Carisma francescano e nuova evangelizzazione nel terzo millennio
Carisma francescano e nuova evangelizzazione nel terzo millennio Carisma francescano e nuova evangelizzazione nel terzo millennio
8. FRANCESCO E IL SUO CORPO: "ASINO" O "FRATELLO"? Abbiamo visto che la vita di S. Francesco offre gli esempi più elevati di amore evangelico a tutte le creature e persone. Fa, però, eccezione il suo comportamento verso una creatura particolarissima: il suo stesso corpo. Nei suoi confronti, non visse per nulla l'atteggiamento positivo, gioioso, di stima e fiducia testimoniati a tutte le altre creature. Per capire le ragioni e le radici di questa contraddizione approfondiremo le concezioni bibliche, ascetiche e religiose e i condizionamenti culturali del suo tempo. Vedremo, soprattutto, per quale via il Signore lo condusse a emendarsi. 1. La corporeità: componenti della visione di Francesco Riguardo agli aspetti culturali del problema, l'attuale comprensione del corpo e corporeità differisce molto da quella medievale. Ricerche, riflessioni e discussioni hanno fatto emergere nuove conoscenze e consapevolezze essenziali. Ne sottolineiamo tre: il corpo è l'elemento più immediato e diretto della nostra esperienza; l'atteggiamento verso il proprio corpo determina i rapporti con se stessi, il prossimo, il mondo e la realtà; la valutazione della corporeità influisce sul modo di concepire i fondamentali valori umani e divini. Esse furono decisive per recuperare il senso della dignità e importanza fondamentale del nostro corpo. Tuttavia il problema non è così semplice perché, pur senza di esse, Francesco sviluppò rapporti assai positivi verso tutte le realtà corporee, esclusa quella del suo corpo. Al contrario, la cultura attuale, conoscendole teoricamente, sviluppa gli atteggiamenti più contrari ad esse. Di qui i molti comportamenti attuali, ingiusti, irrazionali, violenti e negativi verso il corpo e la corporeità. 1.1. La componente biblica Quanto alla concezione biblica, vi notiamo concetti diversi, a volte precisi e a volte più sfumati. Anche qui, tuttavia, dobbiamo distinguere fra espressioni culturali e parola di Dio. Sintetizzando al massimo, possiamo dire che l'Antico Testamento vedeva nella corporeità l'elemento in cui l'uomo si identifica e si esprime, per cui tutto quello che accade in lui doveva trovare adeguata espressione nel suo corpo. Il Nuovo Testamento, invece, distingue corpo e carne. Carne non indica la dimensione o la componente materiale della persona (corpo e corporeità), ma il modo di vivere che contrasta con il progetto o piano di Dio, ossia si oppone alla sua volontà di amore e di salvezza. Il suo principio fondamentale, tuttavia, è che la carne del peccato, in Cristo, è ritornata corpo, cioè possibilità di essere totalmente di Dio e per Dio. Riconosciute queste premesse, ogni atteggiamento negativo verso il corpo è in contrasto con la dottrina di Cristo. Pertanto, l'atteggiamento neotestamentario, positivo riguardo alle creature in genere, si ritrova pure in S. Francesco, come dimostrano i suoi diversi scritti e, in particolare, le Ammonizioni, Lodi e Regole. 1 1.2. La componente antropologica Sotto questo aspetto, quindi, la sua visione delle creature corporee è conforme alla dottrina biblica. Inoltre, Francesco rifiutò sempre ogni forma di "catarismo" (disprezzo delle creature), allora assai diffuso. Asceticamente fu molto moderato, proibendo ai frati le tradizionali pratiche corporali afflittive come flagelli, cilizi, catene, strumenti e posizioni del corpo particolarmente dolorose. Esse erano allora assai diffuse, come riferisce anche il Celano:
