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Stefano Bartolini

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TRA FORMAZIONE E TRASCENDENZA DEI<br />

CONFINI<br />

Integrazione europea e stato-nazione<br />

di <strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

1. Introduzione<br />

Il presente contributo si propone di fornire un quadro storico ed analitico<br />

per l’interpretazione del processo di integrazione europea. Si tratta di una<br />

sintesi, necessariamente condotta a grandi tratti, di un più ampio progetto di<br />

ricerca in corso 1 . Questo lavoro non discute le variazioni empiricamente riscontrabili<br />

tra casi nazionali, politiche e istituzioni specifiche, né si concentra<br />

su singoli aspetti esemplari. Piuttosto, esso cerca di connettere l’integrazione<br />

europea al processo di formazione e consolidamento degli stati nazionali.<br />

Quest’ultimo ha portato a pieno compimento la differenziazione territoriale<br />

intra-europea a partire dalla comune eredità medievale basata sull’identità<br />

culturale cristiana, il latino come lingua e cultura erudita, il diritto pubblico<br />

romano, il diritto comune germanico ed il diritto canonico ecclesiastico. Il<br />

processo di integrazione è interpretato come una nuova fase di sviluppo caratterizzata<br />

da un processo non lineare di de-differenziazione territoriale. Tale<br />

de-differenziazione genera tensioni dovute allo scollamento tra ciò che era<br />

storicamente sovrapposto e coincidente nell’esperienza dello stato-nazione:<br />

il mercato e le fonti di produzione normativa da un lato, i principi di identità,<br />

solidarietà e legittimità delle regole decisionali dall’altro.<br />

Nella prima parte l’articolo discute le origini storiche della tensione<br />

crescente implicita nel progetto di rimuovere alcuni confini funzionali dello<br />

stato-nazione, ridefinendoli in ambito territorialmente più allargato, lasciando<br />

invece al suo interno i fondamentali processi di legittimazione nazionale,<br />

sociale e politica. Nella seconda parte, questa tensione è definita in chiave<br />

analitica, considerando le sue conseguenze per gli attori e gli scambi politici<br />

1 In questo pezzo riecheggiano temi brevemente accennati nel mio discorso d’apertura<br />

al Convegno annuale della Società Italiana di Scienza Politica, Genova, settembre<br />

2002, poi pubblicato nella sua forma integrale in <strong>Bartolini</strong> (2002).<br />

RIVISTA ITALIANA DI SCIENZA POLITICA - Anno XXXIV, n. 2, agosto 2004


168<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

nazionali. Poiché le nuove opportunità di travalicare i confini economici e<br />

giuridici dello stato-nazione sono distribuite in modo diseguale per gli attori e<br />

le risorse più importanti, ne risulta una capacità declinante dello stato-nazione<br />

di imporre ordini negoziali interni. La produzione nazionale di politiche pubbliche<br />

ne è condizionata in modo fondamentale. Nella sua terza sezione l’articolo<br />

avanza una serie di ipotesi concernenti l’impatto indiretto di questa situazione<br />

sulle forme tradizionali di strutturazione politica dello stato-nazione con<br />

riferimento particolare alla struttura dei rapporti territoriali tra centro e periferia,<br />

a quella della intermediazione degli interessi ed a quella dei cleavages<br />

politici. Vi sostengo che l’integrazione europea ha un effetto indiretto di «ristrutturazione»<br />

delle forme e dei canali principali di rappresentanza politica.<br />

Infine, la conclusione dell’articolo analizza diverse prospettive interpretative<br />

dello stato attuale del processo integrativo e mostra la loro rilevanza in quanto<br />

progetti politici diversi. L’attuale stato dell’Unione sembra imporre scelte che<br />

riguardano direttamente la capacità delle élite politiche europee di mantenere<br />

la divisione del lavoro tra le istituzioni (europee) di problem-solving e le<br />

basi (nazionali) di mobilitazione del sostegno.<br />

2. L’integrazione in chiave storica: processi di de-differenziazione<br />

territoriale<br />

In un’ampia prospettiva storica, l’integrazione europea rappresenta una sesta<br />

cruciale fase di sviluppo nella storia europea a partire dal sedicesimo<br />

secolo 2 . Si possono, infatti, distinguere cinque principali macro-sviluppi nella<br />

storia dello sviluppo degli stati nazionali in Europa. Il primo è identificato<br />

con la formazione dello stato in senso stretto, con il suo progressivo coincidere<br />

di ordinamenti regolatori nelle sfere amministrativa e militare sotto la supremazia<br />

di un unico insieme di istituzioni territoriali gerarchicamente organizzate.<br />

Il secondo processo costitutivo è lo sviluppo del capitalismo, il quale,<br />

nonostante la sua iniziale natura potenzialmente senza confini, è storicamente<br />

incapsulato all’interno dello stato attraverso la formazione di un mercato,<br />

di una moneta, di schemi regolativi e di diritti di proprietà nazionali. La<br />

terza fase di sviluppo che è utile distinguere è quella della formazione della<br />

nazione, con il suo rafforzamento dei confini culturali e la creazione di identità<br />

«civili» 3 , all’interno delle quali si costituiscono aree di eguaglianza e di<br />

2 Il riferimento fondamentale è l’opera di Stein Rokkan. Se ne veda la sintesi in<br />

Rokkan (1999).<br />

3 Per la definizione dell’identità nazionale come codice «civile» distinto dai codici<br />

identitari localistici e «primordiali» e da quelli universalistici e «culturali» mi rifaccio a<br />

Eisenstadt e Giesen (1995).


Tra formazione e trascendenza dei confini 169<br />

solidarietà. La quarta fondamentale fase di sviluppo è definita dalla democratizzazione,<br />

con la progressiva articolazione, riconoscimento e legittimazione<br />

dei canali istituzionali e delle organizzazioni politiche per la strutturazione<br />

delle rivendicazioni interne 4 . La quinta e finale fase di sviluppo degli<br />

stati nazionali europei è caratterizzata dall’affermarsi dei sistemi di welfare,<br />

con la crescita dei diritti di cittadinanza sociale all’interno di comunità nazionali<br />

culturalmente omogenee, che forniscono un supporto sostantivo allo<br />

sviluppo della democrazia politica.<br />

La formazione dello stato e della nazione hanno creato l’involucro dentro<br />

il quale il capitalismo si è sviluppato ed è stato nutrito. Il sistema dei<br />

partiti ed il welfare costituiscono processi di identificazione e legittimazione<br />

politica che stabilizzano società caratterizzate da alti tassi di cambiamento<br />

economico-sociale. L’opera di Rokkan ha tracciato gli stretti rapporti e le<br />

influenze reciproche tra queste fasi di sviluppo. In sintesi estrema, la sua<br />

«teoria» genera ipotesi su come il consolidamento territoriale degli stati, la<br />

formazione delle nazioni e la penetrazione del capitalismo producono esiti<br />

diversi dei processi di democratizzazione e di sviluppo del welfare 5 , e più in<br />

generale esiti diversi di strutturazione politica.<br />

L’integrazione europea 6 è qui interpretata come un sesto processo di<br />

sviluppo del sistema europeo di stati, economie, nazioni, democrazie e welfare.<br />

Tale interpretazione deve quindi legarla alle altre fasi di sviluppo dello<br />

stato-nazione. Si sostiene sovente che la storia dello stato-nazione non è molto<br />

rilevante quando si tratta di integrazione europea. Dato che questo processo<br />

è «speciale», è un caso unico, ha caratteri sui generis, non molto può essere<br />

appreso dai suoi antecedenti storici. Ritengo invece che la storia dello formazione<br />

dello stato-nazione offra una serie di utili strumenti analitici per la<br />

teoria dell’integrazione regionale. Gli elementi dello stato-nazione che mancano<br />

alla nuova entità europea, non erano certo «dati» come precondizioni<br />

degli stati europei, ma furono piuttosto «costruiti» da essi. Inoltre, mi pare<br />

indubbio che i problemi ed il destino dello sforzo di unificazione non possano<br />

essere studiati e compresi senza considerare il legato storico dei suoi ingredienti<br />

principali: gli stati nazionali.<br />

La figura 1 rappresenta la relazione tra l’integrazione ed i precedenti<br />

cinque processi di sviluppo storico. La spinta verso l’integrazione europea<br />

4 Per brevità, uso qui il termine «democratizzazione» per indicare insieme la liberalizzazione<br />

dei regimi e l’allargamento dei diritti di partecipazione. Dahl (1971) giustamente<br />

distingue le due dimensioni. Una dettagliata ricostruzione storica dei due processi<br />

nei casi europei si trova in <strong>Bartolini</strong> (2000, capitoli 5, 6 e 7).<br />

5 Lo sviluppo del welfare state non rientra pienamente negli interessi di Rokkan,<br />

ma è stato sviluppato in una prospettiva «rokkaniana» da Peter Flora. Cfr. Flora (1986).<br />

6 Cui Rokkan non ha dedicato grande attenzione. I suoi modelli storici fanno<br />

sempre riferimento al sistema degli stati. Su questo punto, cfr. Flora (2000).


