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passeggio solitario” nella congregazione passionista (seconda parte)

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Il “<strong>passeggio</strong> <strong>solitario”</strong> <strong>nella</strong> <strong>congregazione</strong> <strong>passionista</strong> 275<br />

guito quello di Tommaso d’Aquino, fu di gridarlo alto e forte. Ed ecco perché<br />

Paolo <strong>nella</strong> contemplazione della creazione gustava anche un alimento divino,<br />

un “pascolo della verità”, scriveva Agostino. Indubbiamente Paolo della<br />

Croce aveva una grande attitudine ad osservare la natura per farsene un veicolo<br />

verso Dio. Egli ne faceva beneficiare anche gli altri: “L’abitudine di ricorrere<br />

ad esempi gli restò per tutta la vita, predicando e conversando. Era<br />

una risorsa della sua eloquenza” 3 .<br />

Ma quali sono queste vestigia di Dio (<strong>nella</strong> creazione), così capaci di<br />

trasportare l’animo umano? Se si può dire che l’uomo è l’immagine di Dio,<br />

non si può dire altrettanto della creazione. E tuttavia, la relazione Creatorecreazione<br />

indubbiamente esiste. Gli si dà il nome di “vestigio”. Dal vestigio,<br />

come dall’immagine, l’uomo trae una conoscenza di Dio, non diretta ma per<br />

analogia. È così che nel medio Evo si distingueva tra la conoscenza per rassomiglianza<br />

“propria del vestigio” detta anche “somiglianza per vestigio”, e<br />

la conoscenza proveniente dalla somiglianza secondo l’immagine, o “somiglianza<br />

per immagine”. Nei due casi, si tratta di decifrare i segni lasciati dal<br />

Creatore nelle sue creature. Ma questi segni non parlano nello stesso modo di<br />

Dio:<br />

“È chiaro che <strong>nella</strong> stessa creatura ragionevole si trova l’immagine di<br />

Dio soltanto in rapporto alla mente. In rapporto invece alle altre sue parti,<br />

vi sarà soltanto la somiglianza di vestigio, come avviene per tutti gli altri<br />

esseri ai quali somiglia con le parti suddette. È facile comprendere la ragione<br />

di questo fatto, se consideriamo il diverso modo di rappresentare del vestigio<br />

e dell’immagine. Infatti l’immagine rappresenta una cosa con una somiglianza<br />

di specie come si è visto. Invece il vestigio rappresenta come può<br />

rappresentare un effetto; il quale non può rappresentare la sua causa in modo<br />

da raggiungere la somiglianza di specie con essa. Infatti si chiamano vestigia<br />

le impronte lasciate sul terreno dagli animali; così pure si dice che la<br />

cenere è un vestigio del fuoco e la desolazione di un territorio un vestigio di<br />

un esercito nemico” 4 .<br />

3 Zoffoli E. S. Paolo della Croce. Storia critica, Roma 1965. Volume II, p. 1560.<br />

4 S. Tommaso D’Aquino. Somma Teologica, I, q. 93, a.6. c. In un altro passaggio egli<br />

esprime in maniera ancora più semplice questa distinzione: “Gli effetti somigliano tutti in<br />

qualche modo alla loro causa, ma in gradi diversi. Difatti alcuni effetti stanno a rappresentare<br />

soltanto l’efficacia della causa, ma non la sua forma, come il fumo sta a rappresentare il<br />

fuoco; e si dice che una tale maniera di rappresentare è un vestigio, perché il vestigio, o traccia,<br />

serve a mostrare il percorso di un viandante, ma non a conoscere chi egli sia. Altri effetti

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