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Radicali liberi e antiossidanti in medicina dello sport - Gastone CRM

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Eugenio Luigi Iorio<br />

Seconda Edizione Italiana – 2007<br />

<strong>Radicali</strong><br />

<strong>liberi</strong><br />

e<br />

<strong>antiossidanti</strong><br />

<strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a<br />

<strong>dello</strong> <strong>sport</strong>


Lo stress ossidativo costituisce un capitolo della biochimica relativamente recente che, probabilmente<br />

per il suo carattere di “trasversalità” o “<strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>arietà”, non ha ancora trovato una sua adeguata e soddisfacente<br />

collocazione <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport e nella Medic<strong>in</strong>a <strong>in</strong> genere.<br />

E’ noto, <strong>in</strong>fatti, che un’accentuazione dei processi ossidativi, di cui è spesso espressione un’aumentata<br />

produzione di radicali <strong>liberi</strong>, può accelerare il fisiologico processo dell’<strong>in</strong>vecchia-mento e risulta associata ad<br />

almeno 100 patologie, dall’ictus cerebrale all’<strong>in</strong>farto del miocardio, dal diabete mellito all’obesità, dal morbo<br />

di Park<strong>in</strong>son alla malattia di Alzheimer, dal morbo di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS al cancro, e così<br />

via.<br />

Tuttavia, al contrario di queste condizioni morbose, abbastanza ben def<strong>in</strong>ite sotto il profilo nosografico,<br />

lo stress ossidativo non esibisce una propria s<strong>in</strong>tomatologia, non dà luogo ad un vero e proprio quadro cl<strong>in</strong>ico<br />

e, pertanto, al medico che non ne sospetta l’esistenza, non fornisce elementi tali da suggerire un adeguato<br />

approfondimento diagnostico. Eppure, l’esecuzione di alcune semplici <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i biochimiche consentirebbe<br />

un immediato <strong>in</strong>quadramento del problema, evitando al paziente una serie di conseguenze tali da comprometterne<br />

la durata e/o la qualità della vita già nel breve o medio term<strong>in</strong>e.<br />

A rendere più complesso questo quadro – già di per sé poco confortante – c’è da aggiungere che se il<br />

medico, per una serie di ragioni, non sempre è adeguatamente “<strong>in</strong>formato” sull’argomento, l’analista di laboratorio<br />

non è generalmente “attrezzato” per eseguire test miranti alla valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo.<br />

E <strong>in</strong>tanto – paradossalmente – terapisti, farmacisti, allenatori <strong>sport</strong>ivi e pers<strong>in</strong>o estetisti cont<strong>in</strong>uano a<br />

prescrivere e/o suggerire all’atlea potenzialmente a rischio di stress ossidativo l’assunzione di <strong>in</strong>tegratori ad<br />

attività antiossidante. Non importa se quest’ultima sia reale o presunta. Non importa se quegli <strong>antiossidanti</strong><br />

prescritti senza una precisa <strong>in</strong>dicazione o, comunque, senza una documentata necessità, si rivel<strong>in</strong>o essere<br />

essi stessi causa di ulteriore danno da accumulo o da azione pro-ossidante paradossa.<br />

Infatti, secondo una prassi ormai consolidata, non è abitualmente prevista l’esecuzione prelim<strong>in</strong>are di<br />

test biochimici, pur disponibili per la rout<strong>in</strong>e cl<strong>in</strong>ica, per dimostrare – tramite l’identificazione e la quantificazione<br />

nei fluidi extracellulari e/o nei tessuti di adeguati marker biochimici – la necessità oggettiva di tali formulazioni.<br />

In altri term<strong>in</strong>i, mentre è ormai acquisito che un farmaco ipocolesterolemizzante va assunto solo<br />

dopo che un test abbia documentato <strong>in</strong>equivocabilmente una condizione di ipercolesterolemia, è diffusa la<br />

tendenza all’uso di <strong>antiossidanti</strong> anche quando non è necessario, proprio perché non è ancora diventata<br />

buona prassi eseguire prelim<strong>in</strong>armente una valutazione di laboratorio <strong>dello</strong> stress ossidativo.<br />

Tali concetti assumono particolare rilevanza nel campo della Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Infatti, se è vero che<br />

una moderata attività fisica contribuisce <strong>in</strong> varia misura a ridurre la morbilità e la mortalità relative alle patologie<br />

vascolari e a numerose forme di cancro, non v’è dubbio che l’esercizio strenuo o, comunque, <strong>in</strong>adeguato,<br />

favorisce l’<strong>in</strong>sorgenza di lesioni da stress ossidativo, sia a livello dell’apparato locomotore che a livello sistemico.<br />

Pertanto, tutti coloro che svolgono attività fisica e, <strong>in</strong> special modo gli atleti, dovrebbero periodicamente<br />

sottoporsi ad una valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo al f<strong>in</strong>e di prevenire – attraverso non solo un più<br />

“fisiologico” regime di allenamento ma anche un più razionale sfruttamento delle proprie capacità <strong>antiossidanti</strong><br />

ed un più oculato impiego di <strong>in</strong>tegratori – patologie locali o generalizzate legate alla presenza di una<br />

quantità eccessiva di specie chimiche reattive e, <strong>in</strong> particolare, di radicali <strong>liberi</strong> dell’ossigeno.<br />

Questo obiettivo può essere oggi facilmente raggiunto grazie all’esecuzione di semplici test biochimici,<br />

quali il d-ROMs test ed il BAP test, che consentono una valutazione globale – cioè sia del versante pro- che<br />

di quello anti-ossidante, rispettivamente – del bilancio ossidativo dell’atleta, sia esso dilettante o professionista.<br />

Tali test possono essere eseguiti <strong>in</strong> un comune laboratorio di analisi ma, per essere più vic<strong>in</strong>i alle esigenze<br />

<strong>dello</strong> <strong>sport</strong>ivo, anche presso lo studio <strong>dello</strong> specialista <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport o nei Centri Fitness, attraverso<br />

strumentazioni dedicate, quali il sistema FREE o il sistema FRAS.<br />

Le evidenze scientifiche accumulatesi nell’ultimo decennio <strong>in</strong>dicano, <strong>in</strong> particolare, che il d-ROM test,<br />

consente l’identificazione e la def<strong>in</strong>izione circostanziata di una condizione di stress ossidativo negli <strong>sport</strong>ivi,<br />

rendendo possibile, quando <strong>in</strong>dicato, il monitoraggio di un’eventuale terapia antiossidante.<br />

Questo volume vuol essere un aiuto non solo per i medici ma anche per i sanitari ed i tecnici impegnati<br />

nei delicati settori <strong>dello</strong> <strong>sport</strong> e del fitness, sempre più “asfissiati” da logiche di mercato non solo lontane dallo<br />

spirito agonistico ma anche irrispettose della dignità e del benessere <strong>dello</strong> <strong>sport</strong>ivo.<br />

Al chimico pient<strong>in</strong>o Mauro Carratelli, “<strong>in</strong>ventore” dei test per la valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo qui descritti,<br />

e a tutti i medici <strong>sport</strong>ivi che hanno documentato l’utilità di questo approccio altamente <strong>in</strong>novativo<br />

nella pratica cl<strong>in</strong>ica rout<strong>in</strong>aria, l’apprezzamento della comunità scientifica e la mia <strong>in</strong>condizionata stima personale.<br />

Salerno, 18 dicembre 2007. Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD<br />

Presidente<br />

Osservatorio Internazionale Stress Ossidativo<br />

3


Indice<br />

5<br />

Indice<br />

Capitolo 1 Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong> ……………………………………………. Pag. 5<br />

1. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni ………………………………………………………………………………. pag. 5<br />

1. 2 I radicali <strong>liberi</strong>……………………………………………………………………………………………. pag. 5<br />

1. 3 Meccanismi generali di produzione delle specie chimiche reattive …………………… pag. 6<br />

1. 4 La produzione di specie reattive negli organismi viventi ………………………………… pag. 8<br />

1. 5 Metabolismo delle più importanti specie reattive di <strong>in</strong>teresse biologico ……………. pag. 11<br />

Bibliografia………………………………………………………………………………………………………… pag. 11<br />

Capitolo 2 Il sistema di difesa antiossidante ……………………………………………………... Pag. 13<br />

2. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni ………………………….…………………………………………………… pag. 13<br />

2. 2 Gli <strong>antiossidanti</strong> preventivi ………………………………..……………………………………….. pag. 13<br />

2. 3 Gli scavenger di radicali <strong>liberi</strong> ed i cha<strong>in</strong> breaker ………..………………………………… pag. 15<br />

2. 4 Gli agenti di riparo ……………………………………………………………….…………………... pag. 18<br />

2. 5 Gli agenti di adattamento …………………………………………………………………..……... pag. 18<br />

2. 6 Altri agenti <strong>antiossidanti</strong> ……………………………………………………………………………. pag. 18<br />

2. 7 Distribuzione del sistema di difesa antiossidante negli organismi viventi ……….. pag. 19<br />

Bibliografia………………………………………………………………………………………<br />

pag. 20<br />

Capitolo 3 Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici. ..…….. Pag. 21<br />

3. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni ……………………………………………………………………………….. pag. 21<br />

3. 2 Basi biochimiche ………………………………………………………………………………………… pag. 21<br />

3. 3 Eziopatogenesi ………………………………………………………………………………………….. pag. 24<br />

3. 4 Alterazioni del bilancio ossidativo e pratica <strong>sport</strong>iva…………………………….………… pag. 26<br />

Bibliografia………………………………………………………………………………………………………… pag. 30<br />

Capitolo 4 La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport.…. Pag. 31<br />

4. 1 Premessa …………………………………………………………………………………………………… pag. 33<br />

4. 2 La valutazione <strong>dello</strong> status pro-ossidante: il d-ROMs test..………………………………. pag. 33<br />

4. 3 La valutazione <strong>dello</strong> status anti-ossidante: il BAP test…………………………….……….. pag. 33<br />

Bibliografia…………………………………………………………………………………………………………<br />

pag. 45<br />

Capitolo 5 Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici …………….. Pag. 47<br />

5. 1 Premessa …………………………………………………………………………………………………… pag. 47<br />

6. 2 Le prove da sforzo……………………………………………………………………………………….. pag. 47<br />

6. 3 Discipl<strong>in</strong>e <strong>sport</strong>ive ..……………………………………………………………………………………... pag. 48<br />

Bibliografia…………………………………………………………………………………………………………. pag. 51<br />

Considerazioni conclusive ………………………………………………………………………………..<br />

Pag. 53


1. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni<br />

Le specie chimiche reattive sono agenti di varia<br />

natura – radicalica e non radicalica – accomunati<br />

dalla capacità di ossidare, cioè di sottrarre uno o più<br />

equivalenti riducenti (elettroni o atomi di idrogeno)<br />

ad un gran numero di atomi o molecole organiche<br />

(figura 1. 1) (22).<br />

Radicale<br />

(ossidante)<br />

+<br />

A C C<br />

A<br />

Molecola bersaglio<br />

(es. doppio legame C-C)<br />

-1<br />

OSSIDAZIONE<br />

RIDUZIONE<br />

Figura 1. 1 Azione ossidante delle specie reattive<br />

Alla capacità ossidante, più o meno spiccata a<br />

seconda delle varie specie chimiche, si riconduce<br />

l’attitud<strong>in</strong>e degli agenti <strong>in</strong> questione a <strong>in</strong>durre un<br />

danno – detto, appunto, ossidativo – a carico di<br />

componenti strutturali e/o funzionali degli organismi<br />

viventi.<br />

Le specie chimiche reattive di maggiore <strong>in</strong>teresse<br />

biologico sono quelle centrate sull’ossigeno (es.<br />

radicale idrossile e perossido di idrogeno), sul carbonio<br />

es. (radica i alchilici), sull’azoto (es. ossido<br />

nitrico), sul cloro (es. acido ipocloroso) e sullo zolfo<br />

(es. radicale tiilico) (tabella 1. 1).<br />

Tabella 1. 1 Specie reattive di maggiore <strong>in</strong>teresse biologico<br />

Specie chimica Formula Natura Specie chimica Formula Natura<br />

Ozono<br />

Anione superossido<br />

O3 O2<br />

N-R Ossido nitrico NO* R<br />

* Ossigeno s<strong>in</strong>goletto<br />

1<br />

O2*<br />

R<br />

R (?)<br />

Diossido nitrico<br />

Acido nitroso<br />

NO2*<br />

HNO2<br />

R<br />

N-R<br />

Perossido di idrogeno H2O2 N-R Tetrossido di azoto N2O4 N-R<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale alcossile<br />

HO*<br />

RO*<br />

R<br />

R<br />

Triossido nitrico<br />

Peross<strong>in</strong>itrito<br />

N2O3<br />

ONOO<br />

N-R<br />

- N-R<br />

Radicale idroperossile ROO* R Acido peross<strong>in</strong>itroso ONOOH N-R<br />

Idroperossido ROOH N-R Catione nitronio NO 2+ N-R<br />

Semich<strong>in</strong>one ( CoQ) Q* R Alchil-peross<strong>in</strong>itrito ROONO N-R<br />

Fenossile (vit E) E-O* R Acido ipocloroso HClO N-R<br />

N-R: specie non radicalica.<br />

R: specie radicalica.<br />

Nella presente trattazione, tuttavia, si farà riferimento<br />

prevalentemente alle specie reattive centrate<br />

sull’ossigeno (reactive oxygen species, ROS).<br />

L’ossigeno, <strong>in</strong>fatti, oltre ad essere uno degli elementi<br />

quantitativamente più importanti della materia<br />

vivente, nonché la fonte primaria della vita<br />

stessa, attraverso una serie di meccanismi – non<br />

ultimo la stessa respirazione cellulare – <strong>in</strong>duce cont<strong>in</strong>uamente<br />

la formazione di specie chimiche con<br />

caratteristiche più o meno spiccate di reattività.<br />

Capitolo 1<br />

Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

+<br />

Nuova molecola<br />

(ridotta, stabile)<br />

Elettrone spaiato<br />

C C<br />

Nuovo radicale<br />

(ossidante)<br />

H H2O 2O 2O 2O 2 + HCl → H H2O 2O 2O 2O + HClO HClO<br />

OSSIDANTE<br />

Acquisizione elettroni<br />

RIDUCENTE<br />

-1<br />

-2<br />

Cessione elettroni<br />

OSSIDAZIONE<br />

+1<br />

6<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

1. 2 I radicali <strong>liberi</strong><br />

I radicali <strong>liberi</strong> o, più semplicemente, radicali,<br />

sono atomi o raggruppamenti di atomi aventi <strong>in</strong> uno<br />

degli orbitali esterni delle specie che li costituiscono<br />

uno o più elettroni spaiati, <strong>in</strong>dipendentemente dalla<br />

carica elettrica espressa (3, 6, 12).<br />

Per esempio, il radicale della N,N-dietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a,<br />

il substrato cromogeno del d-ROMs<br />

test (vedi <strong>in</strong> seguito), è un classico radicale catione,<br />

cioè carico positivamente (figura 1. 2) (1).<br />

CH 3 -CH 2<br />

Ne<br />

L’atomo L’atomo di di Ne<br />

Ne<br />

Solo Solo elettroni elettroni appaiati<br />

appaiati<br />

Atomo (stabile)<br />

N<br />

NH 2<br />

L’atomo di O<br />

Due elettroni spaiati<br />

<strong>Radicali</strong> <strong>liberi</strong> dell’ossigeno (<strong>in</strong>stabili)<br />

CH 3 -CH 2<br />

Figura 1. 2 Atomi, molecole e radicali<br />

Il radicale idrossile (HO . Il radicale idrossile (HO )<br />

Un elettrone spaiato<br />

. Il radicale idrossile (HO )<br />

Un elettrone spaiato<br />

. Il radicale idrossile (HO )<br />

Un elettrone spaiato<br />

. )<br />

Un elettrone spaiato<br />

In funzione della distribuzione della carica (nube<br />

elettronica) e/o del proprio potenziale di ossidoriduzione,<br />

i radicali <strong>liberi</strong> presentano una reattività<br />

più o meno spiccata, legata alla tendenza spontanea<br />

ad esistere come entità aventi tutti gli elettroni<br />

disposti <strong>in</strong> coppie, condizione che corrisponde alla<br />

stabilità o <strong>in</strong>erzia chimica (28).<br />

Ne deriva che non tutti i radicali sono ugualmente<br />

reattivi. In genere, quanto più è elevato il<br />

rapporto fra carica e volume, tanto più un radicale<br />

libero è reattivo e, pertanto, tenderà a raggiungere<br />

la propria stabilità strappando elettroni a qualsiasi<br />

specie chimica con la quale viene a contatto, ossidandola<br />

(compatibilmente con il suo potenziale di<br />

ossido-riduzione) (figura 1. 3) (28).<br />

Figura 1. 3 Basi chimiche della reattività radicalica (28)<br />

In tal senso, il radicale ossidrile (HO • ) è uno dei<br />

radicali <strong>liberi</strong> più <strong>in</strong>stabili e, qu<strong>in</strong>di, reattivi ed<br />

O<br />

N<br />

O<br />

NH 2<br />

CH 3 -CH 2<br />

CH 3 -CH 2<br />

N,N-dietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a (base) N,N-dietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a (radicale)<br />

+1.5<br />

+1.0<br />

+0.5<br />

0<br />

-0.5<br />

1.0<br />

-1.5<br />

E7 (R* + e- E7 (R* + e →R) - E7 (R* + e →R) - →R)<br />

+2.0<br />

HO• HO• HO• RO• RO• RO• RS• RS• RS• ROO• ROO• ROO• Potenziale redox<br />

e reattività<br />

* O 2<br />

Asc• SeQ• NAD•<br />

Asc• SeQ• NAD•<br />

Asc• SeQ• NAD•<br />

=COH• =COH• =COH• C(NO 2 ) 4<br />

CO 2<br />

- E 7 (R* →→ → R + e )<br />

-1 -0.5 0 +0.5 +1.0 +1.5 +2.0<br />

+<br />

H<br />

HO• Cl• HO<br />

Radicale idrossile Atomo di cloro<br />

• Cl• HO<br />

Radicale idrossile Atomo di cloro<br />

• Cl• HO<br />

Radicale idrossile Atomo di cloro<br />

• Cl• Radicale idrossile Atomo di cloro<br />

<strong>Radicali</strong> molto reattivi<br />

(elevato rapporto carica/superficie)<br />

N N<br />

NO 2<br />

O 2 N NO 2<br />

Difenilpicrilidrazide (DPPH)<br />

Un radicale poco reattivo<br />

(basso rapporto carica/superficie)


ossidanti. Infatti, la durata stimata della sua esistenza<br />

è dell’ord<strong>in</strong>e dei nanosecondi (28).<br />

Viceversa, il trifenilmetile [(C 6H 5) 3–C • ] è un radicale<br />

che, <strong>in</strong> opportune condizioni, può essere pers<strong>in</strong>o<br />

isolato <strong>in</strong> soluzione, proprio per la sua relativa<br />

stabilità o <strong>in</strong>erzia chimica (28).<br />

Lo stesso radicale catione della N,Ndietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a,<br />

sopra citato, costituisce<br />

un esempio di radicale relativamente stabile (figura<br />

1. 1) (1).<br />

I radicali <strong>liberi</strong> vengono classificati sulla base<br />

della natura dell’atomo al quale appartiene l’orbitale<br />

con l’elettrone spaiato. Tra questi assumono particolare<br />

rilevanza biologica i radicali <strong>liberi</strong> centrati<br />

sull’ossigeno o, più semplicemente, radicali <strong>liberi</strong><br />

dell’ossigeno, quali il radicale idrossile (tabella 1. 1).<br />

Un esempio di radicale libero centrato sull’azoto<br />

è fornito dall’ossido nitrico.<br />

1. 3 Meccanismi generali di produzione<br />

delle specie chimiche reattive<br />

Le specie chimiche reattive e, <strong>in</strong> particolar modo,<br />

i radicali <strong>liberi</strong>, comunque centrati, possono essere<br />

generati attraverso due meccanismi generali,<br />

non enzimatici oppure enzimatici (18).<br />

In ambedue i casi, una volta formatisi, i radicali<br />

<strong>liberi</strong> possono dar luogo, <strong>in</strong> opportune condizioni<br />

ambientali, ad una serie di reazioni a catena, nel<br />

corso delle quali il sito radicalico può essere trasferito<br />

o, eventualmente, <strong>in</strong>attivato (26, 28).<br />

Le reazioni radicaliche a catena avvengono seguendo<br />

lo stesso schema generale, nel quale è possibile<br />

<strong>in</strong>dividuare tre fasi o step pr<strong>in</strong>cipali – <strong>in</strong>izio,<br />

propagazione e term<strong>in</strong>e – alle quali si accompagnano<br />

spesso reazioni collaterali aventi andamento simile<br />

(figura 1. 4) (18, 28).<br />

Inizio<br />

Propagazione<br />

Term<strong>in</strong>e<br />

Fotolisi/<br />

pirolisi<br />

A : B<br />

+hν<br />

A• A + •B • A + •B • A + •B • A + •B • A + •B • + •B A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

A• Trasferimento<br />

R• R• R• R• R• R : H<br />

A : H<br />

Comb<strong>in</strong>azione<br />

A• A + •B • + •B<br />

A : B<br />

Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe2+ Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe2+ Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe2+ Interazione con<br />

metalli di transizione<br />

AO : OB<br />

Fe2+ Fe2+ AO• + OB -<br />

Fe3+ AO• + OB -<br />

Fe3+ AO• + OB -<br />

Fe3+ AO• + OB -<br />

AO• + OB -<br />

Fe3+ Fe3+ Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• Addizione<br />

R• CH 2 =CH–<br />

R–CH 2 –CH* –<br />

Scissione<br />

di perossidi perossidi perossidi<br />

RO : OR<br />

RO• RO + •OR • RO + •OR • RO + •OR • RO + •OR • + •OR Figura 1. 4 Schema delle reazioni radicaliche a catena (28)<br />

I pr<strong>in</strong>cipali meccanismi attraverso cui si generano<br />

i radicali <strong>liberi</strong> – step 1, reazione di <strong>in</strong>izio – sono<br />

la scissione omolitica e l’<strong>in</strong>terazione con i metalli di<br />

transizione (28).<br />

Con il term<strong>in</strong>e di scissione omolitica si <strong>in</strong>tende<br />

la divisione di una molecola a livello di uno dei suoi<br />

legami covalenti per effetto della somm<strong>in</strong>istrazione<br />

di energia (termica, pirolisi, o radiante, radiolisi) con<br />

generazione di due nuove specie chimiche,<br />

+hν<br />

= C = C =<br />

R • R • R • R • R •<br />

Scissione di<br />

azocomposti<br />

RN : : NR<br />

– N 2<br />

R• R + •R • R + •R • R + •R • R + •R • + •R Frammentazione Ri-arrangiamento<br />

R:C – C*= R:C – C*=<br />

– C =<br />

– C =<br />

Disproporzione<br />

– C<br />

– C –<br />

• – – C<br />

– C –<br />

• – C –<br />

+<br />

– C –<br />

• – – C<br />

– C –<br />

• –<br />

+<br />

+<br />

=C* – C:R<br />

– C –<br />

– C –<br />

7<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

ciascuna con un elettrone spaiato, elemento dist<strong>in</strong>tivo<br />

dei radicali <strong>liberi</strong> (figura 1. 5, A).<br />

A<br />

B<br />

A B<br />

Molecola<br />

H<br />

Cl<br />

Molecola<br />

Energia<br />

Acqua<br />

Radicale libero 1<br />

Figura 1. 5 Scissione omolitica (A) e ionizzazione (B)<br />

E’ bene sottol<strong>in</strong>eare che la scissione omolitica<br />

è diversa dalla ionizzazione, che si osserva, per esempio,<br />

dopo aver disciolto <strong>in</strong> acqua molecole, come<br />

quelle dell’acido cloridrico (HCl), aventi almeno<br />

un legame covalente polarizzato. In questo caso, le<br />

molecole d’acqua, a causa della loro polarità e,<br />

dunque, senza alcuna somm<strong>in</strong>istrazione di ener-gia,<br />

riescono a spezzare uno dei legami covalenti polarizzati<br />

della molecola di soluto generando due specie<br />

chimiche caricate di segno opposto, un catione<br />

ed un anione (H + e Cl - , rispettivamente,<br />

nell’esempio considerato) (figura 1. 5, B).<br />

E’ evidente che nella ionizzazione, al contrario<br />

della scissione omolitica, il doppietto elettronico di<br />

legame della molecola orig<strong>in</strong>aria non viene separato<br />

ma resta come tale <strong>in</strong> una delle “neonate” specie<br />

ioniche (l’anione).<br />

Un classico esempio di scissione omolitica è la<br />

radiolisi o fotolisi dell’acqua che genera un atomo<br />

di idrogeno ed un radicale idrossile (7).<br />

Oltre che per scissione omolitica, i radicali <strong>liberi</strong><br />

possono essere prodotti <strong>in</strong> seguito all’<strong>in</strong>terazione di<br />

particolari molecole con alcuni metalli di transizione<br />

(figura 1. 6).<br />

<<br />

A<br />

B<br />

Molecola<br />

A<br />

B<br />

Molecola<br />

Men+1 Men+1 Men Men Men Men+1 Men Men+1 Figura 1. 6 Interazione con metalli di transizione<br />

Nell’<strong>in</strong>terazione con i metalli di transizione,<br />

l’elettone generato dall’ossidazione di un metallo di<br />

transizione <strong>in</strong> forma ionica (es. da Fe 2+ a Fe 3+ o da<br />

Cu + to Cu 2+ ) spezza un legame covalente di una<br />

molecola bersaglio, generando così un radicale libero<br />

e un anione (1, 13, 14, 16, 27).<br />

Alternativamente, l’elettrone richiesto per ridurre<br />

un metallo di transizione <strong>in</strong> forma ionica (es. da<br />

Fe 3+ a Fe 2+ o da Cu 2+ a Cu + ) viene estratto dal<br />

legame covalente di una molecola bersaglio, che si<br />

+<br />

A B<br />

H<br />

H<br />

Catione<br />

A<br />

+<br />

Radicale libero<br />

Radicale libero<br />

+<br />

+<br />

+<br />

Radicale libero 2<br />

Cl<br />

Anione<br />

B<br />

Anione<br />

A B<br />

Catione<br />

-<br />

-<br />

+


decompone <strong>in</strong> un radicale libero ed un catione (1,<br />

13, 14).<br />

Attraverso questo meccanismo, per esempio, il<br />

ferro (Fe 2+ /Fe 3+ ) oppure il rame (Cu + /Cu 2+ ) agiscono<br />

da catalizzatori <strong>in</strong> una sequenza di reazioni di<br />

ossido-riduzione generando, a partire dai perossidi,<br />

radicali <strong>liberi</strong> (13, 14, 16).<br />

Nel caso più semplice – descritto per la prima<br />

volta da Fenton – uno ione ferroso (Fe 2+ ), ossidandosi<br />

a ione ferrico (Fe 3+ ), cede il suo elettrone ad<br />

una molecola di perossido di idrogeno (H 2O 2) e ne<br />

sc<strong>in</strong>de uno dei legami covalenti, generando un radicale<br />

libero (il radicale idrossile, HO • ) ed un anione<br />

(ione ossidrile) (13,14, 16, 27).<br />

A sua volta, lo ione ferrico (Fe 3+ ) si riduce – rigenerandosi<br />

come qualsiasi catalizzatore – a ione<br />

ferroso (Fe 2+ ), strappando un elettrone da una seconda<br />

molecola di perossido di idrogeno, che è scissa<br />

<strong>in</strong> un radicale libero (un radicale peridrossile<br />

(HOO • ), e un catione (uno ione idrogeno, H + ) (figura<br />

1. 7) (13, 14, 16).<br />

H–O–O–H<br />

Perossido<br />

di idrogeno<br />

H–O–O• H–O–O• H–O–O• Radicale<br />

peridrossile<br />

Figura 1. 7 Decomposizione del perossido di idrogeno<br />

Allo stesso modo, anche gli idroperossidi sono<br />

scissi, per azione catalitica del ferro, <strong>in</strong> radicali alcossilici<br />

(RO • ) e perossilici (ROO • ) (figura 1. 8) (1).<br />

R-O-O-H<br />

R-O-O-H<br />

(Alchil)<br />

(Alchil)<br />

idroperossido<br />

idroperossido<br />

R-O-O .<br />

R-O-O .<br />

R-O-O .<br />

R-O-O .<br />

R-O-O .<br />

R-O-O .<br />

Radicale<br />

(idro)perossilico<br />

Fe2+ Fe2+ Fe2+ Fe2+ Fe2+ Fe2+ H + H + H + H + H + H +<br />

OH- OH- OH- Fe2+ Fe3+ Fe2+ Fe3+ Fe2+ Fe3+ H + H + H +<br />

OH -<br />

OH -<br />

OH -<br />

OH -<br />

OH -<br />

OH -<br />

Fe3+ Fe3+ Fe3+ Fe3+ Fe3+ Fe3+ H–O• H–O• H–O• Radicale<br />

idrossile<br />

H–O–O–H<br />

Perossido<br />

di idrogeno<br />

R-O .<br />

R-O .<br />

R-O .<br />

R-O .<br />

R-O .<br />

R-O .<br />

Radicale<br />

alcossilico<br />

R-O-O-H<br />

(Alchil)<br />

idroperossido<br />

Figura 1. 8 Decomposizione degli idroperossidi<br />

In assenza di catalizzatori, la scissione dei perossidi<br />

– che dà luogo ad un’unica specie radicalica,<br />

quella alcossilica – può avvenire solo <strong>in</strong> seguito a<br />

somm<strong>in</strong>istrazione di energia (figura 1. 4) (28).<br />

Un’ultima modalità di formazione di radicali <strong>liberi</strong>,<br />

tra quelle di maggiore rilevanza biologica, è la<br />

decomposizione degli azocomposti, dalla quale orig<strong>in</strong>ano,<br />

per sottrazione di azoto molecolare (N 2) radicali<br />

alchilici (figura 1. 4) (28).<br />

Una volta <strong>in</strong>nescata, una reazione radicalica a<br />

catena tende a propagarsi (step 2).<br />

8<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

Si dist<strong>in</strong>guono 4 meccanismi fondamentali di<br />

propagazione delle reazioni radicaliche: trasferimento,<br />

addizione, frammentazione e riarrangiamento<br />

(28).<br />

Tra questi, il più comune nell’ambito delle reazioni<br />

radicaliche è il trasferimento. In tale modalità,<br />

il radicale libero – generato da una delle precedenti<br />

reazioni di <strong>in</strong>izio – attacca una molecola sottraendo<br />

ad essa uno dei suoi atomi (generalmente un atomo<br />

di idrogeno). Il risultato f<strong>in</strong>ale è la formazione di<br />

una nuova specie reattiva e, <strong>in</strong> pratica, il trasferimento<br />

del sito radicalico (figura 1. 9A).<br />

A<br />

B<br />

+<br />

A R H<br />

Radicale libero<br />

(ossidante)<br />

Radicale Radicale<br />

ossidrile<br />

Figura 1. 9 Reazione di trasferimento<br />

Con questo meccanismo, per esempio, il radicale<br />

ossidrile (HO • ) attaccando una molecola organica<br />

(R–H), strappa a questa un atomo di idrogeno, generando,<br />

accanto ad una molecola d’acqua (H2O),<br />

un radicale alchilico (R • ) (figura 1. 9, B). Così, il sito<br />

radicalico si trasferisce dal radicale ossidrile al radicale<br />

alchile.<br />

Inf<strong>in</strong>e, una reazione radicalica a catena può arrestarsi<br />

(term<strong>in</strong>e, step 3) o per comb<strong>in</strong>azione o per<br />

disproporzione.<br />

In particolare, nella comb<strong>in</strong>azione, che è la reazione<br />

<strong>in</strong>versa della scissione omolitica, due radicali<br />

<strong>liberi</strong> reagiscono tra loro dando luogo ad una molecola<br />

non più reattiva (figura 1. 10) (28).<br />

R<br />

Radicale libero 1<br />

(ossidante)<br />

Molecola<br />

bersaglio<br />

+<br />

R 1<br />

Radicale libero 2<br />

(antiossidante)<br />

A H<br />

Nuova<br />

molecola<br />

R R 1<br />

Nuova<br />

molecola<br />

Figura 1. 10 Reazione di comb<strong>in</strong>azione<br />

Il primo radicale agisce come ossidante, mentre<br />

il secondo si comporta come un generico antiossidante<br />

(vedi appresso).<br />

Questo meccanismo – come verrà <strong>in</strong> seguito discusso<br />

– viene sfruttato per bloccare una reazione<br />

radicalica e <strong>in</strong> generale, un qualsiasi processo radicalico<br />

a catena, sia esso <strong>in</strong>dustriale o biologico, può<br />

essere <strong>in</strong>terrotto grazie all’<strong>in</strong>tervento di agenti denom<strong>in</strong>ati<br />

