Definizione delle aree sensibili ai sensi della Direttiva

Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
Unità Organizzativa Regolazione del Mercato e Programmazione
PROGRAMMA DI TUTELA E USO DELLE ACQUE
L. R. 12 Dicembre 2003, n. 26, art. 45, comma 3
D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 44, Titolo IV, Capo I
Allegato 9 alla Relazione generale
Definizione delle aree sensibili ai sensi
della Direttiva 91/271/CEE
I

Regione Lombardia – D. G. Reti e Servizi di Pubblica Utilità – U. O. Regolazione del Mercato e Programmazione
Programma di Tutela e Uso delle Acque – Allegato 9“Definizione delle aree sensibili ai sensi della
Direttiva 91/271/CEE”
Gruppo di lavoro
Regione Lombardia
Angelo Elefanti – Dirigente U.O. Regolazione del Mercato e Programmazione
Nadia Chinaglia - Coordinamento
ARPA
Antonio Dalmiglio – Direttore Settore Risorse Idriche
Massimo Paleari – Responsabile per il monitoraggio dei laghi;
Valeria Marchesi – Responsabile monitoraggio scarichi;
Giuseppe Chiaudani - Responsabile scientifico
Carlo Collivignarelli - Responsabile scientifico
Collaboratori: Giorgio Bertanza, Maria Cristina Collivignarelli, Marco Rancati, Sabrina Zanaboni
Hanno inoltre collaborato:
Daniele Magni (IReR)
II

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Programma di Tutela e Uso delle Acque – Allegato 9“Definizione delle aree sensibili ai sensi della
Direttiva 91/271/CEE”
Indice
1. INTRODUZIONE......................................................................................................................... 1
2. MODALITA’ DI ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA........................................... 5
2.1. Situazione negli Stati Membri ................................................................................................. 9
2.2 Agglomerati interessati da aree dichiarate sensibili .............................................................. 22
3. FATTORI IMPORTANTI NELL’EUTROFIZZAZIONE E LORO IMPORTANZA NELLE DIVERSE
SPECIFICITA’ TERRITORIALI ...................................................................................................... 25
3.1. Definizione di eutrofizzazione e possibili interpretazioni.................................................... 25
3.2. Stima dei carichi di nutrienti ............................................................................. 31
4. CRITERI DI INDIVIDUAZIONE DI AREE SENSIBILI NELLE ACQUE INTERNE SUPERFICIALI. 37
4.1. Premessa ............................................................................................................................... 37
4.2. Proposta per l’armonizzazione di criteri per l’eutrofizzazione nelle acque interne ......... 38
4.2.1. Laghi.......................................................................................................... 38
4.2.2. Acque correnti .............................................................................................. 39
4.3. Proposta per i criteri aggiuntivi .......................................................................... 40
5. AREE SENSIBILI DESIGNATE IN LOMBARDIA ........................................................................ 43
5.1. Laghi ..................................................................................................................................... 43
5.2. Acque correnti ............................................................................................... 45
5.3. Zone umide ................................................................................................... 46
6. VALUTAZIONE DEGLI INTERVENTI PER L’ABBATTIMWNTO DEI NUTRIENTI IN
LOMBARDIA ................................................................................................................................. 49
6.1. La situazione prevista in Lombardia al termine di attuazione del PRRA .............................. 49
6.1.1. Impianti di depurazione previsti dal PRRA ............................................................. 49
6.1.2. Rendimenti di depurazione conseguibili................................................................ 50
6.2. Indagine presso gli impianti di depurazione esistenti: scopo e criteri ................................. 53
6.2.1. Scopo dell’indagine e impianti contattati.............................................................. 53
6.2.2. Criteri di elaborazione dei dati .......................................................................... 54
6.2.3. Analisi complessiva dei dati .............................................................................. 55
6.3. Correzione dei parametri per la stima dei carichi inquinanti e dei rendimenti di rimozione
..................................................................................................................................................... 58
7. STRATEGIE PER IL CONTROLLO DEI NUTRIENTI ................................................................. 65
7.1. Interventi a scala regionale................................................................................................... 65
7.1.1. Scenari di intervento ...................................................................................... 66

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Programma di Tutela e Uso delle Acque – Allegato 9“Definizione delle aree sensibili ai sensi della
Direttiva 91/271/CEE”
7.1.2. Sintesi degli scenari di intervento ....................................................................... 70
7.2. Strategie di intervento per i bacini drenanti alle aree sensibili................................... 73
7.2.1 Scenari di intervento ......................................................................... 74
7.2.2 Risultati ..................................................................................... 75
7.2.3 Conclusioni ................................................................................................... 76
7.3. Proposta per l’abbattimento del 75% dei fattori nutrienti ......................................... 76
8. STIMA DEI COSTI PER L’IMPLEMENTAZIONE DELLE STRATEGIE DI INTERVENTO A
LIVELLO REGIONALE .................................................................................................................. 79
8.1. Ipotesi di calcolo ................................................................................................................... 79
8.2. Risultati della stima......................................................................................... 80
8.2.1. Scenario 1 ................................................................................................... 80
8.2.2. Scenario 2 ................................................................................................... 80
8.2.3. Scenario 3 ................................................................................................... 81
8.2.4. Confronto tra i diversi scenari ........................................................................... 83
8.3 Stime economiche della proposta finale................................................................. 84
IV

Allegato 9
Capitolo 1
Introduzione
La Direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle
acque reflue urbane, modificata dalla Direttiva 98/15/CE del 27 Febbraio 1998, costituisce un
elemento fondamentale della legislazione comunitaria in materia di acque.
Il suo obiettivo consiste nel proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli
scarichi delle acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati e dagli scarichi delle acque reflue
industriali biodegradabili originate dall’industria agroalimentare. In quest’ottica, una delle
disposizioni principali del testo prevede l'obbligo per gli Stati Membri di realizzare un sistema di
raccolta delle acque reflue urbane combinato ad un sistema di depurazione delle stesse.
Il rispetto di tali obblighi dovrà essere garantito in modo graduale e secondo le seguenti
scadenze temporali:
• entro il 31 dicembre 1998, negli agglomerati 1 con più di 10.000 AE 2 che scaricano i loro
effluenti in aree dichiarate sensibili o nel relativo bacino idrografico;
• entro il 31 dicembre 2000, negli agglomerati con più di 15.000 AE che non scaricano i
loro effluenti in zone particolarmente sensibili
• entro il 31 dicembre 2005, negli agglomerati che registrano da 2.000 a 10.000 AE oppure
da 2.000 a 15.000 AE non ancora interessati dalle scadenze degli anni 1998 e 2000.
Per quanto riguarda le scadenze del 1998 e 2000 gli agglomerati superiori a 10.000 AE che
scaricano in aree sensibili devono disporre di un trattamento secondario 3 e terziario 4 ; mentre
quelli superiori a 15.000 AE che non scaricano in aree sensibili devono disporre di un
trattamento secondario.
Per quanto riguarda la scadenza del 2005, la Direttiva obbliga gli insediamenti tra 2.000 e 10.000
AE che scaricano in aree sensibili e quelle fino a 15.000 AE che non scaricano in aree sensibili, a
sviluppare un sistema di raccolta e di trattamento secondario (per gli scarichi in acqua dolce o in
1 La direttiva definisce un agglomerato quell’area in cui la popolazione e/o le attività economiche sono
sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso
un impianto di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale.
2 Nella direttiva l’abitante equivalente (AE) è fissato a 60 grammi di BOD5 al giorno. La dimensione
dell’agglomerato, espressa in a.e., corrisponde al carico organico prodotto nell’agglomerato in un giorno medio della
settimana dell’anno che ha fatto registrare la produzione massima. È ricavata dalla somma del carico organico
prodotto in quel giorno da servizi e immobili residenziali permanenti e stagionali e del carico organico prodotto nello
stesso giorno dalle acque reflue industriali che devono essere raccolte da una rete fognaria.
3 Trattamento secondario: trattamento mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con
sedimentazioni secondarie o mediante un processo equivalente.
4 Trattamento terziario: trattamento, complementare a quello secondario, dell’azoto (nitrificazione denitrificazione)
e/o del fosforo e/o di qualunque altra sostanza inquinante che altera la qualità o un uso specifico dell’acqua:
inquinamento microbiologico, colore ecc. L’articolo 5, paragrafi 3 e 4, e la tabella 2 dell’allegato I (modificata dalla
direttiva 98/15/CE) descrivono i requisiti per gli scarichi in aree sensibili come percentuale minima di riduzione del
carico di fosforo totale e di azoto totale e definiscono i valori di concentrazione di tali parametri.
1

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acque estuariali) oppure un sistema di raccolta e di trattamento appropriato 5 (per gli scarichi che
avvengono in acque costiere).
Tuttavia, nel caso in cui - in assenza di un vantaggio reale per l'ambiente o per via di costi
troppo elevati - non si giustifichi l'installazione di un sistema di raccolta, la Direttiva consente di
realizzare sistemi di depurazione singoli o altri sistemi appropriati che garantiscano un medesimo
livello di protezione ambientale 6 .
Del resto l'obbligo in questione non è limitato esclusivamente agli insediamenti di più di 2.000
AE. La Direttiva precisa infatti che per gli scarichi prodotti da agglomerati di dimensioni più
modeste occorre prevedere, oltre al sistema di raccolta, anche un trattamento specifico. Si ricordi
infine che questo testo impone agli insediamenti con meno di 2.000 AE. che già possiedono tale
sistema di raccolta, di sviluppare, entro il 31 dicembre 2005, un metodo specifico di trattamento
degli effluenti prodotti.
La Direttiva prevede altresì i seguenti obblighi per gli Stati Membri e le relative scadenze:
• 30 giugno 1993: la direttiva doveva essere recepita nell’ordinamento nazionale.
• 31 dicembre 1993: lo scarico delle acque reflue industriali nei sistemi di raccolta e di
trattamento delle acque reflue urbane e l’immissione di talune acque reflue industriali
biodegradabili in acque recipienti dovevano essere preventivamente subordinati a
regolamentazioni e/o autorizzazioni specifiche.
• 31 dicembre 1993: individuazione delle aree sensibili e predisposizione di un programma
di attuazione della Direttiva.
• 30 giugno 1995, e successivamente ogni due anni: gli Stati membri sono tenuti a
pubblicare e trasmettere alla Commissione un rapporto sull’attuazione della Direttiva.
• 31 dicembre 1998: lo smaltimento di fanghi provenienti da impianti di trattamento delle
acque reflue urbane doveva essere subordinato a norme generali, a registrazione o ad
autorizzazione e monitorato conformemente alle specifiche disposizioni della Direttiva.
Particolarmente importante era la scadenza del 31 dicembre 1993: entro tale data infatti gli Stati
Membri, conformemente all’articolo 5 della Direttiva, dovevano individuare le aree sensibili sulla
base dei criteri stabiliti nell’allegato II. Tali criteri fanno riferimento a tre tipologie di ambienti
acquatici:
• acque dolci, estuari e acque costiere già eutrofizzate o esposte al rischio di eutrofizzazione
in assenza di interventi protettivi specifici (criterio a);
• acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile la cui concentrazione
di nitrati è o potrebbe essere superiore a 50 mg/l (criterio b);
• aree che necessitano di un trattamento complementare per conformarsi alle prescrizioni
di altre Direttive, quali ad esempio le acque destinate alla pescicoltura, le acque di
balneazione, le acque destinate alla molluschicoltura, nonché le direttive sulla
conservazione degli uccelli selvatici e degli habitat naturali, ecc. (criterio c).
5 Trattamento appropriato: trattamento mediante un processo e/o un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico,
garantisca la conformità delle acque recipienti ai relativi obiettivi di qualità e alle disposizioni del caso della direttiva
91/271/CEE e di altre direttive comunitarie applicabili.
6 Il trattamento può essere meno rigoroso del trattamento secondario, in talune condizioni e previo accordo della
Commissione e del Consiglio, per alcuni scarichi nelle acque costiere o negli estuari considerati aree meno sensibili da
parte degli Stati Membri.
2

Allegato 9
È sufficiente che un sistema idrico soddisfi uno solo di questi criteri per essere considerato area
sensibile.
Pertanto, la designazione di un corpo idrico come area sensibile costituisce un presupposto
fondamentale per l’applicazione pratica della Direttiva. Nelle aree dichiarate sensibili, tutti gli
agglomerati con oltre 10.000 AE che sversano gli scarichi nell’area sensibile e nei relativi bacini
idrografici devono porre in funzione sistemi di raccolta e di trattamento più rigorosi del livello
secondario al più tardi entro il 31 dicembre 1998. Tali disposizioni riguardanti il trattamento non
valgono per le aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione
del carico complessivo di azoto e di fosforo è pari almeno al 75 % per ciascuno dei due
parametri.
Ai sensi del paragrafo 8 dell’articolo 5, uno Stato Membro non è tenuto ad individuare aree
sensibili qualora applichi un trattamento rigoroso (terziario) in tutto il suo territorio.
L’individuazione delle aree meno sensibili è facoltativa ai sensi della Direttiva per talune
acque costiere e alcuni estuari che, per le particolari condizioni morfologiche, idrologiche o più
specificamente idrauliche, sono in grado di ricevere gli scarichi di acque reflue urbane sottoposte
ad un trattamento meno rigoroso di quello secondario (trattamento primario) senza avere
conseguenze negative sull’ambiente.
La Commissione considera altresì che, proprio per il carattere estremamente limitato delle
maree, le acque del Mediterraneo non soddisfino i criteri idrologici o le condizioni idrauliche
necessarie per la classificazione di tali aree come meno sensibili. La Commissione ribadisce che
per le aree sensibili o potenzialmente tali, situate in acque costiere, estuari o sistemi idrici
adiacenti, non valgono le condizioni previste per la classificazione come meno sensibili se
possono essere interessate da scarichi.
È importante ricordare che ogni caso di trattamento meno rigoroso del secondario effettuato
prima dello scarico in un’area meno sensibile deve essere subordinato ad una richiesta di deroga:
gli Stati membri devono presentare alla Commissione studi esaurienti che comprovino che questi
scarichi non avranno ripercussioni negative sull’ambiente (articolo 6, paragrafo 2) e dimostrino
che, in circostanze eccezionali per agglomerati con oltre 150.000 AE, un trattamento più
completo non produce effetti positivi sull’ambiente (articolo 8, paragrafo 5).
La Commissione ritiene che tutti gli agglomerati dell’Unione Europea con oltre 15.000 AE,
compresi quelli che riversano i propri scarichi in acque dichiarate meno sensibili, debbano, a
partire dal 31 dicembre 2000, sottoporre le acque reflue almeno ad un trattamento secondario.
3

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4

Allegato 9
Capitolo 2
Modalità di attuazione della direttiva comunitaria
Nel 2002 la Commissione Europea ha pubblicato una relazione sullo stato di attuazione della
Direttiva 91/271/CEE e sulla situazione negli agglomerati ritenuti interessati da aree dichiarate
sensibili dagli Stati Membri, aggiornata al Febbraio 2001 7 .
Dieci anni dopo l’adozione della Direttiva da parte del Consiglio e nel momento di
un’importante scadenza per la sua applicazione pratica (cioè verifica dell’individuazione delle aree
sensibili e delle relative misure realizzate dagli Stati Membri) la summenzionata relazione fa il
punto della situazione al 31 Dicembre 1998.
Per quanto attiene il recepimento nel diritto nazionale, in conformità dell’articolo 19, gli Stati
Membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
necessarie per conformarsi alla Direttiva entro il 30 Giugno 1993. Alla data odierna, tutti gli Stati
Membri hanno recepito la Direttiva; l’Italia è stata l’ultima ad incorporarne gli obblighi nel
proprio ordinamento con il Decreto Legislativo n.152 del 11 Maggio 1999.
Per quanto riguarda l’individuazione delle aree sensibili, ai sensi del paragrafo 8 dell’articolo 5,
cinque Stati Membri – Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Finlandia e Svezia — non hanno
ritenuto di individuare aree sensibili in quanto in tutto il loro territorio si applica un trattamento
terziario.
Nove Stati Membri — Belgio, Germania, Spagna, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e
Regno Unito — hanno invece dichiarato aree sensibili taluni sistemi idrici del loro territorio. Tali
aree sono state individuate, con maggior o minor ritardo, fra il 1994 e il 1999.
L’Austria, infine, ha ritenuto che nessun sistema idrico nel suo territorio rispondesse ai criteri
per l’individuazione di aree sensibili. Le autorità austriache hanno dichiarato inoltre che le misure
adottate vanno addirittura oltre quelle stabilite dalla direttiva, in quanto prevedono il trattamento
terziario per gli impianti che servono agglomerati con un numero di AE inferiore a 10.000.
Gli Stati Membri sopramenzionati che hanno deciso di non applicare nel proprio territorio un
trattamento di livello elevato, devono provvedere alla revisione dell’elenco delle aree sensibili
almeno ogni quattro anni. La prima scadenza per il riesame dell’elenco era fissata al 31 dicembre
1997, la successiva al 31 dicembre 2001 e così via.
La Tabella 2.1 riassume lo stato di recepimento, le date della prima identificazione ed i criteri
dell’allegato II della Direttiva, utilizzati dagli Stati Membri per l’individuazione delle aree sensibili.
All’atto dell’individuazione delle rispettive aree sensibili, soltanto la Spagna, la Francia e l’Italia
hanno tenuto conto di tutti i criteri definiti nella Direttiva.
La Figura 2.1 riporta la situazione al Febbraio 2001 per quanto riguarda l’individuazione delle aree
sensibili e aree meno sensibili, e dei bacini idrografici interessati 8 .
7 Comunità Europee (2002). Relazione di sintesi sull’applicazione della Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 Maggio
1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, modificata dalla direttiva 98/15/CEE della Commissione del 27
Febbraio 1998. UPUCE, 50p.
5

