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Riassunto - Rinascite

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che, negli scritti di Voegelin, diverrà centrale, Oakeshott definisce «gnostica» l’impostazione mentale<br />

del razionalista, per il quale la ragione si riduce ad uno «strumento neutrale, finemente messo a<br />

punto» mediante cui costruirsi un’identità finalmente libera da tutto ciò che è imposto o tramandato.<br />

Poiché l’unica forma di cambiamento che accetta è quella indotta e cosciente, il razionalista<br />

tende a concepire la decisione politica come l’affermazione di una verità , assai più che come il raggiungimento<br />

di un compromesso. Egli non distingue fra conoscenza tecnica e conoscenza pratica; le<br />

uniche regole di condotta che ritiene lecite sono quelle dimostrabili razionalmente. Tutto ciò si riflette<br />

nella visione razionalistica dell’educazione, intesa come training in vista dell’esercizio del potere<br />

da parte di un’élite tecnocratica.<br />

Possiamo quindi concludere che, per Oakeshott, il razionalismo: a) è il modo predominante<br />

di concepire la politica nel mondo contemporaneo; b) si basa sull’erronea riduzione della conoscenza<br />

alla conoscenza tecnica; c) tende ad affermarsi in tutti i campi dell’attività umana; d) è una minaccia<br />

per una corretta educazione; e) conosce formulazioni molteplici, a seconda dei principi professati<br />

dall’ideologia razionalistica di turno: nel novero di tali formulazioni, figura anche il liberalismo.<br />

Voegelin condivide con Oakeshott la tesi secondo cui il liberalismo razionalistico consiste<br />

in una forma di ribellione contro l’autorità. Sennonché l’emancipazione liberale descritta da Oakeshott<br />

è principalmente una rivolta contro il passato, le usanze tramandate, le consuetudini plurisecolari,<br />

e la practical kwnoledge che recano con sé; mentre la rivolta delineata da Voegelin è essenzialmente<br />

spirituale, volta a immanentizzare la ragione e a ripudiare la dimensione trascendente.<br />

Ciò rende la posizione liberale estremamente fragile al cospetto del totalitarismo. Criticando due<br />

opere coeve, rispettivamente di Ernest Cassirer e di Hannah Arendt, Voegelin contesta al razionalismo<br />

liberale la tendenza a concepire il progresso come una liberazione dal mito. A suo avviso, inoltre,<br />

liberali e totalitari, confinando la riflessione politica all’immanenza, finiscono per condividere<br />

col totalitarismo un humus comune, a cominciare dalla convinzione di poter manipolare la natura<br />

umana. Come egli scrive, «la vera linea divisoria della crisi contemporanea non corre fra liberali e<br />

totalitari, ma fra i trascendentalisti religiosi e filosofici da un lato e i settari immanentisti liberali e<br />

totalitari dall’altro».<br />

V. Gnosticismo e politica della fede<br />

Per Voegelin, è impossibile comprendere le carenze del pensiero liberale senza inquadrarne<br />

le origini in un processo più vasto, risalente al Medioevo: l’affermazione dello gnosticismo. Con tale<br />

termine, Voegelin indica una forma degenerata di pensiero derivante da un rapporto distorto con<br />

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