<strong>antiossidanti</strong>.<br />

+<br />

R<br />

Nuovo radicale<br />

(ossidante)<br />

O H + R H R + H O H<br />

Substrato<br />

organico<br />

Radicale<br />

alchile<br />

Acqua


1. 4 La produzione di specie reattive<br />

negli organismi viventi<br />

Negli organismi viventi le specie chimiche reattive<br />

e, <strong>in</strong> particolare, i ROS sono generati nel corso<br />

della normale attività metabolica cellulare; alcuni<br />

agenti esogeni, tuttavia, possono <strong>in</strong>crementarne la<br />

produzione, anche con meccanismo diretto (figura<br />

1. 11) (5-7, 25).<br />

Agenti<br />

esogeni<br />

Figura 1. 11 Meccanismo generale di produzione dei ROS<br />

E’ possibile <strong>in</strong>dividuare almeno 5 fonti metaboliche<br />

primarie di radicali <strong>liberi</strong>, <strong>in</strong> rapporto al sito cellulare<br />

prevalentemente <strong>in</strong>teressato nella produzione<br />

dei ROS stessi: la plasmamembrana, i mitocondri, i<br />

perossisomi, il reticolo endoplasmatico liscio (microsomi)<br />

e il citosol. E’ bene ricordare che <strong>in</strong> ciascuna<br />

di queste sedi i ROS vengono prodotti o spontaneamente<br />

o per effetto di reazioni catalizzate da enzimi<br />

o da metalli di transizione (es. ferro o rame)<br />

(figura 1. 12) (24).<br />

NADPH ossidasi<br />

Lipoossigenasi<br />

Xant<strong>in</strong>a ossidasi<br />

Aldeide ossidasi<br />

Produzione<br />

di ROS<br />

Metabolismo<br />

cellulare<br />

NADH deidrogenasi<br />

Citocromo ossidasi<br />

Citocromo P 450<br />

Citocromo b 5<br />

Figura 1. 12 Fonti cellulari primarie di produzione di ROS (24)<br />

La plasmamembrana rappresenta una delle fonti<br />

più importanti di ROS, particolarmente (ma non<br />

esclusivamente) nei leucociti polimorfonucleati<br />

(PMN). Infatti, nella plasmamembrana di queste<br />

cellule sono localizzati diversi enzimi, quali la<br />

NADPH ossidasi e le lipoossigenasi, la cui attivazione<br />

si accompagna alla produzione, rispettivamente<br />

di anione superossido e di <strong>in</strong>termedi metabolici con<br />

caratteristiche chimiche di perossidi (24).<br />

La NADPH ossidasi è un enzima che catalizza la<br />

formazione di anione superossido da NADPH(H + ) ed<br />

ossigeno molecolare, <strong>in</strong> seguito a stimolazione specifica<br />

dei PMN, per esempio da parte di endotoss<strong>in</strong>e,<br />

batteri, o anticorpi).<br />

La reazione, che avviene verosimilmente <strong>in</strong> due<br />

tappe, è resa possibile dall’aumentata disponibilità<br />

9<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

di NADPH(H + ), per l’aumentata ossidazione del<br />

glucosio attraverso lo shunt degli esosi, e di<br />

ossigeno molecolare, nell’ambito del cosiddetto “respiratory<br />

burst” (vedi più avanti).<br />

Il sistema della lipoossigenasi, localizzato<br />

anch’esso a livello della plasmamembrana, comprende<br />

tre enzimi, la 5-, la 12-, e la 15lipoossigenasi,<br />

che catalizzano la formazione, a partire<br />

dall’acido arachidonico, del 5-, del 12- e del 15-<br />

HPETE, rispettivamente (29). Queste sostanze sono<br />

chimicamente degli idroperossidi acidi, un gruppo<br />

particolare di ROS spesso <strong>in</strong>dicati con la sigla di<br />

ROM (reactive oxygen metabolites, cioè metaboliti o<br />

derivati reattivi dell’ossigeno).<br />

La produzione di ROS a livello della plasmamembrana<br />

dei PMN, per attivazione della NADPH<br />

ossidasi e/o delle lipossigenasi, avviene, tipicamente,<br />

nel corso di processi reattivi (es. <strong>in</strong>fezioni, immunoreazioni<br />

patogene, <strong>in</strong>fiammazioni).<br />

I mitocondri rappresentano la fonte metabolica<br />

primaria di ROS perché sulle loro creste sono localizzati<br />

i complessi enzimatici della catena respiratoria<br />

deputati alla fosforilazione ossidativa (18).<br />

Idealmente, il trasferimento di elettroni dal<br />

NAD ridotto al citocromo C e da questo all’ossigeno<br />

dovrebbe concludersi, una volta s<strong>in</strong>tetizzato l’ATP,<br />

con la produzione di H2O (riduzione tetravalente<br />

dell’ossigeno molecolare) (18).<br />

Tuttavia, già <strong>in</strong> condizioni normali, questo processo<br />

non è perfetto, per cui <strong>in</strong> maniera non facilmente<br />

controllabile una certa quota di elettroni (1-<br />

2%) sfugge al sistema di tra<strong>sport</strong>o dei vari coenzimi<br />

(es. ubich<strong>in</strong>one, flavoprote<strong>in</strong>e, citocromi, ecc.) e reagisce<br />

direttamente con l’ossigeno molecolare, generando,<br />

così, anione superossido e /o perossido di<br />

idrogeno (riduzione uni- e bivalente dell’ossigeno<br />

molecolare) (18).<br />

Per avere un’idea di questo processo, si consideri<br />

che è stato calcolato che durante un esercizio<br />

fisico <strong>in</strong>tenso nei muscoli scheletrici, a causa<br />

dell’<strong>in</strong>tensa stimolazione metabolica cellulare la<br />

quota di questo shunt elettronico può raggiungere il<br />

15% dell’ossigeno utilizzato dai mitocondri (18).<br />

Il fenomeno della riduzione uni o bivalente<br />

dell’ossigeno molecolare avviene, nei mitocondri,<br />

senza l’<strong>in</strong>tervento di enzimi, al contrario di quanto<br />

osservato <strong>in</strong> altre sedi cellulari (figura 1. 13) (18).<br />

O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e- 1e- 1e- O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e- 1e- 1e- O O<br />

.<br />

2 2 H2O2 HO .<br />

1e- 1e- 1e- 1e- Riduzione<br />

univalente<br />

2 H + 2 H + 2 H +<br />

Riduzione tetravalente<br />

Riduzione<br />

univalente<br />

Riduzione bivalente<br />

1H + 1H + 1H +<br />

Riduzione bivalente<br />

H H2O 2O 2O<br />

Figura 1. 13 Modalità di riduzione dell’ossigeno molecolare (18)


In altre parole, da un punto di vista squisitamente<br />

chimico la produzione di radicali <strong>liberi</strong> nel<br />

corso della fosforilazione ossidativa è esattamente<br />

una modalità non enzimatica di produzione di<br />

specie reattive (18).<br />

In realtà, come si è appenna accennato, la generazione<br />

di radicali <strong>liberi</strong> negli organismi viventi è<br />

strettamente legata ai fenomeni vitali e, pertanto,<br />

costituisce un fenomeno “fisiologico” che avviene<br />

cont<strong>in</strong>uamente nel corso di reazioni di ossidoriduzione<br />

attraverso meccanismi sia enzimatici che non<br />

enzimatici (18).<br />

A questo punto è opportuno sottol<strong>in</strong>eare che,<br />

oltre ai mitocondri, esistono anche altre fonti non<br />

enzimatiche di radicali <strong>liberi</strong> nelle cellule. Per esempio,<br />

i peross<strong>in</strong>itriti generano spontaneamente radicale<br />

idrossile e radicale nitrossido.<br />

Tuttavia, le reazioni non enzimatiche più importanti<br />

sotto il profilo biologico per la produzione di<br />

radicali <strong>liberi</strong> sono quelle catalizzate da metalli di<br />

transizione.<br />

In queste reazioni, che richiedono generalmente<br />

ferro o rame allo stato ridotto (rispettivamente<br />

Fe 2+ e Cu + ) il perossido di idrogeno (generato attraverso<br />

varie metaboliche, come si preciserà più<br />

avanti) è scisso <strong>in</strong> radicale idrossile e ione ossidrile<br />

per <strong>in</strong>globamento dell’elettrone strappato al<br />

metallo di transizione, che viene rilasciato <strong>in</strong> forma<br />

ossidata (rispettivamente Fe 3+ e Cu 2+ ); analoga reazione<br />

subiscono gli idroperossidi, che generano il<br />

radicale alcossile (figure 1. 7 e 1. 8) (13, 14, 16).<br />

Gli enzimi che rigenerano metalli di transizione<br />

allo stato ridotto costituiscono un complesso <strong>in</strong>dicato<br />

con la sigla MCO (sistemi di ossidazione metallocatalizzata)<br />

(27).<br />

Essi comprendono la xant<strong>in</strong>a ossidasi, la NADPH<br />

e la NADH ossidasi, l’acido nicot<strong>in</strong>ico idrossilasi, il<br />

sistema del citocromo P 450, la NADH reduttasi (coenzima<br />

ch<strong>in</strong>onico), la succ<strong>in</strong>ico-reduttasi (coenzima<br />

ch<strong>in</strong>onico) e varie prote<strong>in</strong>e a ferro-zolfo non em<strong>in</strong>ico.<br />

I ch<strong>in</strong>oni e i gruppi prostetici flav<strong>in</strong>ici ridotti generati<br />

da questi enzimi riducono a loro volta i metalli<br />

di transizione, provocando la riduzione diretta<br />

dell’ossigeno molecolare a radicale idrossile e/o a<br />

perossido di idrogeno (attraverso la mediazione o<br />

meno dell’anione superossido) (figura 1. 14) (27).<br />

QH 2<br />

O 2<br />

FH 2<br />

O 2<br />

QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- QH*, H- 2H + 2H + 2H +<br />

x2<br />

O *<br />

2<br />

O 2<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

H2 O2 Fe(II)<br />

F FH +<br />

*OH + OH- *OH + OH + Fe (III)<br />

- *OH + OH + Fe (III)<br />

- + Fe (III)<br />

Fe(III)<br />

Figura 1. 14 Sistemi MCO e ciclo del ferro (27)<br />

10<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

Oltre alla plasmamembrana ed ai mitocondri,<br />

anche i perossisomi rappresentano una fonte importante<br />

di ROS.<br />

In questi organuli cellulari, <strong>in</strong>fatti, avviene un<br />

particolare processo di ossidazione degli acidi grassi,<br />

che è diverso da quello convenzionale (bossidazione).<br />

Nella prima tappa di tale sequenza di<br />

reazioni, una flavoprote<strong>in</strong>a estrae una coppia di atomi<br />

di idrogeno da una molecola di acido grasso<br />

attivato (acil-CoA) trasferendola direttamente<br />

all’ossigeno molecolare, con formazione di perossido<br />

di idrogeno (successivamente <strong>in</strong>attivato dalla catalasi).<br />

Nel reticolo endoplasmatico (microsomi) la produzione<br />

di specie reattive passa attraverso il citocromo<br />

P450. Quest’ultimo gioca un ruolo di primo<br />

piano nei processi di detossificazione (19, 20, 24).<br />

Infatti, il citocromo P450 agisce come donatore<br />

immediato di elettroni <strong>in</strong> molte idrossilazioni, <strong>in</strong> particolare<br />

quelle che avvengono all’<strong>in</strong>terno degli epatociti<br />

e che sono f<strong>in</strong>alizzate all’<strong>in</strong>attivazione di ormoni<br />

(es. steroidei) e composti non fisiologici (xenobiotici,<br />

quali tossici e farmaci idrofobici che vengono<br />

<strong>in</strong> tal modo resi più solubili e meno tossici)<br />

(24).<br />

Il citocromo P450 è una prote<strong>in</strong>a a ferro em<strong>in</strong>ico<br />

presente non solo nel reticolo endoplasmatico del<br />

fegato ma anche nei mitocondri della corticale del<br />

surrene che, <strong>in</strong> un processo molto complesso e non<br />

ancora perfettamente chiarito, fa da trait-d’union<br />

fra l’NADPH(H + ) (donatore di elettroni) e substrato<br />

da idrossilare (24).<br />

In tale complessa reazione un substrato idrossilabile<br />

(SH) reagisce con NADPH(H + ) ed ossigeno<br />

molecolare (O 2) per formare il corrispondente derivato<br />

idrossilato (S-OH), <strong>in</strong>sieme a NADP + ed acqua.<br />

Una produzione di radicali <strong>liberi</strong> avviene nella<br />

cellula anche nel corso di numerose altre reazioni<br />

biochimiche, come ad esempio durante l’ossidazione<br />

dell’ipoxant<strong>in</strong>a a xant<strong>in</strong>a e della xant<strong>in</strong>a ad acido<br />

urico, che contrassegnano la fase f<strong>in</strong>ale del catabolismo<br />

dei nucleotidi pur<strong>in</strong>ici (AMP → IMP → <strong>in</strong>os<strong>in</strong>a<br />

→ ipoxant<strong>in</strong>a → xant<strong>in</strong>a → acido urico) (24).<br />

Ambedue le suddette reazioni sono catalizzate<br />

dalla xant<strong>in</strong>a deidrogenasi, un enzima a molibdeno.<br />

In particolari condizioni, come nel corso del cosiddetto<br />

danno da ischemia-riperfusione, la xant<strong>in</strong>a<br />

deidrogenasi è convertita <strong>in</strong> xant<strong>in</strong>a ossidasi. Tale<br />

conversione è legata verosimilmente all’attivazione<br />

di specifiche proteasi, <strong>in</strong>dotta dall’<strong>in</strong>cremento del<br />

calcio libero all’<strong>in</strong>terno della cellula, una delle conseguenze<br />

del danno ossidativo da radicali <strong>liberi</strong>.<br />

La xant<strong>in</strong>a ossidasi, derivata dal clivaggio proteolitico<br />

della xant<strong>in</strong>a deidrogenasi, diversamente<br />

da quest’ultima, utilizza come accettore f<strong>in</strong>ale di elettroni<br />

direttamente l’ossigeno, generando così perossido<br />

di idrogeno ed anione superossido, a partire,<br />

rispettivamente, dall’ipoxant<strong>in</strong>a e dalla xant<strong>in</strong>a<br />

(figura 1. 15).


Ipoxant<strong>in</strong>a Xant<strong>in</strong>a<br />

H 2 O + O 2<br />

← Xant<strong>in</strong>a ossidasi →<br />

H 2 O 2<br />

Xant<strong>in</strong>a Acido Acido urico<br />

urico<br />

O 2<br />

O -<br />

2<br />

Figura 1. 15 Produzione di ROS dal catabolismo pur<strong>in</strong>ico<br />

Altre reazioni che generano radicali <strong>liberi</strong> sono<br />

descritte nella s<strong>in</strong>tesi delle catecolamm<strong>in</strong>e (24).<br />

Da quanto esposto f<strong>in</strong>ora, si ev<strong>in</strong>ce che i ROS<br />

rappresentano <strong>in</strong>termedi quasi obbligati del metabolismo<br />

cellulare. E poiché la loro produzione è<br />

strettamente legata ai fenomeni vitali, a ragione essi<br />

sono stati def<strong>in</strong>iti “<strong>in</strong>sostituibili compagni di viaggio”<br />

della nostra esistenza (4).<br />

Appare evidente che <strong>in</strong> ciascun sito cellulare, la<br />

produzione di specie reattive ha una sua specifica<br />

funzione. Infatti, è stato riconosciuto che i ROS<br />

giocano un ruolo importante “al servizio della vita”<br />

perché sono co<strong>in</strong>volti non solo nel metabolismo cellulare<br />

ma anche nei “processi reattivi”, quali <strong>in</strong>fezioni<br />

e <strong>in</strong>fiammazioni.<br />

Per esempio, l’anione superossido e gli altri ROS<br />

vengono generati sulla superficie esterna della plasmamembrana<br />

dei leucociti attivati. Queste specie<br />

reattive attaccheranno componenti estranei quali<br />

batteri <strong>in</strong>debolendone la parete e rendendoli più facilmente<br />

accessibili alla fagocitosi e, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva,<br />

alla loro distruzione. Queste attività “immunologiche”<br />

si estr<strong>in</strong>secano non solo nei confronti di componenti<br />

estranei ma anche contro componenti “self”<br />

quali tessuti o organi trapiantati (reazione di rigetto).<br />

Questa strategia viene anche utilizzata nel corso<br />

della guarigione di organi o tessuti soggetti a traumi.<br />

Infatti, i leuociti migrano nell’area lesa, si attivano<br />

e <strong>in</strong>iziano a bombardare le cellule danneggiate<br />

con i radicali <strong>liberi</strong> che accelerano la loro distruzione,<br />

allontanamento dei sottoprodotti di lisi, e il corrispondente<br />

recupero (rigenerazione) (18).<br />

La produzione di radicali <strong>liberi</strong> da parte delle<br />

cellule può, talvolta, subire un <strong>in</strong>cremento notevole<br />

per effetto di stimolazioni esterne. Infatti, agenti<br />

fisici, chimici e biologici, da soli o <strong>in</strong> comb<strong>in</strong>azione<br />

tra loro, possono <strong>in</strong>durre direttamente la generazione<br />

di ROS o aumentarne la “fisiologica” produzione<br />

attraverso una specifica stimolazione metabolica<br />

(18).<br />

Tra gli agenti fisici, sono da segnalare le radiazioni<br />

ionizzanti e i raggi UV.<br />

Ambedue queste fonti energetiche possono <strong>in</strong>durre<br />

il fenomeno della scissione omolitica<br />

dell’acqua, detto anche radiolisi o fotolisi a seconda<br />

del tipo di radiazione co<strong>in</strong>volto (figura 1. 16) (7).<br />

11<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

H R H UV H R + H<br />

Acqua Radicale<br />

Radicale<br />

idrossile<br />

idrogeno<br />

Figura 1. 16 La fotolisi dell’acqua<br />

In questa reazione la molecola d’acqua assorbe<br />

energia e la utilizza per sc<strong>in</strong>dere uno dei suoi due<br />

legami covalenti con l’idrogeno: i prodotti saranno<br />

due radicali <strong>liberi</strong>, il radicale idrossile e l’atomo di<br />

idrogeno. Considerato che un organismo vivente è<br />

costituito prevalentemente da acqua e che trascorre<br />

gran parte della sua vita sotto l’effetto di radiazioni<br />

(UV o ionizzanti che siano) appare evidente quanto<br />

questo fenomeno <strong>in</strong>cida<strong>in</strong> maniera sostanziale<br />

sulla produzione di radicali <strong>liberi</strong>.<br />

Fra gli agenti chimici <strong>in</strong> grado di stimolare la<br />

produzione di radicali <strong>liberi</strong> è da citare l’ozono (un<br />

ROS) che genera direttamente radicali perossilici<br />

per <strong>in</strong>terazione con composti fenolici (28).<br />

I due casi f<strong>in</strong>ora considerati (radiazioni e ozono)<br />

costituiscono esempi di produzione diretta di specie<br />

reattive. Altri agenti chimici, <strong>in</strong>vece, quali gli idrocarburi<br />

aromatici policiclici o taluni farmaci, <strong>in</strong>ducono<br />

un aumento della produzione dei radicali <strong>liberi</strong><br />

attraverso un meccanismo <strong>in</strong>diretto, attivando il sistema<br />

del citocromo P450 a livello microsomiale.<br />

Agenti biologici che tipicamente <strong>in</strong>ducono un<br />

aumento della produzione di ROS per attivazione<br />

metabolica specifica sono i batteri, nell’ambito del<br />

fisiologico processo di difesa dalle <strong>in</strong>fezioni, e taluni<br />

anticorpi, nell’ambito di alcune reazioni immunopatogene.<br />

In questi casi sono chiamati direttamente <strong>in</strong><br />

causa i PMN che, come si è detto, possiedono oltre<br />

alla citata NADPH ossidasi, una serie di enzimi direttamente<br />

co<strong>in</strong>volti nella produzione e, <strong>in</strong> parte,<br />

nell’<strong>in</strong>attivazione di specie reattive, quali la superossidodismutasi<br />

(SOD), la mieloperossidasi (MPx), la<br />

catalasi (CAT) e la glutatione perossidasi (GPx) (figura<br />

1. 17).<br />

Batteri, endotoss<strong>in</strong>e, anticorpi<br />

Ossidazione diretta<br />

del glucosio<br />

Generazione di<br />

NADPH + H +<br />

Generazione di<br />

NADPH + H +<br />

↑ Captazione di<br />

ossigeno<br />

↑ Disponibilità di<br />

ossigeno<br />

Attivazione NADPH ossidasi<br />

HClO<br />

.<br />

O 2<br />

SOD<br />

H H2O 2O 2<br />

MPx CAT GPx<br />

H H2O 2O<br />

NADPH ossidasi<br />

NADPH + O2 → NADP . + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O2 → NADP + NADPH ossidasi<br />

NADPH + O2 → NADP<br />

+ O<br />

.<br />

2<br />

. + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O2 → NADP + NADPH ossidasi<br />

NADPH + O2 → NADP<br />

+ O<br />

.<br />

2<br />

. + H + + O<br />

.<br />

2<br />

NADP . + O2 → NADP + + O<br />

.<br />

2<br />

Superossido dismutasi (SOD)<br />

2 O<br />

.<br />

2 + 2 H +<br />

2 + 2 H +<br />

2 + 2 H + → H2 O 2 + O 2<br />

Mieloperossidasi (MPx)<br />

HCl + H 2 O 2 → H 2 O + HClO<br />

Catalasi (CAT)<br />

2 H 2 O 2 → 2H 2 O + O 2<br />

Glutatione perossidasi (GPx)<br />

2 GSH + H 2 O 2 → 2H 2 O + GSSG<br />

Figura 1. 17 Produzione reattiva di ROS da parte dei PMN


La SOD catalizza la trasformazione dell’anione<br />

superossido <strong>in</strong> perossido di idrogeno che, a sua volta,<br />

può essere <strong>in</strong>attivato ad acqua per azione della<br />

CAT o della GPx. Tuttavia, la disponibilità di cloruri<br />

– anche a concentrazioni fisiologiche – rende il perossido<br />

di idrogeno substrato della MPx. Il risultato<br />

f<strong>in</strong>ale è la produzione di un agente altamente ossidante,<br />

l’acido ipocloroso (HClO). Come verrà precisato<br />

<strong>in</strong> seguito, l’HClO può attaccare numerosi substrati<br />

organici e, <strong>in</strong> particolare, amm<strong>in</strong>oacidi e prote<strong>in</strong>e,<br />

per produrre cloroamm<strong>in</strong>e, una potenziale<br />

fonte di radicali alcossilici e perossilici (15, 31).<br />

Inf<strong>in</strong>e, giova ricordare che un aumento della<br />

produzione di radicali <strong>liberi</strong> può osservarsi <strong>in</strong> situazioni<br />

“fisiologiche”, come ad esempio dopo un <strong>in</strong>tenso<br />

sforzo muscolare o nel corso di numerose<br />

malattie. In quest’ultimo caso, spesso, non è chiaro<br />

f<strong>in</strong>o a che punto i ROS siano la causa o l’effetto della<br />

patologia considerata (vedi più avanti).<br />

1. 5 Metabolismo delle più importanti<br />

specie reattive di <strong>in</strong>teresse biologico<br />

Le più comuni specie reattive di <strong>in</strong>teresse biologico<br />

sono quelle centrate sull’ossigeno, sull’azoto,<br />

sul carbonio e sul cloro (tabella 1. 1).<br />

Tra le specie reattive primarie dell’ossigeno,<br />

l’ossigeno s<strong>in</strong>goletto rappresenta una varietà radicalica<br />

che può orig<strong>in</strong>arsi per eccitazione dell’ossigeno<br />

molecolare o per comb<strong>in</strong>azione di radicali perossilici<br />

(figura 1. 18) (2).<br />

O 2<br />

Eccitazione<br />

1<br />

O2<br />

2 ROO• 2 ROO• 2 ROO• 2 ROO• Comb<strong>in</strong>azione<br />

Figura 1. 18 Modalità di generazione dell’ossigeno s<strong>in</strong>goletto<br />

Molto più complessa è, <strong>in</strong>vece, la formazione<br />

dell’anione superossido (figura 1. 19) (11).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

NADPH<br />

ossidasi<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione univalente<br />

HO• HO• HO• Ossidazione<br />

mista NADPH<br />

Reazione di Haber-Weiss<br />

O 2<br />

Citocromi<br />

P 450 e 5 b<br />

Ossidazione mista<br />

ipoxant<strong>in</strong>a<br />

Figura 1. 19 Metabolismo dell’anione superossido<br />

e<br />

Autoossidazione<br />

Xant<strong>in</strong>a<br />

ossidasi<br />

Superossido dismutasi<br />

H 2 O 2<br />

12<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

Infatti, esso risulta dall’addizione, ad una molecola<br />

di ossigeno, di un elettrone, il quale può provenire<br />

da diverse vie metaboliche. Tra queste assumono<br />

rilevante importanza la catena respiratoria<br />

(riduzione univalente), il “respiratory burst” e, <strong>in</strong><br />

condizioni di ischemia-riperfusione, il catabolismo<br />

dei nucleotidi pur<strong>in</strong>ici. Una volta generato, l’anione<br />

superossido può andare <strong>in</strong>contro alla reazione di<br />

Fenton, generando il radicale altamente istolesivo<br />

idroperossido, oppure dismutare, per azione della<br />

SOD, a perossido di idrogeno, meno tossico.<br />

Il radicale idrossile, noto per la sua enorme potenzialità<br />

istolesiva, può derivare da un’ampia serie<br />

di reazioni, tra le quali spiccano la catena respiratoria,<br />

la già discussa fotolisi dell’acqua, la decomposizione<br />

del perossido di idrogeno, la scissione spontanea<br />

dei peross<strong>in</strong>itriti e la reazione dell’ozono con i<br />

nitriti (figura 1. 20) (9, 10).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

Figura 1. 20 Metabolismo del radicale idrossile<br />

Inf<strong>in</strong>e, il perossido di idrogeno viene generato<br />

prevalentemente attraverso meccanismi di tipo enzimatico<br />

e per via enzimatica è generalmente <strong>in</strong>attivato<br />

o dà luogo alla formazione di specie chimiche<br />

più ossidanti (figura 1. 21) (2).<br />

Respirazione<br />

polmonare<br />

O 2<br />

HO• HO• HO• O O2* 2* 2* H H2O 2O 2O H H2O 2O 2O 2<br />

Reazione di<br />

Haber-Weiss<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione univalente<br />

RH<br />

Superossido<br />

dismutasi<br />

Catena<br />

respiratoria<br />

Riduzione bivalente<br />

H 2 O<br />

Radiolisi<br />

Reazione<br />

di Fenton<br />

HO• HO• HO• R • R • R •<br />

Amm<strong>in</strong>oacido<br />

ossidasi<br />

Ossidazione mista<br />

H 2 O 2 ipoxant<strong>in</strong>a<br />

Reazione di<br />

Haber-Weiss Catalasi Perossidasi<br />

H H2O 2O 2O<br />

Scissione<br />

spontanea<br />

Reazione con ozono<br />

HONOO<br />

Fenoli<br />

Xant<strong>in</strong>a<br />

ossidasi<br />

Mieloperossidasi<br />

Figura 1. 21 Metabolismo del perossido di idrogeno<br />

ClO- ClO- ClO- Le specie reattive primarie dell’ossigeno possono<br />

attaccare qualsiasi substrato organico, generando<br />

specie reattive secondarie, note anche come metaboliti<br />

o derivati reattivi dell’ossigeno (reactive oxygen<br />

metabolites, ROM), quali gli idroperossidi.<br />

Questi, a loro volta, <strong>in</strong> particolari condizioni, possono<br />

dare orig<strong>in</strong>e a specie chimiche particolarmente<br />

reattive quali i radicali perossile e alcossile (1).