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Alcuni Stati Membri (Belgio, Spagna, Francia e Italia) non hanno ritenuto di dover
subordinare ad un trattamento rigoroso (terziario) le acque reflue prodotte dagli agglomerati
situati in talune parti dei bacini idrografici di aree sensibili (cfr. aree bianche circolettate in rosa
della Fig. 2.1). A tale proposito, la Commissione ritiene che l’azoto e il fosforo, vale a dire le
sostanze inquinanti presenti nelle acque reflue urbane responsabili delle tipologie di inquinamento
corrispondenti ai primi due criteri per l’individuazione delle aree sensibili, siano altamente
persistenti. Una quota consistente dell’azoto e del fosforo proveniente dagli agglomerati con oltre
10.000 AE, situati nei bacini idrografici di sistemi idrici considerati sensibili, si riversa in questi
sistemi. La Commissione ritiene che la mancata subordinazione delle acque reflue al trattamento
terziario in taluni agglomerati con oltre 10.000 AE situati nel bacino idrografico di un’area
sensibile, al fine di ridurre i nutrienti responsabili dell’inquinamento dell’area, rappresenti una
violazione della Direttiva. Tale violazione è particolarmente evidente in Spagna per i bacini
idrografici di fiumi dichiarati sensibili nel tratto a valle, quali l’Ebro o il Guadalquivir; in Italia per
il bacino del Po, il delta e le acque dei litorali adiacenti, dichiarate sensibili; in Belgio per la
Vallonia che contribuisce all’inquinamento delle acque dolci delle Fiandre e delle acque costiere
del Mare del Nord, entrambe dichiarate sensibili.
8 In verde sono indicati i sistemi idrici dichiarati sensibili dagli Stati Membri e i bacini idrografici o le parti di bacini in
cui gli Stati Membri hanno deciso di applicare le disposizioni della Direttiva in merito alla protezione delle aree
sensibili. In bianco circolettato in rosa sono indicate le porzioni di bacini idrografici di aree sensibili non considerate
dallo Stato Membro. Quelle relative alla Germania rappresentano il territorio delle regioni della Sassonia e della
Sassonia-Anhalt. Tuttavia, per contrastare l’eutrofizzazione delle acque costiere del Mare del Nord e del
Baltico,queste due regioni hanno deciso, nel luglio 2000, di applicare il trattamento terziario dell’azoto e del fosforo
in tutto il loro territorio. Con il tratteggio retinato in rosa sono riportati i bacini idrografici che, secondo la
Commissione, avrebbero dovuto essere considerati sensibili e nei quali si sarebbe dovuto adottare il trattamento
avanzato (terziario) degli scarichi urbani. In giallo sono indicate le aree normali, mentre in rosso le aree meno
sensibili designate dagli Stati Membri.
6

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Tabella 2.1. Stato di implementazione della Direttiva 91/271/CEE: identificazione delle aree sensibili da parte degli Stati Membri- situazione al 15
Febbraio 2001 (modificato da: Cardoso et al., 2001).
Stato Membro AT BE DE DK ES FI FR GB GR IR IT LU NL PT SW
Individuazione
aree sensibili
Criteri utilizzati
(annesso II
Direttiva)
Data prima
identificazione
Legenda
○□ + +■□ ● +■□ ● +■□ +■□ +■□ +■□ +■□ ● ● +■□ ●
nd a, b a nd a, b, c a a, b, c a, b a a a, b, c (1) (1) a, c a
Giugno
1991
(2) (3) nd Maggio
1998
1994 Novembre
1994
Maggio
1994
Agosto
1999
Dicembre
□ designazione aree non sensibili nd: non disponibile
● intero territorio designato come area sensibile (1): articolo 5 (4), rimozione di P e N
+ individuazione aree sensibili (2): Gennaio 1992 per le Fiandre; Marzo 1994 per Bruxelles;
■ designazione aree meno sensibili Maggio 1995 per la Vallonia
○ nessuna designazione aree sensibili (3): dal 1993 per i diversi Lander
a: criterio a dell’annesso II della Direttiva (riduzione eutrofizzazione)
b: criterio b dell’annesso II della Direttiva (nitrati, protezione acqua destinata alla produzione di acqua potabile)
1994
Maggio
c: criterio c dell’annesso II della Direttiva (protezione vita pesci, molluschi, tutela acque destinate alla balneazione, ecc)
7
1999
Maggio
1994
Giugno
1993
Giugno
1997
1994

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8
Figura 2.1. Mappa delle aree sensibili, meno sensibili e normali nell’Unione Europea
(Cardoso et al., 2001).

Allegato 9
Fra il 1998 e il 2000 la Commissione ha verificato la conformità della documentazione trasmessa
dagli Stati Membri per quanto riguarda i bacini idrografici e gli agglomerati che essi comprendono
e i cui scarichi contribuiscono all’inquinamento delle aree dichiarate sensibili 9 . Si evidenzia
l’incompletezza degli elenchi presentati dagli Stati Membri, rilevando l’esistenza di altre aree
potenzialmente sensibili a causa dell’eutrofizzazione e dell’elevata concentrazione di nitrati nelle
acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (cfr. Fig.2.1 aree con tratteggio
retinato in rosa). Molti Stati membri non hanno tenuto nella dovuta considerazione il grado di
eutrofizzazione delle proprie acque. Le aree interessate sono il Mare del Nord (dalle acque
costiere della Francia settentrionale alla Svezia), il Baltico e l’Adriatico,che presentano tutti
preoccupanti livelli di eutrofizzazione. La Commissione ritiene che il Belgio, la Francia, l’Italia, la
Finlandia, la Svezia e il Regno Unito non abbiano adottato tutte le misure necessarie per ridurre i
nutrienti (azoto e fosforo) presenti nelle acque reflue. Inoltre, la Commissione è del parere che
Spagna, Grecia, Francia, Irlanda, Italia, Portogallo e Regno Unito non abbiano adottato tutte le
misure necessarie al trattamento degli scarichi di acque reflue urbane che contribuiscono ad
un’eutrofizzazione maggiormente localizzata lungo le coste dell’Atlantico, della Manica, del Mare
del Nord, del Mar d’Irlanda e del Mediterraneo.
Sul tema dell’eutrofizzazione la Commissione ha fatto altresì redigere due relazioni che
illustrano i metodi utilizzati dagli Stati Membri per individuare i sistemi idrici eutrofici o
potenzialmente tali e formulano raccomandazioni per l’armonizzazione degli stessi, alla luce delle
attuali conoscenze scientifiche. Le due relazioni riguardano rispettivamente le acque costiere 10 e
le acque dolci 11 .
La Commissione rileva altresì l’inosservanza da parte di taluni Stati Membri del terzo criterio
per l’individuazione delle aree sensibili. In particolare, per ridurre la presenza di inquinanti
microbiologici negli scarichi urbani che possono contaminare molte acque destinate alla
balneazione ed alla molluschicoltura risulta necessario sottoporre le acque reflue ad un
trattamento terziario.
Tuttavia, all’atto dell’individuazione delle rispettive aree sensibili e unicamente per talune
acque costiere situate al loro interno, soltanto la Spagna, la Francia, il Portogallo e l’Italia hanno
tenuto conto di tale criterio per salvaguardare le acque destinate alla balneazione e alla
molluschicoltura.
2.1 Situazione negli Stati Membri
Nel seguito è riassunta la situazione nei diversi Paesi dell’Unione al 15 Febbraio 2001 per quanto
riguarda l’individuazione delle aree sensibili e gli agglomerati interessati da aree sensibili, come
risulta dalla relazione di sintesi pubblicata dalla Commissione 12 .
In Belgio, l’applicazione della direttiva spetta alle tre regioni: Fiandre, Vallonia e regione di
Bruxelles-Capitale.
Nel 1992 e nel 1995 le Fiandre hanno dichiarato sensibili tutte le acque di loro pertinenza,
comprese quelle costiere. Nel 1994 anche la regione di Bruxelles-Capitale ha dichiarato sensibile il
9 Commissione Europea, Direzione Generale Ambiente. Verification of vulnerable areas identified pursuant to the
Nitrates Directive and sensitive areas identified pursuant to the Directive on urban wastewater. Internal Reports by
ERM, March 1999 - June 2000.
10 ERM (Environmental Resources Management) (April 2000). Criteria used for the definition of eutrophication in
coastal/marine waters. Internal Report London.
11 Cardoso, A.C., Duchemin, J., Magoarou, P., Premazzi, G. (2001). Criteria for the identification of freshwaters
subject to eutrophication. EUR 19810, European Commission, JRC-Ispra, 90p.
12 Vedi nota 7
9

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fiume Senne che la attraversa. Per salvaguardare la produzione di acqua potabile, la Vallonia, nel
1995, ha dichiarato sensibili alcuni tratti dei suoi fiumi, non considerando quindi che questi
transitano nelle Fiandre, le cui acque sono state dichiarate sensibili, sfociando poi nel Mare del
Nord, le cui acque costiere sono analogamente classificate. Per i motivi sopraesposti, nel giugno
2000 le autorità valloni hanno annunciato l’intenzione di dichiarare sensibile tutto il territorio di
loro pertinenza: tuttavia, alla data del 15 febbraio 2001, la Commissione non aveva ancora
ricevuto notifica formale di tale classificazione.
La conformità degli agglomerati interessati da aree sensibili è stata valutata considerando 189
agglomerati belgi con popolazione equivalente superiore a 10.000, compresi gli agglomerati
valloni per i quali l’obbligo di sottoporre le acque reflue ad un trattamento più rigoroso non è
ancora stato convertito in legge. I risultati indicano che, al 31 dicembre 1998, soltanto il 6 % degli
agglomerati era conforme alla direttiva. La regione fiamminga e quella di Bruxelles-Capitale
prevedono di conformarsi nel 2004-2005. Il ritardo potrebbe risultare maggiore in Vallonia a
causa del volume degli investimenti necessari.
Al 31 dicembre 1998 le città delle Fiandre sottoponevano le acque reflue a trattamento
secondario; sarebbe tuttavia necessario un trattamento di livello terziario. La situazione è
differente in Vallonia: mentre Mons tratta le acque reflue a livello terziario, Charleroi e Liegi non
prevedono alcun trattamento per gran parte della popolazione. Al 31 dicembre 1998 la città di
Bruxelles non trattava in alcun modo le proprie acque reflue. Il primo impianto progettato è in
funzione dall’autunno 2000 e tratta un terzo delle acque reflue a livello secondario, vale a dire al
di sotto del livello prescritto dalla direttiva. Il secondo impianto di trattamento di Bruxelles è in
fase di progetto e non potrà entrare in funzione prima del 2004-2005.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8 della direttiva, la Danimarca ha deciso di applicare un
trattamento rigoroso in tutto il proprio territorio (trattamento terziario dell’azoto e del fosforo).
La Danimarca non è pertanto tenuta all’individuazione di aree sensibili.
La Danimarca comprende 125 agglomerati con popolazione equivalente superiore a 10.000. Le
autorità danesi hanno comunicato alla Commissione che 123 di essi disponevano, al 31
dicembre 1998, di un rigoroso sistema di raccolta e di trattamento delle acque reflue (trattamento
secondario + trattamento terziario dell’azoto e del fosforo).
Cinque centri urbani danesi hanno una popolazione equivalente superiore a 150.000: Aalborg,
Aarhus, Fredericia, Copenaghen e Odense. Questi centri urbani applicano un trattamento
terziario completo dell’azoto e del fosforo.
La Danimarca vanta i migliori risultati nell’Unione in quanto tutti gli agglomerati con oltre
10.000 a.e. presenti nel suo territorio sono quasi del tutto conformi alla direttiva.
In Germania, sono 16 le regioni responsabili dell’applicazione della direttiva e dell’individuazione
delle aree sensibili. La procedura di individuazione dimostra che le regioni hanno deciso di
sottoporre ad un trattamento rigoroso (terziario) le acque reflue prodotte da tutti gli agglomerati
situati nei bacini idrografici del Mare del Nord e del Baltico. La Baviera e il Baden-Württemberg
hanno adottato la medesima decisione riguardo agli agglomerati situati nei bacini idrografici del
Lago di Costanza, di alcuni laghi bavaresi e del Danubio superiore. Soltanto la parte principale del
bacino del Danubio situata in Germania non è considerata bacino drenante in area sensibile.
Le autorità tedesche hanno inviato un elenco di 1.685 agglomerati con popolazione
equivalente superiore a 10.000 situati nei bacini idrografici di aree sensibili, pari ad una
popolazione equivalente di 110 milioni e al 78 % della popolazione equivalente cui si indirizza la
direttiva in Germania. Le stesse autorità hanno altresì dichiarato che tutti gli agglomerati
disponevano, al 31 dicembre 1998, di un sistema di raccolta conforme alle disposizioni della
direttiva, ma non hanno fornito alcuna informazione in merito alla conformità del trattamento
10

Allegato 9
alla stessa data. La Commissione non dispone quindi di alcun dato utile a valutare il livello di
trattamento garantito ovvero la conformità della Germania alla scadenza del 31 dicembre 1998.
Nel gennaio 2001, le autorità tedesche hanno dichiarato di aver deciso di valutare la conformità
alla direttiva non per singolo agglomerato ma, come previsto dall’articolo 5, paragrafo 4,
considerando la percentuale totale di riduzione del carico di azoto e di fosforo in tutti i bacini
drenanti in aree sensibili.
Nell’agosto 1999, vale a dire 5 anni e mezzo dopo la scadenza prevista dalla direttiva e
successivamente al termine del 31 dicembre 1998 valido per l’attuazione delle misure necessarie a
tutelare le aree sensibili, la Grecia dimostrava ancora un forte ritardo nell’individuazione di dette
aree. 34 laghi, fiumi, estuari e sistemi idrici costieri sono stati dichiarati sensibili sulla base del
livello di eutrofizzazione. L’analisi effettuata dalla Commissione nel 2000 ha concluso che 16
ulteriori sistemi idrici (litorali, laghi e fiumi) avrebbero dovuto essere dichiarati sensibili sulla base
dell’eutrofizzazione e della protezione delle acque destinate alla fornitura di acqua potabile. In
particolare, lo studio della Commissione dimostra che la parte inferiore del Golfo Saronico, che
riceve gli scarichi della città di Atene, e il Golfo di Salonicco, che riceve gli scarichi di Salonicco,
dovrebbero essere considerati aree sensibili a causa dell’eutrofizzazione. L’individuazione delle
aree sensibili in Grecia sarà oggetto di ulteriore approfondimento tra la Commissione e le autorità
elleniche.
Il livello di conformità degli agglomerati greci risulta basso, in quanto dei 16 (o 33 secondo
diverse versioni) agglomerati soltanto 4 risultano conformi: Livadia, Karpenisi, Komotoni e Arta.
La Grecia comprende sei città con popolazione equivalente superiore a 150.000: Atene,
Salonicco, Candia (Iraklion), Elefsina Aspropyrgos, Metamorphosis e Patrasso. Atene e Salonicco
hanno singolarmente una popolazione equivalente superiore a quattro milioni, pari a circa la metà
della popolazione greca complessiva. Al 31 dicembre 1998 Candia e Metamorphosis
sottoponevano le acque reflue a trattamento secondario, Atene applicava un trattamento
primario, Salonicco un trattamento secondario incompleto mentre Patrasso ed Elefsina
Aspropyrgos non trattavano in alcun modo le acque reflue. Al 31 dicembre 2000 la situazione era
migliorata a Salonicco, che ha introdotto alla fine dello stesso anno un trattamento secondario
completo combinato al trattamento dell’azoto. Progetti di impianto sono in fase di elaborazione a
Patrasso, Elefsina Aspropyrgos e ad Atene. Per l’agglomerato di Atene nel 2000 è stata deliberata
la costruzione di un impianto di trattamento secondario con trattamento dell’azoto.
L’individuazione delle aree sensibili all’interno di una regione — le cosiddette aree sensibili
intracomunitarie — spetta alle autorità regionali. I documenti inviati dalla Spagna riguardano
pertanto l’individuazione di aree sensibili da parte di alcune amministrazioni regionali, in
particolare in Catalogna, in Galizia e nelle isole Baleari, ma le aree specifiche non sono ancora
state ufficialmente notificate alla Commissione. Soltanto l’Andalusia, con un decreto del marzo
1999, ha ufficialmente individuato aree sensibili e meno sensibili: tuttavia, nei documenti inviati
nel novembre 2000 la Spagna ha indicato soltanto due delle aree dichiarate sensibili dall’Andalusia
nel 1999. La Spagna ha rispettato i tre criteri indicati dalla direttiva per l’individuazione delle aree
sensibili.
La Commissione nel gennaio 2000 (rapporto ERM) rileva l’esistenza di ulteriori 44 sistemi
idrici classificabili fra i sensibili a causa dell’eutrofizzazione. Si tratta essenzialmente di bacini di
raccolta di acqua dolce, di acque costiere e di estuari in Andalusia, nelle Asturie, nelle isole
Baleari, nella regione cantabrica, in Galizia e nella regione basca.
Le autorità spagnole indicano 120 agglomerati in cui è necessario sottoporre le acque reflue a
trattamento terziario a tutela delle aree sensibili. Detti agglomerati rappresentano in Spagna
soltanto l’8 % del carico di inquinamento complessivo oggetto della direttiva.
11