170<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

risulta da due tipi di pressioni operanti nel secondo dopoguerra. La prima è<br />

data dall’insopportabile costo delle rivalità tra gli stati in un’epoca in cui il<br />

potere distruttivo delle tecnologie di guerra è assolutamente sproporzionato<br />

rispetto alle rivalità stesse. La seconda è data dalla progressiva perifericità<br />

dell’Europa nell’economia mondiale del secondo dopoguerra e la relativa<br />

percezione dell’inadeguatezza dello stato e dei suoi confini come base di<br />

gestione efficiente dell’economia nel contesto della competizione mondiale.<br />

In altre parole, l’integrazione è interpretabile come una risposta all’indebolimento<br />

del sistema degli stati europei come capsule militari ed alle nuove<br />

pressioni dello sviluppo capitalistico mondiale.<br />

16°-18°<br />

19° 20°<br />

I<br />

Formazione dello<br />

stato<br />

II<br />

Sviluppo<br />

capitalistico<br />

.<br />

16º-18º 19º 20º<br />

III<br />

Formazione della<br />

nazione<br />

IV<br />

Democratizzazione<br />

V<br />

Sviluppo del<br />

welfare<br />

VI<br />

Integrazione europea<br />

FIG. 1. Sei fasi di sviluppo della storia politica europea dal sedicesimo secolo.<br />

I dibattiti intellettuali e politici che hanno preceduto la sua nascita –<br />

come i piani e le proposte di Aristide Briand in Francia, di Brailsford in<br />

Gran Bretagna, dei gruppi intorno al Manifesto di Ventotene o delle molte<br />

altre iniziative dello stesso tipo tra la fine della Prima guerra mondiale ed il<br />

1951-1957 – non spiegano la storia dell’integrazione europea 7 . Rimane es-<br />

7 Documentati ampiamente da Lipgens (1982).


Tra formazione e trascendenza dei confini 171<br />

senziale un’analisi attenta degli specifici interessi nazionali quali si composero<br />

nei vari processi negoziali fondatori, e si compongono tuttora nella loro<br />

continua revisione. Tuttavia, un’eccessiva contrapposizione tra «interessi»<br />

ed «idee» nella classe politica europea è altrettanto irrealistica, se non ingenua.<br />

Senza il clima di fallimento storico e di inadeguatezza del sistema degli<br />

stati europei – che i sopra citati intellettuali, politici e (marginali) movimenti<br />

di opinione vissero e testimoniarono con sensibilità particolare – era difficile<br />

superare le profonde differenze di interessi materiali e geopolitici. Il successo<br />

dei negoziati fondatori deve molto alla nuova costellazione del secondo<br />

dopoguerra nella quale l’integrazione militare ed economica dell’Europa<br />

occidentale era garantita su scala atlantica ad ovest e su scala sovietica ad est.<br />

La «razionalità» degli stati che si impegnavano nella cooperazione integrativa<br />

nei settori del commercio e del mercato non si definisce storicamente<br />

senza la diffusa percezione del fallimento del precedente sistema di stati europei<br />

da una parte, e senza la rimozione delle questioni monetarie e di sicurezza<br />

garantite dall’integrazione atlantica dall’altra 8 . Quindi, sostenere che<br />

l’integrazione è una reazione delle élite politiche europee all’inadeguatezza<br />

storica dello stato-nazione come capsula di competizione economica e militare<br />

non è in contraddizione con l’idea che gli esiti concreti del progetto<br />

derivarono da negoziati condizionati dagli interessi economici di attori in<br />

rapporti di potere asimmetrici 9 .<br />

Tuttavia, il processo integrativo, una volta iniziato, deve fare i conti e<br />

venire alle prese con gli altri elementi dello sviluppo statale inizialmente esclusi<br />

dal progetto: quello nazionale, democratico e di welfare. Questi processi storici<br />

hanno contribuito alla chiusura di vari tipi di confini funzionali dello<br />

stato. Essi hanno favorito la costituzione di un sistema di lealtà e di identità<br />

all’interno del quale si realizzano i diritti di partecipazione, la legittimità delle<br />

decisioni collettive e le politiche di condivisione sociale. All’interno dello<br />

stato-nazione, grazie alla sovrapposizione e coincidenza territoriale dei suoi<br />

diversi confini funzionali (politico-amministrativi, economici, culturali e<br />

militari) i processi di strutturazione politica si svilupparono su tutti i fronti.<br />

L’impegno dello stato nella nazionalizzazione delle masse e nella standardizzazione<br />

ed omogeneizzazione culturale interna generava opposizioni e resistenze<br />

da parte di gruppi con caratteristiche culturali distintive. Allo stesso<br />

8 Questa tesi permette anche di interpretare l’iniziale partnership riluttante di<br />

Francia e Gran Bretagna nei processi integrativi economico-militari del secondo dopoguerra.<br />

Si tratta di due potenze «vincitrici», che conservano importanti interessi<br />

coloniali e che condividono un record storico di precoce e solido consolidamento statale<br />

e nazionale. Per una sintetica ricostruzione delle opposizioni franco-britanniche<br />

vedi Gilbert (2002).<br />

9 Milward (1992) e Moravcsik (1998) difendono con forza questa tesi.


172<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

modo, i conflitti economici del mercato erano politicizzati e ricondotti alle<br />

arene decisionali centralizzate. Le resistenze e le opposizioni politico-amministrative,<br />

quando non riguardavano la definizione territoriale dello stato,<br />

concernevano spesso la penetrazione e l’ambito delle sue competenze e delle<br />

sue capacità estrattive e regolative. Le linee di conflitto culturali, economiche<br />

e politiche si sovrapposero e qualche volta si rafforzarono l’una con l’altra,<br />

contribuendo in generale alla strutturazione politica del sistema, generando<br />

pressioni per l’accomodamento di interessi diversi all’interno dello<br />

stato attraverso la loro incorporazione e rappresentanza.<br />

La relazione tra l’integrazione e le caratteristiche della nazione, della<br />

democrazia e dei sistemi di sicurezza sociale è quindi problematica ed a tratti<br />

contraddittoria poiché questi processi sono storicamente e strettamente<br />

legati allo stato come territorio dai confini ben definiti ed alla sua omogeneità<br />

culturale interna. I meccanismi della decisione democratica e di ridistribuzione<br />

di risorse materiali riposano su forti identità collettive e vincoli di<br />

solidarietà, nonché sull’impossibilità o difficoltà fisica di sottrarre risorse<br />

agli obblighi sociali contratti su base territoriale. Essi presuppongono quindi<br />

elevati costi di exit sia culturali sia materiali 10 . D’altra parte, il superamento<br />

delle rivalità interstatali e l’ulteriore sviluppo capitalistico impongono di<br />

trascendere i confini del vecchio sistema europeo degli stati in vista del raggiungimento<br />

della «scala» sufficiente a superare la loro inadeguatezza. Le<br />

democrazie nazionali di welfare richiedono il controllo dello stato sulle capacità<br />

ridistributive, sui simboli culturali e sull’autorità politica. Mentre l’integrazione<br />

si basa su una costante attività di rimozione di vari tipi di confini<br />

funzionali, il mantenimento e l’alimentazione delle democrazie nazionali di<br />

welfare riposano sulla possibilità di «chiudere» le risorse economiche e culturali<br />

all’interno dei processi decisionali dello stato territoriale. Per questi<br />

motivi, il processo d’integrazione economica europea costituisce una sfida ai<br />

sistemi culturali, ai processi decisionali ed alle politiche ridistributive nazionali.<br />

La tensione che si crea tra il progetto di un mercato senza stato e le<br />

capacità culturali, ridistributive e politiche nazionali non costituisce uno squilibrio<br />

di crescita, né può essere vista come una semplice «divisione del lavoro».<br />

3. L’integrazione in chiave analitica: la trascendenza dei confini<br />

In chiave analitica, l’integrazione europea è un processo di trascendenza dei<br />

confini statal-nazionali che risulta nella de-differenziazione delle compagini<br />

10 Il concetto di exit è qui usato nel senso di Hirschman (1970).


Tra formazione e trascendenza dei confini 173<br />

politiche europee dopo cinque secoli di progressiva differenziazione a livello<br />

dei sistemi legali ed amministrativi, delle pratiche sociali e dei codici linguistico-culturali,<br />

delle transazioni economiche e degli ordinamenti di mercato<br />

e delle istituzioni sociali e politiche. «Integrazione» indica quindi un processo<br />

di crescente permeabilità e/o abbassamento dei confini funzionali esterni<br />

dei sistemi territoriali.<br />

Tale definizione lascia aperto il problema della distinzione tra l’integrazione<br />

e ciò che è comunemente indicato con il termine di «globalizzazione».<br />

Infatti anche quest’ultimo può essere definito in termini di «trascendenza<br />

dei confini», per cui, a livello analitico, non pare esservi tra i due nessuna<br />

differenza, se si esclude l’aspetto della mera connotazione geografica.<br />

D’altra parte, la trascendenza dei confini è senza dubbio assai più intensa ed<br />

istituzionalmente significativa a livello europeo che non a livello globale. La<br />

differenza tra l’integrazione europea e la globalizzazione è più chiara in termini<br />

storici, anziché analitici. In tal caso l’argomento si applica chiaramente<br />

solo a quelle aree, come l’Europa, dove lo sviluppo della forma specifica<br />

dello stato-nazione ha creato una convergenza e sovrapposizione di diversi<br />

tipi di confini funzionali: culturali, economici, politico-amministrativi e coercitivi.<br />

L’integrazione regionale europea perciò può in generale essere distinta<br />

dalla globalizzazione non solo per l’intensità e la più significativa cifra<br />

istituzionale del processo di trascendenza dei confini funzionali, ma anche<br />

per le conseguenze di quest’ultima in relazione alla specifica eredità storica<br />

del processo europeo di costruzione coincidente di tali confini.<br />

La tabella 1 presenta uno schema analitico che riassume il modo in cui<br />

i tipi di confini funzionali definiscono l’appartenenza secondo differenti criteri.<br />

La tabella identifica quattro dimensioni del processo di costruzione dei<br />

confini tra unità nelle sfere economica, culturale, politico-amministrativa e<br />

di coercizione/estrazione. In questo testo uso il termine di «confine funzionale»<br />

per tradurre il termine inglese di boundary di difficile resa in italiano.<br />

L’aggettivo «funzionale» è aggiunto per sottolineare che in questo caso con<br />

«confine» non si vuole indicare una frontiera fisica, ma i punti focali di delimitazione<br />

di un territorio. Il processo di costruzione del mercato e la formazione<br />

dei confini funzionali economici hanno il loro punto focale nell’apertura<br />

delle transazioni in una data area geografica e nei necessari correlati di<br />

diritti economici e di proprietà, possibilità di scambio e di mobilità dei fattori<br />

produttivi, moneta. I confini funzionali culturali definiscono uno spazio<br />

d’appartenenza caratterizzato dai tratti comuni agli abitanti (lingua, religione,<br />

razza, etnia, identità nazionale, ecc.) 11 . I confini funzionali politico-am-<br />

11 In principio, com’è noto, le identità culturali non sono necessariamente concentrate<br />

geograficamente. Tuttavia, qui si è soprattutto interessati a quei casi in cui una


