Bona MA,<br />

Macciantelli D Assessing oxidative stress with the<br />

d-<strong>ROMs</strong> test. Some mechanistic considerations.<br />

Proceedings of the SFRR Europe Summer<br />

Meeting. 26-28 June 1997, Abano Terme, Italy.<br />

1997. P 82-83.<br />

Alberti A, Della Bona MA, Bolognini L, Carratelli M,<br />

Macciantelli D. Assessing oxidative stress in living<br />

organisms by ESR spectroscopy. Proceedings of<br />

the Third European ESR Meeting. Leipzig,<br />

Germany. 1997. P 2.<br />

Belcaro G, Carratelli M, Cesarone MR, Cornelli U,<br />

Incandela L, Nicolaides A. Oxygen free radicals: a<br />

method, a product, an application. Proceedings of<br />

the SFRR Europe Summer Meeting. 26-28 June<br />

1997, Abano Terme, Italy. 1997. P 183-184.<br />

Rampoldi C. The measurement of oxidationreduction<br />

phenomenon [original title “La misura dei<br />

fenomeni ossidoriduttivi”] Giornale Italiano delle<br />

Malattie del Torace. 1998. 4: 277-281.<br />

Dionisio C, Pozzi D, Lisi A, Santoro N, Grimaldi S<br />

The Diacron’s kit for the monitoring of plasma free<br />

radicals: correlation with stress and pathological<br />

states [original title “Il kit Diacron per il<br />

8. 2 Bibliografia per aree di interesse medico<br />

59<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

monitoraggio di radicali liberi plasmatici:<br />

correlazione a stati di stress e patologici”]. Report<br />

of the Experimental Medicine Institute. National<br />

Council of Research. Rome, Italy. 1999. CLINICAL<br />

REPORT.<br />

Alberti A, Bolognini L, Macciantelli D, Carratelli M<br />

The radical cation of N,N-diethyl-paraphenylendiamine:<br />

a possible indicator of oxidative<br />

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2000. 26 (3): 253-67.<br />

Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S,<br />

Belcaro G The importance of oxidative stress as<br />

risk factor for morbidity [original title “Importanza<br />

dello stress ossidativo come fattore di rischio per<br />

la morbilità”]. La Medicina Biologica. 2000. 1: 13-<br />

18.<br />

Iorio EL, Carratelli M, Alberti A A simple test to<br />

monitor the oxidative stress by evaluating total<br />

serum hydroperoxides. Proceedings of the 2 nd<br />

International Conference on Oxidative <strong>Stress</strong> and<br />

Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii, USA. 2001.<br />

P25.<br />

Vassalle C, Lubrano V, Boni C, L’Abbate A,<br />

Zucchelli GC. Evaluation of oxidative stress levels<br />

in vivo by means of colourmetric and<br />

immunoenzymatic methods [original title<br />

“Valutazione dei livelli di stress ossidativo in vivo<br />

mediante metodo colorimetrico ed<br />

immunoenzimatico”]. Report of National Council of<br />

Research. Institute of Clinic Physiology, Pisa, Italy.<br />

2001. CLINICAL REPORT.<br />

Cloete PW Clinical applications of free radicals.<br />

2002. CASE REPORT.<br />

Iamele L, Fiocchi R, Vernocchi A Evaluation of an<br />

automated spectrophotometric assay for reactive<br />

oxygen metabolites in serum. Clin Chem Lab Med<br />

2002. 40 (7): 673-6.<br />

Trotti R, Carratelli M, Barbieri M. Performance and<br />

clinical application of a new, fast method for the<br />

detection of hydroperoxides in serum. Panminerva<br />

Med 2002. 44 (1): 37-40.<br />

Verde V, Fogliano V, Ritieni A, Maiani G, Morisco<br />

F, Caporaso N Use of N,N-dimethyl-pphenylenediamine<br />

to evaluate the oxidative status<br />

of human plasma. Free Radic Res. 2002. 36 (8):<br />

869-73.<br />

8. 2. 2 Neuropsichiatria<br />

Siciliano G, D'Avino C, Del Corona A, Barsacchi R,<br />

Kusmic C, Rocchi A, Pastorini E, Murri L. Impaired


xidative metabolism and lipid peroxidation in<br />

exercising muscle from ALS patients. Amyotroph<br />