"Per non lasciarsi sorprendere dal sonno durante la loro lunga preghiera, adoperavano diversi espedienti: alcuni si aggrappavano a delle funi, altri si servivano di cilizi di ferro o di legno. Se talvolta pareva loro di essere stati meno sobri del solito, per aver preso cibo e bevanda a sufficienza, oppure aver oltrepassato sia pur per poco la misura della stretta necessità per la stanchezza del viaggio, si punivano aspramente con un'astinenza di parecchi giorni. Si studiavano infine di domare gli istinti della carne con tal rigore, da non esitare spesso a tuffarsi nel ghiaccio e a martoriare il corpo tra i rovi acuminati, rigandolo di sangue". 2 Francesco rifiutò molti aspetti culturali del suo tempo, improntati a diffidenza o disprezzo del corpo. Tuttavia, il suo problema è un altro. A questi atteggiamenti corretti ne contrappose uno, totalmente diverso, ogni volta che si trattava del suo corpo che, quasi fino alla fine, considerò come un nemico da "mortificare", sottomettere e ridurre in obbedienza, con le pratiche afflittive più eccessive e crudeli. Le stesse immagini e il linguaggio che usava presentavano il suo corpo come un animale irragionevole e recalcitrante, da domare con durezza, finché smettesse di ribellarsi e ostacolare l'anima impegnata nell'ascesi. Il problema specifico da approfondire, quindi, è l'atteggiamento di Francesco verso il proprio corpo. 2. Avere in odio il "proprio" corpo E' indubbio che egli, fino a pochissimo prima della morte, conservò un atteggiamento estremamente duro e spietato verso il suo corpo. La frase che lo esprime meglio è "avere in odio il proprio corpo con i suoi vizi". Che non fosse un puro genere letterario, eufemismo o metafora, lo dimostrò con un incredibile impegno nell'applicare tale formula: si rotolò tra le spine, si stese nudo nella neve, s'immerse a lungo in pozze di ghiaccio e acqua nelle più fredde notti invernali, di notte si abbracciò a lungo a pupazzi di neve fatti da lui, si frustò con corde fino a lacerarsi tutte le carni e coprirsi di lividi; non mangiava cibi cotti o li intrideva di cenere e acqua, si sottopose al martirio della sete, dormiva su terreni nudi, duri, umidi e freddi, usava pietre o tronchi per guanciale, indossava le vesti più rozze e pungenti. 3 Come si vede, la lista è interminabile. Chiamava abitualmente il suo corpo "frate asino", senza degnarlo di nessuna delle attenzioni e delicatezze che dedicava a tutte le creature. Infierì su di esso con quei digiuni e discipline, che proibiva severamente agli altri. Anche le motivazioni di questo comportamento, riportate dai suoi biografi, sono ingiuste e negative. Usava vesti ruvide perché "i nemici maligni vengono messi in fuga dalle vesti dure e ruvide, mentre da quelle delicate e molli vengono animati a tentare con maggior baldanza". Si immergeva nei fossi di acqua e ghiaccio "per rendere perfettamente soggetto il nemico di casa". 4 Si definiva "piccolo e sudicio vaso di creta". 5 Al consiglio dei medici, di non esagerare nel piangere i propri peccati, essendo seriamente minacciato dalla cecità, non volle "accondiscendere in alcun modo, affermando che preferiva perdere la luce della vista corporale che frenare le lacrime". 6 Questi diversi e numerosi episodi costellano tutta la sua vita, dalla conversione agli ultimi giorni di vita. Solo allora pervenne, con grave sforzo e con l'aiuto di un sapiente teologo, a superare questo atteggiamento. Il Celano riferisce, al riguardo, che Francesco, già nel soggiorno all'eremo di Sarteano, in piena notte, aveva affrontato una tentazione, denudando "frate asino" e flagellandolo "con estrema durezza con un pezzo di corda". 7 La flagellazione, come è noto e ovvio, anziché allontanare la tentazione, la rendeva ancora più forte. "Poiché vedeva che con i 59
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di cilizi di ferro o di legno. Se talvolta pareva loro di essere stati meno sobri del solito,<br />
per aver preso cibo e bevanda a sufficienza, oppure aver oltrepassato sia pur per poco<br />