174<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

ministrativi definiscono il territorio in termini di regimi regolativi, come i<br />

diritti politici, i sistemi educativi, i regimi di welfare, i mercati del lavoro, le<br />

giurisdizioni delle corti, ecc. Infine, i confini funzionali di coercizione/estrazione<br />

definiscono quello spazio territoriale all’interno del quale una singola<br />

autorità centralizzata esercita il suo diritto supremo di coercizione fisica su<br />

una certa popolazione.<br />

TAB. 1. Tipi di confini funzionali del territorio.<br />

Il confine è<br />

consolidato dal<br />

processo di<br />

Il centro focale di<br />

operazionalizzazione<br />

del territorio è<br />

costituito da<br />

Forza e<br />

coercizione<br />

formazione dello<br />

stato<br />

agenzie centrali di<br />

repressione ed<br />

estrazione<br />

Il confine è definito in termini di<br />

Transazioni di<br />

mercato<br />

formazione del<br />

mercato nazionale<br />

diritti di proprietà,<br />

opportunità di<br />

scambio, mobilità<br />

dei fattori<br />

produttivi, moneta<br />

comune<br />

Tratti<br />

culturali<br />

formazione della<br />

nazione<br />

spazi di<br />

appartenenza<br />

caratterizzati dai<br />

tratti degli abitanti<br />

(lingua, etnia,<br />

religione, ecc.)<br />

Rivendicazioni<br />

politicoamministrative<br />

sviluppo dei<br />

regimi regolativi<br />

diritti politici e<br />

sociali, sistemi<br />

regolativi<br />

dell’istruzione, dei<br />

mercati del lavoro,<br />

del welfare, ecc.<br />

Sfortunatamente non disponiamo di nomi specifici per questi tipi diversi<br />

di confini funzionali. Al fine di conservare il termine «confine funzionale»<br />

per il più astratto concetto di «regole e codici di chiusura» territoriale<br />

delle relazioni sociali, siamo costretti a fastidiose ripetizioni di espressioni<br />

quali «confine funzionale culturale», «confine funzionale coercitivo», ecc. 12 .<br />

Ma l’insistenza sulla questione terminologica vuole sottolineare il fatto che è<br />

necessario tenere questi diversi tipi di confini funzionali distinti a livello con-<br />

qualche sorta di concentrazione territoriale della identità culturale degli individui è definita<br />

e rinforzata attraverso inculcamento e familiarizzazione dalla continua interazione<br />

con i simili.<br />

12 La lingua e la cultura latina disponevano di un apparato concettuale per la definizione<br />

del concetto di confine assai più ricco della maggior parte delle lingue attuali, il<br />

che testimonia della loro «nazionalità». Varrebbe la pena di esplorare la filologia classica<br />

per ricostruire il significato dei diversi termini quali confinium, civitas, finis, limes e terminus.


Tra formazione e trascendenza dei confini 175<br />

cettuale. La separazione tra il concetto classico e giuridico di «frontiera» (o<br />

di «confine») e quello di «confine funzionale» ci permette di chiarire una<br />

distinzione fondamentale per l’analisi delle formazioni politiche. Una frontiera<br />

può delimitare un territorio caratterizzato dalla coincidenza e sovrapposizione<br />

dei confini funzionali economico, culturale, politico-amministrativo<br />

e coercitivo. Ma, in situazioni diverse, una frontiera può definire un<br />

territorio i cui confini funzionali sono sfumati, sovrapposti a quelli di altri<br />

territori e disgiunti l’uno dall’altro.<br />

Per diverse ragioni, è difficile concepire questi confini funzionali come<br />

analiticamente distinti. In primo luogo la nostra esperienza quotidiana e la<br />

nostra memoria storica fanno continuamente riferimento ad una situazione<br />

di larga, se non totale, sovrapposizione di questi diversi confini funzionali. Il<br />

moderno stato-nazione ha integrato con successo questi diversi processi di<br />

formazione dei confini. L’idealtipo dello stato-nazione è caratterizzato da<br />

frontiere che sono simultaneamente confini funzionali coercitivi e militari,<br />

economici, culturali e politico-amministrativi. Attraversando la frontiera tra<br />

due stati si passa allo stesso tempo nell’imperium di altre agenzie di coercizione/estrazione,<br />

in diversi mercati economici, in una diversa comunità culturale<br />

ed in un diverso insieme di regimi regolativi educativi, di welfare state,<br />

del mercato del lavoro e così via.<br />

Tale coincidenza territoriale tra diversi tipi di confini funzionali è, a<br />

mio giudizio, il tratto distintivo dello stato-nazione, ciò che lo distingue da<br />

tipi precedenti o diversi di formazione politica 13 , nonché il suo specifico principio<br />

di legittimazione. Il moderno stato-nazione è basato su un criterio collettivistico<br />

d’esclusione, teso a monopolizzare certi vantaggi per i membri<br />

della compagine statale, in cui i diritti e gli obblighi dei cittadini sono nettamente<br />

distinti da quelli degli «stranieri» in molteplici e coincidenti aree funzionali.<br />

La seconda ragione per cui è difficile concepire questi confini funzionali<br />

come separati è che, mentre si può facilmente immaginare la loro idealtipica<br />

coincidenza nello stato sovrano, unitario, autarchico e culturalmente<br />

omogeneo, è difficile trovare casi puri di combinazioni diverse dei confini<br />

funzionali. Le comunità primitive di cacciatori-raccoglitori avevano confini<br />

funzionali primari di tipo culturale, nella misura in cui i vincoli comunitari<br />

rappresentavano barriere per lo più insormontabili per gli esterni ed estranei;<br />

allo stesso tempo, tali comunità non possedevano un territorio ben deli-<br />

13 Uso il termine «formazione politica» nel preciso significato che Weber attribuisce<br />

al termine politische Verbände. La traduzione inglese ed italiana di questo concetto con<br />

«gruppo politico» mi pare inadeguata ed anche fuorviante. Vedi Weber (1922, vol. 1,<br />

29-30).


176<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

mitato e distinto. Le gerarchie territoriali a carattere imperiale che comprendevano<br />

diversi gruppi culturali ed includevano aree di mercato sostanzialmente<br />

chiuse, rappresentano un tipo di confine funzionale quasi esclusivamente<br />

coercitivo/estrattivo. L’impero romano aveva una chiara percezione<br />

di dove si trovava il suo limes, ossia il suo confine militare, e di dove finiva la<br />

sua civitas, ossia la cittadinanza romana. Inoltre, tra limes e civitas vi erano<br />

diversi confini intermedi, come ad esempio quelli politico-amministrativi delle<br />

popolazioni militarmente assoggettate, le quali però erano lasciate libere di<br />

gestire i propri affari interni secondo le loro regole e tradizioni. Puri confini<br />

funzionali economici esistevano in quelle aree di libero commercio che, come<br />

la Lega anseatica, comprendevano una rete di città all’interno della quale era<br />

garantito il rispetto di alcuni diritti economici di base, al di là dei confini<br />

culturali, militari e politico-amministrativi 14 .<br />

La terza ragione per cui è difficile vedere i diversi confini funzionali<br />

come separati e separabili è che non disponiamo di nomi per designare le<br />

situazioni territoriali in cui essi non coincidono né si sovrappongono. Ad<br />

esempio, ci sono familiari situazioni in cui rivendicazioni territoriali basate<br />

sulla forza/coercizione e su regimi politico-amministrativi non coincidono<br />

con le identità culturali, determinando così diversi tipi di periferie culturali<br />

15 . È più difficile trovare un termine per quelle altre situazioni territoriali in<br />

cui, ad esempio, i confini economici non coincidono con quelli politico-amministrativi;<br />

oppure i casi in cui le identità culturali e lo spazio d’appartenenza<br />

alla comunità non coincidono con i diritti economici e le transazioni<br />

di mercato 16 .<br />

Per ogni tipo di sfera funzionale, lo sviluppo di nuove regole e codici di<br />

chiusura può irrigidire la permeabilità dei confini funzionali. Allo stesso tempo,<br />

nuove tecnologie e/o diritti di trascendenza possono in effetti abbassare<br />

o rimuovere completamente i confini funzionali esistenti. La storia offre con-<br />

14 La Lega van der duedeschen hanse, che tra la metà del quattordicesimo e l’inizio<br />

del quindicesimo secolo si trovò ad includere circa 200 città, era basata su specifici accordi<br />

economici e reciproci vantaggi commerciali tra i membri. Per quanto vi fosse una<br />

sorta di supremazia del quarter regionale capeggiato da Lubecca, non vi fu mai una vera<br />

e propria costituzione formale. Vi erano tuttavia regole di chiusura, che discriminavano<br />

gli esterni attraverso il principio del boicottaggio economico dei loro porti.<br />

15 Tali «periferie culturali» possono essere distinte in «esterne», «interfaccia» ed<br />

«enclave», a seconda che i criteri culturali di definizione dell’area o del gruppo trovino<br />

supporto al di là del confine politico-amministrativo o meno, e se esse siano circondate<br />

o no dalla comunità culturale dominate. Per una discussione dei diversi tipi di periferia<br />

culturale, si veda Rokkan e Urwin (1983).<br />

16 Chiaramente il pensiero medioevale era più flessibile in termini di confini funzionali<br />

sub-sistemici. Per una ricca ricostruzione di esempi di «non coincidenza» in senso<br />

moderno, si vedano i saggi di Hintze (1962 e 1964) e Gierke (1988).


