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Riassunto - Rinascite

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la religione: lo gnostico condivide con l’uomo di fede la propensione all’escatologia; egli la colloca,<br />

tuttavia, nella dimensione immanente, concependo la politica come lo strumento più adatto alla rea-<br />

lizzazione di una compiuta e definitiva società giusta. Gnostico è colui il quale volta le spalle alla<br />

trascendenza e si cala in modo compiuto in una dimensione intramondana. Per lui, la realtà non ha<br />

una struttura stabile, immodificabile dall’uomo – quella che Voegelin definisce, sulla scia di Plato-<br />

ne, metaxy – bensì è malleabile; si presta ad essere alterata e manipolata. Egli, inoltre, è incapace di<br />

praticare la metafisica, o di intuire il rapporto esistente fra politica ed antropologia filosofica. Voe-<br />

gelin conia il termine «logofobia» per descrivere il disprezzo con cui lo gnostico tratta i problemi<br />

ontologici. Per Voegelin, tale approccio al problema dell’ordine costituisce una reazione alla de-<br />

divinizzazione della realtà introdotta dal cristianesimo. Voegelin si rifà direttamente ad Agostino e<br />

alla sua distinzione fra Civitas Dei e Civitas hominum, chiarendo la rigida demarcazione esistente,<br />

nella prospettiva cristiana, fra storia sacra e storia profana. Gli gnostici, al contrario, rifiutano questa<br />

distinzione e concepiscono l’esistenza intramondana dell’uomo come campo primario del perfezio-<br />

namento morale, luogo ideale in cui realizzare la profezia millenaristica della fine della Storia (He-<br />

gel, Marx).<br />

La figura di Agostino ha un ruolo di primo piano anche negli scritti di Oakeshott. Della sua<br />

opera, Oakeshott enfatizza la componente antiutopistica e antiperfezionistica. Agostino è contrap-<br />

posto a Pelagio nella formulazione dell’opposizione dicotomica fra politics of faith e politics of<br />

scepticism. La prima, di cui Pelagio fu il precursore e che venne successivamente teorizzata da Ba-<br />

cone, dai puritani e dall’illuminismo, percepisce l’attività di governo come funzionale al persegui-<br />

mento di un fine oggettivo, identificato nel contempo come la massima forma di perfezione cui<br />

l’uomo può legittimamente ambire. La politica della fede, quindi, pur scaturendo da una sensibilità<br />

religiosa, è prettamente anti-religiosa nel concepire la dimensione intramondana come quella idonea<br />

a risolvere il problema della condizione umana. Per bilanciarne gli effetti più perniciosi, Oakeshott<br />

rivendica la dignità di un’altra tradizione intellettuale, identificata con lo scetticismo. Secondo<br />

quest’ultima, il governo non ha altri fini che la preservazione di un ordine “superficiale”, basato sul-<br />

la capacità di garantire ai singoli il perseguimento di fini molteplici. Politica e morale restano, così<br />

distinte; e porre limiti all’attività dei governanti diverrà prioritario, onde garantire che i detentori del<br />

potere non abusino del proprio ruolo, distruggendo il quadro giuridico che garantisce la sopravvi-<br />

venza di una società libera.<br />

VI. Gli spazi perduti della politica: balzo nell’essere e conversazione<br />

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