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L’elenco non comprende gli agglomerati che riversano le acque reflue nei 44 sistemi idrici
summenzionati, potenzialmente sensibili, né molti agglomerati situati nei bacini drenanti di aree
potenzialmente sensibili. Ad esempio, la parte a valle dell’Ebro in Catalogna è dichiarata sensibile,
ma gli agglomerati delle regioni situate a monte del bacino fluviale non sottopongono le acque
reflue a trattamento terziario. La situazione è analoga per i bacini idrografici dei fiumi
Guadalquivir, Guadiana, Júcar, Tago e Douro. La Commissione ritiene pertanto che,
considerando il numero dei sistemi idrici da proteggere e i rispettivi bacini idrografici, molti
agglomerati spagnoli dovrebbero sottoporre le acque reflue a trattamento terziario.
Il tipo di trattamento terziario previsto dalle autorità spagnole per i 120 agglomerati elencati
riguarda, singolarmente o in sinergia, l’azoto, il fosforo e l’inquinamento microbiologico. 35 dei
120 agglomerati sono considerati conformi alle disposizioni della direttiva al 31 dicembre 1998.
Nel 2000, la situazione delle 72 città spagnole con popolazione equivalente superiore a
150.000 è la seguente:
• 8 città trattano le acque reflue a livello terziario: Almería, Bilbao, Calvia, Oviedo,
Valladolid, Vitoria-Gasteiz, Xirivella e Saragozza;
• 39 città sottopongono le acque reflue a trattamento secondario completo, comprese
Madrid, Siviglia e Valencia;
• 18 città applicano un trattamento secondario incompleto o un trattamento primario. Fra
queste, Barcellona, la cui situazione è notevolmente insoddisfacente: il 50 % della città,
pari ad una popolazione equivalente di quasi 1,7 milioni, sottopone le acque reflue a
trattamento primario, mentre l’altra metà le riversa direttamente in mare senza averle
trattate;
• 7 città non trattano in alcun modo le acque reflue: La Coruña, Alginet, Cadice, Donostia-
San Sebastián, Gijón, Logroño e Tui.
Le autorità spagnole hanno comunicato che sono in corso lavori di costruzione per la maggior
parte delle città prive di impianti di trattamento o che trattano le acque reflue in modo
inadeguato, quali Alginet, San Sebastián, Logroño e Barcellona: dette città dovrebbero
conformarsi alla direttiva entro due o tre anni. Nel caso degli altri centri urbani che non trattano
in alcun modo le acque reflue o che lo fanno in modo inadeguato, sono previsti impianti di
trattamento o è in corso la procedura di aggiudicazione degli appalti.
La Spagna è uno dei tre Stati membri, insieme al Portogallo e al Regno Unito, ad avere
dichiarato meno sensibili le proprie acque costiere. La Spagna ritiene che le acque reflue
sottoposte soltanto a trattamento primario e riversate nelle suddette aree meno sensibili non
avranno ripercussioni negative sull’ambiente.
La classificazione di molte aree delle isole Canarie e dell’Andalusia come meno sensibili non
trova concorde la Commissione, che ritiene che gli scarichi sottoposti soltanto a trattamento
primario possano avere effetti sulla qualità di molti sistemi idrici destinati alla balneazione nelle
suddette due regioni. Inoltre, la Commissione è del parere che, classificando come meno sensibili
le proprie aree, l’Andalusia non abbia tenuto conto del fatto che gli scarichi possono diffondersi
ai sistemi idrici contigui dichiarati sensibili nella stessa Andalusia e nell’Algarve in Portogallo. In
generale, la Commissione è certa che le acque del Mediterraneo, a causa delle caratteristiche
idrodinamiche, non soddisfino i criteri della direttiva per la classificazione delle aree meno
sensibili.
La Commissione ritiene che tutti gli agglomerati spagnoli con popolazione equivalente superiore
a 15.000, compresi quelli che scaricano in aree dichiarate meno sensibili, debbano sottoporre le
acque reflue a trattamento almeno secondario a partire dal 31 dicembre 2000.
12

Allegato 9
Le autorità della Francia non hanno indicato il criterio o i criteri utilizzati per la classificazione di
ciascun sistema idrico come sensibile. Esse inoltre non hanno fatto alcuna distinzione fra sistemi
idrici già inquinati o potenzialmente tali e bacini idrografici degli stessi, in cui è altresì necessario
adottare misure di protezione: le autorità francesi hanno dichiarato sensibili entrambi i tipi di
area. Lo studio di verifica condotto dalla Commissione evidenzia l’esistenza di ulteriori sistemi
idrici classificabili come sensibili a causa dell’eutrofizzazione: si tratta di quelli costieri e di acqua
dolce del bacino dell’Artois-Piccardia, la baia della Senna e la relativa sezione a valle, i fiumi e le
acque costiere della Bretagna, i corsi d’acqua della Vandea, il fiume Vistre e il bacino di Thau.
In Francia sono stai individuati nel 1994 281 agglomerati situati nelle aree sensibili. Di questi,
151 agglomerati sono conformi alle disposizioni della direttiva. In base ad una valutazione
effettuata dalla Commissione utilizzando i dati della Réseau national de données sur l’eau (RNDE), gli
agglomerati interessati da aree sensibili rappresentano il 25 % del carico totale degli agglomerati
francesi oggetto della direttiva. La maggior parte delle città francesi si trova al di fuori dei confini
delle aree dichiarate sensibili dalla Francia.
La Commissione ritiene che, per ridurre l’eutrofizzazione delle acque dolci e marine situate a
valle dei punti di scarico, città come Lilla e Parigi dovrebbero sottoporre le acque reflue al
trattamento terziario dell’azoto e del fosforo.
La Francia non ha inviato alla Commissione alcuna informazione in merito alla situazione del
trattamento delle acque reflue nelle città con popolazione equivalente superiore a 150.000. Dai
dati dedotti dalla RNDE e dalle informazioni raccolte dalla Commissione risulta che in Francia
sono 61 le città con oltre 150 000 AE. Centri come Angers, Besançon, Cholet, Colmar, Douai,
Metz, Nantes e Royan sottopongono le acque reflue a trattamento terziario; molti altri centri
applicano un trattamento secondario completo. Tuttavia, alcune grandi città come Lilla, Marsiglia
e Bordeaux non trattano gli scarichi in modo adeguato (trattamento primario o secondario molto
incompleto).
Nel 1994 l’Irlanda ha dichiarato sensibili, a causa dell’eutrofizzazione, quattro laghi — Lough
Derg, Lough Leane, Lough Oughter e Lough Ree — e sei tratti di fiume: il Boyne, il Camlin, il
Castlebar, il Liffey, il Nenagh e il Tullamore.
Lo studio realizzato dalla Commissione nel 1999 rileva che le autorità irlandesi non hanno
ritenuto sensibile alcun estuario o sistema idrico costiero; inoltre 14 aree costiere ed estuari,
compresa la baia di Dublino, nonché gli estuari e l’area portuale di Cork, presentano problemi di
eutrofizzazione e avrebbero pertanto dovuto essere dichiarati sensibili.
Le autorità irlandesi sottopongono a trattamento terziario per la riduzione del fosforo le acque
reflue di 11 agglomerati interessati da aree dichiarate sensibili. Questi agglomerati rappresentano
soltanto il 6 % del carico organico degli agglomerati irlandesi interessati dalla direttiva. La
Commissione ritiene che, per combattere l’eutrofizzazione delle acque costiere e degli estuari, il
trattamento terziario dovrebbe essere maggiormente diffuso in Irlanda, in particolare il
trattamento dell’azoto e in taluni casi del fosforo in città come Dublino e Cork.
L’Irlanda comprende tre città con popolazione equivalente superiore a 150.000:
• al 31 dicembre 1998, Dundalk (180.000 AE) non trattava in alcun modo le acque reflue,
ma, nelle previsioni, un impianto di trattamento secondario doveva entrare in funzione
alla fine del 2000;
• al 31 dicembre 1998 nemmeno Cork (302.000 AE) disponeva di alcun impianto di
trattamento delle acque reflue. Un impianto di trattamento secondario dovrebbe essere
operativo alla fine del 2003. Per contrastare l’eutrofizzazione delle acque costiere e degli
estuari della zona, la Commissione ritiene che la città di Cork dovrebbe sottoporre le
acque reflue a trattamento terziario dell’azoto e del fosforo;
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• al 31 dicembre 1998, Dublino (1.437.000 AE) disponeva soltanto di un impianto di
trattamento primario per una quota di abitanti equivalenti pari a 1.000.000; un sistema di
trattamento secondario è previsto per il 2002. La Commissione ritiene che per contrastare
l’eutrofizzazione della baia di Dublino la città dovrebbe sottoporre le acque reflue anche a
trattamento terziario, almeno per l’azoto.
Nel D.lgs. n.152 del Maggio 1999 che recepiva la direttiva nell’ordinamento nazionale, l’Italia ha
dichiarato sensibili alcune aree. Si tratta dei laghi situati ad una altitudine inferiore a 1.000 metri
sul livello del mare e dei relativi fiumi per un tratto superiore a 10 km dal litorale. Anche l’area
della laguna di Orbetello, sulla costa mediterranea, è stata dichiarata sensibile, così come le
seguenti aree della costa adriatica:
• l’area costiera dell’Adriatico nord-occidentale, dalla foce dell’Adige fino a Pesaro e i
relativi fiumi per un tratto di 10 km dal litorale,
• le aree della laguna di Ravenna e di Piallassa-Baiona,
• la laguna di Venezia,
• il delta del Po,
• le valli di Comacchio e
• i laghi salmastri.
Anche le zone umide oggetto della convenzione di Ramsar sono state dichiarate sensibili. I criteri
utilizzati sono quelli indicati dalla direttiva. La situazione al 31/12/98 è riassunta nella Figura 2.2.
Nel gennaio 2001 le autorità italiane hanno inviato alla Commissione un nuovo elenco di 187
aree sensibili che, secondo quanto dichiarato, non interessano alcun agglomerato con oltre 10.000
AE.
La Commissione intende far rilevare che gli agglomerati con oltre 10.000 AE interessati da
aree sensibili non sono soltanto quelli che riversano i propri scarichi direttamente in aree sensibili,
ma anche quelli situati nei relativi bacini idrografici e che contribuiscono all’inquinamento di dette
aree. La Commissione ribadisce che, ai sensi della direttiva, non occorre individuare le aree
sensibili se nessun agglomerato con oltre 10 000 AE è interessato da dette aree.
Nel 2000 la Commissione ha proceduto alla verifica delle aree che nel maggio 1999 l’Italia
aveva dichiarato sensibili. La verifica ha riguardato i sistemi di riduzione dell’eutrofizzazione e di
protezione dai nitrati delle acque destinate alla produzione di acqua potabile. Le autorità italiane
avrebbero dovuto dichiarare sensibili anche le seguenti aree: Lago di Garda e Idro 13 , gli affluenti
del Po (Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino), il fiume Arno a valle di
Firenze e il relativo affluente, il Greve, il golfo di Castellammare in Sicilia e le acque costiere
dell’Adriatico settentrionale.
In base alle informazioni inviate dalle autorità italiane nel gennaio 2000, soltanto 51
agglomerati con popolazione equivalente superiore a 10.000 dovrebbero sottoporre le acque
reflue a trattamento terziario a tutela delle aree sensibili, pari soltanto al 3 % del carico organico
di tutti gli agglomerati italiani interessati dalla direttiva.
La Commissione ritiene che le autorità italiane non abbiano tenuto nella dovuta
considerazione l’obbligo di sottoporre a trattamento rigoroso (terziario) le acque reflue degli
agglomerati con oltre 10.000 AE situati nei bacini idrografici di aree sensibili e che contribuiscono
all’inquinamento di dette aree. Tale inosservanza risulta particolarmente grave in rapporto alla
13 Questi due laghi compaiono nell’elenco delle 187 aree sensibili inviato dalle autorità italiane nel gennaio 2001.
14

Allegato 9
protezione dei laghi, del delta del Po e delle acque costiere adiacenti, dichiarati sensibili. Per la
tutela di dette acque, l’Italia non ha tenuto conto degli scarichi riversati ad oltre 10 km dal litorale.
Secondo la Commissione, gli agglomerati situati in tutti i bacini idrografici che contribuiscono
all’inquinamento di dette acque, quali gli agglomerati di Milano e di Torino che scaricano nei
bacini idrografici del Po, contribuendo all’inquinamento del delta del Po e delle acque costiere
adiacenti, dovrebbero essere dotati di idonei sistemi di trattamento terziario.
Inoltre, anche gli agglomerati interessati dalle aree potenzialmente sensibili elencate nello
studio della Commissione, quali la città di Firenze, dovrebbero sottoporre le acque reflue a
trattamento rigoroso (terziario).
Per quanto concerne i 51 agglomerati che, secondo le autorità italiane, sono interessati da aree
sensibili, le informazioni inviate nel gennaio 2000 e nel gennaio 2001 non sono sufficienti per
valutare la conformità al 31 dicembre 1998. In particolare, per un numero consistente di detti
agglomerati non sono indicate le date alle quali sono risultati conformi. Sulla base delle
informazioni fornite, la Commissione ha calcolato che gli agglomerati che al 31 dicembre 1998
risultavano conformi alle disposizioni della direttiva erano 16. Nella lettera inviata il 5 gennaio
2001, le autorità italiane ne indicavano 43.
L’Italia comprende 72 città con popolazione equivalente superiore a 150.000. Sulla base delle
informazioni inviate dalle autorità italiane nel gennaio 2001, al 31 dicembre 1998 la situazione del
trattamento delle acque reflue provenienti da dette città era la seguente:
• 30 città — fra cui Bari, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Palermo, Parma, Ravenna, Roma
e Verona — sottoponevano le acque reflue a trattamento terziario;
• 29 città — fra cui Bologna, Cagliari, Catania, Genova, Modena, Monza, Napoli, Padova,
Rimini, Torino e Venezia — applicavano un trattamento secondario completo. Nel caso di
Torino, per il 2001 è prevista l’entrata in funzione di un impianto di trattamento terziario
dell’azoto. Un idoneo sistema di trattamento terziario non è previsto per città quali Padova o
Venezia, che pure contribuiscono all’inquinamento di aree sensibili;
• 3 città — Firenze, Reggio Calabria e Trieste — non trattavano in alcun modo parte delle
rispettive acque reflue. A Firenze si prevede di rendere operativo per la fine del 2001 un
sistema di trattamento secondario completo, ma non un sistema terziario per la riduzione
dell’azoto, che la Commissione ritiene invece necessario per la salvaguardia dell’Arno. A
Reggio Calabria un sistema di trattamento secondario completo è stato reso pienamente
operativo alla fine del 2000. Esiste un progetto per un impianto di trattamento terziario per la
città di Trieste, ma la data di entrata in funzione non è ancora stata comunicata;
• 7 aree — foce del fiume Sarno, Imperia foce del fiume Impero, tratto medio del fiume Sarno,
Merano, Milano, Misterbianco e Taranto — non disponevano, al 31 dicembre 1998, di alcun
impianto di trattamento. Taranto e Merano hanno introdotto nel 2000 un sistema di
trattamento terziario completo e, sulla base delle informazioni inviate, le altre città
dovrebbero conformarsi al più tardi entro il 2004.
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16
Figura 2.2. identificazione delle aree sensibili, meno sensibili e non sensibili e dei relativi bacini
idrografici.

Allegato 9
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8 della direttiva, il Lussemburgo ha deciso di applicare un
trattamento rigoroso in tutto il proprio territorio (trattamento terziario dell’azoto e del fosforo). Il
Lussemburgo non è pertanto tenuto all’individuazione di aree sensibili.
Il Lussemburgo comprende 11 agglomerati con popolazione equivalente superiore a 10.000.
Al 31 dicembre 1998, la situazione relativa alla conformità di detti agglomerati alle disposizioni
della direttiva era la seguente:
• 3 agglomerati risultavano conformi: Mamer, Pétange e Uebersyren. Essi rappresentano il
15 % del carico organico degli agglomerati lussemburghesi con oltre 10.000 AE;
• 8 agglomerati non risultavano pertanto conformi.
Il Lussemburgo prevede di rendere conformi tutti questi agglomerati al più tardi entro il 2005.
Il Lussemburgo ha altresì deciso di avvalersi provvisoriamente della facoltà concessa dal
paragrafo 4 dell’articolo 5 della direttiva, che esenta dall’obbligo di verificare la conformità del
trattamento per singolo agglomerato, considerando invece la riduzione percentuale del carico in
ingresso a tutti gli impianti di trattamento: detta percentuale deve essere pari, in termini
complessivi, ad almeno il 75 % per l’azoto totale e per il fosforo totale, considerando tutti gli
agglomerati che devono dotarsi di impianti di trattamento e non soltanto quelli con oltre 10 000
AE. Tale percentuale di riduzione non è ancora stata raggiunta, almeno per quanto riguarda
l’azoto.
Essendosi avvalso della facoltà prevista, il Lussemburgo ha dichiarato di aver applicato i
parametri specificati nella direttiva per gli scarichi effettuati durante la costruzione o qualsiasi
modifica strutturale di un nuovo impianto di trattamento; tuttavia, raggiunto il livello di riduzione
pari al 75 % per l’azoto e per il fosforo, il Lussemburgo ritiene di poter fissare parametri meno
rigorosi.
Soltanto la città di Lussemburgo (360.000 AE) ha un numero di abitanti equivalenti superiore
a 150.000 e sottopone le acque reflue a trattamento secondario e a trattamento terziario del
fosforo. Il trattamento terziario sia dell’azoto che del fosforo, prescritto dalla direttiva, è previsto
per il 2005.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8 della direttiva, i Paesi Bassi hanno deciso di applicare un
trattamento rigoroso in tutto il territorio (trattamento terziario dell’azoto e del fosforo). I Paesi
Bassi non sono pertanto tenuti all’individuazione di aree sensibili.
I Paesi Bassi hanno deciso di avvalersi della facoltà prevista dall’articolo 5, paragrafo 4 della
direttiva: pertanto, la disposizione che prevede che ciascun impianto di trattamento debba trattare
le acque reflue a livello terziario non è applicabile. Le autorità olandesi devono dimostrare che la
percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di
trattamento del paese, e non soltanto a quelli per oltre 10.000 AE, è pari almeno al 75 % per il
fosforo totale e almeno al 75 % per l’azoto totale. Nelle informazioni inviate alla Commissione, le
autorità olandesi dichiarano che, al 31 dicembre 1998, il livello minimo del 75 % era stato
raggiunto per il fosforo ma non per l’azoto. Il livello di riduzione dell’azoto, a quella data, era pari
al 60 %.
La conformità alle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva deve essere
considerata in termini complessivi e non su base regionale. La Commissione ritiene pertanto che,
al 31 dicembre 1998, gli scarichi di acque reflue urbane nei Paesi Bassi non erano conformi alle
disposizioni della direttiva.
I Paesi Bassi comprendono 23 città con popolazione equivalente superiore a 150.000. Al 31
dicembre 1998, soltanto la città di Haarlem applicava un trattamento secondario e un trattamento
17