Le specie reattive centrate sull’azoto di maggiore<br />

rilevanza biomedica comprendono varietà sia radicaliche<br />

che non radicaliche. Fra le prime sono da<br />

citare l’ossido d’azoto, impropriamente detto ossido<br />

nitrico (NO • ), e il biossido nitrico (NO 2 • ); fra le seconde,<br />

piuttosto numerose, ricordiamo, <strong>in</strong>vece,<br />

l’acido nitroso e il peross<strong>in</strong>itrito.<br />

L’ossido nitrico, un gas considerato a lungo un<br />

<strong>in</strong>qu<strong>in</strong>ante ambientale, viene prodotto, <strong>in</strong>sieme alla<br />

L-citrull<strong>in</strong>a, a partire dall’amm<strong>in</strong>oacido L-arg<strong>in</strong><strong>in</strong>a, <strong>in</strong><br />

una reazione catalizzata dall’enzima ossido nitrico<br />

s<strong>in</strong>tetasi (nitric oxide synthase, NOS) (17).<br />

Quest’ultimo possiede la s<strong>in</strong>golare proprietà di ospitare<br />

sulla stessa catena polipeptidica due dom<strong>in</strong>i ad<br />

azione catalitica, uno reduttasico ed uno ossigenasico,<br />

e richiede come cofattori NADPH e pterid<strong>in</strong>a ridotta<br />

(8). La NOS esiste <strong>in</strong> almeno 2 isoforme, una<br />

costitutiva (cellule endoteliali, piastr<strong>in</strong>e, neuroni) ed<br />

una <strong>in</strong>ducibile (cellule <strong>in</strong>fiammatorie) (figura 1. 22).<br />

H H2N 2N 2N<br />

NH<br />

NH<br />

NADPH<br />

O 2<br />

H3N + COO- H3N + COO- H3N + COO- L-arg<strong>in</strong><strong>in</strong>a<br />

H H2N 2N 2N<br />

NH<br />

N–OH<br />

H3N + COO- H3N + COO- H3N + COO- NADPH<br />

O 2<br />

H H2N 2N 2N<br />

NH<br />

Figura 1. 22 Bios<strong>in</strong>tesi del l’ossido nitrico<br />

+ NO<br />

Nei sistemi biologici, l’NO agisce come un importante<br />

messaggero <strong>in</strong>tra- ed <strong>in</strong>ter-cellulare regolando<br />

molte funzioni quali la pressione arteriosa, la<br />

respirazione, la coagulazione del sangue, e alcune<br />

attività cerebrali (17). Esso, <strong>in</strong>oltre, gioca un ruolo<br />

determ<strong>in</strong>ante nella difesa dalle <strong>in</strong>fezioni batteriche e<br />

nella prevenzione dei tumori (30). Tuttavia, se generato<br />

<strong>in</strong> quantità abnormi esso è anche un potente<br />

killer cellulare.<br />

Nell’NO gli elettroni spaiati del livello energetico<br />

più esterno (c<strong>in</strong>que appartenenti all’azoto e sei<br />

all’ossigeno) generano una specie chimica non carica,<br />

dotata di proprietà paramagnetiche e, dunque,<br />

un radicale (figura 1. 23) (17).<br />

Figura 1. 23 Formula di struttura dell’ossido nitico<br />

In quanto radicale libero, l’NO reagisce rapidamente<br />

con altre specie aventi elettroni spaiati.<br />

O<br />

H3N + COO- H3N + COO- H3N + COO- N-idrossiarg<strong>in</strong><strong>in</strong>a L-citrull<strong>in</strong>a<br />

N O<br />

13<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

L’effetto f<strong>in</strong>ale può essere un’ossidazione, una<br />

riduzione oppure il legame con altre molecole, <strong>in</strong><br />

funzione del microambiente (figura 1. 24) (17).<br />

N 2 O 3<br />

RS–NO<br />

RNH–NO<br />

R-SH / R-NH 2<br />

NO -<br />

3<br />

Redox<br />

L-arg<strong>in</strong><strong>in</strong>a<br />

NOS<br />

NO -<br />

2 NO• pH


Specificamente, il peross<strong>in</strong>itrito è responsabile<br />

della nitrazione dei residui fenolici delle tiros<strong>in</strong>e, che<br />

conduce alla formazione di nitrotiros<strong>in</strong>a, un marker<br />

della tossicità tissutale dell’NO. A pH neutro, il peross<strong>in</strong>itrito,<br />

genera, a sua volta, l’acido peross<strong>in</strong>itroso<br />

(ONOOH). Quest’ultimo può attaccare diverse<br />

molecole con produzione secondaria di radicale idrossile<br />

ed altri <strong>in</strong>termedi reattivi.<br />

Tuttavia, <strong>in</strong> quanto radicale libero, l’NO può anche<br />

svolgere un’attività antiossidante, come scavenger<br />

dei radicali alcossilici e perossilici.<br />

14<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

La prevalenza dell’una o dell’altra azione dipenderà<br />

dalle concentrazioni relative delle s<strong>in</strong>gole specie<br />

reattive implicate.<br />

Per completezza, occorre aggiungere che, oltre<br />

alle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto, assumono<br />

rilevante importanza, anche i radicali centrati<br />

sul carbonio (importanti <strong>in</strong>termedi della perossidazione<br />

lipidica) e le specie reattive del cloro (<strong>in</strong> particolare<br />

l’acido ipocloroso, responsabile della formazione<br />

delle cloroamm<strong>in</strong>e), il cui ruolo biologico è descritto<br />

nei capitoli successivi (15, 31).


1. Alberti A, Bologn<strong>in</strong>i L, Macciantelli D, Carratelli<br />

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Bibliografia<br />

15<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

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AL, Poli A, R<strong>in</strong>etti M. Oxidative processes and<br />

16<br />

Capitolo 1. Specie chimiche reattive e radicali <strong>liberi</strong><br />

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2. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni<br />

Le specie reattive e, <strong>in</strong> particolare quelle<br />

dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS), sono<br />

potenzialmente lesive. Per questo motivo, gli organismi<br />

viventi hanno sviluppato nel corso di millenni<br />

di evoluzione un complesso sistema di difesa, costituito<br />

dall’<strong>in</strong>sieme degli <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Gli <strong>antiossidanti</strong> sono agenti chimicamente eterogenei<br />

(enzimi, vitam<strong>in</strong>e, sostanze similvitam<strong>in</strong>iche,<br />

oligoelementi, ecc.) <strong>in</strong> grado di prevenire<br />

o annullare l’azione, tipicamente ossidante, delle<br />

specie chimiche reattive (9, 39).<br />

Gli <strong>antiossidanti</strong> possono essere classificati secondo<br />

diversi criteri: sulla base dell’orig<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> endogeni<br />

ed esogeni, sulla base della natura chimica,<br />

<strong>in</strong> enzimatici e non enzimatici, e sulla base della solubilità,<br />

<strong>in</strong> liposolubili e idrosolubili. Sulla base del<br />

meccanismo d’azione prevalente, <strong>in</strong>vece, considerando<br />

solo quelli fisiologici, essi possono essere dist<strong>in</strong>ti<br />

<strong>in</strong> 4 classi pr<strong>in</strong>cipali: <strong>antiossidanti</strong> preventivi,<br />

scavenger e cha<strong>in</strong> breaker, agenti di riparo e agenti<br />

di adattamento.<br />

2. 2 Gli <strong>antiossidanti</strong> preventivi<br />

2. 2. 1 Premessa<br />

Gli <strong>antiossidanti</strong> preventivi sono agenti che, attraverso<br />

vari meccanismi, quali la chelazione dei<br />

metalli di transizione, ed il “quench<strong>in</strong>g” o<br />

l’<strong>in</strong>attivazione dei perossidi prevengono la formazione<br />

di specie reattive (tabella 2. 1).<br />

Tabella 2. 1 Classificazione degli <strong>antiossidanti</strong> preventivi<br />

Classe Esempi Meccanismod’azione<br />

Sequestratori<br />

di metalli<br />

Transferr<strong>in</strong>a, lattoferr<strong>in</strong>a Sequestro di ferro<br />

Aptoglob<strong>in</strong>a Sequestro di emoglob<strong>in</strong>a<br />

Emopess<strong>in</strong>a Stabilizzazione dell’eme<br />

Ceruloplasm<strong>in</strong>a, album<strong>in</strong>a Sequestro di rame<br />

Carotenoidi Quench<strong>in</strong>g dell’ossigeno s<strong>in</strong>goletto<br />

“Quencher”<br />

di ROS Superossido dismutasi<br />

Catalasi<br />

* +<br />

2O2 + 2H → H2O2 + O2<br />

2 H2O2 → 2 H2O + O2<br />

Perossidasi<br />

H2O2 + AH2 → 2 H2O + A<br />

LOOH + AH2 → LOH + H2O + A<br />

Inttivatori o<br />

“breaker” di<br />

perossidi<br />

Glutatione perossidasi (plasmatica)<br />

Glutatione perossidasi dei<br />

perossidi fosfolipidici<br />

H2O2 + 2 GSH → 2 H2O + GS–SG<br />

PLOOH+2GSH→PLOH+H2O+GSSG<br />

PLOOH+2GSH→PLOH+H2O+GSSG Glutatione perossidasi (<strong>in</strong>tracellulare)<br />

Glutatione–S–trasferasi<br />

H O + 2 GSH → 2 H O + GS–SG<br />

2 2 2<br />

LOOH+2GSH → LOH+H2O+GS–SG<br />

Scissione dei perossidi lipidici<br />

2. 2. 2 Agenti sequestranti i metalli di transizione<br />

Il ferro ed il rame rappresentano due metalli di<br />

transizione essenziali per la s<strong>in</strong>tesi e la modulazione<br />

dell’attività di numerose prote<strong>in</strong>e, specialmente<br />

quelle enzimatiche. Tuttavia, allo stato libero, essi<br />

possono agire da catalizzatori nella scissione dei perossidi<br />

(perossido di idrogeno, H 2O 2, e idroperossidi,<br />

R-OOH), che porta alla generazione di radicali <strong>liberi</strong><br />

estremamente reattivi ed istolesivi, quali l’idrossile,<br />

Capitolo 2<br />

Il sistema di difesa antiossidante<br />

17<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

l’alcossile e il perossile, secondo la reazione di Fenton<br />

(vedi capitolo precedente).<br />

Pertanto, la prima strategia di difesa antiossidante<br />

dell’organismo è affidata ad una serie di prote<strong>in</strong>e<br />

aventi la capacità più o meno specifica di<br />

complessare i metalli di transizione ed impedire a<br />

questi ultimi di esistere <strong>in</strong> forma libera e, qu<strong>in</strong>di, di<br />

esercitare la loro azione lesiva. Tali prote<strong>in</strong>e sono, a<br />

rigore, potenti <strong>antiossidanti</strong> preventivi, <strong>in</strong> quanto<br />

impediscono la generazione di radicali <strong>liberi</strong> (<strong>in</strong> questo<br />

caso generati dalla scissione metallo-catalizzata<br />

dei perossidi) (20).<br />

Fra le varie prote<strong>in</strong>e ad azione “chelante”, la<br />

ferrit<strong>in</strong>a forma un complesso con il ferro all’<strong>in</strong>terno<br />

delle cellule, mentre la transferr<strong>in</strong>a e la lattofer<strong>in</strong>a<br />

legano il ferro nei liquidi extracellulari, nel sangue<br />

circolante e nelle secrezioni, rispettivamente. Va rilevato<br />

che, <strong>in</strong> condizioni fisiologiche, la concentrazione<br />

plasmatica della transferr<strong>in</strong>a, di circa tre volte<br />

superiore a quella necessaria al normale tra<strong>sport</strong>o<br />

del ferro, assicura l'assenza di ioni ferro nel plasma.<br />

Inoltre, il ferro liberatosi da eventuali processi emolitici<br />

sotto forma di eme – e che risulta cataliticamente<br />

attivo, secondo la reazione di Fenton – viene<br />

“bloccato”, nel sangue circolante, da prote<strong>in</strong>e specifiche<br />

quali l’aptoglob<strong>in</strong>a (che veicola l’emoglob<strong>in</strong>a) e<br />

l’emopess<strong>in</strong>a (che stabilizza l’eme) (35).<br />

La ceruloplasm<strong>in</strong>a ha il compito di chelare specificamente<br />

il rame circolante. Analoga funzione<br />

viene svolta, sebbene <strong>in</strong> maniera meno specifica,<br />

dall’album<strong>in</strong>a. Purtroppo, alcune condizioni, quali<br />

l’acidosi, anche lieve, possono <strong>in</strong>durre una modifica<br />

conformazionale delle prote<strong>in</strong>e plasmatiche impegnate<br />

nel “sequestro” dei metalli di transizione,<br />

provocando il rilascio di questi ultimi <strong>in</strong> forma libera.<br />

Una volta <strong>liberi</strong>, il ferro o il rame <strong>in</strong>nescheranno la<br />

reazione di Fenton con scissione degli idroperossidi<br />

organici circolanti <strong>in</strong> radicali alcossilici e perossilici<br />

estremamente reattivi. Dall’azione di questi dipenderà<br />

<strong>in</strong> larga misura il danno dell’endotelio ed il<br />

processo di perossidazione di componenti plasmatiche<br />

chiave (es. lipoprote<strong>in</strong>e), eventi fondamentali<br />

nella patogenesi <strong>dello</strong> stress ossidativo.<br />

2. 2. 3 “Quencher” dell’ossigeno s<strong>in</strong>goletto<br />

L’ossigeno molecolare (O2), <strong>in</strong> quanto portatore<br />

di due elettroni spaiati ma con sp<strong>in</strong> paralleli negli<br />

orbitali esterni, presenta una natura diradicalica che<br />

ne limita fortemente la reattività. Tuttavia, quando<br />

questi elettroni più esterni riescono ad assorbire<br />

una sufficiente quota di energia essi possono andare<br />

<strong>in</strong>contro o ad un’<strong>in</strong>versione di sp<strong>in</strong> o ad un salto


di orbitale (transizione), generando un nuovo stato<br />

dell’ossigeno, denom<strong>in</strong>ato ossigeno s<strong>in</strong>goletto ( 1 O2).<br />

E’ stato calcolato che il 20% circa dell’ossigeno molecolare<br />

consumato nel corso del “respiratory burst”<br />

dai leucociti polimorfonucleati subisca questa conversione<br />

ad opera della mieloperossidasi (24).<br />

L’ossigeno s<strong>in</strong>goletto si comporta come un radicale<br />

libero molto reattivo, <strong>in</strong> grado di attaccare e danneggiare<br />

molecole ad alta densità elettronica, quali<br />

gli acidi grassi poli<strong>in</strong>saturi, ricchi di doppi legami,<br />

compresi quelli delle LDL (perossidazione lipidica)<br />

(59).<br />

Gli <strong>antiossidanti</strong> <strong>in</strong> grado di “smorzare” l’azione<br />

potenzialmente ossidante dell’ossigeno s<strong>in</strong>goletto<br />

sono detti “quencher” e ne costituiscono importanti<br />

esempi i caroteni e la superossidodismutasi (14).<br />

I caroteni sono lipidi poliisoprenoidi poli<strong>in</strong>saturi<br />

a lunga catena carboniosa. Fra le numerose specie<br />

chimiche diffuse <strong>in</strong> natura (almeno 600) la più studiata<br />

è il β-carotene, presente nei vegetali come<br />

pro-vitam<strong>in</strong>a A, e disponibile anche <strong>in</strong> commercio<br />

come una miscela di isomeri trans (90%) e cis<br />

(10%) (figura 2. 1) (6, 16, 19, 28, 29, 34).<br />

Figura 2. 1 Formula di struttura del β-carotene<br />

Nei vegetali, i caroteni – abbondantemente distribuiti<br />

nei cloroplasti – esercitano un’importante<br />

funzione di quench<strong>in</strong>g nei confronti dell’ossigeno<br />

s<strong>in</strong>goletto generato durante la fotos<strong>in</strong>tesi (6, 16,<br />

19, 28, 29, 34).<br />

A questo meccanismo è dovuta <strong>in</strong> larga misura<br />

anche l’azione antiossidante attribuita al β-carotene<br />

negli animali, secondo la reazione:<br />

1 O2 + caroteni → O2 + carotenoidi + Kcal<br />

E’ stato calcolato che una molecola di βcarotene<br />

è <strong>in</strong> grado di neutralizzare circa 1000 molecole<br />

di ossigeno s<strong>in</strong>goletto senza andare <strong>in</strong>contro<br />

a rottura. Inoltre, sembra che i carotenoidi plasmatici<br />

siano <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>attivare circa il 40% della<br />

specie reattiva dell’ossigeno <strong>in</strong> questione generata<br />

nel torrente circolatorio, contro il 20% attribuito<br />

all’α-tocoferolo (24).<br />

La superossidodismutasi (SOD), scoperta nel<br />

1968, è un enzima presente praticamente <strong>in</strong> tutte le<br />

cellule, la cui attività catalitica consiste nella dismutazione<br />

di due molecole di anione superossido <strong>in</strong><br />

18<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

una molecola di perossido d'idrogeno ed una di ossigeno,<br />

secondo la reazione:<br />

2O2 • + 2H + → H2O2 + O2<br />

Tra i prodotti della reazione, il perossido d'idrogeno<br />

è un debole ossidante ed è relativamente stabile,<br />

<strong>in</strong> particolare se confrontato con il precursore<br />

anione superossido. Questo è il motivo per cui la<br />

SOD rientra fra gli enzimi ad azione antiossidante.<br />

In realtà, come si è detto, <strong>in</strong> particolari condizioni,<br />

quali l’acidosi, <strong>in</strong> presenza di metalli di transizione<br />

allo stato libero, il perossido d’idrogeno può generare,<br />

secondo la reazione di Fenton, il radicale idrossile,<br />

il più potente radicale istolesivo. Tuttavia, <strong>in</strong><br />

condizioni fisiologiche, ciò non accade e se il perossido<br />

d’idrogeno dovesse aumentare oltre misura<br />

nella cellula, esso sarebbe def<strong>in</strong>itivamente <strong>in</strong>attivato<br />

dalla catalasi (vedi più avanti).<br />

All’<strong>in</strong>terno delle cellule sono state identificate<br />

due isoforme della SOD, la Cu-Zn-SOD e la Mn-<br />

SOD.<br />

La Cu-Zn-SOD è una prote<strong>in</strong>a dimerica, le cui<br />

due subunità, legate tra loro da un ponte disolfuro,<br />

sono costituite ciascuna da una catena polipeptidica<br />

di 151 amm<strong>in</strong>oacidi legata ad atomo di Cu ed uno di<br />

Zn (metalloprote<strong>in</strong>a). Mentre gli ioni Cu probabilmente<br />

giocano un ruolo chiave nella catalisi, consentendo<br />

all’enzima di <strong>in</strong>terconvertirsi nelle sue due<br />

forme funzionali (ossidata e ridotta), gli ioni Zn<br />

sembra abbiano il ruolo di stabilizzare l’enzima dal<br />

punto di vista conformazionale. La Cu-Zn-SOD è localizzata<br />

elettivamente all’<strong>in</strong>terno del citoplasma<br />

(37).<br />

La Mn-SOD è una metalloprote<strong>in</strong>a il cui esatto<br />

meccanismo d’azione, non ancora ben chiarito, si<br />

basa su modifiche redox del manganese. Può trovarsi<br />

sia nel citoplasma che nei mitocondri.<br />

Accanto a queste due forme, <strong>in</strong>tracellulari, di<br />

SOD ne esisterebbe una terza, a localizzazione extracellulare<br />

(EC-SOD).<br />

2. 2. 4 Agenti <strong>in</strong>attivanti i perossidi<br />

Una classe importante di sostanze derivate<br />

dall’attacco dei ROS su substrati organici, quali lipidi,<br />

amm<strong>in</strong>oacidi, e nucleotidi, sono gli idroperossidi<br />

(R-OOH) che, <strong>in</strong>sieme al perossido di idrogeno<br />

(H2O2), costituiscono i perossidi.<br />

Questi ultimi, pur dotati di una certa capacità<br />

ossidante, sono relativamente stabili. Tuttavia, <strong>in</strong><br />

presenza di un metallo di transizione e <strong>in</strong> ambiente<br />

acido, possono essere decomposti liberando radicali<br />

altamente reattivi, quali l’alcossile, il perossile e<br />

l’idrossile.<br />

Pertanto, fra i sistemi <strong>antiossidanti</strong> endogeni esiste<br />

una classe di enzimi il cui f<strong>in</strong>e è quello di <strong>in</strong>attivare<br />

i perossidi, sì da prevenire il danno che potrebbe<br />

derivare dalla loro scissione metallocatalizzata.


Tali agenti vengono genericamente def<strong>in</strong>iti perossidasi<br />

e mostrano un comune meccanismo<br />

d’azione, che prevede la demolizione del perossido<br />

con liberazione di una molecola di ossigeno molecolare<br />

e una di alcool (se il substrato è un idroperossido)<br />

oppure di acqua (se il substrato è il perossido<br />

di idrogeno), secondo la reazione generale:<br />

2 X-O-O-H → 2 X-OH + O 2<br />

(X=H, perossido di idrogeno; X=R, idroperossido)<br />

La perossidasi che ha come substrato il perossido<br />

di idrogeno viene chiamata catalasi (CAT) e rende<br />

possibile la seguente reazione:<br />

2 H2O2 → 2 H2O + O2<br />

Si tratta di un enzima formato da 4 subunità,<br />

ciascuna delle quali contiene un gruppo eme con un<br />

sito attivo, stabilizzato da una molecola di NADPH.<br />

La CAT si trova nella maggioranza delle cellule animali<br />

e vegetali <strong>in</strong> organuli denom<strong>in</strong>ati perossisomi<br />

ove la sua funzione è quella di <strong>in</strong>attivare il perossido<br />

di idrogeno. Essa è stata ritrovata anche nel citosol<br />

ma il suo ruolo <strong>in</strong> questo compartimento <strong>in</strong>tracellulare<br />

non è completamente noto. In generale, comunque,<br />

la CAT viene attivata da elevate concentrazione<br />

di perossido di idrogeno e, <strong>in</strong> qualche modo,<br />

lavora <strong>in</strong> maniera sequenziale rispetto alla SOD,<br />

svolgendo un’importantissima funzione antiossidante.<br />

Nell’uomo l’enzima è espresso ad elevati livelli<br />

nel fegato e negli eritrociti (37).<br />

Le perossidasi <strong>in</strong> grado di agire non solo sul perossido<br />

di idrogeno ma anche su altri perossidi organici<br />

e che presentano come cofattore il glutatione<br />

sono chiamate anche glutatione-perossidasi (GSHPx<br />

o GPx) (53).<br />

Il glutatione è un tripeptide – costituito da acido<br />

γ-glutammico, ciste<strong>in</strong>a e glic<strong>in</strong>a – che può esistere<br />

<strong>in</strong> una forma ridotta (GSH) oppure <strong>in</strong> una forma dimerica,<br />

ossidata (GS–SG). L’<strong>in</strong>terconversione<br />

dall’una all’altra forma, resa possibile grazie al<br />

gruppo tiolico della ciste<strong>in</strong>a, è sfruttata dalle GPx<br />

per catalizzare reazioni di ossido-riduzione f<strong>in</strong>alizzate<br />

all’<strong>in</strong>attivazione del perossido di idrogeno o di altri<br />

perossidi, secondo lo schema generale delle perossidasi<br />

sopra riportato (17).<br />

Il glutatione ha una diffusione ubiquitaria nei<br />

mammiferi nei cui tessuti agisce non solo come riducente<br />

dei perossidi (antiossidante preventivo) ma<br />

anche come nucleofilo nei confronti di specie elettrofile<br />

radicaliche, come quelle generate dal metabolismo<br />

di xenobiotici (scavenger) (45, 60).<br />

La concentrazione <strong>in</strong>tracellulare di glutatione<br />

aumenta fortemente <strong>in</strong> presenza di elevati livelli di<br />

19<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

perossidi. In queste condizioni, per evitare reazioni<br />

collaterali fra i gruppi tiolici delle prote<strong>in</strong>e ed il GS–<br />

SG, quest’ultimo viene escreto grazie all’attivazione<br />

di una specifica traslocasi di membrana ATPdipendente<br />

(5).<br />

La classica GPx catalizza la riduzione del perossido<br />

d’idrogeno ad acqua ed ossigeno molecolare<br />

attraverso la conversione (ossidazione) del GSH a<br />

GS–SG:<br />

H2O2 + 2 GSH → 2 H2O + GS–SG<br />

La GPX è formata da 4 subunità apparentemente<br />

uguali e contiene selenio sotto forma di selenociste<strong>in</strong>a<br />

nelle varie subunità. Pertanto, la carenza di<br />

selenio provoca una marcata riduzione dell’attività<br />

dell’enzima. Presente nel citosol e nei mitocondri, la<br />

GPx agisce attraverso un meccanismo piuttosto<br />

complesso che prevede un ciclo di reazioni nel quale<br />

sono co<strong>in</strong>volti anche la glutatione transidrogenasi<br />

e la glutatione reduttasi. Sembra, comunque, che la<br />

GPx agisca quando i bassi livelli di perossido<br />

d’idrogeno non sono sufficienti ad attivare la catalasi.<br />

La GPx può anche rimuovere molecole di idroperossidi<br />

lipidici derivati dai processi di lipoperossidazione.<br />

A questo proposito, giova sottol<strong>in</strong>eare che, oltre<br />

alla GPx “classica appena” descritta, esiste anche<br />

una GPx, selenio-dipendente, <strong>in</strong>dicata con la sigla<br />

SeI-GP che non metabolizza il perossido di idrogeno<br />

ma solo i perossidi organici, con un ruolo, qu<strong>in</strong>di,<br />

preferenziale, di protezione specifica nei confronti<br />

della lipoperossidazione (15).<br />

In condizioni ideali, la SOD, la CAT e la GPx agiscono<br />

<strong>in</strong> maniera ord<strong>in</strong>ata e sequenziale potenziandosi<br />

nel loro importante ruolo di <strong>antiossidanti</strong> (figura<br />

2. 2).<br />

Figura 2. 2 Ciclo del glutatione e <strong>in</strong>terazioni fra<br />

enzimi <strong>antiossidanti</strong><br />

2. 3 Gli scavenger di radicali <strong>liberi</strong><br />

ed i cha<strong>in</strong> breaker<br />

2. 3. 1 Premessa<br />

I sistemi di difesa antiossidante, oltre alla “prima<br />

l<strong>in</strong>ea”, estremamente specifica, costituita dagli


enzimi (SOD, CAT, GPx), formano anche una seconda<br />

barriera difensiva, aspecifica, alla cui composizione<br />

concorrono gli scavenger e i cha<strong>in</strong> breaker,<br />

sostanze generalmente a basso peso molecolare,<br />

chimicamente eterogenee, alcune idrosolubili, altre<br />

liposolubili (12).<br />

Gli scavenger (lett. “spazz<strong>in</strong>i”) sono agenti che<br />

riducono la concentrazione di radicali <strong>liberi</strong> rimuovendoli<br />

dal mezzo <strong>in</strong> cui si trovano, grazie alla loro<br />

capacità di <strong>in</strong>teragire direttamente con essi, e,<br />

qu<strong>in</strong>di, di <strong>in</strong>attivarli. Essi comprendono l’ubich<strong>in</strong>one,<br />

i composti tiolici e l’acido urico (5).<br />

I cha<strong>in</strong> breaker (lett. “che spezzano la catena”),<br />

<strong>in</strong>vece, sono agenti <strong>in</strong> grado di bloccare la propagazione<br />

delle reazioni radicaliche a catena. Tra questi<br />

sono da citare carotenoidi, tocoferoli ed ascorbato.<br />

Secondo alcuni ricercatori, gli scavenger dovrebbero<br />

essere dist<strong>in</strong>ti dagli <strong>antiossidanti</strong> propriamente<br />

detti. Infatti, mentre gli scavenger sono agenti<br />

che riducono la concentrazione di radicali <strong>liberi</strong><br />

rimuovendoli dal mezzo <strong>in</strong> cui si trovano, gli <strong>antiossidanti</strong><br />

(es. difenilamm<strong>in</strong>a), <strong>in</strong>vece, sono agenti<br />

che <strong>in</strong>ibiscono il processo dell’autoossidazione, di<br />

cui costituisce un importante esempio l’irrancidimento<br />

dei grassi. Questo fenomeno, ben noto <strong>in</strong><br />

scienza dell’alimentazione, viene def<strong>in</strong>ito autoossidazione<br />

perché avviene attraverso una sequenza<br />

autocatalitica di reazioni radicaliche <strong>in</strong> presenza di<br />

ossigeno. Alternativamente si può usare il term<strong>in</strong>e<br />

di perossidazione, <strong>in</strong> quanto lo stesso processo genera<br />

<strong>in</strong>termedi con caratteristiche di perossidi<br />

(R–O–OR) (figura 2. 3).<br />

ROOH<br />

RH<br />

R*<br />

RO*<br />

ROH<br />

*OH<br />

RH<br />

H H2O 2O 2O 2O<br />

R*<br />

ROO * ROO * ROO * ROO *<br />

ROOR<br />

RO*<br />

RH H H2O 2O 2O 2O<br />

O 2<br />

ROO*<br />

Figura 2. 3 Ciclo di reazioni della perossidazione<br />

In ogni caso, la l<strong>in</strong>ea di difesa costituita da scavenger<br />

e cha<strong>in</strong> breaker è <strong>in</strong> grado di bloccare l’<strong>in</strong>izio<br />

o impedire la propagazione delle reazioni radicaliche<br />

a catena.<br />

2. 3. 2 Scavenger<br />

Gli scavenger comprendono un agente liposolubile,<br />

l’ubich<strong>in</strong>one, ed una serie di agenti idrosolubili,<br />

quali i composti tiolici e l’acido urico.<br />

L’ubich<strong>in</strong>one è una sostanza liposolubile il cui<br />

nome gli deriva dal fatto di essere presente <strong>in</strong> tutti i<br />

sistemi di accoppiamento di energia legati alle<br />

membrane. Alternativamente, esso viene chiamato<br />

anche coenzima Q. Dal punto di vista chimico è un<br />

derivato isoprenoide costituito da un anello ch<strong>in</strong>oni-<br />

O 2<br />

R*<br />

RH: molecola organica<br />

ROOH: idroperossido<br />

ROO*: radicale idroperossilico<br />

RO*: radicale alcossilico<br />

20<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

co e da una catena laterale di lunghezza variabile,<br />

<strong>in</strong> funzione delle numero delle unità ripetitive di isoprene.<br />