Lateral Scler Other Motor Neuron Disord. 2002.<br />

3(2): 57-62.<br />

Squitti R, Rossini PM, Cassetta E, Moffa F,<br />

Pasqualetti P, Cortesi M, Colloca A, Rossi L,<br />

Finazzi-Agro A d-penicillamine reduces serum<br />

oxidative stress in Alzheimer’s disease patients.<br />

Eur J Clin Invest 2002. 32 (1) : 51-9.<br />

8. 2. 3 Malattie cardiovascolari<br />

Digiesi V, Oliviero C, Gianno V, Rossetti M, Fiorillo<br />

C, Oradei A, Lenuzza M, Nassi P. Reactive<br />

metabolites of oxygen, lipid peroxidation, total<br />

antioxidant capacity and vitamin E in essential<br />

arterial hypertension. Clin Ter. 1997. 148 (11): 515-<br />

9.<br />

Cesarone MR, Belcaro G, Carratelli M, Cornelli U,<br />

De Sanctis MT, Incandela I, Barsotti A, Terranova<br />

R, Nicolaides A A simple test to monitor oxidative<br />

stress. International Angiology. 1999. 18 (2): 127-<br />

130.<br />

Cornelli U, Cornelli M, Terranova R. Free-radical<br />

and vascular diseases The International Union of<br />

Angiology’s Bulletin. 1999. 15: 7-10.<br />

Kusmic C, Petersen C, Picano E, Busceti C,<br />

Parenti G, Laghi Pasini F, Barsacchi R Antioxidant<br />

effect of oral dipyramidole during cerebral<br />

hypoperfusion with human carotid endarterectomy.<br />

Journal of Cardiovascular Pharmacology. 2000. 36<br />

(2): 141-145.<br />

Incandela L, Belcaro G, Cesarone MR, De Sanctis<br />

MT, Griffin M, Cacchio M, Nicolaides AN, Bucci M,<br />

Barsotti A, Martines G, Cornelli U, Di Renzo A<br />

Oxygen-free radical decrease in hypertensive<br />

patients treated with lercanidipine Int Angiol. 2001.<br />

20(2): 136-40.<br />

Cesarone MR, Incandela L, DeSanctis MT, Belcaro<br />

G, Dugall M, Acerbi G. Variations in plasma free<br />

radicals in patients with venous hypertension with<br />

HR (Paroven, Venoruton; 0-(beta-hydroxyethyl)rutosides):<br />

a clinical, prospective, placebocontrolled,<br />

randomized trial. J Cardiovasc<br />

Pharmacol Ther. 2002. 7(Suppl 1): S25-8.<br />

Iorio EL, Quagliuolo L, Carratelli M. The d-<strong>ROMs</strong><br />

test: a method to monitor oxidative stress in<br />

vascular diseases [Original title “d-<strong>ROMs</strong> test:<br />

metodo di monitoraggio dello stress ossidativo<br />

nelle patologie vascolari”]. Minerva<br />

Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1): 143-144.<br />

Mariani MM The assessment of oxidative stress<br />

before, during and after EDTA chelation therapy by<br />

means of the d-<strong>ROMs</strong> test [original title “Studio<br />

60<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

dello stress ossidativo tramite d-<strong>ROMs</strong> test prima<br />

durante e dopo terapia chelante con EDTA”].<br />

Minerva Cardioangiologica. 2002. 50 (6, suppl. 1):<br />

138-139.<br />

Novembrino C, Bamonti F. Ippolito S, Lorenzano F,<br />

Lonati S, Della Noce C, Tonini A, Accinni R A new<br />

approach to the risk for cardiovascular diseases<br />

[original title “Nuovo approccio al rischio di<br />

patologia cardiovascolare”]. Biochimica Clinica.<br />

2002. 26 (3): 267.<br />

8. 2. 4 Malattie del sangue e degli organi<br />

ematopoetici<br />

Bamonti F, Novembrino C, Cighetti G, Annaloro C,<br />

Luchesini C, De Franceschi M, Bortone L, Della<br />

Volpe A, Ippolito S, Lambertenghi Deliliers G<br />

Assessment of oxidative stress in hemopoietic<br />

stem cell transplantation (HSCT). Biochimica<br />

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Ippolito S, Bamonti F, Novembrino C, De<br />

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Ippolito S, Bamonti-Catena F, Novembrino C,<br />

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myelodysplastic syndromes. Biochimica Clinica.<br />

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Trotti R. Carratelli M, Barbieri M, Micieli G, Bosone<br />