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terziario completo dell’azoto e del fosforo. Le altre 22 città, comprese Amsterdam, Eindhoven,
L’Aia e Rotterdam, applicavano un trattamento secondario e un trattamento terziario del fosforo;
di queste soltanto Arnhem e Rotterdam applicavano, alla data sopraindicata, anche un
trattamento parziale dell’azoto.
I Paesi Bassi prevedono di conformarsi alla direttiva nel 2005.
L’Austria ha ritenuto che nessuno dei sistemi idrici presenti nel proprio territorio rispondesse ai
criteri per l’individuazione di aree sensibili. L’Austria ha confermato tale posizione nel 1998,
informando la Commissione che la procedura di revisione prescritta dalla direttiva non aveva
portato all’individuazione di alcun sistema idrico con le caratteristiche di area sensibile.
Tredici agglomerati austriaci con popolazione equivalente superiore a 10.000 sono situati nella
parte austriaca del bacino idrografico del Reno e un agglomerato con oltre 10.000 AE (bacino
idrografico dell’Elba) nella parte austriaca del bacino idrografico dell’Elba. I due fiumi sfociano
nelle acque costiere del Mare del Nord e del Baltico, già eutrofizzate e dichiarate sensibili.
Inoltre, 11 agglomerati austriaci sono situati nei bacini idrografici che alimentano i laghi tedeschi,
anch’essi dichiarati sensibili.
Le autorità austriache hanno prescritto l’applicazione di un idoneo sistema di trattamento
terziario in 24 dei 25 agglomerati, anche se, nella nota inviata alla Commissione nel gennaio 2001,
l’Austria respinge il parere secondo cui i suoi agglomerati contribuiscono all’inquinamento delle
acque costiere del Mare del Nord e del Baltico.
L’Austria comprende 20 città con popolazione equivalente superiore a 150.000:
• al 31 dicembre 1998, 10 città — Bregenz, Dornbirn, Feldkirch, Hohenems, Innsbruck,
Lenzing, Salisburgo, Schwaz, St Pölten e Steyermühl — sottoponevano già le acque reflue
a trattamento rigoroso (terziario);
• alla stessa data, le altre 10 città — Graz, Klagenfurt, Krems, Linz, Pöls, Raum Gratkorn,
Villacco, Welser Heide, Vienna e Vienna Neustadt — applicavano un trattamento
secondario completo.
Nel gennaio 2001, le autorità austriache hanno annunciato l’introduzione nelle suddette città di
un sistema di trattamento terziario dell’azoto e del fosforo, benché non prescritto dalla direttiva.
Nel giugno 1997 il Portogallo ha ufficialmente dichiarato sensibili 41 sistemi idrici. I criteri
applicati riguardavano la riduzione dell’eutrofizzazione e la necessità di trattare a livello terziario
l’inquinamento microbiologico, in particolare per la protezione delle acque destinate alla
balneazione.
Lo studio della Commissione (ERM) indica che altri quattro sistemi idrici avrebbero dovuto
essere classificati fra quelli sensibili: si tratta delle sezioni eutrofizzate dell’estuario del Tago e la
diga di Miranda nel bacino idrografico del Douro, in prossimità della frontiera spagnola. Per
proteggere queste due aree, la Commissione ritiene necessario sottoporre le acque reflue ad un
idoneo trattamento rigoroso (terziario) in tutto il bacino idrografico del Tago e del relativo
estuario, in particolare a Lisbona e nella zona del bacino idrografico del Douro.
Nell’ottobre 1999 le autorità portoghesi hanno inviato alla Commissione un elenco di 27
agglomerati con oltre 10.000 AE, situati nei bacini idrografici di aree dichiarate sensibili (27).
Detti agglomerati rappresentano soltanto l’8 % del carico totale degli agglomerati portoghesi cui
si indirizza la direttiva. Il trattamento terziario prescritto riguarda, singolarmente o in sinergia,
l’azoto, il fosforo e l’inquinamento microbiologico. È opportuno notare che il trattamento
terziario (trattamento dell’azoto e/o del fosforo) effettuato in alcuni di questi agglomerati per
contrastare l’eutrofizzazione non è conforme al parere della Commissione, riportato nel paragrafo
18

Allegato 9
2.2. È opportuno inoltre evidenziare che il Portogallo tratta a livello terziario l’inquinamento
microbiologico in 24 dei 27 agglomerati interessati da aree sensibili, l’azoto in 17 agglomerati e il
fosforo in 4.
Al 31 dicembre 1998, 5 dei 27 agglomerati risultavano conformi alle disposizioni della
direttiva. Le autorità portoghesi prevedono che gli altri agglomerati possano conformarsi alla
direttiva al più tardi nel 2003.
Il Portogallo comprende 14 città con popolazione equivalente superiore a 150.000. In 10 delle
suddette città sono in corso progetti di impianto o opere di costruzione. Il Portogallo ha
annunciato che gli impianti di trattamento previsti saranno operativi al più tardi nel 2005.
Nel 1997 le autorità nazionali portoghesi hanno classificato come meno sensibili tutte le acque
costiere del territorio, ad eccezione di quelle dell’Algarve.
La Commissione ritiene che alcune delle aree individuate dalle autorità portoghesi non
soddisfino i criteri della direttiva, in particolare per quanto concerne il rischio di contaminazione
di molte acque destinate alla balneazione e alla molluschicoltura. La Commissione ritiene che tutti
gli agglomerati portoghesi con oltre 15 000 AE, compresi quelli che riversano i propri scarichi
nelle aree dichiarate meno sensibili dalle autorità portoghesi, debbano, al 31 dicembre 2000,
sottoporre le acque reflue ad un trattamento di livello almeno secondario.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8 della direttiva, la Finlandia ha deciso di applicare un
trattamento rigoroso in tutto il proprio territorio (trattamento terziario dell’azoto e del fosforo).
La Finlandia non è pertanto tenuta all’individuazione di aree sensibili.
Le autorità finlandesi hanno prescritto il trattamento terziario del fosforo in tutti gli
agglomerati con oltre 10.000 AE, ma non il trattamento terziario dell’azoto. Nel febbraio 2001 le
autorità finlandesi giustificavano tale scelta affermando che, al momento del recepimento della
direttiva nell’ordinamento giuridico finlandese nel 1994, gli scienziati erano concordi nel
considerare il fosforo la causa principale dell’eutrofizzazione delle acque dolci finlandesi e delle
acque costiere del Baltico.
Tale interpretazione non trova concorde la Commissione. Testi scientifici pubblicati nel 1995
e nel 1996, dimostravano la responsabilità degli scarichi sia di azoto che di fosforo
nell’eutrofizzazione del Baltico e affermavano che, in base alle condizioni locali, il fosforo
provoca eutrofizzazione in taluni tratti di mare e l’azoto in altri. Nel febbraio 2001, le autorità
finlandesi rilevano altresì che, dopo il 1995-1996, è evidente che, oltre al fosforo, anche l’azoto
potrebbe essere responsabile dell’eutrofizzazione di taluni tratti del Baltico.
È altresì importante notare che gli scarichi riversati in un tratto del Baltico si diffonderanno ad
altri tratti di mare dove potrebbero avere ripercussioni negative sull’ambiente. Considerata la
situazione, la Commissione ritiene che ai sensi della direttiva sia essenziale sottoporre a
trattamento terziario sia l’azoto che il fosforo in tutti gli agglomerati con oltre 10 000 AE situati
nei bacini idrografici che si immettono nel Baltico. Ritiene inoltre che le autorità finlandesi non
siano riuscite a dimostrare che l’eliminazione dell’azoto non incide sul livello di eutrofizzazione
nel Baltico.
Con tali premesse, la valutazione condotta dalla Commissione dimostra che soltanto 11 degli
85 agglomerati con oltre 10 000 AE della Finlandia risultavano conformi alle disposizioni della
direttiva al 31 dicembre 1998.
Le autorità finlandesi hanno annunciato l’intenzione di migliorare nei prossimi anni il sistema
di trattamento delle acque reflue prodotte da detti agglomerati, in particolare prendendo in
considerazione il trattamento terziario dell’azoto.
La Finlandia comprende sei città con popolazione equivalente superiore a 150.000: Espoo,
Helsinki, Jyväskylä, Lahti, Tampere e Turku. Alla fine del 1998 tutte queste città applicavano un
trattamento secondario e un trattamento terziario del fosforo.
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Nel 1994 la Svezia ha dichiarato aree sensibili tutte le acque del proprio territorio, basandosi sul
criterio dell’eutrofizzazione e che il tipo di trattamento terziario prescritto dipendeva dai sistemi
idrici interessati.
La Svezia ritiene che per contrastare l’eutrofizzazione e il rischio di eutrofizzazione delle acque
dolci, degli estuari e delle acque costiere sia necessario provvedere al trattamento terziario del
fosforo in tutti gli agglomerati con oltre 10.000 AE.
La Svezia ha altresì segnalato che le acque costiere del Mare del Nord e del Baltico, a partire
dal confine norvegese fino al territorio comunale di Norrtälje, comprese le acque costiere ad est
dell’isola di Öland e attorno all’isola di Gotland, risultavano sensibili agli scarichi di azoto.
Le autorità svedesi ritengono pertanto che gli scarichi provenienti dagli agglomerati con oltre
10.000 AE che si immettono nel Baltico a nord del territorio comunale di Norrtälje non
necessitino del trattamento terziario dell’azoto. Ritengono inoltre che gli scarichi di azoto
provenienti da altri agglomerati con oltre 10.000 AE nella parte centrale del paese e diretti a sud,
non contribuiscano all’eutrofizzazione delle acque costiere in quanto durante il trasferimento al
bacino idrografico compreso fra il punto di emissione del carico inquinante e il mare si registra
una sufficiente ritenzione naturale di azoto.
La Commissione non concorda con le autorità svedesi sul fatto che taluni scarichi di azoto
non contribuiscano all’eutrofizzazione. Poiché gli scarichi di azoto e di fosforo sono entrambi
responsabili dell’eutrofizzazione marina e considerando che gli scarichi riversati in un’area
costiera si diffondono a quelle adiacenti, la Commissione ritiene che tutti gli agglomerati svedesi
con oltre 10.000 a.e. avrebbero dovuto prevedere un trattamento dell’azoto al 31 dicembre 1998.
Inoltre, la Commissione è del parere che, per quanto concerne gli agglomerati situati nella parte
meridionale e centrale del paese, gli scarichi di azoto contribuiscano all’inquinamento delle aree
sensibili, anche tenendo conto della parziale ritenzione naturale dell’azoto nei bacini idrografici.
La Commissione ritiene quindi che, dei 144 agglomerati svedesi con oltre 10.000 AE, soltanto
34 sono conformi alla direttiva, in quanto dotati, al 31 dicembre 1998, di impianti di trattamento
secondario e di trattamento terziario completo dell’azoto e del fosforo. Questi agglomerati
rappresentano il 34 % del carico degli agglomerati svedesi con oltre 10.000 AE.
La Svezia comprende sette città con popolazione equivalente superiore a 150.000:
• quattro città — Stoccolma, Kristianstad, Malmö e Helsingborg — applicano un
trattamento secondario e un trattamento terziario dell’azoto e del fosforo;
• le restanti tre città — Göteborg, Lidingö e Linköping — applicano un trattamento
secondario e un trattamento terziario del fosforo. Queste tre città prevedono di integrare
il sistema con il trattamento dell’azoto.
Il Regno Unito ha effettuato una prima classificazione delle aree sensibili basandosi
sull’eutrofizzazione. Di conseguenza, sono stati dichiarati sensibili 33 sistemi idrici d’acqua dolce
in Inghilterra e nel Galles, 3 in Scozia e 2 nell’Irlanda del Nord. Nel 1998, sempre in riferimento
all’eutrofizzazione, sono stati dichiarati sensibili in Inghilterra e nel Galles altri 47 sistemi idrici,
mentre 3 sistemi già classificati sensibili sono stati ampliati. Nel 2000 le autorità scozzesi hanno
comunicato di aver dichiarato area sensibile l’estuario dell’Ythan a causa dell’eutrofizzazione.
Infine, nel febbraio 1997, tre fiumi inglesi sono stati dichiarati sensibili in rapporto alla protezione
dai nitrati delle acque destinate alla produzione di acqua potabile.
Lo studio di verifica della Commissione (ERM) dimostra che si sarebbero dovuti dichiarare
sensibili anche altri sistemi idrici: tra cui alcuni estuari e talune acque costiere, in particolare
l’estuario del Tamigi, il Wash, l’Humber, il Deben e il Colne, le acque di Southampton e le acque
costiere del Galles del nord, dell’Inghilterra nord-occidentale e della Scozia sud-occidentale non
soddisfano i criteri della direttiva per quanto riguarda il rischio di eutrofizzazione.
20

Allegato 9
Un altro studio di verifica condotto nel 2000 in Irlanda del Nord indica che anche le seguenti
acque costiere avrebbero dovuto essere dichiarate sensibili: Bann Estuary, Carlingford Lough,
Belfast Lough e Lough Foyle.
Inoltre, la Commissione ritiene che, per conformarsi alla normativa comunitaria, il Regno Unito
avrebbe dovuto dichiarare sensibili anche le acque destinate alla balneazione e alla
molluschicoltura, considerando l’inquinamento già riconosciuto di alcune di queste acque dovuto
agli scarichi di acque reflue urbane e la necessità di trattare a livello terziario l’inquinamento
microbiologico di tali scarichi.
207 agglomerati con oltre 10.000 AE sono interessati dalle aree dichiarate sensibili dal Regno
Unito e dovrebbero pertanto trattare le acque reflue a livello terziario. Questi agglomerati
rappresentano un carico organico pari a 13.843.093 AE.
Ai fini della valutazione della conformità, la Commissione ritiene che al 31 dicembre 1998
soltanto 19 agglomerati erano conformi alla direttiva. Tale valutazione ha tenuto soprattutto
conto del fatto che molti di questi agglomerati non sono situati soltanto nei bacini idrografici di
acque dolci dichiarate sensibili a causa dell’eutrofizzazione e quindi, secondo le autorità
britanniche, assoggettabili a trattamento terziario del fosforo, ma anche nei bacini idrografici delle
acque costiere e degli estuari che la Commissione ritiene classificabili come aree sensibili.
La Commissione considera pertanto che, per proteggere gli estuari e le acque costiere, detti
agglomerati debbano applicare un trattamento terziario supplementare dell’azoto. Pertanto, 188
agglomerati non sono conformi alle disposizioni della direttiva.
Da ultimo, è opportuno rilevare che tale valutazione degli agglomerati interessati dalle aree
dichiarate sensibili dal Regno Unito non tiene conto di tutti gli agglomerati situati nei bacini
idrografici di sistemi idrici che la Commissione considera classificabili come sensibili. La
Commissione pertanto è del parere che agglomerati quali Londra, Leeds, Hull e Southampton
avrebbero dovuto dotarsi di un sistema di trattamento terziario entro il 31 dicembre 1998.
Il Regno Unito comprende 97 centri urbani con popolazione equivalente superiore a 150.000.
Al 31 dicembre 1998 la situazione del trattamento delle acque reflue in questi centri urbani era la
seguente:
• 2 centri urbani (Milton Keynes e Coventry) applicavano un trattamento secondario ed un
trattamento terziario completo;
• 61 centri urbani applicavano un trattamento secondario completo o un trattamento
terziario parziale. La Commissione ritiene che molti di questi centri urbani, quali Londra,
dovrebbero dotarsi di un sistema di trattamento terziario per contrastare l’eutrofizzazione
delle acque costiere e degli estuari;
• 12 centri urbani applicavano un trattamento secondario parziale o un trattamento
primario (Aberdeen, Glasgow, Edimburgo, Newcastle-upon-Thyne, Liverpool, Great
Yarmouth, Cardiff, Bristol, Sandown, Worthing, Gillingham, Eastbourne);
• 11 centri urbani non trattavano in alcun modo le acque reflue (Dundee,
Sunderland/Whitburn, Middlesborough, Hull, Bedington, Port Talbot, Torbay,
Portsmouth, Brighton, Hastings, Dover/Folkesstone);
• per i restanti 11 centri urbani le informazioni sono incomplete.
Nel Regno Unito risultano, alla data del febbraio 2001, cinque aree meno sensibili: tre in Scozia e
due nell’Irlanda del Nord. La Commissione ritiene che altri agglomerati con oltre 15.000 AE che
riversano i propri scarichi in aree meno sensibili avrebbero dovuto trattare le acque reflue almeno
a livello secondario fin dal 31 dicembre 2000.
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2.2 Agglomerati interessati da aree dichiarate sensibili
L’informazione ad oggi disponibile, fornita ufficialmente dagli Stati Membri, sulla situazione negli
agglomerati ritenuti interessati da aree dichiarate sensibili 14 è riportata nella Tabella 2.2. Pertanto,
le informazioni sottoriportate non tengono conto degli agglomerati situati nei bacini parzialmente
drenanti in aree sensibili non considerate tali dagli Stati membri (in bianco circolettato di rosa
nella Fig.2.1) o nei bacini drenanti in aree considerate potenzialmente sensibili dalla Commissione
(aree rosa retinate della Fig.2.1).
La prima parte della Tabella 2.2 indica il numero e il carico organico degli agglomerati con
popolazione superiore a 10.000 AE che, secondo gli Stati membri, dovrebbero trattare in modo
rigoroso (livello terziario) le acque reflue, a tutela delle aree sensibili. Nel caso degli Stati Membri
che hanno deciso di applicare un trattamento rigoroso in tutto il loro territorio (la Danimarca, il
Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Finlandia e la Svezia) o su gran parte di esso (la Germania), ciascun
carico rappresenta chiaramente un’elevata percentuale del carico organico totale dello Stato
membro. Per contro, altri Stati membri (la Grecia, la Spagna, l’Irlanda, l’Austria e il Portogallo)
hanno ritenuto che un trattamento rigoroso delle acque reflue a tutela delle aree sensibili sia
necessario per una quota inferiore al 10 % del carico organico totale dello Stato Membro e quindi
soltanto per un numero limitato di agglomerati. Le cifre relative alla Francia e al Regno Unito
sono leggermente più elevate — pari rispettivamente al 25 % e al 18 % — del carico organico, da
sottoporre a trattamento rigoroso, di ciascuno Stato Membro.
La valutazione del livello di conformità dei 3.243 agglomerati — su un totale di circa 20.000
agglomerati interessati dalla direttiva — riguarda i sistemi di raccolta e gli impianti di trattamento.
Relativamente al tipo di trattamento terziario necessario per ridurre o prevenire l’eutrofizzazione
delle acque recipienti, la Commissione ritiene che gli scarichi di azoto e di fosforo provochino
eutrofizzazione nelle acque dolci, salmastre o negli estuari: è stato scientificamente accertato che
generalmente l’azoto è il principale responsabile dell’eutrofizzazione nelle acque costiere, mentre
il fosforo è fonte di eutrofizzazione nelle acque dolci. Per la valutazione della conformità del
trattamento, la Commissione è quindi del parere che, in assenza di prove scientifiche che
dimostrino il contrario, per alcuni corpi idrici si debba procedere almeno al trattamento del
fosforo per contrastare l’eutrofizzazione delle acque dolci e almeno dell’azoto per ridurre
l’eutrofizzazione delle acque costiere e degli estuari. Gli ultimi studi in materia dimostrano
tuttavia che, in funzione delle specie di alghe presenti e del periodo dell’anno, l’azoto e il fosforo
possono costituire, in sinergia o singolarmente, fattori limitanti sia nelle acque dolci che in quelle
marine: risulta quindi spesso necessario ridurre entrambe le sostanze.
In conclusione, dall’analisi delle informazioni ricevute riguardo agli agglomerati ritenuti
interessati da aree sensibili, si evince che soltanto la Danimarca e l’Austria risultano quasi del
tutto conformi alla direttiva. Per quanto riguarda la Danimarca, al 31 dicembre 1998 soltanto due
agglomerati non risultavano conformi alle disposizioni della direttiva; nel caso dell’Austria, un
solo agglomerato non era conforme. Tutti gli altri Stati Membri dimostrano chiaramente di non
aver rispettato la scadenza. La maggior parte degli Stati Membri prevede di conformarsi alla
Direttiva entro il 2005.
14 Per «agglomerati interessati da aree sensibili» s’intendono gli agglomerati situati all’interno dei bacini drenanti in
aree sensibili e che contribuiscono all’inquinamento di tali aree (cfr. articolo 5 della Direttiva 91/271/CEE del
Consiglio). Il termine «agglomerato» deve intendersi secondo la definizione fornita all’articolo 2, paragrafo 4 della
Direttiva 91/271/CEE.
22