Uno dei più noti derivati dell’ubich<strong>in</strong>one è<br />

il coenzima Q10, detto così perché possiede, appunto,<br />

una catena laterale di 10 unità isopreniche (figura<br />

2. 4).<br />

Figura 2. 4 Formula di struttura del coenzima Q10<br />

Il coenzima Q viene s<strong>in</strong>tetizzato a livello cellulare<br />

lungo la via del mevalonato (la stessa del colesterolo)<br />

che ha <strong>in</strong>izio nel reticolo endoplasmatico.<br />

Da qui esso viene traslocato nel Golgi e qu<strong>in</strong>di nelle<br />

varie sedi cellulari, quali la plasmamembrana e la<br />

membrana dei mitocondri. Una piccola quota è rilevabile<br />

anche nel sangue.<br />

Oltre ad essere uno dei pr<strong>in</strong>cipali tra<strong>sport</strong>atori<br />

di elettroni, il coenzima Q rientra <strong>in</strong> un complesso<br />

sistema di ossido-riduzioni a livello mitocondriale<br />

(2).<br />

In realtà, l’ubich<strong>in</strong>one può comportarsi sia da<br />

scavenger, <strong>in</strong>teragendo <strong>in</strong>teramente con specie radicaliche,<br />

sia da generatore di specie reattive, attraverso<br />

il fenomeno dell’autoossidazione:<br />

CoQ + O2 • ⇔ CoQ • + O2<br />

L’equilibrio di questa reazione dipende dalle<br />

condizioni chimiche del microambiente. Infatti, <strong>in</strong><br />

ambiente aprotico l’equilibrio è spostato verso destra<br />

(funzione antiossidante) mentre <strong>in</strong> un ambiente<br />

idrofilico esso è spostato verso s<strong>in</strong>istra (funzione<br />

pro-ossidante) (5).<br />

Pertanto, la zona centrale del bilayer fosfolipidico<br />

delle membrane biologiche costituisce un ambiente<br />

ottimale per l’attività antiossidante<br />

dell’ubich<strong>in</strong>one nei confronti della lipoperossidazione.<br />

Tale attività è esercitata pr<strong>in</strong>cipalmente dalla<br />

forma ridotta del coenzima, detta anche ubich<strong>in</strong>olo<br />

(QH2). Il relativo meccanismo, tuttavia, resta da<br />

chiarire, anche se sono state avanzate due suggestive<br />

ipotesi. Secondo la prima, l’ubich<strong>in</strong>one agirebbe<br />

da cha<strong>in</strong> breaker donando idrogeno per ridurre il<br />

radicale perossilico o alcossilico:<br />

CoQH + ROO • → CoQ • + ROOH


Secondo l’altra ipotesi, <strong>in</strong>vece, l’ubich<strong>in</strong>olo reagirebbe<br />

con la vitam<strong>in</strong>a E ossidata (radicale fenossilico)<br />

consentendone il recupero attraverso una serie<br />

di reazioni cicliche (figura 2. 5).<br />

Figura 2. 5 Possibili <strong>in</strong>terazioni fra ubich<strong>in</strong>one,<br />

tocoferolo ed ascorbato<br />

Pertanto, l’ubich<strong>in</strong>one possiede effetti protettivi<br />

nei confronti del danno ossidativo verso i lipidi, le<br />

prote<strong>in</strong>e e il DNA. Nel caso dei lipidi, esso agisce<br />

come preventivo nei confronti sia dell’<strong>in</strong>izio che della<br />

propagazione, mentre la vitam<strong>in</strong>a E <strong>in</strong>terviene<br />

come cha<strong>in</strong> breaker <strong>in</strong>ibendo specificamente la propagazione,<br />

ma non la reazione di <strong>in</strong>izio (13, 44).<br />

Tra gli scavenger idrosolubili, i tioli rappresentano<br />

una componente qualitativamente significativa<br />

della barriera antiossidante sia <strong>in</strong>tracellulare (GSH)<br />

che plasmatica. In particolare, i gruppi sulfidrilici<br />

(SH) delle molecole dei componenti plasmatici<br />

(quali, ad esempio, le prote<strong>in</strong>e, P-SH) sono <strong>in</strong><br />

grado di opporsi alla fase di propagazione dei processi<br />

radicalici grazie alla loro capacità di <strong>in</strong>attivare i<br />

radicali alcossilici (RO • ), secondo la reazione:<br />

2 P-SH + 2 RO • 2 PS • + 2 ROH P-S-S-P + 2 ROH<br />

I tioli, <strong>in</strong>oltre, sono anche <strong>in</strong> grado di neutralizzare<br />

l’azione istolesiva del radicale idrossilico (HO • ),<br />

secondo la reazione:<br />

2 P-SH + 2 HO • 2 PS • + 2 H 2O P-S-S-P + 2 H 2O<br />

Considerando questi eventi dal punto di vista<br />

stechiometrico, una coppia di gruppi tiolici può ridurre<br />

una coppia di radicali alcossilici (RO • ) o idrossilici<br />

(HO • ), cedendo ad essa due elettroni (sotto<br />

forma di due atomi di idrogeno).<br />

In questo modo ambedue i tipi di radicali vengono<br />

<strong>in</strong>attivati: i radicali alcossilici sono rilasciati<br />

come molecole di alcool mentre i radicali idrossilici<br />

diventano <strong>in</strong>nocue molecole d’acqua. I gruppi tiolici<br />

ormai ossidati, <strong>in</strong>vece, reagiscono tra loro, generando<br />

ponti disolfuro.<br />

L’acido urico viene prodotto <strong>in</strong> seguito o<br />

all’ossidazione dell’ipoxant<strong>in</strong>a e della xant<strong>in</strong>a, ad<br />

opera della xant<strong>in</strong>a ossidasi (nel corso del catabolismo<br />

pur<strong>in</strong>ico), oppure all’azione catalitica di alcuni<br />

enzimi deidrogenanti (figura 2. 6).<br />

21<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

Figura 2. 6 Formula di struttura dell’acido urico<br />

L’acido urico è una sostanza idrosolubile, a basso<br />

peso molecolare, che si accumula nei liquidi corporei<br />

a concentrazione di 0.25-0.44 mM; a pH fisiologico<br />

esso è presente completamente <strong>in</strong> forma ionizzata<br />

(urato), carica negativamente; come prodotto<br />

del catabolismo pur<strong>in</strong>ico esso viene elim<strong>in</strong>ato attraverso<br />

le ur<strong>in</strong>e (18, 52).<br />

Si è visto che l’urato un potente antiossidante<br />

ad azione scavenger nei confronti del radicale idrossile,<br />

dell’acido ipocloroso, dell’ossigeno s<strong>in</strong>goletto e<br />

dell’ozono. Inoltre, esso è <strong>in</strong> grado di chelare ioni di<br />

metalli di transizione (quali ferro e rame) prevenendo<br />

non solo la generazione di ROS, ma anche<br />

l’ossidazione ferro-dipendente dell’ascorbato e la<br />

stessa lipoperossidazione (10, 21, 40).<br />

2. 3. 3 Cha<strong>in</strong> breaker<br />

I cha<strong>in</strong> breaker comprendono sostanze liposolubili,<br />

quali carotenoidi e tocoferoli, ed agenti idrosolubili,<br />

quali la vitam<strong>in</strong>a C o ascorbato.<br />

Nell’ambito dei carotenoidi bisogna dist<strong>in</strong>guere<br />

la vitam<strong>in</strong>a A dai caroteni propriamente detti.<br />

La vitam<strong>in</strong>a A comprende un’<strong>in</strong>tera classe di sostanze<br />

poliisoprenoidi poli<strong>in</strong>sature dotate di attività<br />

ret<strong>in</strong>olo-simile.<br />

Nell’uomo la vitam<strong>in</strong>a A viene per lo più generata<br />

dalla scissione ossidativa dei carotenoidi vegetali<br />

per azione di enzimi <strong>in</strong>test<strong>in</strong>ali, quali la carotene<br />

diossigenasi. Essendo fortemente <strong>in</strong>satura, essa risulta<br />

molto reattiva nei confronti dei radicali perossilici,<br />

che vengono <strong>in</strong>trappolati nella sua molecola,<br />

la quale funziona prevalentemente da “cha<strong>in</strong> breaker”<br />

piuttosto che da donatrice di equivalenti riducenti.<br />

In questo modo la vitam<strong>in</strong>a A risulta particolarmente<br />

efficace nel ridurre l’entità della perossidazione<br />

lipidica (figura 2. 7) (5, 25, 31, 57).<br />

Figura 2. 7 Formula di struttura della vitam<strong>in</strong>a A


I caroteni, dei quali si è già parlato come agenti<br />

“quencher”, possono agire anche da cha<strong>in</strong> breaker.<br />

Infatti, si ritiene che il β-carotene sia <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>terrompere<br />

la lipoperossidazione formando un complesso<br />

proprio con il radicale idroperossilico, bloccandone<br />

l’azione spiccatamente elettrofila (49).<br />

I tocoferoli, riuniti <strong>in</strong> 8 pr<strong>in</strong>cipali isomeri sotto la<br />

denom<strong>in</strong>azione di vitam<strong>in</strong>a E, sono ampiamente distribuiti<br />

<strong>in</strong> natura e, <strong>in</strong> particolare, negli oli vegetali.<br />

Tra essi, la forma α, cioè l’α-tocoferolo è risultata<br />

essere la più importante per l’attività antiossidante<br />

della vitam<strong>in</strong>a E (figura 2. 8) (1, 41, 42).<br />

Figura 2. 8 Formula di struttura della vitam<strong>in</strong>a E<br />

L’α-tocoferolo, s<strong>in</strong>golarmente, agisce come un<br />

antiossidante neutralizzando i radicali lipoperossilici<br />

prima che <strong>in</strong>teragiscano con il substrato, prevenendo,<br />

<strong>in</strong> questo modo, il danno a carico di strutture<br />

lipidiche complesse e delicate quali le membrane<br />

biologiche e le lipoprote<strong>in</strong>e plasmatiche (32, 46).<br />

Esso può agire anche <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ergia con altri <strong>antiossidanti</strong>,<br />

quali carotenoidi, ubich<strong>in</strong>one, ascorbato, ecc.<br />

In tale contesto, un’importante <strong>in</strong>terazione è<br />

quella con la vitam<strong>in</strong>a C sulla superficie della plasmamembrana,<br />

<strong>in</strong> quanto il tocoferolo è lipofilo<br />

mentre l’ascorbato è idrofilo. L’ascorbato – come i<br />

tioli, l’ubich<strong>in</strong>one, il glutatione e la ciste<strong>in</strong>a – svolge<br />

l’importante ruolo di ridurre il radicale tocoferilico,<br />

rigenerando, così, il tocoferolo (30, 43).<br />

La vitam<strong>in</strong>a E, oltre all’attività antiossidante,<br />

esercita un gran numero di altre funzioni. Infatti,<br />

essa stabilizza le membrane biologiche regolandone<br />

la fluidità, <strong>in</strong>ibisce la lipoossigenasi e modula<br />

l’attività della prote<strong>in</strong> ch<strong>in</strong>asi C (4, 58).<br />

Inf<strong>in</strong>e, la vitam<strong>in</strong>a C è una vitam<strong>in</strong>a idrosolubile<br />

la cui attività antiossidante, <strong>in</strong> vivo, è legata alla capacità<br />

di esistere <strong>in</strong> una forma ridotta ed una ossidata<br />

tra loro <strong>in</strong>terconvertibili (figura 2. 9).<br />

Figura 2. 9 Formula di struttura dell’acido ascorbico<br />

22<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

Essa è <strong>in</strong> grado di agire come scavenger nei<br />

confronti dei radicali superossido ed idrossilico e di<br />

<strong>in</strong>trappolare i radicali idroperossilici nella fase acquosa<br />

prima che diffondano nei lipidi della plasmamembrana,<br />

prevenendo così la lipoperossidazione.<br />

Inoltre, la vitam<strong>in</strong>a C è anche <strong>in</strong> grado di rigenerare<br />

la forma non radicalica della vitam<strong>in</strong>a E dopo che<br />

questa ha agito con un radicale libero (23, 60).<br />

Come l’ubich<strong>in</strong>one, comunque, la vitam<strong>in</strong>a C<br />

può anche agire, <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate circostanze, da agente<br />

pro-ossidante: per esempio, <strong>in</strong> presenza di<br />

metalli di transizione come il Fe 3+ ed il Cu 2+ può <strong>in</strong>nescare<br />

la perossidazione lipidica. Tuttavia, l’azione<br />

antiossidante della vitam<strong>in</strong>a, <strong>in</strong> vivo, risulterebbe<br />

globalmente superiore a quella pro-ossidante (48).<br />

2. 4 Gli agenti di riparo<br />

Gli agenti di riparo comprendono esclusivamente<br />

enzimi che <strong>in</strong>tervengono dopo che il danno da<br />

specie reattive si è <strong>in</strong>staurato. La loro azione –<br />

spesso sequenziale – prevede dapprima<br />

l’identificazione del segmento molecolare ossidato,<br />

poi la separazione del frammento ormai <strong>in</strong>utilizzabile<br />

e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, la s<strong>in</strong>tesi e l’<strong>in</strong>serimento di un nuovo<br />

segmento <strong>in</strong> sostituzione di quello danneggiato.<br />

Appartengono agli agenti di riparo le idrolasi<br />

(glicosidasi, lipasi, proteasi), le trasferasi e le polimerasi,<br />

tutte <strong>in</strong>dispensabili per la riparazione del<br />

danno da radicali <strong>liberi</strong> di importanti molecole o<br />

strutture cellulari (es. DNA, membrane, ecc).<br />

Ovviamente, quando queste attività idrolitiche<br />

superano le capacità di riparazione, esse si traducono<br />

<strong>in</strong> un ulteriore danno tissutale.<br />

2. 5 Gli agenti di adattamento<br />

Gli agenti di adattamento comprendono tutte<br />

quelle sostanze o tecniche o procedure attraverso<br />

le quali è possibile potenziare il sistema antiossidante<br />

fisiologico di un organismo.<br />

Per esempio, un corretto esercizio fisico o<br />

l’adozione di un regime alimentare corretto ed equilibrato<br />

sono misure di per sé <strong>in</strong> grado di controllare<br />

il metabolismo ossidativo attraverso la riduzione<br />

della produzione di specie reattive e l’<strong>in</strong>duzione di<br />

enzimi ad attività antiossidante.<br />

2. 6 Altri agenti <strong>antiossidanti</strong><br />

Oltre agli agenti f<strong>in</strong> qui descritti esistono altre<br />

sostanze ad attività antiossidante, quali la bilirub<strong>in</strong>a,<br />

i g<strong>in</strong>kolidi e, <strong>in</strong> particolare l’acido lipoico ed i flavonoidi<br />

(33, 36, 54).<br />

L'acido α-lipoico o acido 6,8-ditioctico, è uno<br />

dei c<strong>in</strong>que cofattori del complesso sistema enzimatico<br />

che catalizza la decarbossilazione ossidativa<br />

degli α-chetoacidi (piruvato, α-chetoglutarato,<br />

ecc.).


Questa sostanza viene s<strong>in</strong>tetizzata dagli animali<br />

e dall'uomo ma viene anche prontamente assorbita<br />

dagli alimenti (figura 2. 10) (7, 55, 56).<br />

Figura 2. 10 Formule di struttura dell’acido lipoico<br />

Come la vitam<strong>in</strong>a C ed il glutatione, anche<br />

l’acido α-lipoico deve la sua attività antiossidante<br />

alla sua capacità di esistere <strong>in</strong> una forma ridotta,<br />

l'acido diidrolipoico (DHLA), ed una forma ossidata,<br />

l’acido α-lipoico propriamente detto. Tale azione si<br />

esplicherebbe contro un gran numero di ossidanti,<br />

quali radicale idrossilico, l'acido ipocloroso e l' ossigeno<br />

s<strong>in</strong>goletto. Inoltre, l’acido α-lipoico è <strong>in</strong> grado<br />

di chelare gli ioni metallici, mentre non risulta attivo<br />

verso il radicale superossido ed il perossido d'idrogeno.<br />

Inf<strong>in</strong>e, il DHLA appare <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong> grado di rigenerare<br />

altri <strong>antiossidanti</strong> dalla loro forma radicalica<br />

direttamente (es. ascorbato) o <strong>in</strong>direttamente<br />

(es. vitam<strong>in</strong>a E) (3, 11, 26, 27, 50).<br />

I flavonoidi sono dei polifenoli, ampiamente<br />

presenti nei vegetali, che hanno dimostrato<br />

di possedere una ben documentata attività antiossidante<br />

e di chelazione dei metalli così d poter ricoprire<br />

un ruolo importante nel controllo <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

(figura 2. 11) (8, 22, 38, 47, 51).<br />

Figura 2. 11 Formula di struttura del diidroflavonolo<br />

23<br />

Capitolo 2. Il sistema di difesa antiossidante<br />

2. 7 Distribuzione del sistema di difesa<br />

antiossidante negli organismi viventi<br />

Il sistema di difesa antiossidante è regolarmente<br />

distribuito nell’organismo, sia a livello extracellulare<br />

che a livello <strong>in</strong>tracellulare.<br />

A livello dei liquidi extracellulari e, <strong>in</strong> particolare,<br />

nel plasma, l’<strong>in</strong>sieme delle sostanze potenzialmente<br />

<strong>in</strong> grado di cedere equivalenti riducenti (atomi<br />

di idrogeno o s<strong>in</strong>goli elettroni) sì da soddisfare<br />

“l’avidità di elettroni” che rende i radicali <strong>liberi</strong> <strong>in</strong>stabili<br />

costituisce la cosiddetta barriera antiossidante.<br />

Ne fanno parte, nel plasma, tutte le prote<strong>in</strong>e e,<br />

<strong>in</strong> particolar modo, l’album<strong>in</strong>a, la bilirub<strong>in</strong>a, l’acido<br />

urico, il colesterolo, e i vari <strong>antiossidanti</strong> esogeni<br />

<strong>in</strong>trodotti con l’alimentazione o sotto forma di <strong>in</strong>tegratori<br />

dietetici (ascorbato, tocoferolo, polifenoli<br />

ecc.). Un ruolo di particolare importanza è svolto,<br />

nel contesto di questa barriera, dai gruppi tiolici (-<br />

SH).<br />

All’<strong>in</strong>terno delle cellule il sistema di difesa antiossidante<br />

ha una sua ben precisa compartimentalizzazione<br />

(figura 2. 12).<br />

Vitam<strong>in</strong>a E, PUFA,<br />

β−carotene<br />

Glutatione, GPx, SOD,<br />

selenio, ascorbato,<br />

Catalasi<br />

Ubich<strong>in</strong>olo, selenio,<br />

vitam<strong>in</strong>a E, SOD, GPx<br />

Vitam<strong>in</strong>a E,<br />

β−carotene<br />

Figura 2. 12 Compartimentalizzazione dei sistemi <strong>antiossidanti</strong><br />

E’ importante sottol<strong>in</strong>eare che gli <strong>antiossidanti</strong><br />

di tipo enzimatico sono presenti prevalentemente a<br />

livello <strong>in</strong>tracellulare mentre gli altri prevalgono a livello<br />

extracellulare. Qui, gli agenti liposolubili (es.<br />

tocoferoli), entrando nella compag<strong>in</strong>e delle biomembrane,<br />

costituiscono la prima l<strong>in</strong>ea di difesa<br />

contro l’attacco dei radicali <strong>liberi</strong>, mentre quelli idrosolubili<br />

(es. ascorbato), <strong>in</strong>vece, <strong>in</strong>tervengono soprattutto<br />

nel contesto della matrice solubile del citoplasma<br />

e degli organuli cellulari.


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Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

Capitolo 3<br />

Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici<br />

3. 1 Generalità e def<strong>in</strong>izioni<br />

Lo stress ossidativo è una particolare condizione<br />

<strong>in</strong>dotta da un’accentuazione <strong>in</strong> senso proossidante<br />

dell’equilibrio d<strong>in</strong>amico fra processi ossidativi<br />

e riduttivi che hanno luogo cont<strong>in</strong>uamente <strong>in</strong><br />

ogni cellula, quale espressione fisiologica delle<br />

complesse trasformazioni biochimiche del metabolismo<br />

term<strong>in</strong>ale.<br />

Sulla base di questo tentativo di <strong>in</strong>quadrare un<br />

aspetto della biochimica d<strong>in</strong>amica che è tuttora oggetto<br />

di ampio dibattito fra i ricercatori, lo stress ossidativo<br />

si configura come un fenomeno che riguarda,<br />

almeno <strong>in</strong> prima battuta, la s<strong>in</strong>gola cellula che,<br />

per effetto della propria attività metabolica, non di<br />

rado sotto lo stimolo di agenti ad essa esterni, è costretta<br />

a subire gli effetti potenzialmente lesivi di<br />

una serie di reazioni <strong>in</strong>desiderate che accompagnano<br />

quei processi ossidativi da cui dipende la sua<br />

stessa esistenza.<br />

3. 2 Basi biochimiche<br />

Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) rappresentano<br />

una m<strong>in</strong>accia mortale per la vita della cellula<br />

che ne tiene sotto controllo la produzione grazie<br />

ad un efficiente sistema di difesa (6, 22, 34).<br />

Tuttavia, <strong>in</strong> particolari condizioni, quando la<br />

produzione di ROS è eccessiva e/o la capacità di<br />

smaltire questi ultimi si riduce, la cellula è costretta<br />

a subire il danno da radicali <strong>liberi</strong> (5, 27).<br />

Trasferendo il discorso all’<strong>in</strong>tero organismo,<br />

possiamo def<strong>in</strong>ire lo stress ossidativo come una<br />

particolare forma di stress chimico <strong>in</strong>dotto dalla<br />

presenza di una quantità eccessiva di specie reattive<br />

per un’aumentata produzione delle stesse e/o<br />

per una ridotta capacità di smaltirne le quantità<br />

comunque prodotte (11).<br />

E’ ovvio che il discorso è ben più complesso, ma<br />

il concetto appena esposto è sufficiente per comprendere<br />

i pr<strong>in</strong>cipali aspetti fisiopatologici <strong>dello</strong><br />

stress ossidativo e le relative implicazioni sul piano<br />

diagnostico e terapeutico (figura 3. 1) (16).<br />

Radiazioni,farmaci, metalli pesanti<br />

Fumo di sigaretta, alcool, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento<br />

Esercizio fisico <strong>in</strong>adeguato, sedentarietà<br />

Infezioni ed altre malattie<br />

Ridotta assunzione<br />

e/o dim<strong>in</strong>uita s<strong>in</strong>tesi<br />

e/o ridotta capacità di utilizzazione<br />

e/o aumentato consumo di <strong>antiossidanti</strong><br />

Specie reattive ↑ Difese <strong>antiossidanti</strong> ↓<br />

Malattie<br />

cardiovascolari<br />

Demenza,<br />

M. di Park<strong>in</strong>son<br />

Danno cellulare<br />

Invecchiamento<br />

precoce<br />

Infiammazioni,<br />

tumori<br />

Figura 3. 1 Eziopatogenesi <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

Altre<br />

malattie<br />

27<br />

Comunque determ<strong>in</strong>atasi, <strong>in</strong>fatti, l’eccessiva<br />

produzione di specie reattive, non più adeguatamente<br />

controllata dai sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong>,<br />

provoca una serie di alterazioni funzionali e strutturali<br />

della cellula, che possono condurre all’apoptosi<br />

o addirittura alla necrosi (tabella 3. 1) (8, 9, 19).<br />

Tabella 3. 1 Alterazioni biochimiche cellulari nello s. ossidativo<br />

• Perossidazione biomolecole (lipidi, amm<strong>in</strong>oacidi, nucleotidi…)<br />

• Ossidazione e deplezione di GSH<br />

• Ossidazione dei tioli proteici<br />

• Ossidazione dei nucleotidi pirid<strong>in</strong>ici<br />

• Lesioni del DNA ed attivaz. poli(ADP-ribosio)polimerasi<br />

• Alterazioni dei meccanismi di trasduzione del segnale<br />

• Alterazioni dell’omeostasi ionica<br />

• Alterazioni del citoscheletro<br />

• Inibizione della glicolisi<br />

• Deplezione di NAD+<br />

• Caduta del potenziale di membrana mitocondriale<br />

• Deplezione di ATP<br />

• Aumento della permeabilità della membrana plasmatica<br />

Sul piano generale, queste lesioni – dapprima<br />

cellulari e poi tissutali – saranno responsabili, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e,<br />

di patologie d’organo, quali ad esempio il morbo di<br />

Crohn o la pancreatite, oppure di condizioni sistemiche,<br />

quali l’<strong>in</strong>vecchiamento precoce, l’aterosclerosi e<br />

così via (7, 10, 30, 35).<br />

Comunque, va ancora una volta precisato che<br />

non sempre è possibile stabilire se i radicali <strong>liberi</strong><br />

sono la causa oppure l’effetto delle lesioni osservate<br />

(12).<br />

Le pr<strong>in</strong>cipali cause di aumentata produzione di<br />

ROS sono da <strong>in</strong>dividuarsi <strong>in</strong> fattori ambientali, situazioni<br />

fisiologiche, stile di vita, fattori psicologici, malattie<br />

e fattori iatrogeni (tabella 3. 2).<br />

Tabella 3. 2 Cause di aumentata produzione di specie reattive<br />

Eziologia Esempi<br />

Fattori ambientali Radiazioni, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento<br />

Stati fisiologici Gravidanza (?)<br />

Stile di vita Alimentazione, alcool, fumo, es. fisico <strong>in</strong>congruo<br />

Fattori psicologici Stress psico-emotivo (?)<br />

Malattie Infiammazioni, <strong>in</strong>fezioni, vasculopatie, tumori<br />

Fattori iatrogeni Farmacoterapia, radioterapia, raggi X<br />

Bisogna sottol<strong>in</strong>eare che il fumo di sigaretta,<br />

l’abuso di alcool ed altri fattori correlati con lo stile<br />

di vita sono importanti responsabili dell’aumento<br />

della produzione di ROS. Lo stesso effetto è <strong>in</strong>dotto<br />

da un’attività fisica <strong>in</strong>congrua (eccessiva o <strong>in</strong>sufficiente).<br />

Inf<strong>in</strong>e, è riconosciuto il ruolo dei numerose<br />

malattie, su base disreattiva o <strong>in</strong>fettiva (es. artrite<br />

reumatoide e <strong>in</strong>fezioni batteriche) nel favorire<br />

l’<strong>in</strong>cremento dei ROS.<br />

Una riduzione delle difese <strong>antiossidanti</strong> è da<br />

imputarsi sostanzialmente ad un deficit assoluto o<br />

relativo di <strong>antiossidanti</strong>, comunque determ<strong>in</strong>atosi.<br />

In tale contesto, alcune malattie, quali la celiachia,


possono provocare uno stress ossidativo riducendo<br />

la disponibilità di <strong>antiossidanti</strong> assunti con<br />

l’alimentazione (tabella 3. 3).<br />

Tabella 3. 3 Cause di ridotte difese antioossidanti<br />

Eziologia Esempi/meccanismi<br />

Ridotta assunzione<br />

Ipovitam<strong>in</strong>osi,<br />

di <strong>antiossidanti</strong><br />

diete monotone<br />

Ridotto assorbimento<br />

S<strong>in</strong>dromi da malassorbimento,<br />

di <strong>antiossidanti</strong><br />

celiachia<br />

Ridotta capacità di utilizzazione Deficit dei meccanismi di cap-<br />

di <strong>antiossidanti</strong><br />

tazione e/o tra<strong>sport</strong>o<br />

Insufficienza dei sistemi<br />

Fattori genetici<br />

enzimatici <strong>antiossidanti</strong><br />

e/o iatrogeni<br />

Eccessivo consumo<br />

Eccessiva produzione<br />

di <strong>antiossidanti</strong><br />

di specie reattive<br />

Assunzione<br />

Sovraccarico del sistema<br />

di farmaci<br />

microsomiale<br />

Malattie Vari<br />

A proposito delle malattie, va precisato che esse<br />

alcune di esse si accompagnano ad un’aumentata<br />

produzione di specie reattive, altre ad una riduzione<br />

delle difese <strong>antiossidanti</strong>, altre ancora, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, alla<br />

comb<strong>in</strong>azione di ambedue i meccanismi.<br />

Dal punto di vista biochimico, considerando il<br />

fenomeno <strong>dello</strong> stress ossidativo all’<strong>in</strong>terno della<br />

cellula, è <strong>in</strong>dubbio che all’orig<strong>in</strong>e delle alterazioni<br />

funzionali e strutturali vi è un aumento della produzione<br />

di specie reattive per stimolazione parziale o<br />

generalizzata del metabolismo, spesso sotto la sp<strong>in</strong>ta<br />

di fattori esogeni (5, 7, 22, 30).<br />

I ROS, resisi disponibili <strong>in</strong> grandi quantità, sono<br />

<strong>in</strong> grado di attaccare qualsiasi substrato con il quale<br />

giungono a contatto, strappando ad essi l’elettrone<br />

o gli elettroni necessari per raggiungere la propria<br />

stabilità. Ciò, a sua volta, <strong>in</strong>nesca processi radicalici<br />

a catena che, se non bloccati tempestivamente,<br />

possono provocare gravi conseguenze sul piano,<br />

dapprima funzionale, poi anche strutturale (figura 3.<br />

2) (5, 6, 8, 16).<br />

Anione superossido O .<br />

2<br />

Radicale idrossile HO*<br />

Radicale peridrossile HO 2 *<br />

Metallidi transizione/<br />

Sistemi enzimatici<br />

Agenti esterni, attività metabolica<br />

Substrati organici RH (glicidi, lipidi,<br />

amm<strong>in</strong>oacidi, nucleotidi, etc.)<br />

Alterazioni funzionali e/o strutturali della cellula<br />

Figura 3. 2 Patogenesi <strong>dello</strong> stress ossidativo: aspetti biochimici<br />

Fra i vari meccanismi cito- ed isto-lesivi assume<br />

rilevante importanza quello correlato con la formazione<br />

degli idroperossidi (ROOH), una classe di derivati<br />

o metaboliti reattivi dell’ossigeno (reactive oxygen<br />

metabolites, ROM) (16).<br />

Questo meccanismo, tipico delle reazioni radicaliche<br />

a catena, viene <strong>in</strong>nescato dall’attacco, da parte<br />

di un ROS (X • , per esempio, il radicale istolesivo<br />

HO • ), di un generico substrato organico R-H (es. un<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

Ossigeno s<strong>in</strong>goletto 1 Ossigeno s<strong>in</strong>goletto O2 Perossido di idrogeno H2O2 1O2 Perossido di idrogeno H2O2 Metallidi transizione/<br />