la misura della stretta necessità per la stanchezza del viaggio, si punivano aspramente<br />
con un'astinenza di parecchi giorni. Si studiavano infine di domare gli istinti della<br />
carne con tal rigore, da non esitare spesso a tuffarsi <strong>nel</strong> ghiaccio e a martoriare il corpo<br />
tra i rovi acuminati, rigandolo di sangue". 2<br />
Francesco rifiutò molti aspetti culturali del suo tempo, improntati a diffidenza o<br />
disprezzo del corpo. Tuttavia, il suo problema è un altro. A questi atteggiamenti corretti ne<br />
contrappose uno, totalmente diverso, ogni volta che si trattava del suo corpo che, quasi<br />
fino alla fine, considerò come un nemico da "mortificare", sottomettere e ridurre in<br />
obbedienza, con le pratiche afflittive più eccessive e crudeli.<br />
Le stesse immagini e il linguaggio che usava presentavano il suo corpo come un<br />
animale irragionevole e recalcitrante, da domare con durezza, finché smettesse di ribellarsi<br />
e ostacolare l'anima impegnata <strong>nel</strong>l'ascesi. Il problema specifico da approfondire, quindi, è<br />
l'atteggiamento di Francesco verso il proprio corpo.<br />
2. Avere in odio il "proprio" corpo<br />
E' indubbio che egli, fino a pochissimo prima della morte, conservò un atteggiamento<br />
estremamente duro e spietato verso il suo corpo. La frase che lo esprime meglio è "avere in<br />
odio il proprio corpo con i suoi vizi". Che non fosse un puro genere letterario, eufemismo o<br />
metafora, lo dimostrò con un incredibile impegno <strong>nel</strong>l'applicare tale formula: si rotolò tra le<br />
spine, si stese nudo <strong>nel</strong>la neve, s'immerse a lungo in pozze di ghiaccio e acqua <strong>nel</strong>le più<br />
fredde notti invernali, di notte si abbracciò a lungo a pupazzi di neve fatti da lui, si frustò<br />
con corde fino a lacerarsi tutte le carni e coprirsi di lividi; non mangiava cibi cotti o li<br />
intrideva di cenere e acqua, si sottopose al martirio della sete, dormiva su terreni nudi, duri,<br />
umidi e freddi, usava pietre o tronchi per guanciale, indossava le vesti più rozze e<br />
pungenti. 3 Come si vede, la lista è interminabile.<br />
Chiamava abitualmente il suo corpo "frate asino", senza degnarlo di nessuna delle<br />
attenzioni e delicatezze che dedicava a tutte le creature. Infierì su di esso con quei digiuni e<br />
discipline, che proibiva severamente agli altri. Anche le motivazioni di questo<br />
comportamento, riportate dai suoi biografi, sono ingiuste e negative. Usava vesti ruvide<br />
perché "i nemici maligni vengono messi in fuga dalle vesti dure e ruvide, mentre da quelle<br />
delicate e molli vengono animati a tentare con maggior baldanza". Si immergeva nei fossi<br />
di acqua e ghiaccio "per rendere perfettamente soggetto il nemico di casa". 4 Si definiva<br />
"piccolo e sudicio vaso di creta". 5<br />
Al consiglio dei medici, di non esagerare <strong>nel</strong> piangere i propri peccati, essendo<br />
seriamente minacciato dalla cecità, non volle "accondiscendere in alcun modo, affermando<br />
che preferiva perdere la luce della vista corporale che frenare le lacrime". 6 Questi diversi e<br />
numerosi episodi costellano tutta la sua vita, dalla conversione agli ultimi giorni di vita.<br />
Solo allora pervenne, con grave sforzo e con l'aiuto di un sapiente teologo, a superare<br />
questo atteggiamento.<br />
Il Celano riferisce, al riguardo, che Francesco, già <strong>nel</strong> soggiorno all'eremo di Sarteano,<br />
in piena notte, aveva affrontato una tentazione, denudando "frate asino" e flagellandolo<br />
"con estrema durezza con un pezzo di corda". 7 La flagellazione, come è noto e ovvio,<br />
anziché allontanare la tentazione, la rendeva ancora più forte. "Poiché vedeva che con i<br />
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