Allegato 9
Tabella 2.2. Agglomerati con oltre 10.000 AE interessati da un’area sensibile (AS) e carichi
organici. Situazione al 31.12.1998
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Allegato 9
Capitolo 3
Fattori responsabili dell’ eutrofizzazione e loro
importanza nelle diverse specificita’ territoriali
3.1 Definizione di eutrofizzazione e possibili interpretazioni
L’eutrofizzazione rappresenta da decenni il principale problema in materia di inquinamento idrico
nei paesi industrializzati e altamente popolati a causa degli effetti negativi indotti, che possono
compromettere l’uso dell’acqua per qualsiasi scopo ed avere notevoli conseguenze economiche.
Il primo rapporto organico sull’eutrofizzazione nell’Unione Europea venne pubblicato nel
1988 dalla Direzione Generale Ambiente e Tutela dei consumatori della Commissione Europea al
fine di definire una strategia comune di controllo del fenomeno; esso ha successivamente
costituito la base scientifica per la preparazione della Direttiva comunitaria sulle acque reflue.
La parola “eutrofizzazione” significa letteralmente “processo attraverso il quale si ottiene una
soddisfacente nutrizione”, ma nel linguaggio odierno il termine si riferisce all’eccessiva
fertilizzazione dei nutrienti (soprattutto il fosforo ed i composti dell’azoto) nelle acque dolci e
nelle acque costiere marine, provocando una crescita eccessiva delle piante acquatiche.
Nel seguito sono riportate alcune definizioni del termine ‘’ eutrofizzazione’’ e di possibili
interpretazioni di interesse per la presente relazione.
Secondo la definizione dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico Parigi) l’eutrofizzazione consiste nel progressivo arricchimento di sostanze nutritive
nelle acque che frequentemente esita in un insieme di cambiamenti quali: l’incremento della
produzione di alghe e piante acquatiche, l’impoverimento delle risorse ittiche, la generale
degradazione della qualità dell’acqua ed altri effetti che ne riducono o precludono gli usi.
Nella Direttiva 91/271/CEE per eutrofizzazione si intende l’arricchimento delle acque in
nutrienti, in particolar modo composti dell’azoto e/o del fosforo, che provoca una proliferazione
di alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una variazione indesiderata
dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate (articolo 2,
paragrafo 11).
La Direttiva 91/676/CE, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai
nitrati provenienti da fonti agricole, definisce all'articolo 2, lettera i) definisce l’eutrofizzazione
come l'arricchimento dell'acqua con composti azotati che causa una crescita rapida delle alghe e
di forme superiori di vita vegetale, producendo una variazione indesiderata dell’equilibrio degli
organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque interessate.
Secondo l’Agenzia dell’Ambiente inglese l’arricchimento delle acque in nutrienti provoca una
serie di cambiamenti sintomatici comprendenti un aumento della produzione di alghe e/o di
piante superiori che possono influire sulla diversità del sistema biologico, la qualità dell’acqua e
gli usi a cui essa è destinata.
Secondo l’Autorità di Bacino del fiume Po il termine eutrofizzazione indica lo stato di un
corpo idrico nel quale si manifesta un’intensa proliferazione di alghe e di piante acquatiche e il
loro accumulo all’interno del corpo stesso. Questo accumulo è causa di fenomeni che modificano
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le caratteristiche degli ecosistemi, impoveriscono la struttura delle componenti biotiche e
interferiscono in modo significativo con l’uso delle risorse idriche.
Le Direttive europee non definiscono il termine “eutrofico” ma solo quello di eutrofizzazione.
Nella letteratura scientifica la differenza tra i due termini è che “eutrofico” generalmente si
riferisce ad uno stato (i.e. una particolare condizione del corpo idrico in esame), mentre
‘’eutrofizzazione’’ si riferisce ad un processo (i.e. un corpo idrico prossimo ad uno stato
eutrofico, o tendente a diventare più eutrofico).
Queste differenze hanno portato alcuni Stati Membri ad interpretare il termine “eutrofico”
nell’Annesso II (A) della Direttiva in modo diverso da quanto assunto dalla Commissione,
causando una serie di contenziosi e procedimenti di infrazione per mancata conformità alle
disposizioni in materia di aree sensibili e attuazione degli obblighi imposti dalla Direttiva.
Ad esempio per il Regno Unito un corpo idrico è eutrofico quando sono soddisfatte
contemporaneamente le seguenti tre condizioni:
- un arricchimento delle acque in nutrienti, in particolar modo composti dell’azoto e/o del
fosforo;
- una crescita rapida (o proliferazione) delle alghe e di forme superiori di vita vegetale causata
dall’arricchimento;
- una variazione indesiderata dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità
delle acque interessate causata da una crescita rapida.
Nell’applicazione di questi tre criteri è necessario definire il livello di riferimento (o background
naturale) rispetto al quale si possa giudicare l’arricchimento (nel caso dei nutrienti), la crescita
rapida (nel caso delle alghe e delle piante superiori) e la variazione indesiderata (nel caso
dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua e della qualità delle acque stesse).
L’arricchimento è misurato rispetto alla concentrazione naturale del nutriente nell’area
geografica in esame. Per le acque interne si considerano sia il fosforo che l’azoto, mentre per
quelle marine costiere si considera l’azoto inorganico disciolto. In genere, si fissano criteri
numerici. La crescita rapida significa un livello maggiore di crescita in termini di quantità di alghe
e piante acquatiche presenti nell’acqua. In prima approssimazione si valuta rispetto ai valori di
riferimento nelle acque limitrofe, tenendo conto delle variazioni stagionali o, dove possibile (i.e.
se esistono dati storici), confrontando i valori misurati con quelli riscontrati tradizionalmente nel
corpo idrico in oggetto. Anche in questo caso sono utilizzati criteri numerici. Infine, la variazione
indesiderata dell’equilibrio degli organismi presenti nell’acqua è misurata rispetto alle comunità
tipiche specifiche di norma associate a condizioni inalterate.
Da quanto summenzionato emerge che i processi di eutrofizzazione da un punto di vista
ecologico sono molto complessi. L’identificazione delle aree sensibili richiede criteri aggiuntivi
poiché i sintomi dell’eutrofizzazione sono alquanto diversi dalla semplice proliferazione algale.
L’esempio citato del Regno Unito è emblematico: esso suggerisce la necessità di definire un
approccio olistico per l’eutrofizzazione delle acque che tenga conto delle misure e degli elementi
(biologici, idromorfologici, chimici e fisico-chimici), e dei rapporti di qualità ecologica, definiti
nella Direttiva 2000/60/CE.
26

Allegato 9
3.2 Fattori causali
Il processo di eutrofizzazione può dare luogo schematicamente a tre tipi di effetti indesiderati:
a) produzione di una quantità più o meno rilevante di materiale organico rappresentato da
piante sommerse (macrofite o da alghe microscopiche sospese nella massa d’acqua
(fitoplancton) o da entrambe le componenti;
b) riduzione dell’ossigeno disciolto fino a livelli incompatibili con la sopravvivenza degli
organismi acquatici aerobici;
c) formazione di composti derivanti dalla degradazione anaerobica delle sostanze organiche,
nonché dalla riduzione di materiali inorganici presenti nell’acqua e nei sedimenti. In
queste condizioni in genere compaiono o aumentano fortemente di concentrazione i
nitriti, l’ammoniaca, l’idrogeno solforato, il metano, i sali solubili del fosforo ed altri
numerosi composti derivanti anche dai processi di fermentazione (alcoli, acidi organici) e
putrefazione (ammine).
Gli ambienti acquatici più fragili, e quindi maggiormente interessati dai processi di
eutrofizzazione, sono quelli a lento o limitato ricambio e aventi particolari caratteristiche
fisiografiche, nei quali un apporto eccessivo di nutrienti non viene compensato dalla diluizione e
il contributo del movimento della massa d’acqua all’ossigenazione è irrilevante. Il fenomeno è
osservabile, tuttavia, anche nelle acque correnti e nelle acque costiere marine.
Nel caso dei corpi idrici lacustri, l’eutrofizzazione può avvenire naturalmente come risultato
del normale processo di invecchiamento dei laghi in seguito all’interramento della conca lacustre
provocato dall’apporto di materiali provenienti dal bacino imbrifero. Le attività umane, quali
l’immissione di effluenti urbani, possono accelerare il processo naturale e ridurre i tempi evolutivi
dell’ecosistema lacustre a pochi anni; in tal caso il processo è noto come eutrofizzazione culturale.
Le cause naturali che interferiscono con il processo eutrofico e con la dinamica dei nutrienti
sono legate alle caratteristiche del clima, del bacino drenante e del corpo idrico stesso. I fenomeni
meteoclimatici, i regimi idrologici superficiali e sotterranei, le caratteristiche geologiche e
geochimiche del bacino drenante, la copertura vegetale del suolo, la morfologia del bacino
drenante e del corpo idrico concorrono a determinare il bilancio idrico e termico del corpo idrico,
l’apporto di sedimenti, la composizione chimica delle acque. Per i bacini lacustri ad elevato livello
trofico è rilevante il ruolo dei sedimenti nel rilascio di nutrienti. Si tratta di un fenomeno di entità
estremamente variabile, dipendente in larga misura dalle caratteristiche geologiche del bacino e
dal prolungarsi nel tempo dell’eutrofizzazione.
Le modifiche di origine antropica dello stato trofico dei corpi idrici sono connesse, da un lato,
ai diversi fattori di generazione di nutrienti (sorgenti puntiformi e diffuse) e, dall’altro, alle
modalità di trasporto degli stessi attraverso il reticolo drenante naturale ed artificiale.
Il reticolo idrografico drenante, inteso come insieme dei corsi d’acqua artificiali e naturali,
svolge un ruolo importante nei fenomeni di trasporto del carico inquinante dalle sorgenti di
generazione ai corpi idrici ricettori, e quindi nella disponibilità di nutrienti che condizionano lo
stato trofico dei corpi idrici. Nel bacino padano l’espansione delle zone urbanizzate ha
incrementato il rischio idraulico di esondazioni dagli alvei, non adeguati ad accogliere
l'incremento dei deflussi superficiali dai suoli pavimentati, nonché la veicolazione degli inquinanti
dalle aree urbane. Inoltre l’artificializzazione del reticolo drenante ha modificato i regimi
idrologici, le caratteristiche idrauliche del sistema e l’effetto filtro svolto dall’ecosistema fluviale.
Riducendo i tempi di corrivazione, variando i tempi di ritenzione idraulica nei laghi, eliminando le
fasce riparie dei corsi d’acqua sono state modificate le modalità ed i tempi di trasporto dei
nutrienti, attenuando l’effetto dei fenomeni naturali di abbattimento biochimico degli stessi.
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L’attenuazione dei fenomeni di autodepurazione, oltre al degrado generale dell’ecosistema
fluviale, è dovuta anche alla riduzione delle portate naturali in alveo, in conseguenza dello
sfruttamento antropico delle risorse idriche superficiali per i diversi usi.
Nella Figura 3.1 sono rappresentati schematicamente i fattori e i processi che agiscono
sull’evoluzione dello stato trofico dei corpi idrici.
La crescita delle alghe e delle piante acquatiche è controllata dalla quantità e dalla variabilità
delle sostanze per le quali è richiesto un valore minimo (legge di Liebig), dai fattori fisici critici e
dai limiti di tolleranza a questi e ad altri componenti ambientali. L’individuazione dei fattori
limitanti i fenomeni eutrofici rappresenta, quindi, un elemento fondamentale nell’elaborazione
delle strategie di risanamento, nella valutazione della loro efficacia e nella previsione dei tempi di
recupero dei corpi idrici.
L’azoto ed il fosforo in soluzione sono assunti dal fitoplancton secondo lo stesso rapporto che
questi elementi hanno all’interno della biomassa algale. Tale rapporto è variabile a seconda delle
condizioni ambientali in cui gli organismi si trovano a vivere e alle quali si adattano. Si è osservato
che in condizioni ottimali, il rapporto tra il carbonio, l’azoto ed il fosforo risulta praticamente
costante e pari a 106 atomi di carbonio, 16 di azoto e 1 di fosforo (106 C: 16 N: 1 P). Pertanto,
considerando i diversi pesi atomici si ottiene che nella biomassa algale il rapporto N/P (in peso)
= circa 7. Se il rapporto nel mezzo acquoso supera questo valore, il fosforo è il fattore limitante la
crescita algale e l’azoto in eccesso non può essere utilizzato. In termini pratici si assume che:
valori di N/P concentrazioni
fattore limitante FOSFORO > 10 oppure di fosforo biodisponibile < 5 µg/l
(l'azoto in eccesso non può essere utilizzato)
fattore limitante AZOTO < 5 oppure di azoto < 20 µg/l
(il fosforo in eccesso non può essere utilizzato)
In base ai dati disponibili emerge che il rapporto N/P in peso è maggiore di 10 sia nei laghi sia in
Adriatico. Risulta quindi confermato il ruolo del fosforo come fattore limitante, ed è chiara
l’importanza di concentrare gli sforzi sulla rimozione del fosforo per limitare l’eutrofizzazione;
infatti una diminuzione della concentrazione dei fosfati nei bacini lacustri o in mare contribuisce
ad un abbassamento del livello trofico, che si traduce in una diminuita frequenza delle fioriture e
in una riduzione della loro intensità.
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Figura 3.1. Fattori e processi che influenzano la dinamica trofica di un corpo idrico

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Negli ultimi venti anni gli studi sull’eutrofizzazione delle acque dolci sono stati influenzati da
diversi nuovi convincimenti che hanno modificato ma non invalidato il lavoro empirico di
Vollenweider. Il progresso nella conoscenza scientifica del processo di eutrofizzazione ha
dimostrato che nei laghi pesantemente eutrofizzati la biomassa algale non aumenta secondo una
relazione lineare con il fosforo poichè altri fattori ambientali entrano in gioco. Il fattore che limita
la crescita algale può cambiare stagionalmente o per periodi piŭ o meno lunghi in funzione
dell’uso del suolo o variare per zone climatiche. In alcune regioni Europee (ad esempio in alcune
aree della Gran Bretagna o in laghi ad elevate altitudini), l’azoto piuttosto che il fosforo spiega la
variabilità della clorofilla; la limitazione da azoto può essere correlata con una piŭ che sufficiente
disponibilità di fosforo di natura geologica dell’area. Nei laghi di queste aree il fosforo può
originare dal dilavamento del suolo, mentre l’azoto è scarso nei suoli a basso contenuto organico.
Di conseguenza, l’approccio più prudente nel contrastare i fenomeni di eutrofizzazione nelle
acque dolci consisterebbe nel definire criteri per entrambi questi fattori causali (azoto e fosforo)
per la designazione delle aree sensibili.
Recentemente è stato proposto un elenco di potenziali parametri qualitativi per una
valutazione olistica dell’eutrofizzazione nelle acque interne dell’Unione Europea, prendendo in
considerazione i requisiti delle Direttive sulle acque reflue e sui nitrati, nonchè quelli derivanti
dall’implementazione della nuova Direttiva Quadro europea.
Gli elementi/fattori suggeriti nella valutazione dell’eutrofizzazione delle acque dolci sono i
seguenti:
a. fattori causali
grado di arricchimento dei nutrienti
• composti dell’azoto e del fosforo tenendo conto delle fonti generazionali (naturali e
antropiche), andamenti temporali delle concentrazioni, flussi e cicli dei nutrienti
b. fattori ambientali a sostegno dei fattori causali
• penetrazione della luce
• condizioni idrodinamiche
• condizioni climatiche
c. effetti diretti dell’arricchimento di nutrienti
i. fitoplancton
• aumento della biomassa (clorofilla, C organico, densità cellulare)
• aumento della frequenza e durata delle fioriture
• aumento della produzione primaria annua
• composizione specifica del popolamento algale (% cianoficee)
ii. macrofite, incluse macroalghe
• aumento della biomassa
• composizione specifica del popolamento vegetale (ripartizione delle specie)
• diminuzione della profondità di distribuzione
iii. periphyton
d. effetti indiretti dell’arricchimento di nutrienti
i. C organico / sostanza organica
• aumento delle concentrazioni C organico particolato/disciolto
• aumento delle concentrazioni C organico nei sedimenti
ii. ossigeno
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• diminuzione concentrazione e percentuale saturazione
• aumento frequenza periodi ipossia
• aumento velocità di consumo
• presenza di zone anossiche
• cicli nictemerali
iii. zoobenthos e fauna ittica
• mortalità da anossie
• composizione specifica del popolamento ittico (% salmonidi e ciprinidi)
iv. struttura comunità bentonica
• abbondanza
• composizione specifica
• biomassa
v. struttura dell’ecosistema
e. altri possibili effetti dell’arricchimento di nutrienti
i. alghe tossiche
Allegato 9
Questo elenco non è esaustivo ma comprende i fattori piu frequentemente utilizzati nei
programmi nazionali di assessment degli Stati Membri.
3.3 Stima dei carichi di nutrienti
Le principali fonti degli apporti di nutrienti ai corpi idrici possono essere distinte in puntiformi e
diffuse. Per sorgenti puntiformi si intendono quegli scarichi di cui è nota l’ubicazione esatta sul
territorio e il comparto produttivo di origine. Le fonti di inquinamento di questo tipo sono
riconducibili agli effluenti di tipo civile (residui alimentari e metabolici, domestici non metabolici
e acque di dilavamento urbano) ed industriale.
Per sorgenti diffuse s’intendono invece tutti quegli apporti non localizzabili in un punto
preciso del territorio, né come punto di generazione né come luogo esatto di immissione
nell’ambiente. Le principali sorgenti di questo tipo sono connesse alle attività agro-zootecniche, al
dilavamento atmosferico e a quello superficiale dei suoli (Fig. 3.2 e 3.3).
Per quanto riguarda i nutrienti, è possibile asserire che gli apporti di azoto nel bacino del Po
derivano soprattutto dalle sorgenti diffuse, mentre quelli di fosforo dalle sorgenti puntiformi.
Per quanto riguarda la stima e la valutazione delle diverse tipologie dei carichi di nutrienti dalla
sorgente inquinante al corpo recettore finale si rimanda alla metodologia indicata nel Piano
stralcio per il controllo dell’eutrofizzazione dell’Autorità di Bacino del Po. Nella presente
relazione interessa riportare solo i carichi effettivi, cioe quelli effettivamente sversati nel corpo
idrico superficiale o sotterraneo per identificare le criticità esistenti.
I carichi effettivi di nutrienti sono riportati nella Tabella 3.1, suddivisi per sorgente di
generazione.
Il carico effettivo di azoto proveniente dal comparto civile-industriale è pari a circa l’80% del
carico potenziale, a conferma dei dati della letteratura per le quote di azoto comunque trattenute
nel processo tradizionale di depurazione a fanghi attivi, in assenza di processo di nitrificazionedenitrificazione.
Il carico effettivo di fosforo proveniente dal comparto civile-industriale è pari a circa il 61%
del carico potenziale.
31

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Il carico effettivo di azoto proveniente dal comparto zootecnico è pari al 40% del carico
potenziale.
32
Tabella 3.1. Carichi effettivi di nutrienti nel bacino del fiume Po.