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thrombophilic condition in alcoholics without severe<br />

liver disease. 2001. Haematologica. 86: 85-91.<br />

8. 2. 5 Malattie dell’apparato respiratorio<br />

Liotti F, Maselli R, De Prisco R, Iorio EL, De Seta<br />

C, Sannolo N Antioxidant agents in work<br />

environment and professional<br />

bronchopneumopathies [original title “Agenti<br />

antiossidanti in ambiente di lavoro e<br />

broncopneumopatie professionali”]. Proceedings of<br />

the Meeting “Giornate Scientifiche della Facoltà<br />

2000”. 17-19 May 2000. Second University of<br />

Naples, Naples, Italy. 2000. P 555-556.<br />

Rizzato G Death due to air pollution: role of<br />

oxidative stress and protection of an antioxidant<br />

aerosol [original title “Mortalità da inquinamento<br />

atmosferico: ruolo dello stress ossidativo e potere<br />

tampone di un aerosol antiossidante”]. Giornale<br />

Italiano delle Malattie Toraciche. 2000. 54 (3): 204-<br />

212.<br />

Allegra L, Blasi F, Capone P, Centenni S, Gogo R,<br />

Damato S, Patrigni G, Piatti G, Rampolli C, Rizzato<br />

G Optimisation of N-Acetylcysteine dosage for its


mucolytic and antioxidant activities [original title<br />

“Ottimizzazione dei dosaggi della NAC per<br />

l’espressione delle sue proprietà mucoattive ed<br />

antiossidanti”]. Giornale Italiano delle Malattie<br />

Toraciche. 2001. 55 (6): 476-484.<br />

Anzalone GE, Danesi P, Goti P, Melocchi F Effect<br />

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oxygen metabolites (ROM) in plasma of COPD<br />

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2001. 4: 41-45.<br />

Verduri A, Del Donno M, Chetta A, Olivieri D Free<br />

radical of oxygen measurement on capillary blood<br />

in healthy smokers, COPD patients and control<br />

subjects [original title “Misurazione dei radicali liberi<br />

dell’ossigeno su sangue capillare in fumatori sani,<br />

pazienti BPCO e soggetti di controllo”].<br />

Proceedings of the Congress “Capitolo Italiano<br />

Chest”. 20-22 June 2002. Naples, Italy. 2002.<br />

8. 2. 6 Malattie renali<br />

<strong>Test</strong>a Effects of a vitamin E-modified membrane<br />

(CL-E) on plasma oxidative stress markers of<br />

hemodialyzed patients [original title “Effetti di un<br />

filtro modificato con vitamina E su alcuni marker<br />

plasmatici di stress ossidativo in pazienti<br />

emodializzati”]. Report of the Hospital of Cremona.<br />

Cremona, Italy. 1999. CLINICAL REPORT.<br />

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title “Emodialisi e stress ossidativo: determinazione<br />

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September 2000. Nice, France. 2000. P 246.<br />

61<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

Bamonti F, De Vecchi A, Novembrino C, Buccianti<br />

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Cornelli U Oxidative status in kidney<br />

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COMMUNICATION. IN PRESS.<br />

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and its relationship to other biomarkers of oxidative<br />

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Usberti M, Gerardi G, Bufano G, Tira P, Micheli A,<br />

Albertini A, Floridi A, Di Lorenzo D, Galli F. Effects<br />

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hemodialyzed patients. Am J Kidney Dis. 2002.<br />

40(3): 590-9.<br />

8. 2. 7 Nutrizione, diabetologia<br />

e malattie del ricambio<br />

Akkus I, Can UG, Caglayan O, Gurbilek M, Kalak<br />

S, Bor MA, Dikici I Lipid peroxidation and<br />

antioxidant status in serum, erythrocytes and<br />

leucocytes of children with insulin-dependent<br />

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Vitola NM, Paraggio C, De Luna A, Nigro C Dosing<br />

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alcohol abuse [original title “Il dosaggio dei radicali<br />

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Iorio EL Courses of feeding education in the<br />

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Tanganelli I, Ciccoli L, Tansi R, Borgogni P, Rossi<br />

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(Suppl 1): S1.<br />

Capunzo M, Iorio EL, Cavallo P Correlation<br />

between oxidative stress and plasma lipids levels:<br />

results of a preliminary study [original title<br />

“Correlazione fra stress ossidativo e livello di lipidi<br />

plasmatici: risultati di uno studio preliminare”]. I<br />

Quaderni dell’Università di Salerno. 2001. 91-102.<br />

Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti<br />

A Bioavailability of some food supplementations in<br />

men and women using the d-<strong>ROMs</strong> test as a<br />

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3211.<br />

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Proceedings of the 10 th Congreso Italolatinoamericano<br />