Tra formazione e trascendenza dei confini 177<br />

tinui esempi di invenzione di meccanismi di consolidamento dei confini e di<br />

nuove tecniche di trascendenza degli stessi. In breve, per ciascuna dimensione,<br />

culturale, economica, amministrativa o coercitiva, possibilità di trascendenza<br />

e costruzione di confini funzionali interagiscono tra loro. Al fine di<br />

chiarire tale interazione, la tabella 2 riassume per ogni sottosistema le unità<br />

di trascendenza ed i meccanismi di costruzione dei confini funzionali 17 . In<br />

ogni sfera funzionale si definiscono insiemi di transazioni attraverso il confine<br />

funzionale e insiemi di misure di controllo. Le unità (potenziali) di queste<br />

transazioni e controlli nei diversi sottosistemi sono beni e servizi, imprese,<br />

persone fisiche, messaggi, territori e persino «ruoli».<br />

TAB. 2. Trascendenza e costruzione dei confini funzionali.<br />

Sfere funzionali Unità di trascendenza Meccanismi di costruzione dei confini<br />

coercizione/<br />

estrazione<br />

- soldati ed eserciti<br />

- polizia<br />

- spie<br />

- movimenti clandestini<br />

- crimine organizzato<br />

- tasse<br />

- secessione territoriale<br />

economia - beni<br />

- servizi<br />

- turisti<br />

- imprese<br />

- investimenti<br />

- consumatori<br />

cultura - messaggi e notizie<br />

- stili e idee<br />

- mode<br />

- intellettuali e scienziati<br />

- ideologie e ordini religiosi<br />

- missionari<br />

regimi politicoamministrativi<br />

- elettori, candidati<br />

- rivendicazioni legali<br />

- casi e giudici<br />

- governi sub-nazionali<br />

- studenti<br />

- clienti di welfare<br />

- territorializzazione della difesa<br />

- territorializzazione della protezione<br />

- controlli di frontiera<br />

- sistema di estrazione territoriale<br />

- restrizioni di residenza<br />

- restrizioni della mobilità<br />

- embarghi<br />

- tariffe<br />

- controlli del mercato del lavoro<br />

- controlli su credito e capitale<br />

- nazionalizzazione dell’economia<br />

- proibizioni<br />

- censure<br />

- riti e simboli<br />

- costruzione delle identità/lealtà<br />

- controllo agenzie di socializzazione<br />

- nazionalizzazione della cultura<br />

- protezione della cittadinanza<br />

- diritti sociali nazionali<br />

- credenziali professionali<br />

- giurisdizioni nazionali<br />

- sistema dei titoli di istruzione<br />

17 Questa tabella è ripresa e adattata da Rokkan (1974, 43). Ho aggiunto la riga<br />

corrispondente al sottosistema politico-amministrativo, che Rokkan mette insieme con<br />

quello «forza-coercizione» ed ho inoltre aggiunto e modificato le unità di trascendenza e<br />

i meccanismi di formazione dei confini.


178<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

Una volta chiarito l’uso che qui è fatto del concetto di costruzione e di<br />

trascendenza dei confini funzionali, è possibile fornire una definizione più<br />

precisa e operativa del significato analitico dell’integrazione europea. L’integrazione<br />

è un processo che presenta i seguenti caratteri chiave:<br />

1) L’integrazione espande considerevolmente le capacità di attori istituzionali<br />

(governi locali e regionali, giudici), di attori collettivi (gruppi di<br />

interesse) e di attori individuali (imprese, individui) di aver accesso a risorse<br />

esterne allo stato-nazione e perciò di sottrarsi non solo alla produzione, ma<br />

anche in parte al consumo di un certo numero di beni pubblici nazionali 18 .<br />

Le risorse esterne che divengono più accessibili sono di tre tipi: risorse regolative,<br />

giurisdizionali e materiali. Ciò significa che contro gli ordini regolativi<br />

delle gerarchie statali territoriali, i vari attori possono invocare ed appellarsi<br />

a regole emanate da gerarchie extra-statuali e trans-nazionali. Contro la giurisdizione<br />

del loro stato territoriale, gli attori possono invocare quella di regimi<br />

giuridici (e di corti) sovranazionali. Contro il controllo monopolistico<br />

dello stato all’accesso alle risorse materiali, certi attori possono avere accesso<br />

autonomo ai mercati finanziari ed alle agenzie di rating internazionali, nonché<br />

alla risorse distribuite dal nuovo centro sovranazionale.<br />

2) Di conseguenza, l’integrazione riduce considerevolmente la capacità<br />

dello stato e delle gerarchie territoriali di porre e di modulare autonomamente<br />

il livello di trascendenza dei confini nelle sfere economica, culturale,<br />

amministrativa e coercitiva. Come risultato della crescente accessibilità di<br />

risorse esterne regolative, giurisdizionali e materiali, le politiche delle gerarchie<br />

territoriali tendono ad essere sempre più spesso basate sul principio<br />

delle reazioni anticipate verso le possibilità di attori/risorse potenzialmente<br />

mobili. Ciò vale in particolare per il campo della regolazione (definizione<br />

delle regole del gioco) e della giurisdizione (garanzie circa il rispetto degli<br />

impegni presi da attori sociali ovvero dei servizi e prestazioni promesse e<br />

dovute). Vale in parte minore nel campo dell’allocazione diretta di beni, servizi<br />

e doveri e dell’arbitrato (controllo e limitazione del conflitto tra attori<br />

qualificati). Vale, infine, poco o punto nel campo della protezione (difesa<br />

dall’insicurezza sociale e dall’offesa altrui). Il livello di trascendenza dei confini<br />

ammesso nelle diverse sfere funzionali è sempre meno il risultato di decisioni<br />

politiche interne relative alla lotta tra i poteri e/o al negoziato all’interno<br />

del governo territoriale. In principio, quanto maggiore è il controllo<br />

delle transazioni attraverso i confine, tanto più estesa ed efficace risulta la<br />

18 Le possibilità di exit qui discusse non sono limitate all’exit totale della secessione<br />

e dell’emigrazione di Hirschman. La peculiarità dell’europeizzazione consiste proprio<br />

nel fatto che essa consente exit parziali che non richiedono necessariamente la mobilità<br />

fisica o uno spostamento delle infrastrutture. Sulla mia rielaborazione del concetto<br />

di exit e per lo sviluppo dell’idea di «exit parziale» rimando a <strong>Bartolini</strong> (1998).


Tra formazione e trascendenza dei confini 179<br />

capacità di produzione di beni pubblici e tanto più alta è la possibilità per la<br />

gerarchia interna di stabilizzare e legittimare la propria posizione dominante.<br />

Quindi, nei contesti più aperti all’accesso esterno, la capacità, l’ambito e<br />

l’efficacia della produzione politica di beni pubblici e della legittimità politica<br />

risultano indebolite.<br />

3) Il terzo carattere fondamentale è che il processo di integrazione territoriale<br />

distribuisce in modo disuguale e diversificato le possibilità di accesso<br />

alle risorse extra-territoriali e quindi la possibilità di sottrarsi agli impegni<br />

ed agli obblighi territorialmente definiti. Non tutti gli attori (istituzionali,<br />

collettivi e individuali) sono dotati delle stesse capacità strutturali o orientamenti<br />

di interesse alla trascendenza dei confini. Per questo, è molto probabile<br />

che all’interno dello stato si producano considerevoli ridistribuzioni del<br />

potere economico, politico e istituzionale.<br />

4) Come risultato dei punti 1, 2, e 3, il processo di integrazione territoriale<br />

su scala europea tende a modificare la configurazione e i termini degli<br />

«scambi politici» interni. La disponibilità degli attori a partecipare agli scambi<br />

politici centralizzati concernenti le politiche pubbliche – sotto l’egida di un<br />

attore governativo formalmente dotato del potere di coercizione (legislativa,<br />

in questo caso) – dipende soprattutto dalla mancanza di alternative unilaterali<br />

(nello status quo o attraverso il consumo di beni pubblici alternativi). Se<br />

esiste la possibilità di sottrarsi unilateralmente alla cooperazione, questo è<br />

un potere negoziale fondamentale e forse la condizione stessa della negoziabilità.<br />

Gli attori con alternative unilaterali povere hanno debole potere negoziale<br />

e devono fare concessioni ed accettare compromessi. Il processo di<br />

costruzione dei confini funzionali definisce la disponibilità delle alternative<br />

unilaterali. In un contesto di crescente trascendenza dei confini, gli scambi<br />

politici si basano in misura sempre minore sulla chiusura e sul confinamento<br />

territoriale di alcuni attori o risorse rilevanti e sono quindi sempre meno il<br />

risultato dell’effettiva capacità di produrre conformità comportamentale da<br />

parte della gerarchia territoriale. In questo caso, tipi differenti di risorse interne<br />

(che includono voti, capacità organizzativa e di mobilitazione, investimenti<br />

e controllo dei capitali, autorità istituzionale, credenziali professionali,<br />

capacità di implementazione) perdono la loro convertibilità centralizzata;<br />

la probabilità che siano «scambiati» al centro del sistema territoriale sulla<br />

base del raggiungimento di ordini o compromessi negoziati risulta così ridimensionata.<br />

Alcuni attori/risorse sono in grado di sottrarsi ai costi connessi<br />

agli scambi politici a livello nazionale uscendo, trascendendo i confini e abbandonando<br />

i «giochi» domestici. Altri attori/risorse – più confinati territorialmente<br />

– vedono la loro possibilità di negoziazione ridotta e svalutata dall’effettiva<br />

capacità di trascendenza dei confini propria di altri attori/risorse.


180<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

4. L’integrazione europea e la strutturazione politica dello stato-nazione<br />

Nella figura 2 rappresento il processo di formazione e consolidamento dello<br />

stato-nazione attraverso tre triangoli fondamentali. Lo schema consente di identificare<br />

più chiaramente le potenziali implicazioni del processo d’europeizzazione<br />

sulla strutturazione politica dello stato-nazione. Lo schema non deve<br />

essere letto come una sequenza temporale. Differenti stati nazionali, infatti,<br />

hanno seguito traiettorie temporali diverse, aspetto che non è oggetto del presente<br />

contributo. In questa sede vale sottolineare che ci sono continue interazioni<br />

tra i tre processi di formazione del centro, costruzione del sistema e strutturazione<br />

politica e all’interno di ognuno di essi. Nella sfera di costruzione del<br />

sistema, la produzione e riproduzione dei simboli dell’identità nazionale, lo<br />

sviluppo di istituzioni di welfare e l’istituzionalizzazione di diritti alla partecipazione<br />

politica hanno rafforzato la formazione del centro dal punto di vista<br />

culturale quanto amministrativo. Tali fattori hanno altresì legittimato regole<br />

decisionali volte ad allargare o restringere la trascendenza dei confini per gli<br />

attori/risorse rilevanti. In modo analogo, la costruzione di estese aree di eguaglianza<br />

culturale, sociale e politica, ha rafforzato la fedeltà e solidarietà territoriale.<br />

Quest’ultima ha reso possibile la strutturazione politica democratica dello<br />

stato-nazione attraverso la differenziazione interna della popolazione lungo<br />

linee ideologiche, corporative e territoriali, senza che queste divisioni mettessero<br />

in pericolo la sopravvivenza dello stato-nazione stesso.<br />

Complesse interazioni sono evidenti anche all’interno dei processi di formazione<br />

del centro, di costruzione del sistema e di strutturazione politica. Nel processo<br />

di formazione del centro la gerarchia interna poteva ampliare il raggio e il campo<br />

d’azione della sua produzione monopolistica di conformità in ambiti crescenti<br />

attraverso continui sforzi volti al controllo dei confini esterni e alla progressiva<br />

identificazione dei gruppi di appartenenza con il gruppo territoriale. All’interno<br />

del processo di costruzione del sistema si sviluppa un circolo auto-rinforzante tra<br />

le identità nazionali che si vanno consolidando e i principi di partecipazione politica<br />

al processo decisionale, e tra questi due e le istituzioni di welfare deputate alla<br />

ridistribuzione sociale. Nella sfera della strutturazione politica interna, gli esiti concreti<br />

costituiscono equilibri diversi tra le strutture dei cleavages (allineamenti politici,<br />

movimenti sociali e sistema dei partiti), il sistema di intermediazione degli<br />

interessi e il sistema dei rapporti territoriali tra centro-periferia. All’interno di ogni<br />

stato, il processo dà luogo a diverse configurazioni della rappresentanza politica<br />

come combinazione di canali corporativi, territoriali e politico-elettorali 19 .<br />

19 La rappresentanza elettorale è spesso definita «territoriale» poiché è incontestabilmente<br />

basata sul territorio. Nella rappresentanza moderna, tuttavia, la competizione elettorale<br />

è volta a rappresentare la diversità politica interna di ogni singola unità territoriale.