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33
Figura 3.2. Il ciclo del fosforo

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34
Figura 3.3. Il ciclo dell’azoto

Allegato 9
La Tabella 3.2 riporta i carichi effettivi di azoto nel bacino del fiume Po distinti per sorgente e
recettore finale.
Tabella 3.2. Carichi effettivi di azoto nelle acque superficiali e nel sottosuolo
del bacino del fiume Po
Dall’esame di questa tabella si evince che il contributo al carico gravante sul sottosuolo è dovuto
per l’83% alle sorgenti diffuse, evidenziando quindi il ruolo rilevante che esse esercitano sulla
potenziale contaminazione delle acque sotterranee.
In sintesi, emerge che il comparto civile–industriale è la sorgente di immissione di circa il 30%
del carico effettivo totale di azoto e il 60% del fosforo gravante sul bacino. Allo stato attuale, il
sistema fognario serve l’85% della popolazione del bacino, mentre il sistema depurativo il 55%.
Per quanto riguarda il comparto agro–zootecnico, si evince che il contributo da esso derivante, in
termini di carico effettivo totale gravante sul bacino, è pari al 70% di azoto e al 40% di fosforo.
Pertanto, ai fini dell’elaborazione delle strategie di risanamento e della valutazione della loro
efficacia, il PsE individua il fosforo quale elemento che limita e controlla il fenomeno di
eutrofizzazione. Inoltre, anche nei casi in cui i fenomeni eutrofici siano limitati dall’azoto, risulta
conveniente ridurre il carico di fosforo fino a renderlo limitante.
35

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36

Allegato 9
Capitolo 4
Criteri di individuazione di aree sensibili nelle acque
interne superficiali
4.1 Premessa
La situazione italiana per quanto riguarda l’individuazione delle aree sensibili e gli agglomerati
interessati da aree sensibili è stata riassunta nel Capitolo 2.
Con riferimento all’elenco delle 187 aree sensibili identificate dalle autorità italiane, trasmesso
alla Commissione Europea nel gennaio 2001, le acque superficiali del bacino del Po dichiarate
sensibili sono i grandi laghi prealpini ed i relativi fiumi per un tratto di 10 km dal litorale, il delta
del Po e le acque costiere adiacenti.
Secondo l’interpretazione della Commissione l’Italia avrebbe dovuto dichiarare sensibili gli
affluenti del Po, gli immissari dei laghi oltre i 10 km dalla linea di costa e gli agglomerati che
scaricano nei bacini idrografici del Po (Milano, Torino), contribuendo all’inquinamento del delta
del Po e delle acque costiere adiacenti dichiarate sensibili. Permane, quindi, l’obbligo di
sottoporre a trattamento terziario le acque reflue degli agglomerati con oltre 10.000 AE nel
bacino del Po.
Le autorità italiane per l’identificazione delle loro aree sensibili hanno utilizzato i tre criteri
dell’annesso II della Direttiva 91/271/CEE.
Le Direttive comunitarie 91/271/CEE e 91/676/CEE, relative alla protezione delle acque
soggette ad eutrofizzazione o di quelle esposte a prossima eutrofizzazione in assenza di interventi
specifici, forniscono solo soluzioni parziali ai problemi poichè in molte situazioni esse
controllano parzialmente la sorgente antropogenica di nutrienti. Inoltre, in queste direttive si fa
riferimento ad altri criteri che necessitano di un trattamento più rigoroso quali ad esempio quelli
per la protezione delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, alle acque di
balneazione, alle acque destinate alla molluschicoltura.
Queste iniziative e quelle che potenzialmente forniscono un controllo indiretto
dell’eutrofizzazione quali le direttive 75/440/CEE, 78/659/CEE, 79/409/CEE e 92/43/CEE,
non contengono metodologie specifiche per la valutazione dei fenomeni eutrofici e degli apporti
di nutrienti ai corpi idrici e nemmeno in alcuni casi i criteri per la definizione delle misure
appropriate di controllo.
Di conseguenza, la valutazione della corretta identificazione di un corpo idrico come area
sensibile o zona vulnerabile è molto più complessa rispetto unicamente all’adozione della
rimozione dei nutrienti in queste aree. La valutazione è ulteriormente complicata dal fatto che la
Direttiva 91/271/CEE non indica criteri univoci per la definizione di eutrofizzazione.
L’approccio delineato nella nuova Direttiva Quadro sulle acque (di seguito chiamata WFD)
potrebbe costituire un importante veicolo ed un utile strumento per il controllo dei fenomeni
eutrofici e per l’identificazione dei corpi idrici superficiali soggetti ad eutrofizzazione. L’obiettivo
ambientale è il raggiungimento di un buono stato delle acque superficiali che comprenderà
l’eliminazione degli effetti negativi dell’eutrofizzazione. Le acque superficiali che sono
37

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eutrofizzate ai sensi delle Direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE sarebbero classificate in uno
stato più basso di quello buono ai sensi della WFD.
4.2 Proposta per l’armonizzazione di criteri per l’eutrofizzazione nelle
acque interne
Da quanto precedentemente esposto, emerge chiaramente la necessità di adottare un approccio
olistico che consenta un uso più intelligente del quadro legislativo, a volte frammentario, esistente
e di sopperire alle misure regolamentari non sufficientemente efficienti nell’affrontare e risolvere i
problemi.
Una strategia possibile per la gestione dei fenomeni di eutrofizzazione nelle acque interne
dovrebbe considerare almeno i seguenti elementi principali:
Approccio per ecoregione: uso di targets ecologici basati su condizioni di riferimento per
tipologia del corpo idrico.
Categorizzazione dei corpi idrici: raccolta e organizzazione dei dati per ecoregione, definizione
degli intervalli di valori per i diversi parametri, elenco degli
indicatori di eutrofizzazione, sistemi di monitoraggio
ambientale.
Sviluppo di criteri/obiettivi: definizione di target chimici e biologici, relazioni
causa/effetto.
Gestione/assessment: predisposizione di scenari (opzioni) di intervento, valutazione
costi/benefici, ricerche necessarie.
Maggiori dettagli sulla strategia proposta sono stati pubblicati dalla Commissione Europea nel
2001. Quello che è di interesse nel presente contesto è la possibile armonizzazione a livello
europeo dei criteri per la definizione dell’eutrofizzazione nelle acque interne. Nel seguito
vengono riassunte le proposte presentate agli Stati Membri per la definizione di acque superficiali
già eutrofizzate o esposte al rischio di eutrofizzazione in assenza di interventi protettivi specifici.
4.2.1 Laghi
Le fasi principali consisterebbero in:
A. Scelta dei valori parametrici: criteri numerici
I criteri numerici sono molto più utili di quelli narrativi poichè forniscono un’interpretazione
univoca di conformità o di inosservanza della norma, riducono l’ambiguità e le incertezze nella
gestione e nelle decisioni, ed inoltre costituiscono la base per la misura della qualità ambientale e
per la valutazione degli effetti della politica ambientale. Pertanto, le variabili suggerite
rappresentano attributi “quantificabili” per stimare o predire il grado di eutrofizzazione in un
corpo idrico superficiale. Le variabili sono:
Parametri causali: fosforo totale e azoto totale
Parametri di risposta: clorofilla-a e trasparenza (Secchi)
Tenendo conto dei principali elementi caratterizzanti la WFD, altri parametri addizionali
sarebbero:
38

o ossigeno disciolto ( in ipolimnio)
o indice fitoplancton (% alghe blu-verdi sul popolamento naturale, frequenza fioriture)
o macrofite (% copertura area lago)
o indice pesci (% Ciprinidi/Salmonidi sul popolamento naturale)
o potenziale di crescita (biosaggi algali)
B. Selezione delle condizioni di riferimento (elevata qualità ecologica)
Allegato 9
1. Selezione percentile dei dati: il migliore quartile di ciascuna variabile è considerato il valore
di riferimento
2. Indice morfoedafico(MEI): lo stesso approccio usato dalla Regione Lombardia nel P.R.R.A.
C. Determinazione dei criteri
Il grado di perturbazione in un corpo idrico è calcolato dalla deviazione tra il valore misurato e
quello di riferimento (background naturale). I risultati sono espressi come rapporti di qualità
ecologica. Essi rapportano i valori dei parametri biologici riscontrati in un determinato corpo
idrico a quelli constatabili nelle condizioni di riferimento applicabili al medesimo corpo idrico. Il
rapporto è espresso come valore numerico compreso tra 0 e 1: i valori prossimi a 1 tendono allo
stato ecologico elevato, quelli prossimi a 0 allo stato ecologico pessimo.
In alternativa, si può usare l’approccio che definisce due tipi di obiettivi, gestionale ed
ecologico (simile a quello utilizzato nel PRRA). Il primo corrisponderebbe al 25 percentile della
popolazione totale dei laghi considerati per una data variabile (fosforo, azoto, clorofilla,
fitoplancton, ecc.); il secondo sarebbe quantificato come 75 percentile della popolazione dei laghi
di riferimento.
4.2.2. Acque correnti
Valgono le stesse considerazioni fatte per i laghi. Le fasi principali consisterebbero in:
A. Scelta dei valori parametrici: criteri numerici
Le variabili sono:
Parametri causali: fosforo totale e azoto totale
Parametri di risposta: clorofilla-a e turbidità (solidi sospesi totali)
I parametri causali sono strettamente correlati con quelli di risposta anche se ad un grado
inferiore rispetto a quanto non lo siano nei laghi.
Tenendo conto dei principali elementi caratterizzanti la WFD, altri parametri addizionali
sarebbero:
o ossigeno disciolto
o pH
o metabolismo comunità bentoniche (rapporti P/R)
o indice autotrofico
o potenziale di crescita (biosaggi algali)
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Queste variabili sono considerate le più sensibili all’arricchimento di nutrienti, cioè aumento di
biomassa e produttività algale.
B. Selezione delle condizioni di riferimento (elevata qualità ecologica)
1. Selezione percentile dei dati: il migliore quartile o il 5 percentile della popolazione totale dei
fiumi. Alternativamente, il 75 percentile della popolazione di
riferimento dei fiumi. Approccio basato su obiettivi intermedi e
finali.
C. Determinazione dei criteri
Valgono le stesse considerazioni fatte per i laghi.
4.3 Proposta per i criteri aggiuntivi
Da quanto precedentemente esposto risulta evidente come le due principali direttive europee,
riguardanti la protezione delle acque dall’inquinamento dai nutrienti, siano strettamente connesse
con la nuova direttiva WFD.
Un aspetto innovativo introdotto dalla WFD è l’adozione del concetto noto come “approccio
combinato” per il controllo degli scarichi inquinanti, in cui i valori limite di emissione e gli
obiettivi di qualità vengono mutualmente utilizzati per fissare controlli più rigidi sulle fonti
diffuse e puntiformi.
Allo scopo di raggiungere un buono stato delle acque superficiali, identificato come un obiettivo
ambientale per ogni corpo idrico, la WFD specifica che deve essere predisposto un programma di
misure. Esso costituirà parte integrante del Piano di bacino e rappresenterà il nuovo riferimento
per il controllo delle attività nel distretto idrografico. La Direttiva specifica due tipi di misure,
misure di base e misure supplementari; le prime costituiscono il requisito minimo del programma
di misure che ogni Stato Membro deve obbligatoriamente predisporre. Le misure di base
contemplano l’implementazione di un certo numero di direttive affinchè si possa raggiungere lo
stato ecologico prescritto o un buon potenziale ecologico per i corpi idrici designati come
artificiali o fortemente modificati. Le direttive comunitarie in materia di protezione delle acque e
quelle che si applicano direttamente ai corpi idrici comprese nelle misure di base sono:
o direttiva 76/160/CEE sulle acque di balneazione
o direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici
o direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al consumo umano, modificata dalla direttiva
98/83/CE
o direttiva 96/82/CE sugli incidenti rilevanti
o direttiva 85/337/CEE sulla valutazione di impatto ambientale
o direttiva 86/278/CEE sui fanghi di depurazione
o direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane
o direttiva 91/414/CEE sui prodotti fitosanitari
o direttiva 91/676/CEE sui nitrati
o direttiva 92/43/CEE sugli habitat
o direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento
40

Allegato 9
Tutte queste direttive hanno un impatto rilevante sullo stato dei corpi idrici. Ad esempio, la
direttiva sulla balneazione si applica ad aree specifiche dove la balneazione è consentita; quella
sulle acque reflue urbane è rilevante, soprattutto nell’identificazione delle aree sensibili e meno
sensibili e nella sua compatibilità con gli aspetti igienico-sanitari. Le Direttive sugli uccelli, sugli
habitat e sulle fonti diffuse sono rilevanti ai fini delle aree protette della Direttiva Quadro
Europea.
In particolare, la WFD prevede l’istituzione di registri di tutte le aree di ciascun distretto
idrografico alle quali è stata attribuita una protezione speciale al fine di proteggere le acque
superficiali e sotterranee ivi contenute o di conservarne gli habitat e le specie presenti che
dipendono direttamente dall’ambiente acquatico. Il registro delle aree protette, istituito
dall'articolo 6 della WFD, comprende i seguenti tipi di aree protette:
i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano;
ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista
economico;
iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione
a norma della direttiva 76/160/CEE;
iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma
della direttiva 91/676/CEE e le zone designate come aree sensibili a norma della direttiva
91/271/CEE;
v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o
migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti pertinenti
della rete Natura 2000 istituiti a norma della direttiva 92/43/CEE e della direttiva
79/409/CEE.
La Regione Lombardia è stata la prima regione italiana a dotarsi di un sistema organico di aree
protette. Con la legge regionale n.86 del 1983 è stata avviata la costruzione di un sistema
completo di aree naturali, individuando una serie di aree ad alto valore naturalistico e
paesaggistico, distribuite su tutto il territorio regionale.
In base alla legge 394/91 l’elenco ufficiale nazionale delle aree naturali protette viene
periodicamente aggiornato: il IV aggiornamento individua quasi 70.000 ettari di aree protette
lombarde, corrispondenti a circa il 3% del territorio regionale. Una seconda quota di aree protette
è costituita dalle tipologie previste dall’ordinamento regionale: l’insieme di tutte le aree protette
corrisponde al 22% del territorio lombardo.
In conclusione, tenendo anche conto di quanto previsto dalla nuova Direttiva Quadro Europea
2000/60/CE in materia di acque (di prossimo recepimento nell’ordinamento nazionale), si
possono valutare i seguenti criteri generali per l’identificazione delle aree sensibili nel territorio
regionale si ricordano che i primi tre criteri sono stati utilizzati dalle autorità Italiane all’atto
dell’individuazione delle aree sensibili ai sensi della Direttiva 91/271/CEE (gennaio 2001):
1. criterio a: riduzione eutrofizzazione Allegato 6 Dlgs n.152
2. criterio b: riduzione nitrati acque superficiali
destinate produzione acqua potabile Allegato 6 Dlgs n.152
3. criterio c: protezione vita pesci, molluschi, Allegato 6 Dlgs n.152
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balneazione acque interne Dlgs 130/92
4. criterio d: tutela aree protette: Direttiva 2000/60/CE,
protezione habitat varie leggi regionali
protezione specie acquatiche
protezione uccelli
siti pertinenti rete Natura 2000
42