Sistemi enzimatici<br />

Idroperossido R-OOH<br />

Radicale alcossile R-O*<br />

Radicale idroperossile R-OO*<br />

Superamento difese<br />

<strong>antiossidanti</strong><br />

28<br />

glicide, un lipide, un amm<strong>in</strong>oacido, un nucleotide<br />

ecc.) (figura 3. 3) (11).<br />

1) X• 1) X + R–H → X–H + R• • + R–H → X–H + R• 2) R• + O2 → R–OO• 3) R–OO• 2) R<br />

+ R1H→ R–OOH + R •<br />

1<br />

4A) R •<br />

1 + R1<br />

• → R1 – R1 4B) R •<br />

1 + R2H → R1H + R •<br />

2 • + O2 → R–OO• 3) R–OO• + R1H→ R–OOH + R •<br />

1<br />

4A) R •<br />

1 + R1<br />

• → R1 – R1 4B) R •<br />

1 + R2H → R1H + R •<br />

2<br />

RH/R RH/R1H/R 1H/R2H 2H = qualsiasi sostanza organica<br />

Figura 3. 3 Reazioni radicaliche e produzione di perossidi<br />

Il radicale HO • , avendo un elettrone spaiato, è<br />

molto reattivo e, giunto a contatto con il substrato<br />

R-H, strappa a quest’ultimo un atomo di idrogeno<br />

per raggiungere la sua stabilità.<br />

In tal modo, però, il sito radicalico è ora trasferito<br />

al substrato che si trasforma <strong>in</strong> radicale R • .<br />

Quest’ultimo, <strong>in</strong> presenza di ossigeno molecolare, è<br />

convertito <strong>in</strong> radicale (idro)perossile ROO • , un nuovo<br />

radicale che, a sua volta, può attaccare un altro<br />

substrato organico R1H trasformandosi <strong>in</strong> idroperossido<br />

ROOH.<br />

La reazione a catena ormai <strong>in</strong>nescata cont<strong>in</strong>uerà<br />

a partire dall’ultimo radicale generato (R1 • ),<br />

f<strong>in</strong>o a quando non <strong>in</strong>terverrà un meccanismo di<br />

term<strong>in</strong>azione (es. reazione di comb<strong>in</strong>azione, R1 • +<br />

R 1 • , per produrre R1-R 1) oppure un antiossidante.<br />

Il fenomeno della perossidazione – è bene ribadirlo<br />

– non è esclusivo dei lipidi, ma può <strong>in</strong>teressare<br />

qualsiasi substrato organico, dagli amm<strong>in</strong>oacidi alle<br />

prote<strong>in</strong>e, dai carboidrati ai nucleotidi.<br />

Non v’è dubbio, tuttavia, che i lipidi, specialmente<br />

se <strong>in</strong>saturi, e, qu<strong>in</strong>di, con doppietti di legame<br />

“disponibili” a soddisfare l’avidità di elettroni dei radicali<br />

<strong>liberi</strong>, costituiscano target importanti<br />

dell’attacco ossidativo, <strong>in</strong> particolar modo se <strong>in</strong>seriti<br />

nel contesto di biomembrane e, come tali, maggiormente<br />

esposti all’azione radicalica (16).<br />

La perossidazione lipidica segue lo schema generale<br />

delle reazioni radicaliche appena discusso,<br />

con la variante che, se ad essere colpito è un acido<br />

grasso poli<strong>in</strong>saturo, quale l’acido arachidonico, ad<br />

essere attaccato dal radicale istolesivo HO • è uno<br />

dei doppi legami C-C (16).<br />

In questo caso specifico, la sottrazione di un<br />

atomo di iidrogeno da parte del radicale idrossile<br />

genera un radicale centrato sul carbonio, che rapidamente<br />

va <strong>in</strong>contro ad una redistribuzione dei<br />

doppi legami trasformandosi <strong>in</strong> diene coniugato.<br />

Quest’ultimo, <strong>in</strong> presenza di ossigeno si trasforma <strong>in</strong><br />

radicale perossilico.<br />

Il radicale perossilico corrispondente rappresenta<br />

un composto chiave <strong>in</strong> questa sequenza di reazioni,<br />

perché può essere non solo trasformato <strong>in</strong><br />

idroperossido, ma andare <strong>in</strong>contro, per la sua peculiare<br />

struttura chimica, ad ulteriore degradazione


s<strong>in</strong>o a malonildialdeide e, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, a pentano, se sono<br />

disponibili ulteriori donatori di idrogeno (e, <strong>in</strong> ultima<br />

analisi, f<strong>in</strong>o a completa utilizzazione del sistema antiossidante);<br />

queste considerazioni sono importanti<br />

perché le attuali tecniche di valutazione <strong>dello</strong> “status<br />

pro-ossidante” si basano proprio sull’ identificazione<br />

e la successiva quantificazione di una o più<br />

delle classi di <strong>in</strong>termedi generati nel corso di questo<br />

processo di reazioni a catena (figura 3. 4).<br />

R 1<br />

16<br />

15 14<br />

Figura 3. 4 Perossidazione lipidica e sua valutazione<br />

Comunque prodotti, gli idroperossidi sono sostanze<br />

relativamente stabili e conservano una discreta<br />

capacità ossidante. Pertanto, nella stessa cellula,<br />

se si rendono disponibili metalli di transizione<br />

allo stato libero, essi possono subire la reazione di<br />

Fenton e generare così i più reattivi radicali alcossile<br />

(RO • ) e idroperossile (ROO • ), che amplificano il<br />

danno all’<strong>in</strong>terno della cellula (18, 29).<br />

A causa della potenziale tossicità, si ritiene che<br />

gli idroperossidi vengano espulsi dalla cellula ed<br />

immessi nei fluidi circolanti, fra cui il sangue. Se,<br />

qu<strong>in</strong>di, nel plasma, esistono condizioni tali da <strong>in</strong>durre<br />

il rilascio di ferro allo stato ionico dalle prote<strong>in</strong>e<br />

circolanti (es. un’acidosi transitoria), si <strong>in</strong>nescherà la<br />

reazione di Fenton che genererà ancora una volta<br />

radicali alcossile e idroperossile che amplificheranno<br />

il danno a livello delle LDL e, soprattutto,<br />

dell’endotelio (18, 32).<br />

In ogni caso, gli idroperossidi plasmatici, conservando,<br />

come nella cellula, ancora una discreta<br />

capacità ossidante ed essendo relativamente stabili,<br />

possono essere opportunamente messi <strong>in</strong> evidenza<br />

e quantificati (vedi oltre, d-ROMs test) (figura 3. 5).<br />

Agenti esterni<br />

*OH<br />

RH<br />

O 2<br />

Attività metabolica<br />

H 2 O<br />

R*<br />

ROO*<br />

Danno<br />

ossidativo<br />

R 1 *<br />

R 1 H ROOH<br />

Respirazione<br />

Danno<br />

ossidativo<br />

Nucleo<br />

13<br />

12 11<br />

H 2 O HO*<br />

Acido arachidonico radicale<br />

R 1<br />

8<br />

R 2<br />

O OH<br />

R 1<br />

16<br />

15<br />

14<br />

13<br />

11<br />

12<br />

8<br />

R 2<br />

IDROPEROSSIDO<br />

Citoplasma<br />

Cellula<br />

16<br />

15 14<br />

13<br />

Acido arachidonico<br />

R* RH<br />

12 11<br />

Misurazione<br />

diretta MS<br />

Figura 3. 5 Metabolismo ed effetti patogeni degli idroperossidi<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

R-O-O-H R-O*<br />

Fe3+ Fe2+ pH ↓ Fe3+ Fe2+ pH ↓<br />

OH- Ossidazione LDL<br />

OH- Ossidazione LDL<br />

R-O-O* R-O-O-H<br />

H +<br />

Danno H<br />

endoteliale<br />

+<br />

Danno<br />

endoteliale<br />

8<br />

R 2<br />

Vaso sanguigno (capillare)<br />

PENTANO<br />

R 1<br />

15 14 12 11<br />

8<br />

16<br />

13<br />

R 2<br />

Acido arachidonico radicale<br />

O 2<br />

Electron transfer<br />

9<br />

8<br />

6 5<br />

R 1<br />

16<br />

15 13 11<br />

14 12<br />

Diene coniugato<br />

8<br />

R 2<br />

Misurazione<br />

diretta UV<br />

O<br />

11<br />

12 14 15<br />

13<br />

16<br />

Endoperossido ciclico<br />

d–ROMs test<br />

O O2<br />

2<br />

R 1<br />

16<br />

O<br />

15 13<br />

11<br />

14 12<br />

Radicale perossilico<br />

O<br />

8<br />

R 2<br />

O OO2 2<br />

O<br />

R 1<br />

15 13<br />

11<br />

16 14 12<br />

Perossido ciclico<br />

TBAR test<br />

CHO CHO<br />

MDA<br />

ROOH<br />

Cellula<br />

COOH<br />

O<br />

8<br />

CH 3<br />

R 2<br />

29<br />

A tal riguardo, si dice che gli idroperossidi sono<br />

testimoni o marcatori ma anche amplificatori del<br />

danno cellulare da radicali <strong>liberi</strong> (32).<br />

Anche i livelli di malondialdeide (MDA) nel plasma<br />

o degli alcani (pentano o etano) nell’espirato<br />

forniscono <strong>in</strong>formazioni sulla produzione di radicali<br />

<strong>liberi</strong>, ma solo quando il sistema antiossidante presente<br />

nel mezzo biologico si è esaurito.<br />

Oltre agli idroperossidi, i ROS sono <strong>in</strong> grado di<br />

generare diversi prodotti e sottoprodotti di ossidazione<br />

reagendo con biomolecole target, le quali<br />

possono essere più o meno permanentemente modificate,<br />

frammentate o depolimerizzate. Tra questi<br />

sottoprodotti sono da segnalare le cloroamm<strong>in</strong>e.<br />

Infatti, diversi studi hanno dimostrato che il “respiratory<br />

burst” dei fagociti attivati (macrofagi e<br />

PMN) è <strong>in</strong> grado di produrre perossido di idrogeno<br />

sia <strong>in</strong> vitro che <strong>in</strong> vivo. Queste cellule possono anche<br />

rilasciare la mieloperossidasi, un enzima a ferro<br />

em<strong>in</strong>ico che catalizza la reazione tra perossido di<br />

idrogeno e ione cloruro (già a concentrazioni fisiologiche)<br />

per produrre il potente ossidante acido ipocloroso<br />

(HClO) (33).<br />

Tale sostanza gioca un ruolo importante nelle<br />

difese messe <strong>in</strong> atto dai mammiferi contro microrganismi<br />

patogeni, <strong>in</strong> quanto è dotata di potente<br />

attività battericida (13).<br />

E’ altresì noto, tuttavia, che un’eccessiva o <strong>in</strong>adeguata<br />

produzione di HClO provoca lesioni a carico<br />

dei tessuti nei mammiferi, e questo si ritiene essere<br />

importante <strong>in</strong> alcune patologie umane, quali<br />

l’aterosclerosi, le malattie <strong>in</strong>fiammatorie croniche ed<br />

alcune forme di neoplasie (13).<br />

Numerosi studi hanno dimostrato che le prote<strong>in</strong>e<br />

rappresentano i bersagli pr<strong>in</strong>cipali dell’azione<br />

dell’HClO, anche se questo potente ossidante reagisce<br />

con un ampia varietà di altre molecole organiche<br />

target, quali il DNA, i lipidi, il colesterolo,<br />

l’NADH, e i tioli (13).<br />

In particulare, è stato dimostrato mediante EPR<br />

che l’HClO reagisce con i gruppi amm<strong>in</strong>ici di amm<strong>in</strong>oacidi<br />

e prote<strong>in</strong>e per produrre cloroamm<strong>in</strong>e. Queste,<br />

a loro volta, si decompongono e generano radicali<br />

<strong>liberi</strong>, dimostrabili mediante tecniche di sp<strong>in</strong><br />

trapp<strong>in</strong>g comb<strong>in</strong>ate con l’EPR, quali i radicali perossilici<br />

ed alcossilici (13).<br />

Secondo l’ipotesi più accreditata, il carbonio alfa<br />

dell’amm<strong>in</strong>oacido che ha subito l’attacco dell’acido<br />

ipocloroso trasformandosi <strong>in</strong> cloroamm<strong>in</strong>a, si trasforma<br />

<strong>in</strong> un sito radicalico. Il conseguente attacco<br />

dell’ossigeno genera un radicale perossilico che, dimerizzando,<br />

forma il tetrossido corrispondente. Dalla<br />

scissione di quest’ultimo orig<strong>in</strong>erebbero, con<br />

l’ossigeno molecolare, i radicali alcossilici. Il processo<br />

descritto, che è favorito ma non dipende<br />

dall’aggiunta di ioni ferro, sembra giocare un ruolo<br />

determ<strong>in</strong>ante nell’amplificare il danno ossidativo da<br />

radicali <strong>liberi</strong> nei fluidi extracellulari, quali il sangue,<br />

anche quando, appunto, non sono disponibili metalli


di transizione allo stato libero (13). In ogni caso<br />

questa possibilità alternativa di produrre radicali perossilici<br />

e alcossilici rende ancora più importante il<br />

significato delle <strong>in</strong>formazioni fornite dal d-ROMs test<br />

che, come verrà discusso dettagliatamente <strong>in</strong> seguito,<br />

consente di dosare non solo gli idroperossidi generati<br />

dalle “classiche” reazioni di perossidazione,<br />

ma anche questi importantissimi marker di stress<br />

ossidativo generati dalla decomposizione delle cloroamm<strong>in</strong>e.<br />

Inf<strong>in</strong>e, fra gli altri meccanismi biochimici co<strong>in</strong>volti<br />

nel danno da radicali <strong>liberi</strong> sono da citare la<br />

formazione di legami crociati, la condensazione di<br />

prote<strong>in</strong>e, la depolimerizzazione dell’acido ialuronico<br />

(a livello della matrice extracellulare), l’<strong>in</strong>terruzione<br />

di uno o ambedue i filamenti del DNA, ecc. (tabella<br />

3. 4) (15, 26).<br />

Tabella 3. 4 Bersagli dei ROM e relativi prodotti di ossidazione<br />

Specie Molecola<br />

Prodotti di<br />

reattive bersaglio ossidazione<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale peridrossile<br />

Lipidi (PUFA)<br />

Idroperossidi<br />

lipidici<br />

Radicale idrossile<br />

Radicale peridrossile<br />

Prote<strong>in</strong>e<br />

Molecole con legami crociati,<br />

idroperossidi<br />

Radicale idrossile Acido<br />

Glucosidi,<br />

Radicale peridrossile jaluronico idroperossidi<br />

Radicale idrossile DNA/RNA<br />

Filamenti <strong>in</strong>terrotti,<br />

8-idrossiguanos<strong>in</strong>a<br />

3. 3 Eziopatogenesi<br />

La produzione di specie reattive – si è detto –<br />

avviene <strong>in</strong> ben def<strong>in</strong>iti siti cellulari: plasmamembrana,<br />

mitocondri, reticolo endoplasmatico liscio (microsomi),<br />

perossisomi e citosol.<br />

Va sottol<strong>in</strong>eato che la generazione di ROS <strong>in</strong><br />

ciascuno di questi siti e gli effetti che da essa ne<br />

scaturiscono assume caratteristiche peculiari <strong>in</strong><br />

rapporto alla specificità <strong>dello</strong> stimolo ed alle modalità,<br />

qualità e quantità di specie reattive prodotte.<br />

E’ evidente che la produzione di ROS da parte<br />

dei PMN, conseguente ad attivazione della plasmamembrana,<br />

richiede stimoli diversi da quelli necessari<br />

per la generazione di specie reattive dalle cellule<br />

muscolari, associata all’attivazione del metabolismo<br />

mitocondriale.<br />

In l<strong>in</strong>ea di massima, <strong>in</strong>fatti, uno stimolo flogistico<br />

tenderà prevalentemente ad attivare la plasmamembrana<br />

dei PMN laddove un <strong>in</strong>tenso esercizio<br />

muscolare tenderà ad esaltare prevalentemente<br />

l’attività metabolica mitocondriale delle cellule muscolari.<br />

Ciascuna delle due situazioni, <strong>in</strong>oltre, è accompagnata<br />

dalla produzione di specie reattive almeno<br />

<strong>in</strong> parte diverse, per il diverso corredo enzimatico<br />

delle cellule e delle relative strutture subcellulari <strong>in</strong>teressate.<br />

Per esempio, i mitocondri delle cellule muscolari,<br />

che non possiedono la mieloperossidasi non potranno<br />

generare HClO, che potrà essere prodotto<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

30<br />

solo dalla plasmamembrana dei PMN attivati. Inf<strong>in</strong>e,<br />

anche gli effetti sistemici delle due condizioni<br />

saranno diverse.<br />

Sulla base di queste considerazioni si può associare<br />

a ciascun sito cellulare co<strong>in</strong>volto nella produzione<br />

di specie reattive un particolare tipo di stress<br />

ossidativo: <strong>in</strong>dotto prevalentemente da modificazioni<br />

reattive della superficie cellulare, <strong>in</strong>dotto<br />

prevalentemente da una ridotta efficienza della respirazione<br />

cellulare, secondario prevalentemente ad<br />

<strong>in</strong>duzione farmacometabolica, <strong>in</strong>dotto prevalentemente<br />

da variazioni della tensione <strong>in</strong>tracellulare di<br />

ossigeno e da meccanismi multipli comb<strong>in</strong>ati (figura<br />

3. 6).<br />

NADPH ossidasi<br />

Lipoossigenasi<br />

Stress ossidativo<br />

da modificazioni reattive<br />

della superficie cellulare<br />

Xant<strong>in</strong>a ossidasi<br />

Aldeide ossidasi<br />

Stress ossidativo<br />

da variazioni<br />

<strong>in</strong>tracellulari della pO 2<br />

NADH deidrogenasi<br />

Citotocromo ossidasi<br />

Stress ossidativo<br />

da ridotta efficienza della<br />

respirazione cellulare<br />

Citocromo P 450<br />

Citocromo b 5<br />

Stress ossidativo<br />

da <strong>in</strong>duzione<br />

farmacometabolica<br />

Figura 3. 6 Fonti cellulari di ROS e stress ossidativo<br />

E’ evidente che questa impostazione rappresenta<br />

un’ipersemplificazione della ben più complessa e<br />

multiforme situazione biochimica che si osserva a<br />

livello cellulare, tissutale e sistemico nello stress ossidativo.<br />

Rimanendo nell’esempio comparativo appena<br />

discusso della plasmamembrana dei PMN e dei mitocondri<br />

delle cellule muscolari, non bisogna dimenticare<br />

che nelle condizioni disreattive, quali le <strong>in</strong>fezioni,<br />

la febbre <strong>in</strong>dotta dall’attivazione dei PMN si<br />

associa ad un’esaltazione del metabolismo e, viceversa,<br />

lo sforzo muscolare <strong>in</strong>tenso può associarsi a<br />

condizioni <strong>in</strong>fiammatorie, ritenute responsabili di lesioni<br />

traumatiche dell’apparato muscoloscheletrico.<br />

In altri term<strong>in</strong>i, è difficile dist<strong>in</strong>guere nettamente<br />

uno stress ossidativo <strong>in</strong>dotto da modificazioni reattive<br />

della superficie cellulare da uno stress ossidativo<br />

<strong>in</strong>dotto da ridotta efficienza della respirazione<br />

cellulare.<br />

Anzi, estendendo ancor di più il discorso, nella<br />

patogenesi del danno muscolare legato ad esercizio<br />

fisico strenuo entra <strong>in</strong> gioco anche il meccanismo<br />

dell’ischemia-riperfusione, che è alla base <strong>dello</strong><br />

stress ossidativo da variazioni della pO2 <strong>in</strong>tracellulare.<br />

E’ per questo motivo che nella classificazione<br />

dei diversi tipi di stress ossidativo si è convenuto di<br />

usare la circumlocuzione “stress ossidativo <strong>in</strong>dotto<br />

prevalentemente da…”.<br />

Pur nella consapevolezza degli <strong>in</strong>evitabili limiti<br />

legati ai tentativi di classificare i fenomeni biologici,<br />

l’<strong>in</strong>dividuazione di c<strong>in</strong>que pattern di stress ossidativo


conserva, tuttavia, un’<strong>in</strong>dubbia valenza didattica e<br />

concettuale e, pertanto, può essere di grande aiuto<br />

non solo al cl<strong>in</strong>ico, per l’<strong>in</strong>quadramento diagnostico<br />

del soggetto con compromissione del bilancio redox,<br />

ma anche al terapeuta, per orientare la scelta<br />

nel complesso labir<strong>in</strong>to delle opzioni attualmente<br />

disponibili (tabella 3. 5).<br />

Tabella 3. 5 Pattern fondamentali <strong>dello</strong> stress ossidativo (SO)<br />

SO* Sito † Meccanismo † ROS/ROM Correlazioni<br />

I Membrana<br />

Generazione<br />

ac. arachidonico<br />

Idroperossidi<br />

An. superossido<br />

Processi reattivi<br />

(<strong>in</strong>fiammazione)<br />

Attivazione<br />

NADPH ossidasi<br />

An. superossido<br />

Processi reattivi<br />

(<strong>in</strong>fiammazione)<br />

II Mitocondri<br />

Attivazione<br />

metabolica<br />

An. superossido Ipernutrizione,<br />

Perossido di H es. fis. <strong>in</strong>adeguato<br />

Disfunzione An. superossido Mitocondriopatie<br />

mitocondriale Perossido di H (prim. o sec.)<br />

III Microsomi<br />

Attivazione<br />

citocromi P450/b5<br />

Vari<br />

Alcol, farmaci,<br />

xenobiotici<br />

IV Citosol<br />

Attivazione<br />

xant<strong>in</strong>a ossidasi<br />

An. superossido Mal. da ischemia-<br />

Perossido di H riperfusione<br />

V<br />

Almeno<br />

due<br />

Multipli<br />

Variabilmente<br />

centrati ‡<br />

Fumo, <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti,<br />

radiazioni<br />

I: SO prevalentemente da modifiche reattive della superficie cellulare; II: SO<br />

prevalentemente da ridotta efficacia della respirazione cellulare; III: SO<br />

prevalentemente da <strong>in</strong>duzione farmaco-metabolica; IV: SO prevalentemente<br />

da variazioni della pO2 <strong>in</strong>tracellulare; V: SO da meccanismi multipli. †<br />

Prevalente. ‡ Carbonio, azoto, cloro ecc<br />

Lo stress ossidativo <strong>in</strong>dotto prevalentemente da<br />

modificazioni reattive della superficie cellulare è<br />

provocato dall’attivazione della plasmamembrana<br />

che, come si è detto, è sede di attività enzimatiche<br />

generatrici di ROS (28).<br />

Questo tipo di stress ossidativo è generato, nella<br />

sua forma più caratteristica, da una massiccia attivazione<br />

dei leucociti pomorfonucleati ad opera di<br />

batteri o endotoss<strong>in</strong>e o immunocomplessi (1).<br />

Tali agenti, <strong>in</strong>fatti, legandosi alla plasmamembrana<br />

possono attivare l’NADPH ossidasi, con produzione<br />

di anione superossido (figura 3. 7) (23).<br />

Batteri<br />

MPx MPx<br />

PLA 2<br />

H 2 O 2<br />

Figura 3. 7 Produzione di specie reattive da PMN attivati<br />

Anche l’attivazione delle lipoossigenasi, localizzate<br />

sulla plasmamembrana dei PMN, si accompagna<br />

a produzione di perossidi.<br />

Lo stress ossidativo da modificazioni reattive<br />

della superficie cellulare è tipico dei processi reattiquali<br />

<strong>in</strong>fezioni (es. batteriche) e <strong>in</strong>fiammazioni (es.<br />

artrite reumatoide).<br />

Lo stress ossidativo <strong>in</strong>dotto prevalentemente da<br />

una ridotta efficienza della respirazione cellulare è<br />

provocato da un’alterazione della funzionalità dei<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

PL AA PG<br />

SOD SOD<br />

Fenton/HW Fenton/HW<br />

ROOH<br />

Fe/Cu<br />

Fe/Cu<br />

NADPH-Ox NADPH-Ox<br />

.<br />

O 2<br />

Proteasi<br />

O 2<br />

Cl- H2O R-NH Cl<br />

2<br />

RH H2O -<br />

H2O R-NH2 RH H2O HClO OH .<br />

R-NHCl HClO OH R*<br />

.<br />

R-NHCl R*<br />

31<br />

mitocondri che, come è noto, costituiscono una delle<br />

fonti primarie di produzione di ROS (31). Nel caso<br />

più semplice, l’aumentata produzione di specie reattive<br />

è legata ad un’eccessiva attivazione metabolica,<br />

quale si riscontra ad esempio durante lo sforzo fisico<br />

<strong>in</strong>tenso o nell’iperalimentazione; <strong>in</strong> questo caso<br />

le specie reattive maggiormente generate sono i<br />

prodotti di riduzione non tetravalente dell’ossigeno,<br />

quali, ad esempio, l’anione superossido (15).<br />

E’ anche possibile che un aumento della produzione<br />

di ROS per ridotta efficienza della respirazione<br />

cellulare sia legato ad una patologia primaria dei<br />

mitocondri ovvero all’<strong>in</strong>nescarsi di un circolo<br />

vizioso (attivazione metabolica → produzione di<br />

ROS da shunt elettronico → disfunzione mitocondriale<br />

→ riduzione dell’efficienza respiratoria → ulteriore<br />

produzione di ROS da shunt elettronico) (2,<br />

4).<br />

Lo stress ossidativo secondario prevalentemente<br />

ad <strong>in</strong>duzione farmacometabolica è provocato da<br />

un’attivazione del sistema di idrossilazione a funzione<br />

dis<strong>in</strong>tossicante del citocromo P450. Ne sono frequenti<br />

cause l’etilismo cronico e l’esposizione a xenobiotici<br />

(20).<br />

In questi casi possono essere prodotte specie<br />

reattive anche non centrate sull’ossigeno (es. il radicale<br />

del paracetamolo, un comunissimo antipiretico<br />

e analgesico) (21).<br />

Lo stress ossidativo <strong>in</strong>dotto prevalentemente da<br />

variazioni della tensione <strong>in</strong>tracellulare di ossigeno è<br />

tipico delle lesioni da ischemia-riperfusione che si<br />

osservano nell’<strong>in</strong>farto e <strong>in</strong> seguito ad <strong>in</strong>terventi di<br />

rivascolarizzazione chirurgica o trapianto di organi<br />

(3, 17, 25).<br />

Si ritiene che <strong>in</strong> questi casi entri <strong>in</strong> gioco<br />

l’attivazione della xant<strong>in</strong>a ossidasi con produzione di<br />

perossido di idrogeno e anione superossido (figura<br />

3. 8) (14, 24).<br />

Infarto, bypass, trapianti<br />

Macroischemia<br />

Microischemia<br />

pO 2 ↓<br />

Acidosi<br />

Sedentarietà<br />

Deficit pompe<br />

Disponibilità ossigeno ↓<br />

Lattato ↑<br />

Cellula<br />

Glicolisi<br />

Stato ridotto mitocondri ↑<br />

anaerobica ↑<br />

Rilascio Fe2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

Rilascio F<br />

dalle prote<strong>in</strong>e<br />

e2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

Rilascio F<br />

dalle prote<strong>in</strong>e<br />

e2+ / 3+<br />

Amplificazione del danno<br />

dalle prote<strong>in</strong>e<br />

Fosforilazione<br />

ossidativa↓<br />

Creat<strong>in</strong>a ↑ Osmolarità ↑<br />

Creat<strong>in</strong>a-P↓<br />

S<strong>in</strong>tesi ATP ↓ Decompartimentalizzazione<br />

Disorganizzazione citoscheletro<br />

ADP ↑<br />

Attacco substrati<br />

organici<br />

AMP ↑<br />

IMP ↑<br />

H 2O2↑<br />

.<br />

O2 ↑<br />

ROO* RO*<br />

ROOH↑<br />

ROOH<br />

Inos<strong>in</strong>a ↑ Ipoxant<strong>in</strong>a Xant<strong>in</strong>a<br />

Xant<strong>in</strong>a<br />

Ossidasi<br />

Acido urico<br />

Vaso sanguigno<br />

Deficit pompe<br />

Calcio ↑<br />

citosolico<br />

Attivazione<br />

proteasi<br />

Danno<br />

membrana<br />

Alterazioni<br />

omeostasi ionica<br />

Xant<strong>in</strong>a<br />

deidrogenasi<br />

Figura 3. 8 Meccanismi del danno da ischemia-riperfusione<br />

Inf<strong>in</strong>e, il fumo di sigaretta, l’esposizione ad <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>anti<br />

atmosferici o a radiazioni ionizzanti o UV<br />

ovvero ad agenti tossici saranno responsabili di<br />

uno stress ossidativo conseguente all’attivazione di<br />

meccanismi multipli comb<strong>in</strong>ati.