Costruzione delle<br />

exits<br />

FORMAZIONE DEL CENTRO<br />

(Confini)<br />

Ordine gerarchico<br />

interno<br />

Solidarietà sociale<br />

Area di eguaglianza<br />

sociale<br />

Costruzione dei<br />

confini esterni<br />

Identità nazionale<br />

Area di eguaglianza<br />

culturale<br />

Tra formazione e trascendenza dei confini 181<br />

COSTRUZIONE DEL SISTEMA<br />

(Lealtà e solidarietà)<br />

Partecipazione politica<br />

Area di eguaglianza<br />

politica<br />

Sistema di intermediazione<br />

degli interessi<br />

Differenziazione degli<br />

interessi interni<br />

Sistema dei cleavages<br />

FIG. 2. I triangoli della strutturazione politica dello stato-nazione.<br />

STRUTTURAZIONE<br />

POLITICA INTERNA<br />

(Strutture politiche)<br />

Differenziazione dei sistemi<br />

ideologici interni<br />

Relazioni centro-periferia<br />

Differenziazione dei<br />

territori interni<br />

In generale, i legami localistici sui quali poggiavano le rappresentanze<br />

territoriali risultarono progressivamente disfunzionali rispetto all’effettiva strutturazione<br />

delle rivendicazioni. La rappresentanza territoriale era insufficiente<br />

a soddisfare la progressiva differenziazione degli interessi che la modernizzazione<br />

socio-economica determinava all’interno di ogni territorio. L’effettiva


182<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

strutturazione della partecipazione sul territorio nazionale richiedeva collegamenti<br />

tra i contesti locali basati su altri tipi di affinità rispetto a quelle di natura<br />

puramente territoriale. Tuttavia, all’interno dei sistemi più decentralizzati, le<br />

relazioni centro-periferia si erano istituzionalizzate in forme di federalismo<br />

che in qualche modo limitavano l’organizzazione centralizzata di strutture di<br />

intermediazione degli interessi e le strutture dei cleavages. In certi casi le strutture<br />

di intermediazione degli interessi acquisivano un ruolo e un’importanza<br />

maggiore rispetto a quelli nei quali le strutture dei cleavages e gli schieramenti<br />

ideologico-elettorali rappresentavano il modello di strutturazione prevalente.<br />

Il processo di democratizzazione del diciannovesimo secolo e lo sviluppo<br />

di opposizioni politiche interne hanno contribuito alla differenziazione<br />

interna di formazioni politiche consolidate dal punto di vista territoriale.<br />

In altre parole, un certo livello di consolidamento territoriale del centro e di<br />

costruzione del sistema risultano prerequisiti essenziali per la strutturazione<br />

interna di alternative politiche. L’istituzionalizzazione della partecipazione<br />

politica interna, a sua volta, si fonda su decrescenti opportunità di trascendenza<br />

dei confini determinata dal consolidamento dello stato-nazione moderno<br />

e burocratico. Quest’ultimo, infatti, rivendicava il controllo non solo<br />

sui confini coercitivi, ma anche su quelli economici, culturali e politico-amministrativi.<br />

La centralizzazione dei processi politico-amministrativi, economici<br />

e culturali significava che i conflitti potevano essere espressi e risolti<br />

solamente seguendo la medesima logica: attraverso la centralizzazione delle<br />

domande e delle divisioni politiche.<br />

Sia che consideriamo l’integrazione europea dal punto di vista storico,<br />

come fase evolutiva – come abbiamo fatto nella prima sezione – o dal punto<br />

di vista analitico, come un insieme di conseguenze logiche – discusse nella<br />

seconda sezione – è probabile che la tensione intrinseca tra transazioni socio-economiche<br />

aperte e de-confinate e principi e pratiche proprie della legittimazione<br />

culturale e politica nazionale, ancora confinate territorialmente,<br />

domini il futuro di tale processo.<br />

Il processo istituzionale di integrazione europea incide più chiaramente<br />

e direttamente sul primo triangolo, quello della formazione del centro. La<br />

creazione di un nuovo centro inter- e sovra-nazionale, con i suoi obiettivi<br />

«costituzionalizzati» 20 di abbattimento dei confini economici nazionali, toc-<br />

20 Non utilizzo il termine «costituzionalizzati» nel senso soffice per cui ormai ogni<br />

trattato è chiamato la «costituzione» dell’Europa. Mi riferisco invece a quelle decisioni<br />

della Corte di giustizia europea che hanno trasformato il trattato della Comunità europea<br />

da un insieme di norme orizzontali vincolanti gli stati contraenti in un regime giuridico<br />

integrato verticalmente che conferisce diritti ed obblighi a tutte le personalità giuridiche<br />

sul territorio della Comunità. Il passaggio dall’iniziale dimensione orizzontale a<br />

quella verticale indica la trasformazione di molti aspetti della Comunità europea (non


Tra formazione e trascendenza dei confini 183<br />

ca le autorità politiche nazionali nella direzione indicata dai quattro punti<br />

presentati nella seconda sezione di questo lavoro. In larga misura tale risultato<br />

era previsto e auspicato sin dall’inizio del processo; esso rappresentava<br />

il progetto centrale dell’integrazione.<br />

Tuttavia, allo stesso tempo, l’integrazione europea ha effetti sulla sfera<br />

della costruzione del sistema dello stato-nazione. Questo impatto è più evidente<br />

nella sfera dell’uguaglianza sociale e delle istituzioni preposte alla ridistribuzione<br />

sociale. Da una parte vi è l’assoggettamento di alcuni servizi pubblici<br />

e beni collettivi alla logica del mercato (regole della concorrenza, antitrust,<br />

controllo degli aiuti statali, ecc.) attraverso la loro ridefinizione come<br />

servizi, merci oppure come barriere alle fondamentali libertà di movimento<br />

difese dalla Commissione e dalla Corte 21 . Ma più in generale, le crescenti<br />

opportunità di trascendenza dei confini nella sfera delle transazioni e dei<br />

diritti economici riducono considerevolmente la possibilità per le autorità<br />

politiche nazionali di trasferire sui consumatori di un dato territorio il costo<br />

della regolazione politica del mercato entro quel dato territorio. Lo scarso<br />

controllo dei confini e delle risorse racchiuse nel territorio può avere come<br />

effetto l’abbassamento del livello di produzione politica di beni comuni nell’ambito<br />

della cittadinanza sociale.<br />

Per quanto concerne la sfera culturale, i fenomeni di deconfinamento<br />

sono meno evidenti. I legami culturali, come il sentimento di fedeltà che un<br />

individuo prova nei confronti del gruppo al quale appartiene, sono normalmente<br />

elementi che aumentano i costi delle opportunità di trascendenza. Si<br />

potrebbe addirittura configurare l’ipotesi che sia proprio l’enorme complessità<br />

della infrastruttura culturale europea ciò che ha finora limitato i fenomeni<br />

di trascendenza dei confini impliciti nelle attuali possibilità 22 . In effetti,<br />

alcuni studiosi lamentano addirittura che le identità nazionali si dimostrano<br />

troppo rigide e sostengono iniziative favorevoli agli sforzi di costruzione<br />

del sistema a livello europeo: la creazione, in pratica, di un certo livello<br />

o di una sfera di identità europea. Esiste, tuttavia, un altro aspetto da tenere<br />

in considerazione riguardo all’impatto del processo di integrazione nella sfera<br />

dell’identità culturale. Talvolta le solidarietà culturali sono più forti a un<br />

livello sub-nazionale che a quello nazionale, e possono esistere, o essere esistite,<br />

attraverso i confini nazionali. Nelle condizioni sopra menzionate di<br />

declino dei costi di trascendenza dei confini economici e amministrativi, tali<br />

dell’Unione) da un’organizzazione inter-governativa regolata dal diritto internazionale<br />

ad un sistema di aggiudicazione fondato sul principio della gerarchia delle fonti. Su<br />

questa trasformazione vedi Weiler (1991) e Slaughter et al. (1998).<br />

21 Per la migliore analisi dell’effetto sui welfare nazionali si veda Ferrera (2003).<br />

22 Questa ipotesi meriterebbe ben altro approfondimento di quello effettuabile in<br />

questa sede.