Allegato 9
Capitolo 5
Aree sensibili designate in Lombardia
In relazione alle valutazioni svolte sulle problematiche inerenti i processi antropici nel bacino del
Po, le regioni padane, hanno elaborato una posizione comune, in sede di risposta alla procedura
di infrazione n. 2002/2124 avviata dalla Commissione U,E, per la mancata designazione di alcune
aree sensibili da parte dell’Italia. Come già indicato sono designate dal D.Lgs. 152/1999, nel
bacino del fiume Po, le seguenti aree sensibili:
1. i laghi di superficie maggiore di 0,3 km 2 nonché i corsi d'acqua ad essi afferenti per un
tratto di 10 km dalla linea di costa;
2. il delta del Po;
3. le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa
esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n.448;
4. le aree costiere dell'Adriatico-Nord Occidentale dalla foce dell'Adige a Pesaro e i corsi
d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 km dalla linea di costa.
5.1 Laghi
In Regione Lombardia i laghi classificati sensibili in relazione alla superficie ed alla quota nonché
per la presenza di prese di acque destinate ad uso potabile sono riportati nella seguente Tabella
5.1
Tabella 5.1: Laghi sensibili lombardi
Nome del Lago Superficie Lago (km r
2) Quota (s.l.m.) Crite io
ALSERIO 1,44 260 c
ANNONE EST 3,91 224 c
ANNONE OVEST 1,8 224 c
COMABBIO 3,59 243 c
COMO 145 198,85 c
ENDINE 2,13 334 c
GARDA 368 66,5 c
GARLATE 4,64 199 c
IDRO 11,4 370 c
ISEO 61 186,5 c
LUGANO 48,9 271 c
MAGGIORE 210 197,27 c
MANTOVA DI MEZZO 1,091 15 c
MANTOVA INFERIORE 1,453 15 c
MANTOVA SUPERIORE 3,667 18 c
MEZZOLA 5,85 199 c
MONATE 2,51 266 c
MONTORFANO 0,47 374 c
PIANO 0,72 276 c
PUSIANO 4,95 259 c
SEGRINO 0,38 374 c
VARESE 14,8 238 c
VALVESTINO 1,405 504 b
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Nella Figura 5.1 sono rappresentati i bacini drenanti ai laghi sensibili lombardi.
Figura 5.1 – Bacini drenanti alle aree sensibili regionali
5.2 Acque correnti
Per quanto riguarda le acque correnti, anche a seguito della citata procedura di infrazione n.
2002/2124 avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia per mancata designazione
di aree sensibili, si evidenzia che le regioni padane, con relazione congiunta elaborata in sede di
44

Allegato 9
Autorità di Bacino in data 23.2.1004, hanno indicato quali sensibili le sole acque lacustri sopra
indicate, non verificandosi, per le acque correnti del bacino padano le condizioni previste dalla
Direttiva 91/271/CEE per la designazione.
Infatti, sulla base delle concentrazioni di Fosforo, Azoto, Ossigeno disciolto presenti nei
principali fiumi lombardi: Ticino, Adda, Oglio, Lambro, Olona, Lambro Meridionale, Mincio, è
da rilevare che gli stessi non presentano l’instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, secondo la
definizione data al termine dalla direttiva 271/91/CEE. I corsi d’acqua padani presentano infatti
caratteristiche morfologiche e idrologiche che rendono poco probabile il crearsi delle condizioni
favorevoli alla proliferazione di alghe e di forme superiori di vita vegetale.
Riguardo ai dati analitici riscontrati nei corsi d’acqua in precedenza citati e relativi agli anni
2000 – 2001 – 2002 – 2003, si osserva:
- il Ticino, l’Adda e il Mincio presentano in generale valori di azoto nitrico costantemente e
significativamente inferiori a 10mg/l NO3 e di fosforo totale inferiori al limite
corrispondente per tale parametro allo stato di qualità ambientale buono, come definito dal
D.lgs.152/99;
- l’Oglio sublacuale, che è il tratto di fiume con le concentrazioni relativamente più alte,
presenta valori di azoto nitrico costantemente al di sotto della concentrazione di 25 mg/l
NO3 e di fosforo totale sostanzialmente inferiori al limite corrispondente per tale
parametro allo stato di qualità ambientale sufficiente, come definito dal D.lgs.152/99;
- il Lambro settentrionale presenta valori di azoto nitrico decisamente inferiori al limite
richiesto per le zone vulnerabili, attestandosi a valori inferiori a 20 mg/l NO3, e di fosforo
totale che non hanno mai superato la concentrazione di 2 mg/l P;
- il Seveso presenta valori di azoto nitrico e di fosforo totale in generale costantemente e
significativamente inferiori rispettivamente a 30mg/l NO3 e a 2 mg/l P;
- l’Olona settentrionale presenta valori di azoto nitrico decisamente inferiori al limite
richiesto per le zone vulnerabili, attestandosi in generale costantemente e significativamente
a valori inferiori a 31 mg/l NO3, e di fosforo totale inferiore a 1,5 mg/l P (mantenendosi
nella quasi totalità delle stazioni a valori anche notevolmente inferiori a 1 mg/l P);
- il Lambro meridionale presenta valori di azoto nitrico costantemente inferiori alla
concentrazione di 12 mg/l NO3 e di fosforo totale inferiori a 2 mg/l P (negli anni 2002 e
2003 leggermente inferiori a 1 mg/l P);
- la percentuale di saturazione dell’ossigeno disciolto è superiore all’80% per i fiumi Ticino,
Adda e Mincio, al 77% per l’Oglio, al 70% per l’Olona (con la citata eccezione del valore
riscontrato nella sezione di Rho nel 2003), al 60% per il Seveso. Per il Lambro
settentrionale, tale percentuale oscilla tra il 70 e il 96% nel tratto più a nord, per passare a
valori compresi tra tra il 30 e il 60% nel tratto Brugherio – Orio Litta.Per il Lambro
meridionale il valore è compreso tra il 30 e il 67%.
In considerazione di quanto rilevato in ordine in particolare ai seguenti elementi:
- condizioni morfologiche e idrologiche che rendono poco probabile l’innescarsi di fenomeni
di eutrofizzazione
- assenza di tali fenomeni
- non superamento della concentrazione di 50 mg/l NO3 nei fiumi indicati, attestandosi i
dati medi rilevati a valori notevolmente inferiori e con trend che escludono il
raggiungimento di tale concentrazione medesima
non si ritiene che i corsi d’acqua indicati presentino le caratteristiche atte a una designazione quali
aree sensibili.
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Occorre inoltre considerare che le misure occorrenti ad assicurare il rispetto degli obiettivi posti
dall’Autorità di bacino del fiume Po in materia di aree sensibili e relativi bacini drenanti, nonché
quelle necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità prefissati per i corpi idrici, porteranno
comunque ad una significativa ulteriore riduzione del carico di nutrienti e in particolare, in
relazione alla specifica problematica, a quello associabile allo scarico di acque reflue urbane.
5.3 Zone umide
Ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del
Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n.448 sono individuate in territorio lombardo sei aree
umide la cui estensione e perimetro sono riportati in Tabella 5.2
Tabella 5.2 - Zone umide lombarde
Nome dell’area sensibile Superficie (km2) Perimetro (km) Criter io
ISOLA DEL BOSCONE 1,26 5,8 d
LAGO DI MEZZOLA E PIAN DI SPAGNA 16,25 24,44 d
PALUDE BRABBIA 4,57 12,76 d
PALUDI DI OSTIGLIA 1,21 6,05 d
TORBIERE DEL LAGO DI ISEO 3,59 12,63 d
VALLI DEL MINCIO 14,71 24,39 d
La Figura 5.2 mostra la localizzazione di tali aree.
Come si vede quattro di queste zone ricadono già nelle aree drenanti ad aree sensibili individuate
per i laghi: infatti Lago Mezzola e Pian di Spagna, Palude Brabbia, Torbiere del lago d’Iseo e Valli
del Mincio ricadono rispettivamente nelle aree individuate come drenanti all’area sensibile
sensibili per i laghi di Como, di Varese, d’Iseo e dei laghi di Mantova. Le uniche due zone umide
esterne ad aree sensibili o drenanti a laghi designati aree sensibili sono Isola Boscone e Paludi di
Ostiglia che si trovano nella parte bassa del bacino del fiume Mincio.
46

Allegato 9
Figura 5.2 – Localizzazione delle aree umide lombarde ai sensi della convenzione di Ramsar
del 1971
47

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48

Allegato 9
Capitolo 6
Valutazione degli interventi per l’abbattimento dei
nutrienti in Lombardia
6.1 La situazione prevista in Lombardia al 2016
Per valutare le strategie di intervento da adottare in termini di rimozione dei nutrienti dalle acque
di scarico si è proceduto a stimare il “peso” degli impianti di depurazione suddivisi per classi di
potenzialità sul carico inquinante totale sversato nei corpi idrici ricettori. Questa analisi ha lo
scopo di effettuare una prima valutazione circa la possibilità di evitare l’applicazione dei limiti su
N e P per scarico in area sensibile (Tab. 2, All. 5, D.lgs 152/99) alla totalità degli impianti di
potenzialità maggiore o uguale a 10.000 AE, sulla base di quanto ammesso secondo il c.2 dell’art.
32 del D.lgs 152/99, che riporta: “Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in
cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al 75% per il fosforo totale ovvero per almeno il
75% per l’azoto totale”.
Le stime riportate nei paragrafi seguenti sono riferite all’intera Regione Lombardia, facendo
quindi riferimento all’area sensibile Mare Adriatico del cui bacino drenante la Lombardia fa parte.
Le valutazioni svolte riguardano i carichi di fosforo ed azoto derivanti dagli abitanti equivalenti
allacciati a pubblica fognatura servita da impianto di depurazione così come previsti nella
situazione a regime nel 2016 dal PRRA, modificato come previsto all’Allegato 6 del presente
programma.
Le modifiche alle previsioni del PRRA riportate nell’Allegato 6 sono derivate dalle verifiche
compiute dagli ATO e dalle province (dove gli ATO non erano ancora costituiti) sulla base delle
formulazioni contenute nei Piani d’Ambito approvati o in via di redazione e pervenute nella fase
di Osservazione alla presente programmazione.
6.1.1 Impianti di depurazione previsti al 2016
Secondo le previsioni al 2016 gli abitanti equivalenti (civili residenti, fluttuanti, industriali ecc.)
convogliati a impianti di depurazione ammonterebbero a quasi 19.500.000. Nel calcolo non si è
tenuto conto dell’impianto di depurazione di Peschiera del Garda, che pur trattando A.E.
lombardi si trova nel territorio della Regione Veneto ed è pertanto soggetto alla regolamentazione
di tale regione. Il carico abbattuto da questo impianto viene considerato quindi nella disponibilità
totale della Regione Veneto.
Il numero di impianti previsti, suddivisi in classi di potenzialità, è riportato nella Tabella 6.1
49

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
Tabella 6.1 – Numero di impianti di depurazione suddivisi per classi di potenzialità secondo
le previsioni al 2016
Classe di potenzialità
(AE)
Numero
impianti
Potenzialità
(AE)
> 100.000 41 12.546.788
50.000 - 100.000 32 2.329.769
10.000 - 49.999 144 3.245.596
5.000 - 9.999 102 760.792
2.000 - 4.999 117 366.198
301 - 1.999 259 225.904

Allegato 9
Come detto, per valutare i carichi residui dopo depurazione e quindi calcolare i rendimenti
depurativi degli impianti, si è fatto riferimento alla portata trattata ricavata dalla dotazione idrica
assunta come indicato nel documento “Piano Regionale di Risanamento delle Acque: criteri di
pianificazione in rapporto alla gestione delle risorse idriche lombarde”, redatto dalla Regione
Lombardia e confermato nelle NTA del presente programma (Tab. 6.3) e ai limiti allo scarico
conseguibili agli impianti.
Tabella 6.3 – Dotazioni idriche in funzione della potenzialità degli impianti
Classe di potenzialità
(AE)
Dotazione idrica
(l/ab/d)
> 100.000 340
50.000 - 100.000 320
10.000 - 49.999 300
5.000 - 9.999 280
2.000 - 4.999 260
301 - 1.999 260
100.000 41 12.546.788 34.127 3.413 77 86
50.000 - 100.000 32 2.329.769 8.946 1.193 68 74
10.000 - 49.999 144 3.245.596 11.684 1.558 70 76
5.000 - 9.999 102 760.792 5.624 1.293 38 15
2.000 - 4.999 117 366.198 2.514 623 43 15
301 - 1.999 259 225.904 1.551 384 43 15

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Tabella 6.5 – Carichi di azoto e fosforo in uscita dai depuratori (suddivisi per classi di
potenzialità) nel caso di applicazione dei limiti di Tabella 3 a tutti gli impianti
Classe di potenzialità
(AE)
Numero
impianti
Potenzialità
(AE) (kgN/d)
Carichi OUT
(kgP/d)
Rimozione
N (%)
Rimozione
> 100.000 41 12.546.788 112.620 21.330 25 15
50.000 - 100.000 32 2.329.769 19.682 3.961 30 15
10.000 - 49.999 144 3.245.596 25.705 5.518 34 15
5.000 - 9.999 102 760.792 5.624 1.293 38 15
2.000 - 4.999 117 366.198 2.514 623 43 15
301 - 1.999 259 225.904 1.551 384 43 15
= 10.000 AE 72 78
>= 50. 000 AE 66 68
>= 100.000 AE 62 61
Come si può notare, anche estendendo i limiti più restrittivi a tutti i depuratori con potenzialità di
almeno 10.000 AE, non si riesce a ottenere un rendimento complessivo di rimozione dell’azoto
pari al 75%. Viceversa, per il fosforo sussiste un lieve margine di azione che potrebbe consentire
di non applicare i limiti di Tabella 2 ad impianti con potenzialità anche superiore ai 10.000 AE.
Di seguito si riporta un esempio per esplicitare le elaborazioni effettuate.
Per impianti di potenzialità superiore ai 100.000AE:
- carico di azoto influente (Tab. 6.2): 0,012 gN/ab/d * 12.546.788 AE = 150.561 kgN/d
- carico di azoto in uscita nel caso di applicazione del limite di Tabella 2 pari a 10 mg/l e
assunta una DI = 340 l/ab/d (Tab.6.4): 0,010 kgN/m3 * 0,340 m3/ab/d * 0,8 * 12.546.788
AE = 34.127 kgN/d (il coefficiente 0,8 è stato introdotto per tenere conto di una perdita
del 20% della rete di adduzione).
- rimozione percentuale di azoto (Tab.6.4): (NIN – NOUT) / NIN = (150.561 – 34.127) /
150.561 * 100 = 77%
52
P (%)

Allegato 9
- Rimozione complessiva di azoto (a livello di bacino) nell’ipotesi di applicazione dei limiti di
Tabella 2 a tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 10.000AE (Tab. 6.6):
(12.546.788 * 77 + 2.329.769 * 68 + 3.245.596 * 70 + 760.792 * 38 + 366.198 * 43 +
225.904 * 43 + 33.727 * 10) / 19.508.774 = 72%
6.2 Indagine presso gli impianti di depurazione esistenti
6.2.1 Scopo dell’indagine e impianti contattati
Per verificare la stima dei carichi di nutrienti sversati in corpo idrico a valle della depurazione così
come configurato dal PRRA, è necessario esaminare i dati di funzionamento di impianti reali per
desumere i livelli di rimozione di N e P effettivamente conseguiti, in relazione alle caratteristiche
degli impianti stessi, ai limiti di accettabilità e alle caratteristiche dei liquami in ingresso.
Si è quindi deciso di effettuare una indagine volta ad acquisire una serie di dati costruttivi e
gestionali (nonché elementi di costo, laddove disponibili) sugli impianti di depurazione più grandi
oggi in funzione in Regione Lombardia.
ARPA Lombardia e Regione hanno individuato gli impianti oggetto di indagine (tutti quelli
con potenzialità superiore a 100.000 AE) e la Regione ha inviato agli stessi una lettera di
presentazione del lavoro, in cui venivano specificati i dati richiesti e si preannunciava il contatto
da parte degli incaricati allo studio.
In una fase successiva si è ritenuto di includere nell’indagine anche gli impianti di Milano Sud e
Milano Nosedo, per la loro importanza, in termini di carico trattato. In realtà di questi impianti
(in fase di realizzazione e solo parzialmente attivi) sono stati acquisiti solamente i dati di progetto
essenziali e alcuni dati relativi alle caratteristiche effettive del liquame fognario.
L’elenco degli impianti individuati da ARPA e Regione è riportato in Tabella 6.7.
Tabella 6.7 – Elenco degli impianti sottoposti ad indagine conoscitiva
GESTORE
IMPIANTO
A.S.I.L. S.P.A. MERONE
A.E.M. CREMONA CREMONA
A.S.M. BRESCIA VERZIANO
A.S.M. PAVIA PAVIA
B.A.S. BERGAMO BERGAMO
C.A.P. GESTIONE PESCHIERA BORROMEO
CO.GE.I.DE. MOZZANICA
COMODEPUR COMO
CONCESSIONARIO MILANO NOSEDO
MILANO SUD
CONSORZIO BONIFICA ALTO LAMBRO MONZA
CONSORZIO CREMASCO CREMA
CONSORZIO DEPURAZIONE VALLE SERIANA INFERIORE RANICA
CONSORZIO IDRICO DI TUTELA DELLE ACQUE DEL
NORD MILANO
BRESSO
CANEGRATE
PERO
VAREDO
CONSORZIO SUD SEVESO CARIMATE
CONSORZIO TUTELA AMBIENTALE DEL MAGENTINO ROBECCO SUL NAVIGLIO
53

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CONSORZIO TUTELA AMBIENTALE SUD MILANO ASSAGO
LARIANA DEPUR BULGAROGRASSO
FINO MORNASCO
SO.GE.I.VA. GAVIRATE
OLGIATE OLONA
S. ANTONINO
VARESE OLONA
T.E.A. MANTOVA
TUTELA AMBIENTALE DEL SEBINO COSTA VOLPINO
All’interno di tale attività sono state richieste tutta una serie di informazioni descrittive
dell’impianto (schema di flusso delle fasi di trattamento e dimensione e caratteristiche dei
comparti principali, dati di progetto e sul contributo industriale, previsioni future di
ampliamento), i dati di funzionamento dell’impianto relativi ad un periodo di un anno
concernenti l’andamento temporale delle portate, di vari composti (COD, BOD, TKN, N-NOx,
N-NH4+, Ptot, SS, sia in ingresso che in uscita), di Temperatura e di pH del liquame,
concentrazione di SS e SV in vasca di ossidazione, ossigeno disciolto in vasca di ossidazione,
nonché dati su consumi energetici, fanghi smaltiti, consumo di reagenti, problematiche
particolari.
Sono stati altresì richiesti dati dei costi relativi a costruzione/ammortamenti e ai costi di
esercizio.
6.2.2 Criteri di elaborazione dei dati
I dati raccolti presso i diversi impianti si presentavano naturalmente molto disomogenei tra loro,
per cui è stato innanzitutto necessario procedere ad una omogeneizzazione degli stessi,
producendo elaborati che fossero il più possibile simili tra loro, sia dal punto di vista formale, sia
in termini di informazioni contenute.
I dati gestionali (riferiti, di norma, ad un periodo di funzionamento pari ad un anno) sono stati
poi elaborati al fine di ricavare gli elementi di seguito elencati. Viene specificato anche il criterio
di elaborazione adottato. Quest’ultimo è stato definito sulla base delle seguenti considerazioni:
necessità di elaborare una grosse mole di dati in tempi brevi, necessità di elaborare dati forniti con
un livello di dettaglio diverso da impianto a impianto, necessità di ricavare dalle elaborazioni
elementi non specifici ma di carattere generale.
Non è stata dunque effettuata un’analisi di dettaglio su ogni impianto, ciò che avrebbe
richiesto una preventiva “taratura” dei dati (es. eliminando i periodi piovosi, i giorni festivi, i dati
relativi a periodi di funzionamento anomalo o comunque non significativi ecc.).
- Carico di COD in ingresso: è stato calcolato moltiplicando le portate giornaliere per le
rispettive concentrazioni di COD in ingresso ed effettuando la media di tutti i valori così
ottenuti.
- AE riferiti al COD: sono stati calcolati dividendo il carico giornaliero medio di COD in
ingresso per una produzione procapite di COD pari a 110 g/ab/d (valore riportato nei criteri
per la revisione del PRRA).
- Carico di BOD in ingresso: è stato calcolato moltiplicando le portate giornaliere per le
rispettive concentrazioni di BOD in ingresso ed effettuando la media di tutti i valori così
ottenuti.
54