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September 2001. Isla de Margarita, Venezuela.<br />

2001.<br />

Iorio EL, Escalona M, De Prisco R, Attianese P,<br />

Caratelli M. Impairment of redox balance in obesity.<br />

Proceedings of the 10 th Congreso Italolatinoamericano<br />

de Etnomedicina. 23-28<br />

September 2001. Isla de Margarita, Venezuela.<br />

2001.<br />

Cornelli U, Terranova R, Luca S, Cornelli M, Alberti<br />

A Bioavailability and antioxidant activity of some<br />

food supplements in men and women using the d-<br />

<strong>ROMs</strong> test as a marker of oxidative stress [original<br />

title “Biodisponibilità ed attività antiossidante di<br />

alcuni supplementi nutrizionali. <strong>Test</strong> d-<strong>ROMs</strong>:<br />

marker dello stress ossidativo”]. La Medicina<br />

Biologica. 2002. 2: 35-40.<br />

Ippolito S, Caruso R, Novembrino C, Bamonti-<br />

Catena, Della Noce C, Lorenzano E, Camolo J,<br />

Tonini A, Lonati S, Rosina M, Accinni R<br />

Dislipidemia and oxidative stress. Ital J Biochem.<br />

2002. 51 (3-4): 129.<br />

8. 2. 8 Andrologia<br />

Giannattasio A, De Chiara M, Basile G, Peticca M,<br />

De Rosa M, Zarrilli S, Metafora S, Hall L A new<br />

method for the assay of sperm membranes<br />

lipoperoxides in normal and pathological human<br />

semen. J Endocrinol Invest. 1998. 21 (Suppl 7):<br />

187.<br />

8. 2. 9 Reumatologia<br />

Giordano N, Battisti E, Geraci S, Santacroce C,<br />

Lucani B, Fortunato M, Mattii G, Gennari C.<br />

Analgesic-antiinflammatory effect of a 100 Hz<br />

variable magnetic field in RA. Clin Exp Rheumatol.<br />

2000. 18 (2): 263.<br />

62<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

8. 2. 10 Malattie infettive<br />

Pontiggia P, Silvotti MG, Martano F, Cuppone<br />

Curto F, Rotella GB, Sabato A The role of whole<br />

body hyperthermia in AIDS patients: effects on the<br />

free radicals level. Med Biol Environm 1995. 23 (2):<br />

279-282.<br />

8. 2. 11 Oncologia<br />

La Torre F, Orlando A, Silipigni A, Giacobello T,<br />

Pergolizzi S, Aragona M Increase of oxygen free<br />

radicals and their derivatives in chemo- and<br />

radiation treated neoplasm patients [original title<br />

“Incremento dei radicali liberi dell’ossigeno e dei<br />

loro derivati in pazienti neoplastici chemio e<br />

radiotrattati”]. Minerva Medica. 1996. 86: 1-4.<br />

8. 2. 12 Otorinolaringoiatria<br />

Serra A, Garozzo A, Cocuzza S, D'Amico VA,<br />

Carnevale G, Maiolino L Role of free radicals and<br />

their determination by means of d-<strong>ROMs</strong> test in<br />

Ménière’s diseases [original title “Ruolo dei radicali<br />

liberi e loro determinazione mediante d-ROMS test<br />

nella malattia di Ménière”]. Progressi in Audiologia<br />

e Vestibologia. 1999. 3: 1-2.<br />

8. 2. 13 Neonatologia e pediatria<br />

Iamele L, Amboni P, Felletti S, Pasinetti G,<br />

Auriema A, Vernocchi A Reference values of<br />

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reactive oxygen metabolites in the newborn:<br />

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[original title “Radicali liberi, ROS, e lipoperossidi,<br />

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in preterm neonates at birth and on the seventh<br />

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8. 2. 14 Geriatria<br />

Cornelli U, Cornelli M, Terranova R, Luca S,<br />

Belcaro G Ageing and free radicals [original title<br />

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Cornelli U, Terranova R, Luca S, Di Mauro C,<br />

Cornelli M Oxidative stress and senile dementia<br />

[original title “Lo stress ossidativo e la demenza<br />

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8. 2. 15 Medicina dello sport<br />