184<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

tradizioni di identificazione sub-nazionale o trans-nazionale possono rivitalizzarsi,<br />

rafforzarsi e ri-mobilitarsi.<br />

Infine, il processo di integrazione influisce indirettamente anche sulla<br />

sfera dell’uguaglianza politica e dei diritti di partecipazione politica consolidatisi<br />

a livello nazionale. La «democrazia nazionale» risulta in parte<br />

ridimensionata dal rafforzamento degli esecutivi rispetto agli organi rappresentativi<br />

nazionali 23 ; dalla debolissima responsabilità politica delle istituzioni<br />

europee; dalla considerevole riduzione di fatto della possibilità di<br />

formulare scelte politiche «nazionali» nell’ambito di numerosi e crescenti<br />

campi. Tuttavia i processi nazionali di legittimazione democratica sono<br />

condizionati dall’integrazione in un senso più importante e pervasivo. Il<br />

processo integrativo ridistribuisce le risorse e le possibilità di partecipazione<br />

e di influenza politica, producendo nuove forme di disuguaglianza politica<br />

attraverso il rafforzamento o l’indebolimento di differenti tipi di attori.<br />

Esso, infine, modifica i meccanismi e gli accessi nazionali alla rappresentanza<br />

politica.<br />

Quest’ultimo punto merita qualche approfondimento. In termini analitici<br />

l’impatto dell’integrazione sulla rappresentanza politica a livello nazionale<br />

può essere considerato da tre differenti prospettive. La prima riguarda<br />

l’equilibrio tra le tre forme principali di rappresentanza politica:<br />

territoriale, degli interessi ed elettorale; la seconda prospettiva fa riferimento<br />

alla struttura 24 di ogni sottosistema di rappresentanza; la terza, infine,<br />

concerne i problemi delle organizzazioni individuali prevalenti in ogni<br />

sottosistema.<br />

Data la potenziale incompatibilità delle forme di rappresentanza territoriale,<br />

di interessi ed elettorale in assenza di un fattore unificante di armonizzazione<br />

25 , è probabile che le modalità dell’integrazione europea producano<br />

cambiamenti degli equilibri nazionali che favoriscono uno di questi canali<br />

avendo, di conseguenza, effetti sugli altri. Le tesi secondo cui l’integrazione<br />

europea favorisce i gruppi di interesse a svantaggio dei partiti politici, o<br />

quelle che colgono la rilevanza crescente di una nuova politica territoriale<br />

all’interno dell’UE, evidenziano tali cambiamenti di equilibrio.<br />

23 Su questo punto si veda Chiti (1993), che conia il termine di «comunitarizzazione»<br />

degli esecutivi.<br />

24 Utilizzo il termine struttura non per identificare oggetti o istituzioni fisiche, ma<br />

la proprietà delle relazioni tra le parti in un sistema o sottosistema. Si veda Easton (1990,<br />

14).<br />

25 Con il termine incompatibilità intendo che nessun sistema politico può strutturarsi<br />

solo nei termini territoriali centro-periferia, o solamente in termini di rappresentanza<br />

corporativa degli interessi, o solo nei termini plebiscitari di maggioranze elettorali.<br />

Nella sua forma pura, nessuno di tali principi di rappresentanza è accettabile. Nei casi<br />

reali avviene una differente combinazione dei tre principi.


Tra formazione e trascendenza dei confini 185<br />

La struttura di ogni canale della rappresentanza – cioè il modello nazionale<br />

predominante di interazione sistemica tra l’insieme stabile di attori<br />

chiave – può essere influenzata dalla incompatibilità e contraddittorietà tra<br />

il singolo modello europeo di interazione e la varietà dei modelli nazionali.<br />

Le politiche territoriali europee e gli incentivi istituzionali alla rappresentanza<br />

dei territori sub-nazionali favoriscono le spinte al decentramento ed alla<br />

distintività territoriale e modificano in parte il modello prevalente delle relazioni<br />

centro-periferia negli stati nazionali, che varia dalla unitarietà accentrata<br />

alla forte istituzionalizzazione delle autonomie territoriali. Il tipo di<br />

intermediazione degli interessi a livello europeo è prevalentemente «pluralista»<br />

ed ha un impatto differenziato sui diversi modelli nazionali secondo le<br />

loro caratteristiche più o meno «neo-corporative», «statiste» o, appunto, «pluraliste».<br />

Infine, le divisioni programmatico-ideologiche e gli allineamenti<br />

politici trovano un ostacolo nelle dinamiche dell’Unione Europea, siano esse<br />

quelle intergovernative del Consiglio, quelle tecno-burocratiche e sovranazionali<br />

della Commissione (o della Corte di giustizia), o quelle di ricerca<br />

unitaria di aumento delle prerogative tipiche del Parlamento europeo. Tali<br />

dinamiche contribuiscono alla riduzione della competizione tra i partiti nazionali<br />

sul disegno costituzionale dell’Unione, sulle sue finalità e sulle politiche<br />

di sua diretta competenza, spingendo, piuttosto, verso forme di «democrazia<br />

collusiva» (<strong>Bartolini</strong> 1996). Le istituzioni e le pratiche dell’Unione<br />

Europea aprono o chiudono i canali a disposizione degli attori nazionali per<br />

influenzare le politiche, spostano l’equilibrio del potere politico interno e<br />

ridistribuiscono il controllo sulle iniziative legate alle varie politiche. Avanzo<br />

l’ipotesi generale che in tal modo il processo integrativo influenza le interazioni<br />

sistemiche tra l’insieme stabile di attori chiave nei tre canali della rappresentanza,<br />

rendendo le relazioni centro-periferia (e in generale i rapporti<br />

territoriali interni) più competitivi, rendendo le relazioni tra gruppi di interesse<br />

più pluralistiche e le relazioni tra organizzazioni politiche più collusive.<br />

La terza prospettiva chiama in causa i cambiamenti che riguardano gli<br />

attori individuali e le specifiche organizzazioni che operano in ogni sottosistema.<br />

Questo tipo di questioni attengono soprattutto al modo in cui diversi<br />

territori o tipi di governo locale sono influenzati dalle nuove strutture di<br />

opportunità; al modo come le singole organizzazioni politiche o di interesse<br />

affrontano le tensioni legate alla differenziazione degli interessi generate dall’integrazione;<br />

al modo ed al grado in cui tali organizzazioni riescono a mantenere<br />

la loro coesione ed unità interna.


186<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

TAB. 3. Integrazione europea e cambiamenti nella strutturazione politica nazionale.<br />

Canali di<br />

rappresentanza<br />

Cambiamenti<br />

nell’EQUILIBRIO<br />

tra canali<br />

territoriale Rinascita della<br />

politica territoriale<br />

corporativo Empowerment degli<br />

interessi<br />

elettorale Declino della<br />

politica di massa<br />

Cambiamenti<br />

nelle<br />

INTERAZIONI<br />

SISTEMICHE<br />

all’interno di<br />

ogni canale<br />

Cambiamento<br />

dei rapporti<br />

centro-periferia:<br />

Più<br />

«competizione»<br />

territoriale<br />

Cambiamento<br />

delle modalità di<br />

intermediazione<br />

degli interessi:<br />

Più<br />

«pluralismo»<br />

Cambiamento<br />

nella<br />

competizione<br />

inter-partitica:<br />

Più «collusione»<br />

Cambiamenti nelle<br />

ORGANIZZAZIONI<br />

di ogni canale<br />

Vincenti e perdenti<br />

territoriali<br />

Differenziazione degli<br />

interessi con effetti<br />

sulla coesione delle<br />

organizzazioni<br />

nazionali<br />

Divisioni partitiche,<br />

nuovi partiti, nuovi<br />

allineamenti elettorali<br />

La tabella 3 riassume quanto esposto nei paragrafi precedenti. Queste<br />

tre problematiche sono connesse ma devono essere analizzate separatamente.<br />

L’equilibrio tra i tre canali della rappresentanza politica potrebbe cambiare<br />

dando un maggior rilievo a un canale a svantaggio degli altri, ma ciò<br />

potrebbe lasciare inalterato il modello tradizionale di interazione interna a<br />

quel canale. Allo stesso modo, è possibile che l’integrazione territoriale influisca<br />

maggiormente sul tipo di mediazione degli interessi (indebolendo,<br />

per esempio, un modello corporativo a vantaggio di uno più pluralistico)<br />

senza, tuttavia, cambiare in maniera significativa gli attori chiave e le organizzazioni<br />

principali. La reazione dei partiti alle sfide emergenti a livello europeo<br />

potrebbe condurre al declino della rilevanza della partisanship come<br />

tale, a cambiamenti nel modello competitivo predominante e anche a cambiamenti<br />

nelle singole organizzazioni (scissioni, nuovi movimenti politici,<br />

ecc.).<br />

Riassumendo, il nucleo dell’argomento fino a qui sviluppato è che nel<br />

passato la formazione delle strutture politiche e la costruzione dei confini in<br />

campo economico, culturale e amministrativo sono state l’una funzionale<br />

all’altra; hanno rappresentato due facce di uno stesso fenomeno. Dovremmo<br />

aspettarci, quindi, che la ridefinizione dei confini funzionali abbia una forte<br />

influenza sulle forme interne della strutturazione politica. Nuovi confini, nuovi<br />

tipi di confine e la competizione tra diversi confini, infatti, modificano il


Tra formazione e trascendenza dei confini 187<br />

grado di chiusura e confinamento di gruppi e territori e quindi ridisegnano<br />

le possibilità di sottrarsi agli obblighi imposti territorialmente. Allo stesso<br />

modo essi influenzano le condizioni e le modalità della partecipazione, dell’influenza<br />

e dell’uguaglianza politica.<br />

5. L’integrazione come «progetto politico»<br />

Il tema introdotto in questo breve saggio è che il processo di integrazione ha<br />

un effetto potenziale di destrutturazione politica dello stato-nazione. Nel<br />

caso questa analisi sia corretta, la situazione che ne deriva può essere considerata<br />

più o meno problematica secondo la prospettiva da cui si guarda all’integrazione<br />

europea e, in ultima istanza, secondo il progetto politico che si<br />

persegue attraverso di essa.<br />

La sociologia politica classica e la teoria della modernizzazione postulano<br />

che una società «moderna» è costituita in virtù del fatto che una collettività<br />

di individui a) condivide la medesima percezione del proprio destino<br />

(identità socialmente prodotte); b) interagisce al suo interno (pratiche e attività<br />

che le persone perseguono attraverso incontri, formazione di gruppi,<br />

scambio di beni, informazioni e significati); c) ha modo di decidere come<br />

regolare la propria vita in comune. Le pratiche socio-economiche possono<br />

essere strettamente legate alle identità sociali, ma molte di esse non lo sono.<br />

Le pratiche socio-economiche senza legami con le identità sono precisamente<br />

quel tipo di pratiche in enorme espansione sotto la spinta del processo di<br />

integrazione a livello europeo 26 .<br />

Nella prospettiva liberale lo stato-nazione sembrava aver individuato<br />

una felice soluzione al problema della coesione o coincidenza tra tali livelli.<br />

