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Riassunto - Rinascite

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In seno al liberalismo emerse gradualmente un filone tecnocratico che scorgeva dello svi-<br />

luppo tecnologico la possibilità di armonizzare ogni latente conflittualità sociale. Non si trattava più<br />

– ha notato Michael J. Sandel – di difendere i diritti di cittadinanza dei piccoli proprietari, stritolati<br />

dal grande capitale e ostaggio delle grandi compagnie; andava, al contrario, garantita la loro libertà<br />

di scelta, la libertà di muoversi senza interferenze all’interno del mercato, che avrebbe offerto loro<br />

un numero crescente di beni e servizi. Autori come David Lilienthal o Stuart Chase guardarono con<br />

simpatia al rafforzamento dell’impresa privata e nella parallela crescita dell’apparato amministrati-<br />

vo. Un numero crescente di americani, pur non condividendo l’entusiasmo per la pianificazione coltivato<br />

da Chase ed altri tecnocrati liberal, condividevano però l’idea che un big government contraddistinto<br />

da una crescita degli investimenti in ricerca e sviluppo nei settori delle scienze naturali<br />

e sociali fosse indispensabile per assicurare agli Stati Uniti il ruolo di grande potenza, Il rapporto fra<br />

mondo accademico e potere politico si rafforzò notevolmente, permettendo ai più brillanti docenti e<br />

ricercatori universitari nel campo delle relazioni internazionali – da Henry Kissinger a Walt R. Rostow,<br />

da McGeorge Bundy a Samuel P. Huntington – di scalare i vertici dell’amministrazione in<br />

qualità di consiglieri o di consulenti.<br />

La novità rappresentata da questo legame era tanto eclatante da non lasciare indifferente<br />

nemmeno l’establishment. Il Farewell Address del Presidente uscente Dwight D. Einsenhower, che<br />

denunciava il rischio di un processo decisionale prigioniero degli insindacabili pareri degli “esperti”,<br />

prefigurava molte delle contraddizioni in seguito emerse, durante la gestione dell’impegno militare<br />

in Vietnam.<br />

L’egemonia della cultura liberal proseguì, ma finì per essere alimentata più dai trionfi del<br />

sapere applicativo, che non dall’affermazione di una idea «forte» di libertà, come era avvenuto nel<br />

corso del New Deal. Lo straordinario sviluppo delle scienze sociali, l’elaborazione di una politica<br />

estera condivisa, l’anticomunismo, il sostegno allo sviluppo economico favorirono il costituirsi di<br />

un’agenda politica condivisa, cui il liberalismo diede voce. Geodfrey Hodgson ha definito «liberal<br />

consensus» l’insieme questo insieme di precetti, che contrassegnavano il discorso pubblico statunitense<br />

ed erano condivisi da tutti i policy-makers: ai già citati si aggiungevano il primato del sistema<br />

americano, basato su un certo grado di equilibrio fra capitale e lavoro; la natura intrinsecamente<br />

democratica di questo modello; la possibilità di mettere fine alla povertà espandendo la classe media;<br />

l’utilità dell’ingegneria politica; l’anticomunismo; la fiducia della capacità, da parte del Mondo<br />

Libero, di esportare il proprio messaggio e le proprie istituzioni La raffigurazione più efficace della<br />

nuova collocazione dei liberal nello spettro politico fu fornita da Arthur M. Schlesinger Jr. e dal suo<br />

«centro vitale». Esso non indicava né un progetto definito, né un programma politico, bensì un luo-<br />

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