Dolci A, Nanni G, Roi GS, Palli R, Banfi G. Oxygen<br />

free radicals and total antioxidant status in a<br />

professional players team during a football season.<br />

1998. CLINICAL REPORT.<br />

Beltrami G, Fanton F, Schiavottiello G<br />

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activities and their application [original title<br />

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attività sportiva e sue applicazioni”]. Report of<br />

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1999. CLINICAL REPORT.<br />

Dolci A, Mathias M Muller Oxidative stress induced<br />

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Proceedings of the Meeting “Medical Laboratory of<br />

63<br />

Capitolo 8. Selezione bibliografica<br />

Physical Exercise and Sports”. 6-7 december 2001.<br />

Padua, Italy. 2001. P 18.<br />

Iorio EL, Carratelli M, Quagliuolo L, Caletti G<br />

Oxidative stress evaluation in athletes Proceedings<br />

of the 2 nd International Conference on Oxidative<br />

<strong>Stress</strong> and Aging. 2-5 April 2001. Maui, Hawaii,<br />

USA. 2001. P60.<br />

8. 2. 16 Medicina omeopatica<br />

Allegra C, Bartolo M jr, Sarcinella R Evaluation of<br />

pharmacological effects of a homeopathic<br />

medication in primary tardive lymphoedema of<br />

lower extremities by means of microlymphography<br />

and free radicals detection. Clinical Report S.<br />

Giovanni Hospital. Rome, Italy. 2000. P 1-4<br />

(Named srl Editor, Milan, Italy).<br />

8. 2. 17 Medicine alternative<br />

Carratelli M, Spagnoli U, De Toma G, Guerreschi<br />

F, D’Ascenzio G Application of a new method to<br />

evaluate oxidative damage in patients treatet with<br />

ozone-therapy [original title “Applicazione di un<br />

nuovo metodo per la valutazione del danno<br />

ossidativo in pazienti trattati con ozonoterapia”].<br />

1999. CLINICAL REPORT.<br />

Marzatico. Use of d-<strong>ROMs</strong> test in a pilot study on<br />

the effects of a acute and chronic transcutaneous<br />

administration of ginkgo biloba [original title<br />

“Utilizzo del d-<strong>ROMs</strong> test in uno studio pilota sugli<br />

effetti di una somministrazione transdermica acuta<br />

e cronica di ginkgo biloba”]. 1999. CLINICAL<br />

REPORT<br />

8. 2. 18 Medicina veterinaria<br />

Formigoni A, Calderone D, Pezzi P, Panciroli A<br />

Changes in “oxidative status” during the dry period<br />

and the first month of lactation in dairy cows<br />

[original title “Evoluzione dello “status ossidativo”<br />

nella bovina da latte: osservazioni preliminari”].<br />

Proceedings of the 12 th National Congress<br />

“Associazione Scientifica di Produzione Animale”<br />

23-26 June 1997. University of Pisa, Department of<br />

Animal Productions. Pisa, Italy. 1997. P 203-4.<br />

Brambilla G, Fiori M, Archetti LI Evaluation of the<br />

oxidative stress in growing pigs by microplate<br />

assays. J Vet Med A. 2001. 48: 33-38.<br />

Hiss RM, Sauerwein SH. The effects of feeding<br />

antioxidative supplements on haptoglobin (Hp) and<br />

serum amyloid A (SAA) serum concentrations in<br />

horses. Report of Biofocus GmbH,<br />

Recklinghausen, Germany and Institute of<br />

Physiology, Biochemistry and Hygiene of Domestic<br />

Animals, Bonn University, Germany. 2002.<br />

EXPERIMENTAL REPORT.<br />

Stampato a Grosseto, Italia – Prima Edizione, Marzo 2003<br />

Tutti i diritti riservati. © Copyright DIACRON International s. r. l., Grosseto, Italia. 2003.<br />

L’Editore non risponde di eventuali errori rilevati nel presente volume né dell’uso improprio del suo contenuto