Se, infatti, le persone condividono un senso di appartenenza ad una data<br />

collettività e la maggior parte delle pratiche sociali sono territorialmente delimitate,<br />

il governo può dotarsi di norme legittime volte a prendere decisioni<br />

collettive, incluse quelle cruciali che implicano scelte ridistributive, per non<br />

dire del sacrificio personale nella guerra. Tuttavia, ogni qualvolta cambiamenti<br />

repentini hanno prodotto una rapida estensione delle pratiche socioeconomiche<br />

al di là di comunità e identità radicate localmente (si vedano i<br />

processi di industrializzazione, urbanizzazione, dislocazione sociale, ridefinizione<br />

dei confini politico-militari, ecc. durante la seconda metà del diciannovesimo<br />

secolo e l’inizio del ventesimo) lo sradicamento delle identità tradizionali<br />

è proceduto di pari passo con la crisi dell’insieme di norme e istituzioni<br />

collettive.<br />

26 Per quest’ultima formulazione vedi Wagner (1996).


188<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

Che la formula sopra citata dello stato-nazione fosse il modello dominante<br />

è testimoniato dal fatto che le soluzioni proposte alle crisi legate alla<br />

Prima ed alla Seconda guerra mondiale si situavano ancora in questa linea di<br />

pensiero. La varietà delle popolazioni presenti nei vari territori fu ridotta e<br />

delimitata al fine di accrescere l’omogeneità nazionale. All’interno dello statonazione,<br />

l’espansione del diritto di voto, l’istituzionalizzazione dei diritti sociali<br />

e l’incanalamento attraverso i partiti di massa e le burocrazie del welfare<br />

rafforzarono il significato politico-culturale dei confini. Tutti i tipi di pratiche<br />

sociali, incluse quelle economiche, furono ri-nazionalizzate rispetto alla apertura<br />

della seconda metà del diciannovesimo secolo e del gold standard.<br />

A partire dalla fine degli anni ’70 il processo di integrazione europea<br />

produce una notevole espansione delle pratiche e delle interazioni socioeconomiche<br />

che intaccano la coerenza tra identità, pratiche e istituzioni – se<br />

vogliamo ricorrere a questo linguaggio – o conducono a un rapido smantellamento<br />

della coincidenza tra diversi tipi di confini funzionali dello statonazione<br />

– seguendo la terminologia utilizzata in precedenza 27 . Esiste sempre<br />

meno sovrapposizione tra i confini economici, politici e culturali. Si avverte<br />

una dissonanza crescente tra la sfera delle identità sociali e le sfere legate alle<br />

più ampie pratiche sociali. La formazione delle identità sociali è più libera,<br />

rispetto al passato, dalla forte determinazione delle politiche culturali e sociali<br />

centrate sull’identità nazionale e volte a controllare lo scambio di persone,<br />

messaggi e beni attraverso i confini. Gli interessi e le pratiche sociali alle<br />

quali la politica fa riferimento non sono più facilmente confinabili in una<br />

spazio delimitato ed è quindi più difficile identificare i gruppi di appartenenza<br />

cui devono riferirsi le decisioni politiche. Appare più difficile costruire comunità<br />

con un grado significativo di valori condivisi e, di conseguenza, con una<br />

base per la decisione comune.<br />

Tale situazione è interpretata in modi diversi, che sono riconducibili a<br />

differenti prospettive epistemologiche nonché a diverse tradizioni culturali,<br />

ma che sono anche progetti politici diversi. La linea interpretativa che si<br />

pone in continuità con il progetto della sociologia politica classica percepisce<br />

l’esistenza di una certa sovrapposizione tra identità culturali, confini politici<br />

e pratiche sociali come una precondizione per la definizione di un ordine<br />

politico «razionale». Gli elementi ormai disgiunti delle identità, degli interessi<br />

e delle istituzioni necessitano in qualche modo una riconciliazione<br />

entro un nuovo ordine coerente. Nel caso tale riconciliazione non avvenga<br />

ad un altro livello rispetto a quello dello stato-nazione, potrebbero di nuovo<br />

27 Vale qui ricordare quanto detto in precedenza sul rapporto globalizzazione/<br />

integrazione europea. Trascuro qui ogni riferimento alla globalizzazione, entro la quale,<br />

peraltro, l’attuale forma di integrazione europea sembra collocarsi senza particolari tensioni.


Tra formazione e trascendenza dei confini 189<br />

emergere tensioni e conflitti in grado di mettere in pericolo gli specifici elementi<br />

della civilizzazione europea. In questa prospettiva il processo di integrazione<br />

rappresenta tanto una fonte di problemi quanto una possibile, forse<br />

l’unica possibile, soluzione ad essi. In questa linea interpretativa l’Unione<br />

Europea è concepita come un progetto volto a ricostituire un certo grado di<br />

coesione tra pratiche sociali estese, identità culturali, legami di solidarietà e<br />

norme di deliberazione a livello europeo. Il progetto politico di ricostruzione<br />

della modernità a un livello superiore rispetto allo stato-nazione richiede<br />

un’iniziativa per tracciare e innalzare i confini esterni dell’Europa finora piuttosto<br />

deboli. Esso richiede anche un certo livello di chiusura nel territorio di<br />

quegli attori/risorse potenzialmente troppo mobili. Soprattutto, tale progetto<br />

richiede una costruzione del sistema, che comprenda la creazione di almeno<br />

un sostrato di identità culturale capace di sostenere la creazione di istituzioni<br />

ridistributive di base e di legittimare le norme decisionali. Solo a partire<br />

da queste condizioni è possibile ricostituire scambi politici centralizzati,<br />

basandoli sulla logica auto-rafforzantesi dei costi materiali e culturali della<br />

trascendenza dei confini e sulla crescente produzione politica di beni pubblici<br />

al nuovo livello.<br />

Diversa è la prospettiva di chi vede l’estensione europea (e anche globale)<br />

delle pratiche socio-economiche in maniera meno problematica. Se l’individuo,<br />

senza assumere specifici legami identitari, è assunto come l’unico<br />

punto di riferimento, le identità culturali e le loro trasformazioni appaiono<br />

poco rilevanti. Le comunità possono fare riferimento a fondamenti morali e<br />

sociali altamente contingenti. Di conseguenza, ogni sovrapposizione dei confini<br />

funzionali della nuova formazione politica ed ogni coesione tra identità,<br />

pratiche socio-economiche e regole decisionali risulta non tanto difficile,<br />

quanto piuttosto inutile. L’espansione delle pratiche socio-economiche al di<br />

là dei contesti locali e delle nazioni ha, infatti, una sorta di capacità autoregolatrice<br />

e il corrispondente rafforzamento dei diritti economici libera gli<br />

individui. Le decisioni collettive non hanno più bisogno di basarsi su appartenenze<br />

di gruppo ben definite e su pratiche di partecipazione e rappresentanza.<br />

Una varietà di differenti forme di accesso e un insieme arricchito di<br />

attori (tra i quali esperti, burocrati e lobbysts sono particolarmente importanti)<br />

possono legittimare un processo decisionale frammentato, che è a più<br />

livelli e altresì dislocato in arene differenti. L’integrazione europea è vista e<br />

valutata prevalentemente come una soluzione ai crescenti problemi di coordinamento<br />

strumentale della estensione delle pratiche socio-economiche e<br />

della frammentazione degli interessi e delle identità. L’UE è interpretata come<br />

una nuova arena istituzionale dedicata ai «giochi» di coordinamento. Non è<br />

necessario che emergano agenzie e strutture politiche (in effetti, non c’è nessuna<br />

percezione del bisogno di ricostruire una qualche entità politica). Non<br />

solo lo scollamento tra identità, pratiche e istituzioni è visto come non pro-


190<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

blematico, ma può persino essere auspicato e premiato. La frammentazione<br />

delle aree di uguaglianza culturale, sociale e anche politica non generano<br />

probabili pericolose tensioni, anche nella prospettiva di crisi economiche e<br />

di sicurezza all’interno dell’area. Tale approccio implica che una formazione<br />

politica dotata di un ordine razionale e stabile possa essere costruita anche<br />

se le identità, le pratiche e le istituzioni non sono composte in un insieme<br />

coerente, e anche se il triangolo che lega identità, solidarietà sociale e decisione<br />

politica legittima è definitivamente spezzato. Gli aspetti problematici<br />

dell’ordine sociale non sono legati a determinanti oggettive, a contraddizioni,<br />

tensioni, conflitti, ecc., ma, piuttosto, al modo in cui questi sono costruiti<br />

idealmente. Per questo motivo rimane aperta la possibilità che un differente<br />

principio e discorso legittimante possa essere introdotto con successo.<br />

Nelle due prospettive brevemente richiamate riecheggia la tensione<br />

tipica delle élite politiche di ogni sistema territoriale tra capacità di soluzione<br />

di problemi obiettivi e ricerca e mobilitazione del sostegno politico.<br />

Le classi dirigenti devono affrontare problemi obiettivi – come quelli attinenti<br />

alle condizioni economiche, alle relazioni internazionali, ecc. – e insieme<br />

debbono garantirsi la mobilitazione del sostegno politico. La connessione<br />

tra questi due aspetti era tenue negli stati europei pre-liberali e<br />

pre-democratici. Essa è divenuta invece molto stretta nello stato-nazione<br />

democratico. Tale connessione è di nuovo divenuta tenue nel processo di<br />

integrazione, nel quale la ricerca di soluzioni ai complessi problemi di coordinamento<br />

è separata dalla necessità di mobilitare sostegno politico.<br />

Questa rinnovata indipendenza tra problem-solving e legittimità politica è<br />

raggiunta delegando il ruolo di soluzione dei problemi all’UE. Grazie alla<br />

separazione del criterio della razionalità economica (riservato all’UE) dagli<br />

altri obiettivi sociali, culturali e politici (che si riservano allo stato-nazione)<br />

sia l’Unione che lo stato-nazione hanno goduto di una posizione<br />

privilegiata poiché per entrambi era possibile lasciare al di fuori del loro<br />

ambito di competenza o l’uno o l’altro. Questa situazione si è venuta modificando<br />

col tempo. Le élite politiche euro-nazionali sembrano percepire<br />

una tensione rinnovata tra la loro capacità di affrontare i problemi – per la<br />

quale hanno condiviso sforzi e sovranità al livello sovra-nazionale – e l’alimentazione<br />

delle fonti del loro dominio, per le quali rimangono ancorate<br />

ai processi nazionali di legittimazione.<br />

Le élite politiche euro-nazionali appaiono attualmente vittime dei vincoli<br />

che esse stesse hanno deciso di autoimporsi, di imporre ai loro paesi ed<br />

ai loro cittadini. Questi vincoli sono stati introdotti progressivamente per<br />

imporre una disciplina esogena alle rispettive comunità nazionali in una fase<br />

in cui l’acuita responsabilità e competizione politica rende difficile la produzione<br />

endogena di tale disciplina. Anche se giustificati dalla pressione di<br />

problemi oggettivi, il processo integrativo e la sua accelerazione possono


Tra formazione e trascendenza dei confini 191<br />

anche essere interpretati come un modo delle classi dirigenti europee per<br />

sfuggire efficacemente ai vincoli della responsabilità politica nazionale.<br />

Quindi, le tensioni che oppongono i rappresentanti degli stati membri<br />

nel Consiglio agli orientamenti più sovranazionale della Commissione (e della<br />