3. 4 Alterazioni del bilancio ossidativo<br />

e pratica <strong>sport</strong>iva<br />

In condizioni ord<strong>in</strong>arie, le fibre muscolari possiedono<br />

un efficiente sistema antiossidante <strong>in</strong> grado<br />

di tenere sotto controllo la produzione eccessiva di<br />

ROS.<br />

Infatti, sia gli <strong>antiossidanti</strong> endogeni (SOD, GPx,<br />

ubich<strong>in</strong>olo,) che quelli esogeni (vitam<strong>in</strong>e, oligom<strong>in</strong>erali<br />

e sostanze simil-vitam<strong>in</strong>iche) giocano un importante<br />

ruolo protettivo prevenendo, annullando o<br />

contrastando l’azione potenzialmente lesiva delle<br />

specie chimiche reattive sull’apparato muscoloscheletrico.<br />

Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che un<br />

adeguato regime di allenamento e/o l’assunzione<br />

mirata di <strong>in</strong>tegratori <strong>antiossidanti</strong> è effettivamente<br />

<strong>in</strong> grado di potenziare i sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong><br />

dell’organismo, riducendo l’entità dei processi<br />

di perossidazione dopo attività fisica <strong>in</strong>tensa.<br />

Tuttavia, se all’esercizio fisico <strong>in</strong>tenso si associa<br />

anche una compromissione dei sistemi di difesa<br />

<strong>antiossidanti</strong>, i ROS sono <strong>liberi</strong> di attaccare e di<br />

danneggiare qualsiasi componente cellulare, dai glicidi<br />

ai lipidi, dalle prote<strong>in</strong>e agli acidi nucleici.<br />

In generale, qualsiasi attività fisica <strong>in</strong>congrua<br />

può associarsi ad una condizione di stress ossidativo.<br />

Infatti, tanto la sedentarietà quanto la pratica<br />

<strong>sport</strong>iva strenua possono provocare, attraverso uno<br />

squilibrio tra produzione ed <strong>in</strong>attivazione di ROS, un<br />

aumento dei processi perossidativi con conseguenti<br />

lesioni tissutali e/o sistemiche, non di rado a carico<br />

<strong>dello</strong> stesso apparato muscolo-scheletrico (lesioni<br />

da traumatiche e/o da overuse, tend<strong>in</strong>iti, ecc.) (figura<br />

3. 9).<br />

ATTIVITA’ FISICA INADEGUATA<br />

Aumentata produzione specie<br />

reattive (O2 . , HO . , H2O2)<br />

Figura 3. 9 Patogenesi delle lesioni da stress ossidativo<br />

dell’apparato muscolo-scheltrico<br />

In particolare, un’attività fisica eccessiva può<br />

provocare una condizione di stress ossidativo sia<br />

favorendo la generazione di ROS sia abbassando le<br />

difese <strong>antiossidanti</strong>. A sua volta, l’aumento della<br />

produzione di ROS è da ricondursi pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

all’<strong>in</strong>cremento del ritmo delle ossidazioni biologiche<br />

a livello dei mitocondri.<br />

Infatti, come è ampiamente noto, sulle creste di<br />

questi organuli sono localizzati i componenti della<br />

catena respiratoria, ove gli equivalenti riducenti<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

Compromissione della barriera<br />

antiossidante (SOD, vit C)<br />

OSSIDAZIONE DI BIOMOLECOLE CON PRODUZIONE<br />

DI ROM (IDROPEROSSIDI, CLORAMMINE)<br />

DANNO OSSIDATIVO APPAR. MUSCOLO-SCHELETRICO<br />

(<strong>in</strong>fiammazioni, overuse. traumi…)<br />

32<br />

(coppie di atomi di idrogeno) estratti dai subsrati<br />

ossidabili del metabolismo cellulare (glucosio, acidi<br />

grassi, prote<strong>in</strong>e, etc.) vengono “tra<strong>sport</strong>ati” f<strong>in</strong>o al<br />

loro accettore f<strong>in</strong>ale, l’ossigeno molecolare.<br />

In questo ciclo di reazioni redox la differenza di<br />

potenziale esistente fra il primo e l’ultimo dei “tra<strong>sport</strong>atori”<br />

(il NAD ridotto e l’ossigeno molecolare,<br />

rispettivamente), viene sfruttata per generare ATP,<br />

a partire da ADP e fosfato (fosforilazione ossidativa).<br />

Di norma, ogni coppia di equivalenti riducenti<br />

che “entra” nella catena respiratoria “viene accettata”<br />

da un atomo di ossigeno generando una molecola<br />

d’acqua. Tuttavia, anche a riposo, una quota di<br />

equivalenti riducenti “sfugge”, nel corso della respirazione<br />

cellulare, al controllo dei sofisticati meccanismi<br />

di regolazione localizzati sulle creste mitocondriali,<br />

generando specie chimiche parzialmente ridotte<br />

dell’ossigeno, quale, ad esempio, l’anione superossido.<br />

Tale quota, oscilla, secondo i diversi studi<br />

pubblicati sull’argomento, dall’1 f<strong>in</strong>o al 3%, e, <strong>in</strong><br />

condizioni normali, viene immediatamente neutralizzata<br />

dai sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong>.<br />

L’<strong>in</strong>tensità del flusso “anomalo” di equivalenti<br />

riducenti verso l’ossigeno per generare specie chimiche<br />

di riduzione alternativa, non tetravalente, è<br />

notevole negli organi con attività metabolica elevata,<br />

quali i muscoli scheletrici, soprattutto nel corso<br />

di attività particolarmente impegnative per carico di<br />

lavoro e/o durata. Infatti, sembra che <strong>in</strong> condizioni<br />

di esercizio fisico strenuo la quota di ossigeno ridotto<br />

a ROS può raggiungere, nei muscoli, circa il 15%<br />

della quota resa disponibile dall’emoglob<strong>in</strong>a e poi<br />

dalla mioglob<strong>in</strong>a.<br />

Pertanto, un’attività fisica eccessiva, specialmente<br />

<strong>in</strong> soggetti non adeguatamente allenati, provoca<br />

come conseguenza diretta ed immediata una<br />

produzione elevata di ROS a livello mitocondriale.<br />

Se i sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong> localizzati a<br />

livello mitocondriale sono efficienti, il danno ossidativo<br />

può essere circoscritto.<br />

Se, tuttavia, le difese <strong>antiossidanti</strong>, messe a dura<br />

prova dallo shunt anomalo di elettroni, vengono<br />

superate, i ROS generati a livello delle creste mitocondriali<br />

possono attaccare virtualmente qualsiasi<br />

substrato organico e, <strong>in</strong> particolare, i lipidi e il DNA.<br />

La perossidazione dei lipidi provoca una progressiva<br />

riduzione dell’efficienza del processo di fosforilazione<br />

ossidativa con abbassamento dei livelli<br />

di ATP ed <strong>in</strong>cremento della concentrazione di nucleotidi<br />

e nucleosidi adenilici e dei loro prodotti di degradazione<br />

(vedi più avanti).<br />

D’altra parte, il DNA mitocondriale che, al contrario<br />

di quello nucleare, non possiede un rivestimento<br />

proteico, è facile preda del danno ossidativo<br />

con conseguenti alterazioni dell’espressione genica.<br />

Si <strong>in</strong>nesca, così, un circolo vizioso nel quale i<br />

ROS, prodotti <strong>in</strong> seguito ad attività fisica <strong>in</strong>congrua<br />

a livello della catena respiratoria, f<strong>in</strong>iscono con il


danneggiare i mitocondri stessi favorendo l’ulteriore<br />

“escape” di equivalenti riducenti e, qu<strong>in</strong>di, l’ulteriore<br />

produzione di specie chimiche reattive centrate<br />

sull’ossigeno.<br />

I mitocondri, comunque, non rappresentano<br />

l’unica sorgente di aumenatata produzione di ROS<br />

<strong>in</strong> seguito ad attività fisica eccessiva.<br />

Per esempio, numerose evidenze <strong>in</strong>dicano che<br />

l’esercizio strenuo riproduce nel muscolo scheletrico<br />

una condizione molto simile a quella osservata nel<br />

miocardio nel cosiddetto danno da ischemiariperfusione.<br />

Infatti, nel corso della contrazione muscolare,<br />

l’ATP è convertito <strong>in</strong> ADP + Pi e l’energia sviluppatasi<br />

da tale reazione viene sfruttata per compiere il<br />

lavoro meccanico, cioè la contrazione. L’ADP viene,<br />

qu<strong>in</strong>di, ri-fosforilato ad ATP sia attraverso la fosforilazione<br />

ossidativa che attraverso l’idrolisi delle riserve<br />

locali di creat<strong>in</strong>-P.<br />

Nel muscolo scheletrico sottoposto ad attività<br />

particolarmente <strong>in</strong>tensa e/prolungata, così come accade<br />

nel miocardio durante un’ischemia grave (es.<br />

<strong>in</strong>farto), la quantità di ossigeno diventa <strong>in</strong>sufficiente<br />

al fabbisogno cellulare, generando una condizione<br />

di parziale anaerobiosi (32).<br />

Una volta esaurite le riserve di creat<strong>in</strong>-P e di<br />

ATP, i mitocondri, non più <strong>in</strong> grado di rigenerare<br />

adeguate quantità di ATP, faviriscono l’accumulo di<br />

ADP e di AMP che, per via enzimatica, sono progressivamente<br />

degradati ad IMP, ipoxant<strong>in</strong>a e xant<strong>in</strong>a.<br />

Se il danno ossidativo cellulare è tale da <strong>in</strong>durre<br />

la conversione della xant<strong>in</strong>a deidrogenasi <strong>in</strong> xant<strong>in</strong>a<br />

ossidasi, quest’ultima catalizzerà la formazione di<br />

perossido d’idrogeno e di anione superossido, rispettivamente<br />

dall’ipoxant<strong>in</strong>a e dalla xant<strong>in</strong>a (32).<br />

Dal punto di vista biochimico, i prodotti primari<br />

dell’attacco dei ROS – generati sia a livello mitocondriale<br />

che nel citosol – sono i cosiddetti metaboliti<br />

reattivi dell’ossigeno (ROM), che comprendono varie<br />

specie chimiche, quali gli idroperossidi.<br />

Questi ultimi, sebbene relativamente stabili, <strong>in</strong><br />

presenza di metalli di transizione – liberatisi <strong>in</strong> seguito<br />

al danno ossidativo dai depositi <strong>in</strong>tracellulari –<br />

possono decomporsi generando specie radicaliche<br />

altamente reattive, quali l’alcossile e il perossile, che<br />

amplificano il danno a carico delle componenti strutturali<br />

della fibra muscolare scheletrica (prote<strong>in</strong>e<br />

contrattili, citoscheletro, membrane).<br />

In def<strong>in</strong>itiva, la compromissione della funzione<br />

mitocondriale, <strong>in</strong>sieme all’estensione dei processi<br />

radicalici a catena ad altre componenti cellulari, <strong>in</strong>nesca<br />

una serie di reazioni <strong>in</strong>desiderate il cui esito<br />

f<strong>in</strong>ale è la necrosi o l’apoptosi cellulare.<br />

Pertanto, lo stress ossidativo associato ad esercizio<br />

fisico eccessivo almeno due dei quattro meccanismi<br />

patogenetici fondamentali <strong>in</strong> precedenza<br />

analizzati: una ridotta efficienza della respirazione<br />

cellulare (stress ossidativo di tipo II) ed un abbas-<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

33<br />

samento della pressione parziale di ossigeno cellulare<br />

(stress ossidativo di tipo IV) (vedi tabella 3. 5).<br />

Tuttavia, l’aumentata produzione di ROS <strong>in</strong> seguito<br />

ad esercizio fisico strenuo rende i muscoli, i<br />

tend<strong>in</strong>i e le articolazioni particolarmente suscettibili<br />

alle lesioni traumatiche e da “overuse”, condizioni<br />

tutte legate all’attivazione di processi <strong>in</strong>fiammatori.<br />

Infatti, sottoprodotti del danno ossidativo cellulare<br />

possono attivare la NADPH ossidasi la lipoossigenasi<br />

localizzate a livello della plasmamembrana<br />

dei leucociti polimorfonucleati e dei macrofagi<br />

favorendo, rispettivamente, la produzione di anione<br />

superossido ed idroperossidi.<br />

Pertanto, accanto ai due meccanismi primari<br />

sopra postulati, lo stress ossidativo da attività fisica<br />

esagerata è da ricondursi, almeno, <strong>in</strong> parte ad<br />

un’attivazione della plasmembrana (stress ossidativo<br />

tipo I).<br />

Il danno ossidativo a carico dell’apparato muscoloscheletrico<br />

non si limita a danneggiare le cellule<br />

ma si estende anche alla matrice extracellulare<br />

propagandosi a distanza attraverso il sangue.<br />

Infatti, a livello degli spazi extracellulari, la<br />

mieloperossidasi leucocitaria, <strong>in</strong> presenza di cloruri,<br />

converte il perossido di idrogeno <strong>in</strong> acido ipocloroso;<br />

questo potente ossidante fisiologico è <strong>in</strong> grado<br />

di attaccare amm<strong>in</strong>oacidi, prote<strong>in</strong>e e nucleotidi generando<br />

come sottoprodotti del danno ossidativo le<br />

cloramm<strong>in</strong>e. Attraverso questo ed altri meccanismi<br />

l’acido ialuronico viene depolimerizzato favorendo la<br />

diffusione del processo <strong>in</strong>fiammatorio e di eventuali<br />

patogeni, il collageno forma legami crociati perdendo<br />

le sue proprietà meccaniche, le fibre elastiche<br />

vengono depolimerizzate e tutto ciò contribuisce al<br />

danno ossidativo delle componenti non muscolari<br />

dell’apparato locomotore (tend<strong>in</strong>i, legamenti,capsuile<br />

articolari, s<strong>in</strong>ovie, menischi) (32).<br />

D’altra parte, gli idroperossidi, generati<br />

dall’ossidazione ROS-mediata dei vari substrati organici<br />

(lipidi, prote<strong>in</strong>e, nucleotidi) sono prodotti potenzialmente<br />

lesivi che la cellula elim<strong>in</strong>a rilasciandoli<br />

nel sangue.<br />

Infatti, se <strong>in</strong> un particolare distretto, a causa<br />

dell’aumentata attività muscolare, viene a crearsi<br />

una condizione di relativa ipossia, le cellule <strong>in</strong>terssate<br />

attivano immediatamente il metabolismo anaerobio<br />

generando cataboliti acidi, quali il lattato.<br />

Quest’ultimo può <strong>in</strong>durre una transitoria riduzione<br />

del pH locale – acidosi – la quale, a sua volta, può<br />

favorire il rilascio di metalli di transizione – ferro e<br />

rame – dalle rispettive prote<strong>in</strong>e plasmatiche (transferr<strong>in</strong>a<br />

e ceruloplasm<strong>in</strong>a).<br />

Tali metalli catalizzeranno la scissione degli idroperossidi<br />

circolanti – derivanti dai processi ossidativi<br />

cellulari – <strong>in</strong> radicali alcossilici e perossilici, <strong>in</strong><br />

def<strong>in</strong>itiva responsabili dell’estensione del danno ossidativo<br />

a distanza, <strong>in</strong> larga misura mediato dal<br />

danno endoteliale sia diretto che <strong>in</strong>diretto (ossidazione<br />

delle lipoprote<strong>in</strong>e).


A causa della loro relativa stabilità molti ROM<br />

circolanti, tra cui gli idroperossidi e le cloramm<strong>in</strong>e,<br />

possono essere oggi quantificati attraverso il d-<br />

ROMs test. Quest’ultimo si basa sulla proprietà degli<br />

idroperossidi di generare <strong>in</strong> presenza di ioni ferro<br />

radicali alcossilici e idroperossilici. In questo senso,<br />

pertanto, gli idroperossidi presenti nei liquidi biologici<br />

vengono considerati non solo come marker pre-<br />

Capitolo 3. Stress ossidativo ed attività <strong>sport</strong>iva. Aspetti fisiopatologici e cl<strong>in</strong>ici.<br />

34<br />

coci ma anche come amplificatori del danno ossidativo<br />

tissutale. Anche i livelli di malonildialdeide<br />

(MDA) plasmatica o di pentano espirato forniscono<br />

<strong>in</strong>formazioni sul danno ossidativo cellulare, ma, al<br />

contrario degli idroperossidi, costituiscono <strong>in</strong>dicatori<br />

tardivi di danno ossidativo, positivizzandosi solo dopo<br />

che il sistema antiossidante (o riducente) locale<br />

si è completamente esaurito (vedi figura 3. 4).


1. Badwey JA, Karnovsky ML. Active oxygen species<br />

and the functions of phagocytic leukocytes.<br />

Ann Rev Biochem. 1980. 46: 695-726.<br />

2. Benzi G. Peroxidation, energy transduction and<br />

mitochondria dur<strong>in</strong>g ag<strong>in</strong>g. Editions John Libbey<br />

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Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

Capitolo 4<br />

La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

4. 1 Premessa<br />

La valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo nei soggetti<br />

che praticano attività <strong>sport</strong>iva, a qualsiasi livello,<br />

amatoriale o professionale, è la condizione <strong>in</strong>dispensabile<br />

per prevenire il danno tissutale da ROS<br />

ed altre specie chimiche reattive e per monitorare<br />

l’andamento e la risposta al trattamento (specifico<br />

e/o antiossidante a quadro cl<strong>in</strong>ico conclamato (lesioni<br />

traumatiche, da overuse, <strong>in</strong>fiammazioni etc.)<br />

(1, 15, 24).<br />

Le tecniche di laboratorio disponibili per identificare<br />

e quantificare un marcatore biochimico <strong>in</strong> un<br />

campione biologico prevedono, generalmente, una<br />

fase di estrazione che consenta il passaggio<br />

dell’analita di <strong>in</strong>teresse dal materiale prelevato <strong>in</strong> un<br />

fluido con caratteristiche chimico-fisiche simili (per<br />

esempio estrazione dal siero dei lipoperossidi, sostanze<br />

liposolubili, <strong>in</strong> una soluzione cloroformiometanolo,<br />

<strong>in</strong> grado di sciogliere i grassi). Segue,<br />

poi, una fase di separazione più f<strong>in</strong>e, durante la<br />

quale l’estratto (lipidico o acquoso), grazie ad opportune<br />

tecniche cromatografiche (<strong>in</strong> fase gassosa<br />

o <strong>in</strong> fase liquida ad alta risoluzione, HPLC) viene risolto<br />

<strong>in</strong> una serie di frazioni. Inf<strong>in</strong>e, grazie,<br />

all’impiego di idonei metodi di rivelazione (spettrometria<br />

di massa, spettrofotometria, fluorimetria, potenziometria,<br />

ecc) è possibile identificare, grazie ad<br />

uno standard noto, <strong>in</strong> quale delle frazioni si trova<br />

l’analita di <strong>in</strong>teresse e, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, precisarne, con<br />

ragionevole sicurezza, la natura e la concentrazione.<br />

Purtroppo, questa metodologia solo raramente<br />

è applicabile nella rout<strong>in</strong>e cl<strong>in</strong>ica quando l’obiettivo<br />

della valutazione è lo stress ossidativo. Infatti, i radicali<br />

<strong>liberi</strong> sono, per def<strong>in</strong>izione, specie chimiche<br />

estremamente reattive, a brevissima emivita, e<br />

l’unica tecnica <strong>in</strong> grado di evidenziarli è la spettroscopia<br />

di risonanza di sp<strong>in</strong> dell’elettrone (ESR o<br />

EPR) che, eseguita talvolta con particolari accorgimenti<br />

(metodi di sp<strong>in</strong> trap), costituisce il golden<br />

standard per valutazioni nel vivente (1, 17, 27).<br />

Sfortunatamente, però, l’ESR è una tecnica<br />

piuttosto complessa, richiede una strumentazione e<br />

delle professionalità non disponibili <strong>in</strong> tutti i laboratori,<br />

ed è particolarmente costosa, per cui viene<br />

utilizzata non per <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i di rout<strong>in</strong>e o studi di<br />

screen<strong>in</strong>g, quanto, piuttosto, per validare altri metodi<br />

di laboratorio, come accaduto, per esempio,<br />

proprio con il d-ROMs test (1).<br />

Anche quando correttamente eseguita, comunque,<br />

l’ESR fornisce <strong>in</strong>formazioni solo sulla componente<br />

pro-ossidante <strong>dello</strong> stress ossidativo e non su<br />

quella antiossidante. Si è ripetutamente sottol<strong>in</strong>ea-<br />

37<br />

to, <strong>in</strong>vece, che lo stress ossidativo è la conseguenza<br />

della rottura di un equilibrio tra produzione di specie<br />

reattive ed efficienza dei sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Questo squilibrio porta ad un eccesso di metaboliti<br />

reattivi dell’ossigeno, quali, ad esempio, gli<br />

idroperossidi (ROOH) che, versati <strong>in</strong> circolo, vanno<br />

a costituire i marcatori e gli amplificatori del danno<br />

tissutale e, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, i responsabili ultimi, <strong>in</strong>sieme<br />

ad altri prodotti di ossidazione, dell’<strong>in</strong>vecchiamento<br />

e delle patologie dell’apparato locomotore<br />

correlate con lo stress ossidativo (1, 11, 16, 23).<br />

Sulla base di queste considerazioni prelim<strong>in</strong>ari,<br />

è opportuno che la valutazione di laboratorio <strong>dello</strong><br />

stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport sia “globale”,<br />

cioè tenga conto sia della componente proossidante<br />

che di quella anti-ossidante, anche alla<br />

luce del ruolo, ampiamente documentato, dei ROM<br />

quali marcatori ed amplificatori del danno cellulare<br />

(7, 19) (figura 3. 9).<br />

In realtà, i test di laboratorio attualmente disponibili<br />

esplorano o la componente pro-ossidante<br />

(produzione di specie reattive) (1–3, 9, 18, 20, 22)<br />

o la componente anti-ossidante (attività antiossidante)<br />

<strong>dello</strong> stress ossidativo (4–6, 11–14, 26) (tabella<br />

4. 1).<br />

Tabella 4. 1 Comuni metodi di laboratorio<br />

per la valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

Status proossidante Status antiossidante<br />

d-ROMs test OXY-Adsorbent test<br />

TBAR (MDA) BAP<br />

Lipoperossidi TAS<br />

Isoprostani -SHp test<br />

Chemilum<strong>in</strong>escenza Dos. s<strong>in</strong>goli <strong>antiossidanti</strong><br />

Poichè, come si è detto, l’ESR non è utilizzabile<br />

di rout<strong>in</strong>e, la valutazione <strong>dello</strong> status pro-ossidante<br />

di un <strong>in</strong>dividuo viene abitualmente eseguita con una<br />

serie di metodiche che alcuni ricercatori hanno battezzato<br />

con il term<strong>in</strong>e di “f<strong>in</strong>gerpr<strong>in</strong>t<strong>in</strong>g” (impronta<br />

digitale) (21).<br />

Secondo questo approccio, l’esistenza <strong>in</strong> un organismo<br />

vivente di specie reattive, non altrimenti<br />

misurabili rout<strong>in</strong>ariamente, viene valutata attraverso<br />

la documentazione (nei tessuti e/o nei liquidi extracellulari)<br />

della presenza di specie molecolari variamente<br />

modificate dall’attacco dei radicali <strong>liberi</strong> (21).<br />

In tale contesto, poiché la perossidazione è uno<br />

dei più comuni meccanismi del danno <strong>in</strong>dotto dai<br />

ROS, il dosaggio degli idroperossidi fornisce<br />

un’<strong>in</strong>dicazione molto affidabile <strong>dello</strong> status proossidante<br />

di un <strong>in</strong>dividuo. E, più <strong>in</strong> generale, la do-


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

cumentazione nei fluidi biologici della presenza di<br />

idroperossidi, così come di MDA o di isoprostani,<br />

fornisce “l’impronta digitale” più o meno accurata e<br />

fedele della componente ossidante <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

di un <strong>in</strong>dividuo (8, 11, 20, 22, 23, 25).<br />

I test per la valutazione della componente antiossidante<br />

mirano generalmente a determ<strong>in</strong>are lo<br />

“spessore” o “potere” o “attività” della barriera antiossidante<br />

plasmatica nel suo complesso (4–6, 12–<br />

14, 26, 30) e, <strong>in</strong> alcuni casi specifici, a quantificarne<br />

alcune importanti componenti, quali ad esempio i<br />

gruppi tiolici o s<strong>in</strong>goli <strong>antiossidanti</strong> (es. ascorbato,<br />

tocoferoli) (10, 11).<br />

Tale valutazione si rende necessaria ogni qualvolta<br />

si sospetti una situazione di stress ossidativo<br />

(anche a fronte di valori normali o addirittura ridotti<br />

di test <strong>dello</strong> status proossidante) e, più <strong>in</strong> generale,<br />

ogni qualvolta si <strong>in</strong>tende monitorare una terapia antiossidante.<br />

Uno dei pannelli particolarmente utili nella valutazione<br />

globale <strong>dello</strong> stress ossidativo prevede la<br />

contemporanea determ<strong>in</strong>azione <strong>dello</strong> status proossidante,<br />

attraverso il d-ROMs test (1), e <strong>dello</strong> status<br />

antiossidante, attraverso il BAP test (ed eventuali<br />

altri metodi) (figura 4. 1).<br />

ATTIVITA’ FISICA INADEGUATA<br />

Aumentata produzione<br />

specie reattive<br />

d-ROMS TEST<br />

VALUTAZIONE GLOBALE<br />

DELLO STRESS OSSIDATIVO<br />

Compromissione<br />

barriera antiossidante<br />

BAP TEST<br />

PREVENZIONE DANNO OSSIDATIVO APPAR. MUSCOLO-<br />

SCHELETRICO E MONITORAGGIO TEARAPIA<br />

Figura 4. 1 Pannello per la valutazione globale <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

<strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a <strong>sport</strong>iva<br />

In particolare, il d-ROMs test consente la determ<strong>in</strong>azione<br />

dei metaboliti reattivi dell’ossigeno (1,<br />

11), mentre il BAP test consente la valutazione<br />

dell’efficienza della barriera antiossidante plasmatica.<br />

Ambedue i test si basano sul pr<strong>in</strong>cipio della fotometria<br />

e possono essere effettuati, sia su sangue<br />

<strong>in</strong>tero che su plasma/siero, mediante o un comune<br />

fotometro, <strong>in</strong> qualsiasi laboratorio di analisi, oppure<br />

un’attrezzatura analitica dedicata (sistemi FRAS 4 e<br />

FREE), presso l’ambulatorio del medico <strong>sport</strong>ivo o <strong>in</strong><br />

palestra (7, 10, 19). Quest’ultimo rappresenta, <strong>in</strong>dubbiamente,<br />

un aspetto <strong>in</strong>dubbiamente <strong>in</strong>novativo<br />

e <strong>in</strong>teressante. Infatti, l’impiego di una strumentazione<br />

analitica dedicata di facile uso consente di<br />

giungere <strong>in</strong> tempo reale alla formulazione di un giudizio<br />

non solo generico di stress ossidativo ma di<br />

def<strong>in</strong>ire anche se all’orig<strong>in</strong>e di esso vi è un’eccessiva<br />

produzione di specie reattive (d-ROMs test) e/o una<br />

ridotta efficienza dei sistemi di difesa antiossidante<br />

a livello plasmatici (BAP test).<br />

38<br />

Esistono, ovviamente, numerosi altri test per<br />

questo tipo di valutazione, come <strong>in</strong>dicato <strong>in</strong> tabella<br />

1, ma è obiettivo di questo capitolo presentare il<br />

pr<strong>in</strong>cipio e le applicazioni <strong>in</strong> medic<strong>in</strong>a <strong>sport</strong>iva solo<br />

di questo pannello e, <strong>in</strong> particolare, del d-ROMs<br />

test. Laddove necessario, comunque, sono forniti<br />

elementi per una valutazione comparativa tra le diverse<br />

metodiche attualmente disponibili (es. il test<br />

della malonildialdeide ed il FRAP).<br />

4. 2 La valutazione <strong>dello</strong> status<br />

pro-ossidante: il d-ROMs test<br />

4. 2. 1 Pr<strong>in</strong>cipio<br />

Il d-ROMs test è un test fotometrico che, come<br />

<strong>in</strong>dica il nome, consente di determ<strong>in</strong>are, <strong>in</strong> un campione<br />

biologico, la concentrazione dei ROM (reactive<br />

oxygen metabolites) e, <strong>in</strong> particolare degli idroperossidi<br />

(ROOH), generati nelle cellule dall’attacco<br />

ossidativo dei ROS su svariati substrati biochimici<br />

(glicidi, lipidi, amm<strong>in</strong>oacidi, prote<strong>in</strong>e, nucleotidi<br />

ecc.) (1).<br />

Attraverso il d-ROMs test, i ROM contenuti <strong>in</strong> un<br />

campione biologico, quale, ad esempio, il siero, dopo<br />

aver reagito con un apposito cromogeno sviluppano<br />

un derivato colorato (dal rosa al rosso) rilevabile<br />

e quantificabile per via fotometrica (1).<br />

La concentrazione dei ROM, che correla direttamente<br />

con l’<strong>in</strong>tensità del colore rilevato, viene espressa<br />

<strong>in</strong> unità di concentrazione di facile impiego<br />

nella pratica cl<strong>in</strong>ica. Tali unità sono <strong>in</strong>dicate con la<br />

sigla U CARR dal cognome del chimico pient<strong>in</strong>o<br />

(Carratelli) che ha <strong>in</strong>ventato, brevettato e sviluppato<br />

il d-ROMs test (1).<br />

Alla base del d-ROMs test vi è un meccanismo<br />

già descritto a proposito dell’<strong>in</strong>nesco delle reazioni<br />

radicaliche a catena: l’<strong>in</strong>terazione con metalli di<br />

transizione (vedi capitolo 1).<br />

Il pr<strong>in</strong>cipio è quello del la reazione di Fenton,<br />

verificato per il perossido di idrogeno e successivamente<br />

ampliato da Haber e Weiss, secondo cui un<br />

metallo di transizione <strong>in</strong> forma ionica (es. ferro o<br />

rame) catalizza la scissione di un idroperossido<br />

(ROOH), generando nuove specie radicaliche, quali<br />

l’idroperossile (ROO • ) o l’alcossile (RO • ), a seconda<br />

che, rispettivamente, lo ione catalizzante si ossidi<br />

(Fe 2+ →Fe 3+ o Cu + →Cu 2+ ) oppure si riduca<br />

(Fe 3+ →Fe 2+ o Cu 2+ →Cu + ), secondo le reazioni:<br />

ROOH + Fe 2+ (Cu + ) → RO • + OH - + Fe 3+ (Cu 2+ )<br />

ROOH + Fe 3+ (Cu 2+ ) → ROO • + H + + Fe 2+ (Cu + )<br />

Se ad una soluzione contenente idroperossidi e<br />

tracce di un metallo di transizione <strong>in</strong> forma ionica si<br />

aggiunge una sostanza il cui potenziale di ossidazione<br />

è tale che i radicali generati dalla decomposizione<br />

degli idroperossidi stessi (alcossili e perossili)