Kits & tools per la valutazione globale dello stress ossidativo<br />

La DIACRON International s. r. l. (Grosseto) ha sviluppato un pannello di test per valutare<br />

globalmente il bilancio ossidativo, rilevando sia la produzione di metaboliti reattivi dell’ossigeno<br />

o ROM (d-<strong>ROMs</strong> test, brevetto DIACRON International s. a. s., Grosseto) sia la barriera<br />

antiossidante (OXY–Adsorbent test, BAP, e –SHp test) in matrici biologiche (es. sangue intero,<br />

siero, plasma, ecc.). I test possono essere eseguiti sia con un analizzatore automatico sia con<br />

una strumentazione dedicata (Sistema FREE, prodotto da DIACRON International s. r.<br />

l.,Grosseto). Il d-<strong>ROMs</strong> test può essere eseguito anche con il Sistema FRAS SYSTEM (prodotto<br />

da IRAM s. r. l., Parma).<br />

d-<strong>ROMs</strong> test: determinazione fotometrica dei metaboliti reattivi dell’ossigeno<br />

Gli idroperossidi, “marker” e “amplificatori” del danno tissutale generato dalla perossidazione di<br />

lipidi, amminoacidi, proteine, ed acidi nucleici, sono relativamente stabili e mantengono nei<br />

fluidi biologici una buona capacità ossidante. Pertanto, in questo test, gli idroperossidi (una<br />

classe di ROM), dopo aver reagito con un cromogeno adeguatamente tamponato, sviluppano<br />

un derivato colorato, che viene rilevato fotometricamente. La concentrazione di idroperossidi,<br />

direttamente proporzionale all’intensità del colore, viene espressa in Unità Carratelli (1 U CARR<br />

= 0.08 mg perossido di idrogeno/dL). Il range di riferimento del test nella popolazione normale<br />

è di 250–300 U CARR. Un incremento di tali valori indica un livelloprogressivamnete crescente<br />

di stress ossidativoo. Il d-<strong>ROMs</strong> test è uno strumento utilissimo nella pratica clinica routinaria.<br />

OXY–Adsorbent test: determinazione fotometrica<br />

del potenziale antiossidante plasmatico<br />

Numere sostanze presenti nel plasma (es carotenoidi, ascorbato, vitamina E, bilirubina, acido<br />

urico, etc) sono in grado di “adsorbire” la “potenzialità” ossidante delle specie reattive.<br />

Pertanto, qualsiasi danno a carico della “barriera plasmatica all’ossidazione” può provocare un<br />

danno ossidativo a livello dei tessuti. In tale contesto, l’OXY-Adsorbent test valuta la capacità<br />

del plasma di opporsi all’azione ossidante massiva di un eccesso di acido ipocloroso (HClO) in<br />

soluzione acquosa. Questo obiettivo è conseguito determinando fotometricamente i radicali<br />

residui dell’acido che non hanno reagito. Normalmente, 1 mL di plasma umano è in grado di<br />

“adsorbire” almeno 350 μmoli di HClO. Una riduzione di tali valori si correla direttamente con la<br />

gravità del danno inflitto alla “barriera plasmatica all’ossidazione”. Infatti, se “l’eccesso” dei<br />

radicali dell’HClO dopo ossidazione massiva è alto, la barriera plasmatica è ridotta, e viceversa.<br />

– SHp test: determinazione fotometrica dei tioli plasmatici<br />

I tioli proteici rappresentano una componente significativa della “barriera plasmatica<br />

all’ossidazione”. Infatti, i gruppi tiolici delle proteine sieriche sono in grado di opporsi alla fase<br />

di propagazione dei processi ossidativi inattivando i radicali alcossilici e perossilici. Questo test<br />

si basa sulla capacità dei gruppi –SH di sviluppare un complesso colorato quando reagiscono<br />

con il 5,5-ditiobis-2-nitrobenzoato (DTNB). Il “titolo” dei tioli è direttamente proporzionale<br />

all’intensità del colore. Il range del test nella popolazione normale è 450–650 μmoli -SH/L. Una<br />

riduzione di tali valori si correla direttamente con una ridotta efficienza della barriera tiolica.<br />

Per eseguire l’intero pannello di test è disponibile<br />

il Sistema FREE, prodotto da DIACRON International s. r. l., Grosseto<br />

Per eseguire solo il d-<strong>ROMs</strong> test su sangue intero<br />

è ora disponibile il Sistema FRAS prodotto da IRAM s. r. l., Parma, Italy<br />

Per ordini e per qualsiasi informazione contattare:<br />

DIACRON International s. r. l.<br />

58 100 Grosseto, via Zircone 8<br />

Tel 0039 0564 467 922 – FAX 0039 0564 467 684<br />

e–mail: international@diacron.com –site web: ww.diacron.com<br />

DIACRON International

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