Corte) non devono essere visti semplicemente nell’ottica della contrapposizione<br />

tra interessi statali egoistici e ideali sovranazionali. Allo stesso modo, i<br />

due progetti dell’Europa come «ricostituzione della modernità politica» e<br />

come «sforzo tecnico di coordinamento» non sono così alternativi ed esclusivi<br />

come pare. Entrambe riflettono la fondamentale ambivalenza delle élite<br />

politiche euro-nazionali. Tali élite (istituzionalmente collocate nel Consiglio)<br />

sono sensibili alle pressioni elettorali e politiche, influenzate a loro volta da<br />

movimenti socio-politici e da interessi diffusi. Le tecno-burocrazie delle istituzioni<br />

comunitarie sono protette da queste influenze e sono in genere più<br />

sensibili ai gruppi elettoralmente deboli ma che controllano risorse fondamentali.<br />

Ma le élite che sono elettoralmente responsabili sono le stesse che si<br />

impegnano attivamente nel trasferire le capacità di problem-solving nelle aree<br />

di non-responsabilità tecno-burocratica.<br />

La distinzione tra inter-governativo e sovranazionale non appare dunque<br />

particolarmente significativa. La complementarietà di queste teorie è<br />

intessuta nella posizione contraddittoria della classe politica europea, impegnata<br />

in un tentativo di aumentare la funzionalità della capsula economica e<br />

di sicurezza mentre rimane politicamente responsabile verso, e trae la sua<br />

legittimità da, la capsula dello stato-nazione. Una sintetica ed eccellente definizione<br />

dell’Unione Europea la caratterizza come «un’amministrazione illuminata,<br />

al servizio di un pubblico disinformato, in cooperazione con gli<br />

interessi coinvolti e soggetta all’approvazione dei governi nazionali» (Wallace<br />

e Smith 1995, 143). Tale configurazione non è problematica se si ritiene<br />

che i triangoli di costruzione del sistema e di strutturazione politica dello<br />

stato-nazione rimangano inalterati durante il processo di integrazione economica.<br />

Si è sostenuto infatti che le funzioni dell’UE sono (o dovrebbero<br />

essere) limitate alla regolazione dell’attività economica e a quelle «esternalità<br />

negative» che ne derivano. Tutto il resto è (o dovrebbe essere) intergovernativo<br />

o nazionale. Secondo questo punto di vista, lo stato-nazione abbandona<br />

la sovranità sui diritti economici dei cittadini ed il controllo keynesiano<br />

dell’economia nazionale ma resiste con successo ogni tentativo di intrusione<br />

nel suo ruolo fondamentale quale locus dei diritti effettivi di partecipazione<br />

politica, di diritti sociali e di identità culturali.<br />

In principio non si può escludere che la stabilità politica possa essere<br />

mantenuta anche in condizioni di elevata interdipendenza economica internazionale<br />

se i cittadini possono essere persuasi che gli esiti sociali ed economici<br />

sono di fatto il risultato di forze fuori dal raggio di influenza dello statonazione<br />

e, quindi, dei diritti politici che essi esercitano al suo interno. È


192<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

invece impossibile sostenere la tesi della «divisione del lavoro» tra l’Unione<br />

e lo stato-nazione, per cui la prima dovrebbe essere responsabile esclusivamente<br />

della regolazione del mercato (in modo indipendente da pressioni<br />

politiche) mentre lo stato-nazione (da solo e con accordi intergovernativi)<br />

rimane responsabile dell’introduzione delle misure necessarie di compensazione<br />

28 . In questo lavoro ho sostenuto che questo trinceramento dello statonazione<br />

nei suoi confini politici, sociali e culturali è difficilmente compatibile<br />

con l’abbandono del controllo sui suoi confini economici e amministrativo-giuridici.<br />

La tesi della divisione del lavoro nasconde il fatto che la funzione<br />

compensatoria dello stato-nazione è resa difficile dalla stessa natura regolativa<br />

dell’Unione. I meccanismi istituzionali dell’UE ed il suo nucleo costituzionalizzato<br />

di difesa del mercato rendono difficile questa azione «compensatoria»<br />

di un singolo stato in assenza di azioni simili da parte degli altri.<br />

L’UE è stata in grado di scaricare sugli stati membri le conseguenze delle sue<br />

politiche di integrazione economica finché questi ultimi avevano una sufficiente<br />

flessibilità nazionale di adattamento giuridico ed economico. I progressi<br />

dell’integrazione economica e giuridica, che ha raggiunto l’integrazione<br />

monetaria e l’amministrazione giuridica centralizzata delle infrazioni alle<br />

libertà di mercato ed alla competizione, hanno ampiamente ridotto l’elasticità<br />

di adattamento disponibile per gli stati membri.<br />

Menzionare la mancanza di poteri dell’Unione nel campo, per esempio,<br />

della tassazione e del welfare significa sottovalutare che le decisioni in<br />

altri campi hanno un impatto profondo sul welfare e la tassazione nazionale.<br />

Le decisioni della Corte di giustizia europea che riguardano l’assistenza sanitaria<br />

e le pensioni sono decisioni sovranazionali. Le decisioni del Consiglio<br />

di non trattare assistenza sanitaria e pensioni a livello europeo sono decisioni<br />

intergovernative. Pertanto, la loro combinazione può contribuire allo stesso<br />

modo alla destrutturazione dei sistemi nazionali pensionistici e di assistenza<br />

medica. L’argomento che l’UE non ha poteri in certi settori dove solo il Consiglio<br />

può decidere soddisfa i sostenitori delle tesi intergovernative. L’espansione<br />

delle competenze della Commissione, i poteri crescenti del Parlamento<br />

ed il ruolo della Corte sostengono le tesi di uno sviluppo sovranazionale.<br />

Tuttavia, sia che le classi politiche europee decidano di riservare le decisioni<br />

ai loro negoziati diretti, sia che decidano di delegare competenze sovranazionali,<br />

le cosiddette «esternalità negative» hanno conseguenze enormi sulle<br />

strutture politiche domestiche, ed è in queste conseguenze che si rintraccia<br />

l’impatto più profondo dell’integrazione.<br />

28 Per la tesi della «divisione del lavoro» vedi, tra gli altri, Streit (1995) e Majone<br />

(1999).


6. Conclusione<br />

Tra formazione e trascendenza dei confini 193<br />

L’obiettivo di questo articolo è evidenziare la tensione latente che si determina<br />

tra gli elementi specifici dello stato-nazione europeo ed il tentativo di<br />

superare le sue debolezze economiche e di capsula di sicurezza. La peculiare<br />

esperienza europea di formazione dello stato-nazione è stata interpretata come<br />

un processo storico nel quale lo sviluppo di vaste identità ultra-locali (in<br />

primo luogo, quella nazionale) ha interagito con la creazione di altre aree di<br />

eguaglianza politica e sociale, nelle quali il confronto tra gli interessi era disciplinato<br />

dallo sviluppo di principi sociali di condivisione e di capacità decisionali<br />

collettive. In questa configurazione ideal-tipica, il profilo strutturale<br />

dello stato-nazione è dato dalla stretta relazione tra identità, interessi e istituzioni<br />

di decisione politica e solidarietà sociale. Rispetto a questo profilo<br />

strutturale si è sostenuto che i processi dinamici connessi all’europeizzazione<br />

1) mettono in discussione i confini funzionali dello stato attraverso il processo<br />

della loro trascendenza; 2) sfidano la coincidenza di tali confini causa la<br />

differente capacità di trascendenza in ambiti diversi (l’ambito economico, in<br />

particolare, rappresenta quello dominante e trainante); 3) riducono la capacità<br />

di confinare nel territorio attori/risorse rilevanti dotati di nuove opportunità<br />

distribuite in maniera diseguale; 4) sfidano le istituzioni domestiche<br />

di solidarietà sociale e quelle preposte alla rappresentanza e al momento<br />

decisionale. In breve, il processo di integrazione, mentre si configura come<br />

un tentativo di superamento dell’inadeguatezza dello stato come capsula di<br />

sopravvivenza economica e militare, rappresenta anche una sfida all’essenza<br />

della modernità politica: all’idea che un certo grado di coesione tra identità,<br />

pratiche socio-economiche e norme/istituzioni di un territorio sia necessario.<br />

La presente situazione è quindi caratterizzata da un livello debolissimo<br />

di strutturazione politica dell’Unione e, allo stesso tempo, da fenomeni di<br />

potenziale de-strutturazione politica dello stato-nazione. Questo disequilibrio<br />

aiuta a spiegare perché le élite politiche euro-nazionali e quelle tecnoburocratiche<br />

della UE siano impegnate nella ricerca di nuovi principi, standard<br />

e discorsi di legittimazione e favoriscano l’istituzionalizzazione dall’alto<br />

di canali e forme per ora alquanto artificiali di rappresentanza elettorale<br />

(il parlamento ed i partiti europei), territoriale (le regioni ed i governi locali),<br />

e degli interessi (la «comitologia», i networks, le comunità epistemiche). Se<br />

non si comprende appieno l’ambivalente situazione in cui le élite politiche<br />

euro-nazionali si trovano allo stato attuale del processo integrativo, la situazione<br />

appare per molti aspetti paradossale: ci sono pochi esempi storici di<br />

politici, burocrati e intellettuali che così freneticamente ricercano, argomentano<br />

e discutono di una «democrazia» e «legittimità» che nessun cittadino<br />

domanda e di cui ben pochi si curano.


194<br />

<strong>Stefano</strong> <strong>Bartolini</strong><br />

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