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

possano strappare ad essa l’elettrone necessario<br />

per raggiungere la propria stabilità, tale sostanza<br />

sarà a sua volta radicalizzata, come previsto dalla<br />

seconda fase delle reazioni radicaliche a catena (reazione<br />

di trasferimento del sito radicalico, vedi capitolo<br />

1) (1).<br />

E’ ovvio che se la sostanza <strong>in</strong> questione ha la<br />

proprietà ottica di cambiare colore nel momento <strong>in</strong><br />

cui viene ossidata ed è sufficientemente stabile <strong>in</strong><br />

questa forma, sarà possibile, con le opportune tecniche<br />

fotometriche, risalirne alla concentrazione,<br />

che risulterà direttamente proporzionale a quella<br />

delle specie radicaliche generate <strong>in</strong> vitro e, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva,<br />

a quella degli idroperossidi <strong>in</strong>izialmente presenti<br />

nel campione analizzato (1).<br />

Nel d-ROMs test, dunque, gli idroperossidi contenuti<br />

<strong>in</strong> un campione biologico – per comodità espositiva,<br />

nel siero – vengono messi nelle condizioni<br />

previste dalla reazione di Fenton per generare <strong>in</strong><br />

vitro radicali idroperossilici ed alcossilici.<br />

In pratica, un’aliquota di siero viene diluita <strong>in</strong><br />

una soluzione tampone (acetato) a pH acido (4.8).<br />

In queste condizioni, il ferro ionico dapprima legato<br />

alle sieroprote<strong>in</strong>e, si rende disponibile <strong>in</strong> forma libera,<br />

catalizzando, <strong>in</strong> vitro, la scissione degli idroperossidi,<br />

<strong>in</strong>izialmente presenti nel campione di sangue,<br />

<strong>in</strong> radicali idroperossilici ed alcossilici.<br />

A questa soluzione viene, qu<strong>in</strong>di, aggiunta una<br />

sostanza (cromogeno) che ha la proprietà di cambiare<br />

colore nel momento <strong>in</strong> cui viene ossidata.<br />

Il cromogeno impiegato nel d-ROMs test è la<br />

N,N-dietil-parafenilendiamm<strong>in</strong>a, una sostanza <strong>in</strong>colore<br />

che la proprietà di conferire alla soluzione nella<br />

quale è disciolta un colore rosato quando, ossidandosi,<br />

cioè cedendo un elettrone, si trasforma nel radicale<br />

catione corrispondente (figura 4. 2) (1).<br />

CH 3 -CH 2<br />

N<br />

CH 3 -CH 2<br />

Base Base amm<strong>in</strong>ica<br />

amm<strong>in</strong>ica<br />

NH 2<br />

CH 3 -CH 2<br />

Idrogeno<br />

Carbonio<br />

Azoto<br />

Figura 4. 2 La N, N-dietil-parafenilendiamm<strong>in</strong>a,<br />

il substrato cromogeno del d-ROMs test<br />

NH 2<br />

Nel d-ROMs test l’ossidazione della N,Ndietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a<br />

avviene ad opera dei radicali<br />

idroperossilici ed alcossilici. Il catione derivato<br />

dall’amm<strong>in</strong>a, colorato <strong>in</strong>m rosa, pur essendo un radicale,<br />

è abbastanza stabile per cui è possibile determ<strong>in</strong>arne<br />

la concentrazione per via fotometrica,<br />

nelle condizioni di lavoro previste (lunghezza d’onda<br />

505 0 546 nmetri) (1).<br />

Ovviamente, la concentrazione del complesso<br />

colorato sarà direttamente correlata con il livello di<br />

N<br />

+<br />

CH 3 -CH 2<br />

Radicale catione<br />

39<br />

idroperossidi <strong>in</strong>izialmente presenti nel campione da<br />

analizzare, secondo lo schema di reazioni:<br />

per i radicali alcossilici<br />

1) R–OOH + Fe 2+ → R–O • + Fe 3+ + OH -<br />

2) R–O • + A-NH2 → R–O - + [A–NH2 • ] +<br />

per i radicali perossilici<br />

1) R–OOH + Fe 3+ → R–OO • + Fe 2+ + H +<br />

2) R–OO • + A–NH 2 → R–OO - + [A–NH 2 • ] +<br />

dove:<br />

– R–OOH è un generico idroperossido<br />

– R–O • è il radicale alcossilico corrispondente<br />

– R–OO • è il radic. idroperossilico corrispondente<br />

– A–NH2 è la N, N-dietil-parafenilendiamm<strong>in</strong>a, cioè il<br />

substrato cromogeno (<strong>in</strong>colore) del d-ROMs test<br />

– [A–NH2 • ] + è il radicale catione, colorato, del substrato<br />

cromogeno.<br />

I risultati del d-ROMs test vengono espressi <strong>in</strong><br />

unità arbitrarie, le UNITA’ CARRATELLI o U CARR<br />

(dove 1 U CARR equivale a 0.08 mg H2O2/dL), a<br />

causa dell’eterogeneità delle specie chimiche presenti<br />

<strong>in</strong>izialmente nel campione biologico da testare<br />

e per una serie di ragioni di ord<strong>in</strong>e pratico che verranno<br />

discusse <strong>in</strong> seguito (1).<br />

Il d-ROMs test è stato validato mediante tecnica<br />

ESR (1). Inoltre, sulla base dei dati f<strong>in</strong>ora pubblicati<br />

eseguiti con tecnica fotometrica, il d-ROMs test è<br />

risultato un test affidabile, <strong>in</strong> grado di fornire determ<strong>in</strong>azioni<br />

precise ed accurate, correlate con la<br />

concentrazione, sia <strong>in</strong> c<strong>in</strong>etica che <strong>in</strong> endpo<strong>in</strong>t, sia<br />

<strong>in</strong> soggetti normali che <strong>in</strong> pazienti affetti da svariate<br />

patologie (28, 29).<br />

4. 2. 2 Metodica<br />

Il d-ROMs test può essere eseguito sia su sangue<br />

<strong>in</strong>tero (sistema FRAS 4) sia su plasma/siero (sistema<br />

FREE). A scopo esemplificativo si riporta la<br />

metodica analitica generale su siero o plasma sottol<strong>in</strong>eando,<br />

tuttavia, che la procedura risulta estremamente<br />

semplificata con l’impiego della strumentazione<br />

dedicata, dotata di display auto-istruente<br />

(vedi appresso).<br />

Prima di procedere all’esecuzione dell’analisi, bisogna<br />

preparare lo standard (o calibratore), fornito<br />

direttamente col kit sotto forma di siero liofilo a matrice<br />

umana a titolo noto (U CARR), <strong>in</strong>dicato<br />

sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere al liofilizzato<br />

il volume di acqua distillata previsto (secondo<br />

le <strong>in</strong>dicazioni del produttore) e mescolare la soluzione<br />

così ottenuta con delicatezza (evitando di


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

formare schiuma, <strong>in</strong>dice <strong>in</strong>desiderato di denaturazione<br />

proteica all’<strong>in</strong>terfacie aria-liquido).<br />

Si suggerisce di attendere 10 m<strong>in</strong>uti e qu<strong>in</strong>di<br />

rimescolare la soluzione con le medesime precauzioni.<br />

In ogni caso, prima di eseguire il test è assolutamente<br />

<strong>in</strong>dispensabile assicurarsi che tutto il liofilizzato<br />

sia stato completamente disciolto.<br />

In queste condizioni, tra l’altro, la soluzione così<br />

ricostituita di calibratore può essere conservata a<br />

–20 °C ed è stabile per 6 mesi.<br />

Dopo aver portato i reagenti (R1, miscela cromogena,<br />

ed R2, soluzione tampone) alla temperatura<br />

di lavoro, si procede, qu<strong>in</strong>di, all’esecuzione del<br />

test.<br />

Nella procedura c<strong>in</strong>etica standard si parte preparando<br />

tre soluzioni: il bianco reagente, il campione<br />

(preferibilmente siero fresco) ed il calibratore,<br />

secondo lo schema riportato nella seguente tabella:<br />

Tabella 4. 2 Procedura analitica del d-ROMs test <strong>in</strong> c<strong>in</strong>etica<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 10 µL 10 µL 10 µL<br />

Reagente R2 1 mL 1 mL 1 mL<br />

H2O distillata 10 µL – –<br />

Campione – 10 µL –<br />

Calibratore – – 10 µL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente<br />

e lasciate ad <strong>in</strong>cubare a 37°C per 1 m<strong>in</strong>uto.<br />

Term<strong>in</strong>ata l’<strong>in</strong>cubazione, esse vanno sottoposte<br />

a lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a<br />

505 nm (A505) o 546 nm (A505) immediatamente e<br />

successivamente, nelle stesse condizioni di lavoro<br />

(37°C), dopo 1, 2 e 3 m<strong>in</strong>. Ai valori di assorbanza<br />

ottenuti per il campione e per il calibratore si sottrae,<br />

qu<strong>in</strong>di, il valore di assorbanza del bianco reagente.<br />

I risultati del test saranno espressi <strong>in</strong> U<br />

CARR applicando la seguente formula:<br />

U CARR = ∆Abs/m<strong>in</strong> x F<br />

dove:<br />

• ∆Abs/m<strong>in</strong> sono le differenze medie dei valori di<br />

assorbanza misurati a 1, 2, 3 e 3 m<strong>in</strong>uti;<br />

• F è un fattore di correzione con un valore predeterm<strong>in</strong>ato.<br />

A questo punto è opportuno fare alcune precisazioni.<br />

Si è detto che i risultati del d-ROMs test,<br />

anche per l’eterogeneità delle specie chimiche valutabili<br />

con questo metodo (idroperossidi di derivazione<br />

cellulare e prodotti di ossidazione delle cloroamm<strong>in</strong>e),<br />

sono espressi <strong>in</strong> U CARR.<br />

Perché si è scelto di usare queste unità di misura<br />

“arbitrarie”? Per rispondere a questa domanda<br />

bisogna anticipare un dato sperimentale che sarà<br />

ampiamente discusso <strong>in</strong> seguito e cioè che, eseguendo<br />

il d-ROMs test su un campione piuttosto<br />

numeroso (circa 5.000) di soggetti apparentemente<br />

sani, si è visto che l’<strong>in</strong>cremento per m<strong>in</strong>uto dei valo-<br />

40<br />

ri di assorbanza a 505 nm (∆A505/m<strong>in</strong>) varia fra<br />

0.023 e 0.031, distribuendosi, nella popolazione<br />

testata, secondo un tipico profilo gaussiano.<br />

E’ evidente che l’impiego di tale notazione (terza<br />

cifra decimale) non consente un’immediata valutazione<br />

e, soprattutto, un’adeguata discrim<strong>in</strong>azione<br />

dei valori di concentrazione di idroperossidi da essa<br />

sottesa.<br />

Pertanto, per ovviare a questo problema di natura<br />

squisitamente pratica ed avere un range adeguatamente<br />

ampio di variazioni, si è stabilito di esprimere<br />

il risultato del d-ROMs test <strong>in</strong> unità convenzionali,<br />

le U CARR, appunto, che si ottengono<br />

moltiplicando la variazione di assorbanza registrata<br />

fotometricamente per un prestabilito fattore di correzione,<br />

il fattore F (generalmente compreso tra<br />

9.000 e 10.000).<br />

Va ribadito che tale operazione di “correzione”<br />

si rende necessaria esclusivamente per rendere più<br />

agevoli al medico – abituato a <strong>in</strong>terpretare valori,<br />

come quello del colesterolo, del range delle cent<strong>in</strong>aia<br />

di unità – la lettura e l’<strong>in</strong>terpretazione del test<br />

(che altrimenti sarebbero “appesantite” dall’impiego<br />

di una serie di cifre decimali).<br />

Negli strumenti dedicati, quali il FREE ed il<br />

FRAS, è possibile, via software, impostare il fattore<br />

di correzione sulla base dei risultati del d-ROMs test<br />

eseguito sul siero di controllo a titolo noto fornito<br />

dal produttore.<br />

Ad ogni modo, tuttavia, per avere una valutazione<br />

assoluta, è stato sperimentalmente stabilito<br />

che 1 U CARR corrisponde a 0.08 mg di H 2O 2/dL.<br />

Nella procedura endpo<strong>in</strong>t si parte preparando<br />

tre soluzioni: il bianco reagente, il campione (siero<br />

o plasma epar<strong>in</strong>ato) ed il calibratore, secondo lo<br />

schema riportato nella seguente tabella:<br />

Tabella 4. 3 Procedura analitica del d-ROMs test <strong>in</strong> endpo<strong>in</strong>t<br />

Bianco reagente Campione Calibratore<br />

Reagente R1 10 µL 10 µL 10 µL<br />

Reagente R2 1 mL 1 mL 1 mL<br />

H2O distillata 5 µL – –<br />

Campione – 5 µL –<br />

Calibratore – – 5 µL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente<br />

e lasciate ad <strong>in</strong>cubare a 37°C per 75<br />

m<strong>in</strong>uti. Appena term<strong>in</strong>ata l’<strong>in</strong>cubazione, esse vanno<br />

sottoposte a lettura fotometrica, misurando<br />

l’assorbanza a 505 nm (A505) o 546 nm (A546). Ai valori<br />

di assorbanza ottenuti per il campione e per il<br />

calibratore si sottrae, qu<strong>in</strong>di, il valore di assorbanza<br />

del bianco reagente (azzeramento con bianco reagente).<br />

I risultati del test saranno espressi <strong>in</strong> U CARR<br />

applicando la seguente formula:<br />

Abs campione<br />

U CARR = Abs standard x [standard]<br />

dove:<br />

• Abs sono i valori di assorbanza misurati (per il<br />

campione e per lo standard);


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

• [standard ] è la concentrazione <strong>dello</strong> standard.<br />

Va aggiunto che gli strumenti dedicati (sistemi<br />

FREE e FRAS) sono programmati per eseguire<br />

l’analisi del d-ROMs test con appositi kit.<br />

Tuttavia, se si ha la necessità di dover effettuare<br />

il test su un comune fotometro o su un analizzatore<br />

multiplo, si può anche operare, <strong>in</strong> alternativa<br />

alle procedure descritte, con una miscela di lavoro<br />

realizzata mescolando il reagente R 1 (cromogeno)<br />

ed il reagente R 2 (tampone) nel rapporto di 1:100 e<br />

utilizzando il campione come “starter”.<br />

Tale miscela di lavoro ha il vantaggio di essere<br />

stabile per circa 12 ore (più che sufficienti per una<br />

seduta analitica), se conservata, ovviamente a 2-<br />

8°C e al riparo dalla luce.<br />

4. 2. 3 Interpretazione dei risultati<br />

La disponibilità di una metodica precisa ed affidabile<br />

ha consentito di stabilire i livelli di riferimento<br />

del d-ROMs nella popolazione normale.<br />

Si è potuto dimostrare, su un campione di circa<br />

5.000 soggetti cl<strong>in</strong>icamente sani (figura 5. 6), che i<br />

valori del test seguono nella popolazione una distribuzione<br />

unimodale, con un picco tra 250 e 300 U<br />

CARR (pari a 20.08-24.00 mg/dL di H2O2), <strong>in</strong>dividuato<br />

come il valore di riferimento del test (1).<br />

Serie<br />

-<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

11<br />

12<br />

13<br />

14<br />

15<br />

Intervalli<br />

(U CARR)<br />

200-210<br />

211-220<br />

221-230<br />

231-240<br />

241-250<br />

251-260<br />

261-270<br />

271-280<br />

281-290<br />

291-300<br />

300-310<br />

311-320<br />

321-330<br />

331-340<br />

341-350<br />

Totale<br />

Intervalli<br />

(mg H O /dL) 2 2<br />

16.00-16.80<br />

16.88-17.60<br />

17.68-18.40<br />

18.48-19.20<br />

19.28-20.00<br />

20.08-20.80<br />

20.88-21.60<br />

21.68-22.40<br />

22.48-23.20<br />

23.28-24.00<br />

24.08-24.80<br />

24.88-25.60<br />

25.68-25.40<br />

25.48-27.20<br />

27.28-28.00<br />

Frequenze<br />

Figura 4. 3 Valori del d-ROMs test <strong>in</strong> un campione<br />

di soggetti adulti cl<strong>in</strong>icamente sani<br />

Ovviamente, valori superiori a questo <strong>in</strong>tervallo,<br />

dopo una fascia borderl<strong>in</strong>e <strong>in</strong>dicano livelli crescenti<br />

di stress ossidativo (tabella 5. 5).<br />

Tabella 4. 4 Gravità <strong>dello</strong> stress ossidativo (SO)<br />

sulla base dei valori del d-ROMs test<br />

ROM ROM Stress ossidativo<br />

(U CARR) (mg H2O2/dL) (gravità)<br />

300-320 24.08-25.60 Condizione border-l<strong>in</strong>e<br />

321-340 25.68-27.20 Stress ossidativo lieve<br />

341-400 27.28-32.00 Stress ossidativo medio<br />

401-500 32.08-40.00 Stress ossidativo elevato<br />

>500 >40.00 Stress ossidativo elevatissimo<br />

Range normale: 250-300 U CARR<br />

1 U CARR corrisponde a 0.08 mg H 2O 2/dL<br />

Per completezza, va aggiunto che i valori riportati<br />

si riferiscono alla popolazione italiana e non è<br />

escluso che vi possano essere delle oscillazioni <strong>in</strong><br />

eccesso o <strong>in</strong> difetto <strong>in</strong> funzione di particolarità razziali.<br />

Si è osservato che i risultati del d-ROMs test<br />

non sono significativamente <strong>in</strong>fluenzati né dal sesso<br />

(n)<br />

29<br />

89<br />

193<br />

244<br />

342<br />

547<br />

659<br />

731<br />

654<br />

491<br />

256<br />

162<br />

80<br />

57<br />

13<br />

4547<br />

Dati cumulativi<br />

(%)<br />

0.6<br />

2.6<br />

6.8<br />

12.2<br />

19.7<br />

31.8<br />

46.3<br />

62.3<br />

76.7<br />

87.5<br />

93.1<br />

96.7<br />

98.5<br />

99.7<br />

100.0<br />

100.0<br />

41<br />

né dall’età. Tuttavia, i neonati, <strong>in</strong>dipendentemente<br />

dal sesso e dalle modalità del parto, possiedono livelli<br />

ematici di idroperossidi significativamente <strong>in</strong>feriori<br />

a quelli riscontrati negli adulti; questa differenza<br />

probabilmente riflette la diversa risposta<br />

all’ipossia dei neonati.<br />

Viceversa, la gestazione si associa a valori del<br />

d-ROMs test mediamente più alti rispetto a quelli<br />

osservati nelle donne non gravide.<br />

I risultati del d-ROMs test eseguito ripetutamente<br />

nello stesso soggetto nell’arco della giornata<br />

non mostrano differenze degne di nota, a meno che<br />

non <strong>in</strong>tervengano fattori <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>durre una<br />

brusca produzione di perossidi (es. uno sforzo muscolare<br />

<strong>in</strong>tenso).<br />

Inf<strong>in</strong>e, non sono state riscontrate differenze significative<br />

nei risultati del d-ROMs test quando il<br />

prelievo viene effettuato su sangue arterioso o su<br />

sangue venoso.<br />

4. 2. 4 Valutazioni comparative<br />

Il d-ROMs test è un test unico nel suo genere.<br />

Tuttavia un confronto parziale è possibile con il test<br />

della MDA, con quello dei lipoperossidi e con il dosaggio<br />

degli isoprostani.<br />

La MDA (malonilaldeide o malonildialdeide,<br />

CHO-CH2-CHO) rappresenta uno dei prodotti f<strong>in</strong>ali<br />

della catena di reazioni <strong>in</strong>nescata nelle membrane<br />

cellulari dall'attacco ossidativo, da parte di alcuni<br />

radicali <strong>liberi</strong> dell'ossigeno (quali il radicale idrossile),<br />

degli acidi grassi poli<strong>in</strong>saturi (quali l'acido arachidonico,<br />

costituente appunto dei fosfolipidi di<br />

membrana).<br />

Questa catena di reazioni, nel caso specifico<br />

dell'acido arachidonico, ha come specie chimica<br />

"chiave" dell'<strong>in</strong>tero processo il radicale perossido.<br />

Quest'ultimo, <strong>in</strong>fatti, è posto al "bivio" di due possibili<br />

metabolici, <strong>in</strong> quanto può essere convertito <strong>in</strong><br />

idroperossido (mediante acquisizione di un H) oppure<br />

"imboccare" la via dei perossidi ciclici che, <strong>in</strong> seguito<br />

ad ulteriori attacchi ossidativi, porta ad una<br />

serie di prodotti term<strong>in</strong>ali, tra i quali la MDA. Questi<br />

ulteriori "attacchi ossidativi" e, qu<strong>in</strong>di, la formazione<br />

di MDA, si realizzano grazie al superamento delle<br />

"difese" <strong>antiossidanti</strong> del medium nel quale avviene<br />

il processo ossidativo stesso.<br />

Pertanto, anche la presenza di MDA nei liquidi<br />

biologici sarà rilevabile solo quando tutto il sistema<br />

antiossidante endogeno del medium <strong>in</strong> cui è avvenuto<br />

l'attacco ossidativo si è esaurito.<br />

Sulla base di queste considerazioni, si ev<strong>in</strong>ce che la<br />

MDA, prodotto quasi "term<strong>in</strong>ale" dell'ossidazione di<br />

vari substrati biologici, quali gli acidi grassi poli<strong>in</strong>saturi<br />

di membrana, rappresenta un <strong>in</strong>dicatore piuttosto<br />

tardivo di stress ossidativo. Pertanto, uno dei<br />

maggiori svantaggi dei test basati sulla determ<strong>in</strong>azione<br />

della MDA è relativo al fatto che essi non<br />

sempre sono <strong>in</strong> grado di poter svelare precocemente<br />

uno stato ossidativo alterato.


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

Viceversa, il d-ROMs test si basa sulla determ<strong>in</strong>azione<br />

del livello di idroperossidi, l'altra classe di<br />

composti che può formarsi a partire dal radicale perossido<br />

(specie chimica "chiave" della catena di reazione<br />

che porta all'ossidazione degli acidi grassi poli<strong>in</strong>saturi<br />

di membrana). Al contrario della MDA, gli<br />

idroperossidi sono composti che si formano precocemente<br />

nella sequenza di reazioni ossidative dei<br />

lipidi di membrana, sono relativamente stabili e,<br />

conservando ancora una discreta capacità ossidante,<br />

possono essere rilevati grazie ad un adeguato<br />

sistema redox (come quello della N,N-dietilparafenilendiamm<strong>in</strong>a<br />

del d-ROMs test). Pertanto,<br />

rispetto ai test che valutano la MDA, il d-ROMs test<br />

è <strong>in</strong> grado di svelare più precocemente stati ossidativi<br />

alterati, con enormi vantaggi sul piano cl<strong>in</strong>ico <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i di prevenzione e monitoraggio terapeutico.<br />

Inoltre, come riportato più volte <strong>in</strong> letteratura,<br />

la MDA va <strong>in</strong>contro a molte reazioni secondarie che<br />

riducono l'accuratezza dei risultati ottenuti; <strong>in</strong>fatti,<br />

<strong>in</strong> quanto reattivo bifunzionale (doppio gruppo aldeidico<br />

CHO) la MDA può formare legami crociati<br />

con prote<strong>in</strong>e o nucleotidi (dando luogo alla formazione<br />

di basi di Shiff) e può essere degradata dal<br />

perossido di idrogeno o ossidata da perossidasi e<br />

xant<strong>in</strong>aossidasi.<br />

Anche come marcatore di perossidazione lipidica<br />

la MDA si mostra scarsamente specifica; <strong>in</strong>fatti,<br />

essa è stata identificata fra i prodotti di decomposizione<br />

ossidativa di amm<strong>in</strong>oacidi, di carboidrati e di<br />

prostagland<strong>in</strong>e.<br />

Inf<strong>in</strong>e, la MDA può essere anche un prodotto di<br />

ossidazione dell'acido ascorbico, e ciò rende <strong>in</strong>utilizzabile<br />

il suo dosaggio ai f<strong>in</strong>i di un eventuale monitoraggio<br />

terapeutico <strong>in</strong> corso di trattamenti <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Viceversa, come dimostrano i numerosi studi<br />

pubblicati sull’argomento, il d-ROMs test è stato impiegato<br />

con successo nel monitoraggio terapeutico<br />

sia <strong>in</strong> corso di trattamenti <strong>antiossidanti</strong> che <strong>in</strong> corso<br />

di trattamenti farmacologici specifici.<br />

Per quanto riguarda i test di lipoperossidazione,<br />

esistono <strong>in</strong> commercio vari test etichettati come "Lipid<br />

hydroperoxide assay kit".<br />

Tali test presentano una serie di svantaggi, <strong>in</strong><br />

quanto prevedono spesso una fase di deprote<strong>in</strong>izzazione<br />

e di estrazione; <strong>in</strong>oltre, richiedono tempi lunghi<br />

(circa 30 m<strong>in</strong>uti <strong>in</strong> tutto) e forniscono un'<strong>in</strong>formazione<br />

molto limitata, <strong>in</strong> quanto gli idroperossidi<br />

lipidici costituiscono solo una classe degli idroperossidi<br />

totali.<br />

Viceversa, il d-ROMs test, non prevede alcun<br />

pretrattamento del campione biologico (se non la<br />

centrifugazione se si parte da sangue <strong>in</strong>tero), è rapido<br />

(<strong>in</strong> c<strong>in</strong>etica, richiede non più di 3 m<strong>in</strong>uti) e, soprattutto,<br />

fornisce un'<strong>in</strong>dicazione globale sullo stato<br />

ossidante del sistema biologico testato, <strong>in</strong> quanto<br />

consente di dosare tutti gli idroperossidi (anche<br />

quelli derivati dal processo di ossidazione di altri<br />

42<br />

substrati, non solo lipidici, quali ad esempio amm<strong>in</strong>oacidi,<br />

peptidi, ecc.).<br />

Inf<strong>in</strong>e, il dosaggio dell’8-isoprostano a livello<br />

plasmatico viene generalmente effettuato mediante<br />

metodica immunoenzimatica. Due gli svantaggi segnalati:<br />

la possibile cross-reattività <strong>in</strong> fase analitica<br />

e l’<strong>in</strong>formazione limitata a condizioni di stress ossidativo<br />

su base disrfeattiva .<br />

Ad ogni modo occorre segnalare che <strong>in</strong> un recente<br />

studio comparativo, l’analisi di regressione ha<br />

mostrato una correlazione diretta fra la concentrazione<br />

plasmatica di 8-isoprostano e i valori del d-<br />

ROMs (r=0.68; p


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

ecc.). Inoltre, non è stata segnalata alcuna <strong>in</strong>terazione<br />

apparente fra <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Nel BAP test il “cromogeno” impiegato è il tiocianato,<br />

una sostanza <strong>in</strong> grado di legarsi agli ioni<br />

ferrici formando un complesso colorato che assorbe<br />

a 505 nm. Nel momento <strong>in</strong> cui tali ioni ferrici sono<br />

ridotti a ioni ferrosi il suddetto complesso si decolora.<br />

Dopo una breve <strong>in</strong>cubazione a 37°C, valutando<br />

per via fotometrica l’entità della decolorazione, sarà<br />

possibile risalire alla quantità di ioni ferrici ridotti e,<br />

<strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, alla capacità riducente, ossia al potere<br />

antiossidante del plasma testato. Tale potere non è<br />

da <strong>in</strong>tendersi <strong>in</strong> senso assoluto, ma relativo, ovviamente,<br />

al substrato testato, cioè gli ioni ferrici.<br />

Considerando che tali ioni sono già presenti naturalmente<br />

nel nostro organismo, il BAP test fornisce<br />

una misura attendibile del potenziale antiossidante<br />

di quella frazione della barriera plasmatica<br />

all’ossidazione direttamente implicata, per i potenziali<br />

redox <strong>in</strong> gioco, nella difesa contro l’attacco dei<br />

radicali <strong>liberi</strong> <strong>in</strong> condizioni “fisiologiche”.<br />

4. 3. 2 Metodica<br />

Il BAP test può essere eseguito su siero o plasma<br />

(anche epar<strong>in</strong>izzato) nelle seguenti condizioni<br />

di lavoro: lunghezza d’onda 505 nm, camm<strong>in</strong>o ottico<br />

1 cm, temperatura 37°C, modalità differenziale.<br />

Prima di procedere all’esecuzione del test bisogna<br />

preparare il calibratore, fornito nel kit sotto<br />

forma di siero liofilo a matrice umana a titolo noto,<br />

<strong>in</strong>dicato sull’etichetta.<br />

A questo scopo è sufficiente aggiungere 2 mL di<br />

acqua distillata al liofilizzato e mescolare la soluzione<br />

così ottenuta con delicatezza, avendo cura di attenersi<br />

alle <strong>in</strong>dicazioni di carattere generale descritte<br />

<strong>in</strong> dettaglio a proposito del d-ROMs test.<br />

Dopo aver portato i reagenti alla temperatura di<br />

lavoro, si preparano tre soluzioni: il bianco reagente,<br />

il campione ed il calibratore, secondo la procedura<br />

<strong>in</strong>dicata nella seguente tabella:<br />

Tabella 4. 5 Procedura analitica del BAP test<br />

Bianco reag. Campione Calibratore<br />

Reagente R1 1 mL 1 mL 1 mL<br />

Reagente R2 50 µL 50 µL 50 µL<br />

H2O distillata 10 µL – –<br />

Campione – 10 µL –<br />

Calibratore – – 10 µL<br />

Le soluzioni così preparate vanno mescolate delicatamente<br />

e lasciate ad <strong>in</strong>cubare a 37°C per 5 m<strong>in</strong>uti.<br />

Term<strong>in</strong>ata l’<strong>in</strong>cubazione, esse vanno sottoposte<br />

a lettura fotometrica, misurando l’assorbanza a<br />

505 nm, dopo aver azzerato con acqua distillata.<br />

Il potenziale biologico antiossidante del plasma<br />

viene espresso <strong>in</strong> µmol/L di sostanze <strong>antiossidanti</strong><br />

come la Vitam<strong>in</strong>a C, secondo la formula:<br />

[Abs bianco reagente Abs campione]<br />

[Abs bianco reagente Abs calibratore]<br />

dove:<br />

• ABS è l’assorbanza misurata a 505 nm<br />

x [calibratore]<br />

43<br />

• [calibratore] è la concentrazione del calibratore<br />

espressa <strong>in</strong> µmoli/L.<br />

4. 3. 3 Interpretazione dei risultati<br />

Il valore ottimale stimato del BAP test negli <strong>in</strong>dividui<br />

normali è superiore a 2200 µmoli/L. E’ buona<br />

prassi, comunque, che ogni laboratorio determ<strong>in</strong>i<br />

l’ampiezza di oscillazione della variabilità biologica<br />

eseguendo un congruo numero di test su soggetti<br />

normali.<br />

In ogni caso, una riduzione dei valori del<br />

test al di sotto dell’<strong>in</strong>tervallo <strong>in</strong>dicato appare direttamente<br />

correlata con una ridotta efficienza della<br />

barriera antiossidante plasmatica (tabella 4. 6).<br />

Tabella 4. 6 Gravità <strong>dello</strong> stress ossidativo<br />

<strong>in</strong> rapporto ai valori forniti dal BAP test<br />

µmoli di sostanze anti- Grado di compromissione<br />

ossidanti/mL di campione della barriera antiossidante<br />

2200 – 2000 Condizione border-l<strong>in</strong>e<br />

2000 – 1800 Compromissione lieve<br />

1800 – 1600 Compromissione di medio grado<br />

1600 – 1400 Compromissione di elevato grado<br />

< 1400 Gravissima compromissione<br />

Valore ottimale: >2200 µmoli/L<br />

4. 3. 4 Valutazioni comparative<br />

Il test per la valutazione antiossidante con il<br />

quale il BAP test può essere confrontato è il cosiddetto<br />

FRAP test. Un confronto, tuttavia, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea teorica,<br />

è possibile anche con il TAS.<br />

Il FRAP test, come <strong>in</strong>dica la sigla – che sta per<br />

Ferric Reduc<strong>in</strong>g Activity of Plasma – valuta l’attività<br />

antiossidante del plasma come attività ferroriducente.<br />

Pertanto, il suo pr<strong>in</strong>cipio è molto simile a<br />

quello del BAP test.<br />

Infatti, il FRAP test si basa sulla riduzione del<br />

complesso tripiridiltriaz<strong>in</strong>a-ferrica (Fe III -TPTZ) a tripiridiltriaz<strong>in</strong>a-ferrosa<br />

(Fe II -TPTZ), la quale sviluppa<br />

un <strong>in</strong>tenso colore blu, misurabile fotometricamente<br />

con massimo di assorbimento a 593 nm. La calibrazione<br />

può essere eseguita mediante soluzioni a concentrazioni<br />

note di Fe II (FeSO4 . 7H2O).<br />

Analogamente, il BAP test si basa sull’impiego di<br />

una soluzione colorata ottenuta aggiungendo una<br />

fonte di ioni ferrici ad una miscela cromogena.<br />

L’entità della decolorazione – valutata fotometriamente<br />

a 505 nm – è proporzionale all’attività ferroriducente<br />

del campione.<br />

Sulla base di queste osservazioni, Vassalle (dati<br />

non pubblicati) ha recentemente confrontato le prestazioni<br />

analitiche del BAP test con quelle del FRAP<br />

test su 18 campioni di plasma umano.<br />

I valori medi (± DS) del BAP test è risultato pari<br />

a 3163±770 µmol/L contro 521±132 µmol/L del<br />

FRAP test.<br />

La correlazione tra i due test è risultata accettabile<br />

<strong>in</strong> 16/18 campioni testati (88.89%).<br />

I rimanenti due non hanno mostrato una buona<br />

correlazione, probabilmente per i più elevati livelli di<br />

lipidi plasmatici che possono <strong>in</strong>terferire con le letture<br />

fotometriche del BAP test (figura 4. 1).


FRAP test (µmol/L)<br />

FRAP (µµmol/l)<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

0<br />

1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500<br />

BAP test (µmol/L)<br />

Figure 4.4. BAP test vs. FRAP: valutazione comparativa<br />

Per quanto riguarda il TAS (Total Antioxidant<br />

Status, Randox, Cruml<strong>in</strong>, UK), l’<strong>in</strong>cubazione con<br />

un’attività perossidasica (met-mioglob<strong>in</strong>a)<br />

dell’ABTS ® trasforma quest’ultimo nel radicale catione<br />

corrispondente (ABTS •+® ), il quale assume un<br />

colore blu-verde, rilevabile fotometricamente a 600<br />

nm, a 37 °C. L’aggiunta di <strong>antiossidanti</strong> provocherà<br />

una decolorazione della miscela cromogena. La<br />

concentrazione di <strong>antiossidanti</strong> nel campione sarà<br />

direttamente proporzionale all’entità della decolorazione.<br />

I risultati del test sono espressi <strong>in</strong> mmol/L.<br />

Attualmente, non esistono ancora dati pubblicati<br />

di confronto fra BAP test e TAS. Tuttavia, osservazioni<br />

prelim<strong>in</strong>ari suggeriscono che il BAP test –<br />

rispetto al TAS – presenta una migliore standardizzazione<br />

per l’impiego cl<strong>in</strong>ico rout<strong>in</strong>ario. Infatti, il<br />

BAP test è stato applicato con successo a strumenti<br />

dedicati, quali il FRAS 4, partendo anche da una<br />

piccola quantità di sangue <strong>in</strong>tero. Pertanto, il BAP è<br />

un test affidabile, eseguibile anche nell’ambulatorio<br />

medico o <strong>in</strong> un centro fitness, <strong>in</strong> grado di fornire risultati<br />

<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i reali.<br />

Il TAS, <strong>in</strong>vece, va eseguito <strong>in</strong> laboratori di analisi<br />

specializzati, con prolungamento dei tempi di attesa<br />

delle risposte. Inoltre, il TAS fornisce una valutazione<br />

dell’<strong>in</strong>tero “arsenale” antiossidante del plasma,<br />

compresi i cosiddetti “shock-adsorbers”. Questi<br />

ultimi comprendono, per esempio, le prote<strong>in</strong>e<br />

plasmatiche, le quali, sebbene contribuiscano <strong>in</strong><br />

qualche modo all’attività antiossidante (es. mediante<br />

la chelazione di metalli di transizione), sono entità<br />

chimiche riducenti aspecifiche. In altre parole, il<br />

loro livello può anche essere relativamente <strong>in</strong>dipendente<br />

dal “reale” stato antiossidante del plasma o<br />

da eventuali trattamenti farmacologici <strong>antiossidanti</strong><br />

<strong>in</strong> corso. Pertanto, <strong>in</strong> talune situazioni di iperprote<strong>in</strong>emia,<br />

quali il mielosa multiplo o plasmocitoma,<br />

un aumento del TAS può non essere necessariamente<br />

correlato con aumentato livello di attività<br />

antiossidante plasmatica.<br />

Al contrario, il BAP test consente di quantificare<br />

il potenziale riducente “reale”, cioè solo que componenti<br />

della barriera antiossidante plasmatica – es.<br />

vitam<strong>in</strong>e e sostanze simil-vitam<strong>in</strong>iche – che sono<br />

“fisiologicamente” co<strong>in</strong>volte nella difesa contro le<br />

44<br />

specie chimiche reattive ed il cui livello può essere<br />

direttamente modificato dalle terapie <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Pertanto, sebbene studi sull’argomento siano<br />

ancora <strong>in</strong> corso, il BAP test sembra fornire, rispetto<br />

al TAS, un parametro più efficace per valutare il vero<br />

stato antiossidante e più utile per monitorare eventuali<br />

trattamenti <strong>antiossidanti</strong>.


Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

1. Alberti A, Bologn<strong>in</strong>i L, Macciantelli D, Carratelli<br />

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Capitolo 4. La valutazione biochimica <strong>dello</strong> stress ossidativo <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport<br />

46<br />

for the detection of hydroperoxides <strong>in</strong> serum.<br />

Panm<strong>in</strong>erva Med 2002. 44 (1): 37-40.<br />

29. Trotti R. Carratelli M, Barbieri M, Micieli G, Bosone<br />

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30. Vassalle C, Mas<strong>in</strong>i S, Carpeggiani C, L’Abbate A,<br />

Boni C, Zucchelli GC. In vivo total antioxidant<br />

capacity: comparison of two different analytical<br />

methods. Cl<strong>in</strong>ical Chemistry and Laboratory<br />

Medic<strong>in</strong>e. 2004. 42 (1): 84-89.<br />

N. B. Per una trattazione dettagliata ed esaustiva, completa di riferimenti bibliografici aggiornati, sul d-ROMs<br />

richiedere all’Autore le review: 1) The d-ROMs test: validation, analytical performances and cl<strong>in</strong>ical applications;<br />

2) Validation, usefulness, and <strong>in</strong>dications of the DIACRON INTERNATIONAL panel (d-ROMs test, OXYadsorbent<br />

test, -SHp test, BAP test) <strong>in</strong> global assessment of oxidative stress <strong>in</strong> humans and animals.


Capitolo 5. Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici<br />

Capitolo 5<br />

Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici.<br />

5. 1 Premessa<br />

L’attività fisica sembra essere al centro di un<br />

nuovo “paradosso” scientifico, dopo quello francese,<br />

“il paradosso <strong>dello</strong> <strong>sport</strong>”; <strong>in</strong>fatti, a seconda di come<br />

viene svolta, essa può essere sia potente arma preventiva<br />

che causa di patologia (10).<br />

Così, se una corretta attività <strong>sport</strong>iva migliora la<br />

qualità della vita e contribuisce a ridurre la morbilità<br />

e la mortalità per cardiovasculopatie, tumori e numerose<br />

malattie cronico-degenerative, un esercizio<br />

fisico <strong>in</strong>congruo altera il normale bilancio ossidativo,<br />

predisponendo all’<strong>in</strong>vecchiamento precoce alle patologie<br />

da stress ossidativo, alle quali si è tatto cenni<br />

nei precedenti capitoli (2).<br />

Quando si parla di esercisio fisico <strong>in</strong>congruo,<br />

ovviamente, ci si riferisce sia alla carenza che<br />

all’eccesso di attività.<br />

Per esempio, la vita sedentaria favorisce il sovrappeso<br />

e l’obesità, condizioni, entrambe, che tendono<br />

ad associarsi a livelli mediamente più elevati<br />

di ROM nel siero rispetto a quanto riscontrato nei<br />

soggetti normopeso.<br />

A questo proposito, uno studio comparativo ha<br />

dimostrato che un <strong>in</strong>dice di massa corporea (BMI)<br />

superiore a 30, una condizione che corrisponde ad<br />

un’obesità di I° grado secondo la classificazione<br />

dell’OMS, si associa a valori del d-ROMs test significamene<br />

più elevati di quelli rilevati nel gruppo normopeso<br />

di controllo (BMI 350* >28.00*<br />

Un’ora dopo sforzo massimale<br />

(soggetti non allenati)<br />

10 > 350* > 28.00*<br />

Un’ora dopo sforzo massimale<br />

10 < 300** < 24**<br />

(soggetti allenati)<br />

(1) Test al cicloergometro *Nessuno dei soggetti reclutati aveva<br />

livelli <strong>in</strong>feriori a 350 U CARR (28.00 H2O2/dL). ** Nessuno dei<br />

soggetti reclutati aveva livelli superiori a 300 U CARR (24.00 mg<br />

H2O2/dL).<br />

Risultati analoghi sono stati riscontrati <strong>in</strong> uno<br />

studio condotto su 10 volontari sottoposti allo stesso<br />

test f<strong>in</strong>o alla comparsa di crampi o dolori muscolari<br />

(5).<br />

Questi dati suggeriscono che l’esecuzione regolare<br />

del d-ROMs test può essere utile nel “calibrare”<br />

l’allenamento e rendere possibili sforzi muscolari più<br />

prolungati agli atleti senza aumentare il rischio di<br />

lesioni da radicali <strong>liberi</strong>.<br />

5. 3 Football<br />

Alcuni studi hanno valutato il livello sierico di<br />

ROM nel corso di un’<strong>in</strong>tera stagione di football (6, 7,<br />

11). Fra questi degno di nota quello eseguito su 26<br />

calciatori del Bologna, nel momento <strong>in</strong> cui la squadra<br />

era iscritta alla massima categoria del torneo<br />

professionale italiano (7).


Per ciascun atleta, sottoposto a regime di allenamento<br />

<strong>in</strong>tenso, sono stati eseguiti c<strong>in</strong>que prelievi<br />

di sangue ed altrettante determ<strong>in</strong>azioni del livello<br />

dei ROM, all’<strong>in</strong>izio della stagione, e nelle settimane<br />

successive, a cadenza regolare (tabella 5. 2).<br />

Tabella 5. 2 Valori medi del d-ROMs test nei calciatori del Bologna<br />

nel corso di una <strong>in</strong>tera stagione agonistica<br />

Atleti Determ<strong>in</strong>azioni d-ROMs test* Range<br />

26 120 258 ± 37.9 160-376<br />

U CARR (valore medio ± DS)<br />

Il livello di ROM è risultato ≥ 300 U CARR <strong>in</strong><br />

26/120 (22%) determ<strong>in</strong>azioni. Un livello di ROM ≥<br />

300 U CARR, almeno una volta, è stato osservato <strong>in</strong><br />

10/27 (37%) atleti (2/10 su 4 casi, 2/10 su 3, 4/10<br />

due volte; 2/10 una volta; <strong>in</strong> nessuno <strong>in</strong> maniera<br />

persistente). Nel corso della stagione agonistica, la<br />

tendenza si è dimostrata stabile verso elevati livelli<br />

di ROM <strong>in</strong> 3/20 prelievi, stabile su livelli border-l<strong>in</strong>e<br />

<strong>in</strong> 3/20, stabile nel range di riferimento <strong>in</strong> 9/20, <strong>in</strong><br />

riduzione <strong>in</strong> 4/20 (per 3 si è osservato un significativo<br />

decremento, per assunzione di <strong>in</strong>tegratori). La<br />

tendenza è stata <strong>in</strong> crescita solo <strong>in</strong> 1/20.<br />

Inoltre, 10/27 (37%) calciatori hanno mostrato<br />

variazioni significative del TAS (≥1.30 mmol/L) almeno<br />

una volta, ma solo per 3/10 tale test è risultato<br />

≥1.30 mmol/L due volte su 2 campioni, una sola<br />

volta per i rimanenti 7/10. La media (n=85 tests) è<br />

stata 1.40±0.05 mmol/L (range 1.20-1.56); 13/85<br />

sono risultati ≥1.30 mmol/L e 8/13 hanno mostrato<br />

valori crescenti di ROM.<br />

Confrontando i risultati dei due test si è osservata<br />

una leggera tendenza verso una correlazione<br />

<strong>in</strong>versa fra d-ROMs test e TAS (y=0.0029x + 2.16;<br />

R2=0.52), come atteso. In 8/85 test gli Autori hanno<br />

riscontrato valori di TAS ≥1.30 e livelli di ROM<br />

≥300 CARR U, <strong>in</strong> 11/85 valori di TAS >1.30 mmol/L<br />

e livelli di ROM 1.30 mmol/L e ROM


E’ <strong>in</strong>teressante rilevare che l’assunzione di <strong>antiossidanti</strong><br />

ha ridotto <strong>in</strong> maniera significativa il livello<br />

di ROM dopo allenamento. Ciò sottol<strong>in</strong>ea ancora<br />

una voltal’utilità del d-ROMs test nella gestione<br />

dell’allenamento e del trattamento antiossidante <strong>in</strong><br />

atleti professionisti.<br />

5. 6 Triathlon<br />

Lo stress ossidativo è stato valutato <strong>in</strong> 10 atleti<br />

di triathlon allenati, a riposo ed dopo una prova da<br />

sforzo (nuoto seguito da corsa) (1)<br />

Il livello di ROM dopo il test è aumentato significativamente<br />

rispetto ai valori rilevati a riposo (figura<br />

5. 4).<br />

CARR U<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Rest<strong>in</strong>g<br />

p=0,04<br />

Figure 5. 4 Aumento dei valori medi del d-ROMs test <strong>in</strong> atleti di<br />

triathlon dopo sforzo muscolare<br />

5. 7 Golf<br />

After effort<br />

Il d-ROMs test è stato eseguito <strong>in</strong> 12 atleti della<br />

Squadra Nazionale Italiana di Golf, dopo una corsa<br />

di 3.000 metri alla massima velocità (1).<br />

Il livello di ROM è aumentato da 234 (DS 55; ES<br />

15), <strong>in</strong> condizioni di riposo, a 294 (DS 64; ES 18)<br />

dopo attività aerobica. La differenza è apparsa statisticamente<br />

significativa (p=0.001) (figura 5. 5).<br />

CARR U<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100 100<br />

0<br />

Rest<strong>in</strong>g<br />

p=0,001<br />

After effort<br />

Figura 5. 5 Aumento significativo dei valori del d-ROMs test<br />

<strong>in</strong> giocatori di golf dopo sforzo<br />

5. 8 Ciclismo<br />

In uno studio longitud<strong>in</strong>ale, è stato monitorato<br />

il livello di stress ossidativo <strong>in</strong> un campione di 12<br />

atleti prima e dopo una gara ciclistica di gran fondo<br />

(150 km) (1).<br />

In sei dei dodici ciclisti reclutati, il d-ROMs<br />

test è stato ripetuto anche dopo 2 giorni, a riposo, e<br />

dopo 10 giorni di trattamento antiossidante specifico<br />

(A RD Stenovit ® ) (figura 5. 6).<br />

Capitolo 5. Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici<br />

n = 10<br />

n = 12<br />

49<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

Riposo<br />

(n=12)<br />

p ≤ 0.001 vs riposo <strong>in</strong>iziale<br />

Immediatamente Due giorni dopo Dopo 10 10 giorni<br />

dopo la corsa* (n=12) la corsa (n=6) di terapiay terapiay (n=6) (n=6) *150 km<br />

Figura 5. 6 Andamento dei valori del d-ROMs test<br />

<strong>in</strong> una gara ciclistica di gran fondo (150 km)<br />

Il trial ha confermato che gli atleti presentano<br />

<strong>in</strong> condizioni basali, prima della gara, livelli sierici di<br />

ROM nei limiti della norma. L’<strong>in</strong>tenso sforzo muscolare<br />

si accompagna ad un considerevole e statisticamente<br />

significativo <strong>in</strong>cremento dei valori del d-<br />

ROMs test che, tuttavia, tendono a ridursi già due<br />

giorni dopo la gara, con maggior rapidità nei soggetti<br />

sottoposti ad <strong>in</strong>tegrazione antiossidante.<br />

E’ <strong>in</strong>teressante notare <strong>in</strong> questo studio l’utilità<br />

del d-ROMs test nella gestione della terapia antiossidante<br />

dopo gare ciclistiche impegnative, le quali si<br />

accompagnano <strong>in</strong> assoluto a valori di d-ROMs test<br />

tra i più elevati, nell’ambito delle varie discipl<strong>in</strong>e<br />

<strong>sport</strong>ive.<br />

5. 9 Corsa<br />

La determ<strong>in</strong>azione dei ROM sierici è stata effettuata<br />

su un campione di 50 soggetti adulti, di età<br />

media 25.5±2.7 anni (±DS) e di sesso maschile,<br />

tutti partecipanti ad una corsa cittad<strong>in</strong>a per un percorso<br />

complessivo di 10.5 km (8).<br />

Il d-ROMs test è stato eseguito su campioni di<br />

sangue <strong>in</strong>tero, prelevati prima (t0), al traguardo<br />

(t1), ed 1 ora dopo la f<strong>in</strong>e (t2) della competizione.<br />

I livelli di ROM sierici sono passati da<br />

243.4±22.6 (t 0) a 281.2±21.7 (t 1), f<strong>in</strong>o a<br />

333.2±19.7 (t 2). Le variazioni osservate sono risultate<br />

statisticamente significative (figura 5. 7).<br />

U CARR<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

n=31; 25.5±2.7 anni<br />

Km 10.5<br />

0<br />

Partenza Traguardo 1 h dopo<br />

Figure 5. 7 Time-course dei valori del d-ROMs test<br />

dopo una corsa cittad<strong>in</strong>a<br />

5. 10 Miscellanea<br />

In un ultimo studio, il livello di ROM nel siero è<br />

risultato compreso nel range di 110-516 U CARR <strong>in</strong><br />

407 athletes (332 calciatori professionisti di 7 squa-


dre del massimo Campionato, 24 sciatori della specialità<br />

“cross-country” e 51 atleti della specialità<br />

“skyrunners) (6).<br />

Un aumento al di sopra della soglia di normalità<br />

di 300 U CARR U è stato osservato <strong>in</strong> 382/1071<br />

(35.66%) campioni.<br />

Negli stessi atleti i risultati del TAS sono appars<strong>in</strong>el<br />

range di 1.06-1.69 mmol/L, al di sotto della<br />

Capitolo 5. Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici<br />

50<br />

soglia def<strong>in</strong>ita come normale (1.30 mmol/L) <strong>in</strong><br />

84/954 (8.80%) professionisti.<br />

Inf<strong>in</strong>e, come atteso, i livelli di ROM hanno mostrato<br />

una lieve correlazione, <strong>in</strong> senso <strong>in</strong>verso, con i<br />

valori del TAS, suggerendo che l’aumentata produzione<br />

di radicali <strong>liberi</strong> negli atleti testati può essere<br />

una conseguenza di una ridotta efficienza dei sistemi<br />

<strong>antiossidanti</strong> di difesa.


1. Beltrami G, Fanton F, Schiavottiello G. Determ<strong>in</strong>azione<br />

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Capitolo 5. Il d-ROMs test <strong>in</strong> Medic<strong>in</strong>a <strong>dello</strong> Sport. Rassegna di studi cl<strong>in</strong>ici<br />

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ossidativi <strong>in</strong> atleti nel corso di una stagione agonistica.<br />

Biochimica Cl<strong>in</strong>ica. 2001. 25 (2): 139.


52<br />

Informazione pubblicitaria


La perossidazione di substrati organici (lipidi,<br />

amm<strong>in</strong>oacidi, prote<strong>in</strong>e, nucleotidi, etc.) da parte<br />

delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) è la diretta<br />

conseguenza di un’alterazione del normale bilancio<br />

tra produzione ed elim<strong>in</strong>azione di radicali <strong>liberi</strong>.<br />

Nel corso dell’attività fisica, i processi perossidativi<br />

<strong>in</strong>teressano sia le fibre muscolari scheletriche <strong>in</strong><br />

attiva contrazione che la matrice extracellulare. Pertanto,<br />

le conseguenze del danno ossidativo si ripercuotono<br />

non solo sul muscolo (predisposizione alle<br />

lesioni traumatiche, flogistiche e da overuse) ma<br />

anche sul tessuto connettivo dell’apparato locomotore<br />

(flogosi articolari e periarticolari, tend<strong>in</strong>iti, borsiti)<br />

e sulle cellule ematiche eventualmente migrate<br />

o stravasate. A questo proposito, sono ben note le<br />

lesioni a carico delle membrane dei leucociti (con<br />

conseguente riduzione dell’efficacia delle difese immunitarie<br />

e maggiore predisposizione alle malattie<br />

<strong>in</strong>fettive) e degli eritrociti (emolisi con conseguente<br />

riduzione della capacità di tra<strong>sport</strong>o dell’ossigeno al<br />

sistema muscolo-scheletrico).<br />

Ognuno di questi eventi può provocare, direttamente<br />

o <strong>in</strong>direttamente, una riduzione delle prestazioni<br />

sia <strong>in</strong> soggetti che prendono parte a normali<br />

programmi di fitness sia <strong>in</strong> atleti professionisti.<br />

Sulla base di queste evidenze, appare chiaro<br />

che chiunque pratichi attività <strong>sport</strong>iva con regolarità<br />

ed impegno dovrebbe sottoporsi periodicamente ad<br />

una valutazione <strong>dello</strong> stress ossidativo, allo scopo di<br />

ottimizzare e personalizzare il proprio programma di<br />

allenamento e, eventualmente, raggiungere migliori<br />

prestazioni grazie ad una migliore comprensione<br />

della propria fisiopatologia muscolare, senza correre<br />

i rischi delle lesioni da radicali <strong>liberi</strong>.<br />

Poiché lo stress ossidativo negli atleti è sempre<br />

la risultante di un’aumentata produzione di specie<br />

chimiche reattive e/o di una compromissione delle<br />

difese <strong>antiossidanti</strong>, qualsiasi valutazione dovrebbe<br />

tener conto di ambedue le componenti patogenetiche.<br />

Per questo motivo, il d-ROMs test ed il BAP test<br />

rappresentano gli strumenti ideali per la determ<strong>in</strong>azione<br />

<strong>dello</strong> stress ossidativo negli atleti. Infatti,<br />

mentre il primo fornisce <strong>in</strong>formazioni sullo status<br />

pro-ossidante, il secondo consente di valutare<br />

l’efficienza dei sistemi di difesa <strong>antiossidanti</strong>.<br />

Il d-ROMs test, nel panorama delle opzioni attualmente<br />

disponibili per la valutazione <strong>dello</strong> status<br />

pro-ossidante, è senza dubbio il più idoneo da praticare<br />

negli <strong>sport</strong>ivi. Esso, <strong>in</strong>fatti, come dimostrano le<br />

evidenze discusse nel precedente capitolo, consente<br />

di valutare il livello dei metaboliti reattivi<br />

dell’ossigeno (ROM) e, <strong>in</strong> particolare, la concentra-<br />

Considerazioni conclusive<br />

53<br />

Considerazioni conclusive<br />

zione degli idroperossidi e delle cloroamm<strong>in</strong>e nel<br />

siero, nel plasma o nel sangue <strong>in</strong>tero.<br />

Gli idroperossidi sono universalmente riconosciuti<br />

essere tra i “marcatori” più affidabili <strong>dello</strong><br />

stress ossidativo. Essi, <strong>in</strong>oltre, essendo dotati di una<br />

certa capacità ossidante, <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate condizioni,<br />

non <strong>in</strong>frequenti nell’atleta sotto sforzo, quali una<br />

transitoria acidosi, possono subire la scissione <strong>in</strong> radicali<br />

<strong>liberi</strong> altamente reattivi (alcossili e perossili)<br />

per l’azione catalitica del ferro, liberato dalle prote<strong>in</strong>e<br />

plasmatiche. Per questo, gli idroperossidi sono<br />

considerati anche importanti amplificatori del danno<br />

e, pertanto, il loro livello va rigorosamente tenuto<br />

sotto controllo.<br />

Le cloroamm<strong>in</strong>e rappresentano importanti marcatori<br />

della componente <strong>in</strong>fiammatoria <strong>dello</strong> stress<br />

ossidativo. Come è noto, <strong>in</strong>fatti, le cloroamm<strong>in</strong>e sono<br />

generate dall’azione su amm<strong>in</strong>oacidi, nucleotidi e<br />

prote<strong>in</strong>e, dell’acido ipocloroso, a sua volta prodotto<br />

per reazione catalitica dalla mieloperossidasi leucocitaria<br />

sul perossido di idrogeno, <strong>in</strong> presenza di ioni<br />

cloruro.<br />

I dati presentati nel precedente capitolo <strong>in</strong>dicano<br />

che coloro i quali praticano regolarmente attività<br />

fisica, sia a livello amatoriale che professionale, presentano<br />

un livello di ROM generalmente <strong>in</strong>feriore a<br />

quello <strong>in</strong>dividuato nella popolazione generale di riferimento<br />

(


po sforzo. Questa evidenza conferma che un trattamento<br />

specifico ed efficace può essere effettivamente<br />

importante negli atleti per compensare le<br />

alterazioni – create per effetto dell’<strong>in</strong>tensa e/o prolungata<br />

attività fisica – fra produzione ed elim<strong>in</strong>azione<br />

di radicali <strong>liberi</strong>.<br />

Queste ed altre osservazioni <strong>in</strong>dicano che il d-<br />

ROMs test costituisce un metodo semplice ed affidabile<br />

non solo per prevenire e monitorare lo stress<br />

ossidativo ma anche per “personalizzare” i programmi<br />

di allenamento e l’<strong>in</strong>tegrazione antiossidante<br />

<strong>in</strong> tutti gli <strong>sport</strong>ivi.<br />

In tale contesto, occorre rilevare come i dati<br />

forniti da questo test si correl<strong>in</strong>o <strong>in</strong> maniera <strong>in</strong>versa<br />

con quelli del TAS, a <strong>in</strong>dicare che un’aumentata<br />

produzione di specie reattive negli <strong>sport</strong>ivi è spesso<br />

anche una consequenza della ridotta efficienza della<br />

barriera antiossidante.<br />

Riguardo a questo aspetto, appaiono <strong>in</strong>coraggianti<br />

i primi risultati ottenuti negli <strong>sport</strong>ivi con il<br />

BAP test che, rispetto al TAS, offre il vantaggio di<br />

una migliore standardizzazione per la cl<strong>in</strong>ica rout<strong>in</strong>aria<br />

e la possibilità di valutare <strong>in</strong> maniera più specifica<br />

l’efficacia dei trattamenti <strong>antiossidanti</strong>.<br />

In conclusione, poiché lo stress ossidativo è responsabile<br />

di alterazioni funzionali e/o strutturali<br />

della cellula, che non risparmiano neppure il DNA,<br />

depositario dell’<strong>in</strong>formazione genetica, è di vitale<br />

Capitolo 6. I test di laboratorio per la valutazione <strong>dello</strong> status antiossidante<br />

importanza che chiunque pratichi con regolarità ed<br />

impegno attività <strong>sport</strong>iva si sottoponga ad una valutazione<br />

globale <strong>dello</strong> stress ossidativo.<br />

Questo obiettivo è oggi a portata di mano dei<br />

medici <strong>sport</strong>ivi e degli allenatori grazie ai nuovi sistemi<br />

analitici dedicati, quali il FRAS 4 ed il FREE<br />

che consentono di determ<strong>in</strong>are “<strong>in</strong> tempo reale” ed<br />

<strong>in</strong> maniera estremamente precisa sia la produzione<br />

di specie reattive (d-ROMs test) che l’efficienza dei<br />

sistemi <strong>antiossidanti</strong> (BAP test).<br />

L’impiego di queste tecniche altamente <strong>in</strong>novative<br />

consente oggi di valutare se il regime di allenamento<br />

è adatto e, eventualmente, mettere <strong>in</strong> atto<br />

misure correttive per ottimizzarlo, anche basate su<br />

miglioramenti <strong>dello</strong> stile di vita o su un più razionale<br />

impiego di <strong>in</strong>tegratori <strong>antiossidanti</strong>.<br />

La medesima strategia, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, può essere particolarmente<br />

utile allo scopo di ottenere un <strong>in</strong>dice<br />

della condizione psico-fisica dell’atleta durante la<br />

fase di riposo o nel corso di una stagione di attività<br />

competitiva, dopo <strong>in</strong>tensi sforzi fisici. Infatti,<br />

un’alterazione del bilancio ossidativo (elevati valori<br />

del d-ROMs test e/o ridotti livelli del BAP test) potrebbe<br />

suggerire l’esistenza di una condizione subcl<strong>in</strong>ica<br />

di patologia <strong>in</strong> atto o una scarsa capacità di<br />

recupero, sulla base della quale mettere <strong>in</strong> atto un<br />

programma di allenamento tagliato su misura per<br />

ogni s<strong>in</strong>golo atleta.


Per <strong>in</strong>formazioni rivolgersi a:<br />

Dr Eugenio Luigi Iorio, MD, PhD<br />

Osservatorio Internazionale <strong>dello</strong> Stress Ossidativo<br />

Via Paolo Grisignano 21 – 84127 Salerno<br />

Telefono & FAX +39 089 711 952<br />

e–mail: eugenioluigi.iorio@alice.it<br />

web site: ww.osservatoriostressossidativo.org<br />

Seconda Edizione Italiana, dicembre 2007<br />

L’Autore e l’Editore non rispondono di eventuali errori rilevati nel presente volume né dell’uso improprio del suo contenuto

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