Allegato 9
- AE riferiti al BOD: sono stati calcolati dividendo il carico giornaliero medio di BOD in
ingresso per una produzione procapite di BOD pari a 60 g/ab/d (valore riportato nei criteri per
la revisione del PRRA).
- Rapporto COD/N e COD/P nel liquame influente: si sono ricavati, per ogni giorno in cui
fossero disponibili i dati, i rapporti tra le concentrazioni di COD e, rispettivamente, di azoto e
fosforo, con l’obiettivo di evidenziare eventuali sbilanciamenti (ad esempio dovuti alla presenza
di un importante contributo industriale) di nutrienti rispetto al carbonio organico.
- Portata giornaliera: si è determinata la portata giornaliera media considerando, ove disponibili,
le rilevazioni effettuate in uscita, ovvero al netto della portata sfiorata in tempo di pioggia.
Questo criterio ha portato ad una leggera sovrastima della portata in tempo asciutto, dovuta al
fatto che sono stati inclusi i giorni di pioggia con portata uguale a quella massima trattabile, che
ovviamente è superiore a quella media in tempo asciutto. Per gli scopi di questo studio,
l’approssimazione può ritenersi assolutamente accettabile.
- Dotazione idrica: è stata ricavata dal dato di portata giornaliera e dagli abitanti equivalenti.
- Carico di N e P in ingresso e in uscita: i carichi influenti sono stati ottenuti mediando i
prodotti tra portata trattata (quindi al netto dei volumi eventualmente sfiorati, quando
disponibili) giornaliera e corrispondente concentrazione influente (per l’azoto, ottenuta
sommando tutte le forme azotate); analogamente si è proceduto per i carichi in uscita.
- Rendimento medio di abbattimento di azoto e fosforo: è stato calcolato in base ai carichi
medi in ingresso e in uscita.
- Concentrazione effluente di azoto e fosforo: sono state calcolate le medie delle
concentrazioni in uscita di azoto e fosforo.
La fase successiva di elaborazione è consistita nell’esaminare le prestazioni dell’impianto in
relazione a:
- schema impiantistico
- carico effettivo trattato in relazione alla potenzialità
- portata influente in relazione al valore di progetto e al carico effettivo trattato
- presenza di scarichi industriali
- parametri operativi
Infine, si è cercato di analizzare i dati relativi a consumi e costi che però sono risultati in genere
carenti.
6.2.3 Analisi complessiva dei dati
Nella Tabella 6.8 si riportano alcuni dati sintetici relativamente a tutti gli impianti sottoposti ad
indagine. Trattandosi di dati riassuntivi, alcuni di essi possono dar luogo a perplessità se esaminati
senza far riferimento alle situazioni specifiche: puntuale spiegazione alle eventuali apparenti
anomalie è data all’interno delle singole schede redatte per ogni impianto e contenuto nella ricerca
realizzata da ARPA su incarico della Regione.
Dall’esame dei dati raccolti sono state desunte alcune considerazioni di carattere generale che è
stato possibile svolgere nonostante la più volte rimarcata disomogeneità dei dati acquisiti e,
talvolta, la incompletezza degli stessi. Si ricorda inoltre che le elaborazioni effettuate non hanno
tenuto conto di aspetti particolari (es. modalità di campionamento adottate dai gestori, presenza
di periodi di funzionamento anomalo o comunque in condizioni distanti da quelle di riferimento,
dati giornalieri oppure medie ad esempio mensili ecc.).
55

Regione Lombardia - Direzione Generale Servizi di Pubblica Utilità
Impianto
56
Carico influente
Contributo
Tabella 6.8 - Dati sintetici degli impianti oggetto dell’indagine conoscitiva
Portata trattata
Rapporto
Denitrificazione Rimozione
(% rispetto al industriale (% (% rispetto al COD/nutrienti nel
azoto (mg/l) Tratt. terziario fosforo (mg/L)
dato di
sul COD in dato di
liquame influente risp.
(%)
media
(%)
media
progetto) ingresso) progetto) a un liq. domestico
annuale
annuale
1 57 (COD) 10-15 103 Carenza P NO n.d. n.d. NO n.d. n.d.
2 40 (BOD) 45 237 Carenza P Pre- n.d. n.d. Simultanea n.d. n.d.
3^ 92 (BOD) n.d. 98 Carenza Pre- 37 16,4 NO 32 3,2
4 103 (COD) 23 (su Q) 107 Carenza N e P NO 75* 5,2* Filtrazione III 74 0,4
5
- - - - - - - - - -
6 40 (COD) 80 125 Nella norma Pre- 65 12,8 Filtrazione III 74 1,5
7 44 (COD) 75 108 Carenza P Pre- 67 12,5 Chiarifloc. III 89 0,4
8 77 (COD) 6 171 Carenza P Pre- 49 19,6 Sim. (non usata) 47 1,8
9 66 (COD) 58 89 Carenza P Pre- e Post- 74 10,7 Pre- e Post- 87 0,6
10 35 (BOD) 13 124 Carenza P Pre- 47 11,4 Sim. (non usata) 32 1,7
11 53 (COD) n.d. 74 Carenza P Pre- 64 12,4 NO 67 1,0
12^ 53 (COD) 35 76 Nella norma Pre- 52* 15,4* Biologica 79 1,2
13 69 (COD) 52 (su Q) 86 Nella norma NO n.d. 11,1* NO 35 1,8
14 170 (BOD) 25-30 68 Carenza N e P NO 39* 16,5* NO 70 1,0
15 117 (BOD) 20-25 117 Carenza P Pre- 48* 20* Dos.chemicals
sedim. fang.
per 62
1,8
16 50 (COD) 40 28 Carenza P NO 10* 17,6* NO 47 2,6
17 37 (BOD) 47 (BOD) 101 Carenza P Pre- e Post- 26* 12* NO 37 2,0
18 79 (COD) 13 (su Q) 106 Carenza P NO 12* 18* NO 61 0,6
19 91 (COD) 43 n.d. n.d. NO n.d. n.d. n.d. 72 0,6
20 47 (BOD) 17 (su Q) 98 Nella norma Pre- 30* 8,9* Simultanea 55 0,9
21^ 39 (COD) 16 92 N nella norma NO 43 14* NO n.d. 2,6
22 90 (BOD) n.d. 108 P lieve carenza NO n.d. 17,4* Simultanea 67 1,3
23 46 (BOD) n.d. 110 Nella norma Pre- 56 8,8 Post- 51 1,4
24 70 (BOD) n.d. 97 Modesta carenza Pre-
58 8,8 Filtrazione III 63 1,2
25^ 8 (BOD) n.d. 36 Modesta carenza Pre- 31 12,7 NO 44 1,7
26 5 (BOD) n.d. 20 Nella norma NO 2,6 19 NO 53 1,3
27° n.d. n.d. n.d. n.d. Pre- 47

Allegato 9
Come prima indicazione si può osservare che in genere gli impianti sono sottocaricati (ciò si
verifica in 22 impianti su 25) rispetto alla potenzialità di progetto. Inoltre, molto spesso i liquami
in ingresso sono anche marcatamente diluiti (21 impianti su 24) e spesso si verifica un
sovraccarico idraulico (12 impianti su 24).
Rimozione dell’azoto
Per quanto riguarda la rimozione dell’azoto si possono trarre le seguenti considerazioni:
• 17 impianti su 27 sono dotati di una fase di pre-denitrificazione e due, in particolare, hanno
anche un comparto di post-denitrificazione;
• il rendimento di rimozione dell’azoto è ovviamente influenzato dalla presenza o meno della
denitrificazione e comunque non supera mai il 75%;
• la concentrazione di azoto in uscita dipende non solo dal rendimento di rimozione dell’azoto
stesso ma anche dalla diluizione del liquame e dal rapporto carbonio/azoto nell’influente;
• difficilmente vengono raggiunte concentrazioni di azoto al di sotto dei 10 mg/l (come
concentrazione media annua) anche se spesso si riescono a mantenere valori inferiori a 15
mg/l; in alcuni casi l’impianto, strutturalmente, potrebbe consentire prestazioni migliori ma i
rendimenti ottenuti (anche se apparentemente scarsi) sono tali da garantire il rispetto dei limiti
allo scarico, con ciò rendendo inutile spingere oltre la rimozione dell’azoto;
• Il diffusissimo fenomeno della diluizione dei liquami in ingresso (si verifica quasi nel 90% dei
casi esaminati) porta a ritenere che, imponendo il rispetto dei limiti di Tabella 2 (10 mg/l per
impianti sopra i 100.000 AE, 15 mg/l per quelli da 10.000 a 100.000 AE), il rendimento
complessivo di rimozione dell’azoto da parte di tutti gli impianti di potenzialità superiore ai
10.000 AE risulti sensibilmente inferiore al 75% (v. i rendimenti ottenuti dagli impianti
esaminati in relazione alle concentrazioni di azoto in uscita). Per tale motivo, i parametri
utilizzati nel Paragrafo 6.2 per calcolare i rendimenti di rimozione dell’azoto in base ai dati di
previsione del PRRA (v. Tab. 6.4) sono stati opportunamente ricalcolati (v. Par.6.4
successivo). Dalla stima precedentemente svolta, infatti, risulterebbe che l’applicazione dei
limiti di Tabella 2 agli impianti sopra i 100.000 AE porterebbe, relativamente a questi ultimi,
da un rendimento di rimozione dell’azoto del 77%, rendimento che, sulla base dei dati effettivi
di funzionamento raccolti presso gli impianti più grandi della Lombardia (e tenuto conto delle
motivazioni sopra addotte: in particolare la forte diluizione dei liquami fognari) si può
senz’altro escludere. In ogni caso, anche l’adeguamento ai limiti della Tabella 2 sarà
impegnativo dal punto di vista economico, se si pensa a quanti impianti non sono ancora oggi
dotati di denitrificazione (10 dei 27 più grandi della Regione) e a quegli impianti, pur oggi
dotati di denitrificazione, nei quali il processo non è spinto fino al punto da rispettare il limite
di 10 mg/l (11 su 16).
Rimozione del fosforo
Relativamente alla rimozione del fosforo, le principali considerazioni emerse dall’indagine sono
le seguenti:
• 15 impianti su 26 sono dotati di trattamento di defosfatazione o comunque utilizzano reattivi
chimici in linea acque (con ciò contribuendo, anche se ciò può non essere l’obiettivo
principale del trattamento, alla rimozione del fosforo) o sono dotati di filtrazione finale;
• non è affatto immediato trovare una correlazione tra la presenza di un trattamento specifico di
defosfatazione e il rendimento di rimozione del fosforo, poiché esso dipende da quanto il
57

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
trattamento venga spinto o addirittura se il trattamento venga effettivamente utilizzato; l’analisi
delle singole situazioni ha peraltro evidenziato che, in diversi casi, esiste margine notevole di
miglioramento;
• 5 impianti su 26 hanno una concentrazione media annua in uscita compresa tra 0,4 e 0,6 mg/l
e in 10 casi su 25 la concentrazione è inferiore o uguale a 1 mg/l. Non è evidente una
correlazione tra rendimento di rimozione del fosforo e concentrazione nell’effluente, poiché
quest’ultima dipende dal rapporto COD/P nel liquame influente (in 17 casi su 23 si è
riscontrata una “carenza” di fosforo, ovvero una concentrazione inferiore a quanto atteso per
un liquame di natura domestica) e dalla diluizione iniziale; i dati talora evidenziano rendimenti
molto elevati e basse concentrazioni di fosforo in uscita anche quando non è prevista una
specifica fase di defosfatazione;
• a causa del ridotto contenuto di fosforo nei liquami, per ottenere bassissime concentrazioni in
uscita (es. 0,5 mg/l) è senz’altro preferibile optare per la post-defosfatazione, anche se i dati
lascerebbero immaginare la possibilità di operare con la defosfatazione in simultanea. In
questo caso infatti il margine di azione, a livello gestionale, sarebbe troppo ristretto, con
rischio marcato di compromettere la funzionalità del processo biologico se, ad esempio, la
rimozione fosse spinta al punto da eliminare, per via chimica, la frazione di fosforo necessaria
per la sintesi cellulare;
• data la elevata diluizione dei liquami, il conseguimento del limite di Tabella 2 (1 mg/l per
impianti sopra i 100.000 AE) può essere garantito con rendimenti decisamente inferiori al
valore ipotizzato in sede di stima dei carichi residui dopo depurazione (86%: v. Tab. 6.4).
Questa evidenza sperimentale ha indotto a ricalcolare, sulla base dei dati reali raccolti, i
parametri utilizzati per la stima dei carichi inquinanti e dei rendimenti di abbattimento (v.
successivo Par.6.4).
6.3 Correzione dei parametri per la stima dei carichi inquinanti e dei
rendimenti di rimozione
Il diffusissimo e talvolta molto marcato fenomeno della diluizione dei liquami in ingresso (si
verifica quasi nel 90% dei casi esaminati) e la scarsa presenza di fosforo, in 17 casi su 23 si è
riscontrata una “carenza” di fosforo, ovvero una concentrazione inferiore a quanto atteso per un
liquame di natura domestica, ha reso necessario ricalcolare alcuni dei parametri utilizzati per la
stima dei carichi di nutrienti in ingresso e in uscita riportati nel documento “Piano Regionale di
Risanamento delle Acque: criteri di pianificazione in rapporto alla gestione delle risorse idriche
lombarde”, redatto dalla Regione Lombardia nel 1992.
Di seguito si riportano i criteri in base ai quali i parametri di calcolo sono stati corretti e si
ripropongono le tabelle già esposte nel Paragrafo 6.2, avendo però ricalcolato tutti i valori in base
ai nuovi coefficienti; naturalmente, è stata mantenuta la stessa distribuzione in classi di
potenzialità degli impianti previsti in Lombardia al termine di attuazione del Piano (v. Tab. 6.2).
I parametri che devono essere soggetti a variazione, in quanto risultati molto diversi a seguito
dell’indagine svolta sui principali impianti della Regione, sono tre:
58
produzione pro-capite di fosforo: in 17 casi su 23 si è riscontrata una marcata
“carenza” di fosforo, ovvero una concentrazione inferiore a quanto atteso per un liquame
di natura domestica; il rapporto COD/P in particolare varia da 60 a 539, mentre
considerando le produzioni pro-capite usualmente adottate (110 g/ab/d per il COD e 2
g/ab/d per il fosforo) dovrebbe risultare un rapporto COD/P = 55. Scartando i valori
estremi, si è calcolato un valore medio pesato (in base alla popolazione equivalente
effettivamente servita da ogni impianto) di questo rapporto; ne è risultato un valore pari a
101, cui corrisponde una produzione pro-capite di fosforo pari a 1,1 g/ab/d. Questo

Allegato 9
valore, particolarmente basso, è, almeno in parte, dovuto al fatto che gli impianti
esaminati trattano liquami che denotano sovente una significativa componente industriale.
Gli scarichi industriali sono notoriamente poveri di fosforo, nella maggior parte dei casi; è
ragionevole peraltro ritenere che la produzione pro-capite di 1,1 g/ab/d non possa essere
estesa alla totalità degli scarichi, considerando che il contributo industriale non è
certamente così elevato per gli impianti di dimensione inferiore rispetto a quelli oggetto
dell’indagine. E’ stato quindi adottato un valore di 1,5 g/ab/d, che ha portato a
modificare, rispetto a quelli calcolati in prima approssimazione, i carichi di fosforo in
ingresso agli impianti.
In Tabella 6.9 (che rappresenta la variante della Tab. 6.2) si riportano i risultati dei calcoli
effettuati.
Si noti che per l’azoto non vi è alcuna variazione, dal momento che i dati di
funzionamento degli impianti hanno confermato la produzione pro-capite di 12 g/ab/d
precedentemente utilizzata.
Tabella 6.9 – Carichi di N e P in ingresso agli impianti di depurazione suddivisi per classi di
Classe di potenzialità
(AE)
potenzialità (situazione al 2016)
Numero
impianti
Carico influente
(kgN/d)
Carico influente
(kgP/d)
> 100.000 41 150.561 18.820
50.000 - 100.000 32 27.957 3.495
10.000 - 49.999 144 38.947 4.868
5.000 - 9.999 102 9.130 1.141
2.000 - 4.999 117 4.394 549
301 - 1.999 259 2.711 339

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Tabella 6.10 – Dotazioni idriche in funzione della potenzialità degli impianti
Classe di potenzialità Dotazione idrica
(AE) (l/ab/d)
> 100.000 460
50.000 - 100.000 400
10.000 - 49.999 350
5.000 - 9.999 300
2.000 - 4.999 260
301 - 1.999 260

Allegato 9
dagli impianti e dei relativi rendimenti di abbattimento. Il calcolo viene effettuato sia nell’ipotesi
che tutti gli impianti di potenzialità pari almeno a 10.000 AE rispettino i limiti per aree sensibili
(Tab. 2, all. 5, D.lgs. 152/99 e s.m.i.) sia nell’ipotesi che nessun impianto rispetti questi limiti,
bensì sia soggetto a quelli della Tab. 3. I risultati di queste elaborazioni sono riportati nelle
successive Tabelle 6.11.I, 6.11.II, 6.12.I e 6.12.II (il numero romano “I” corrisponde alla
situazione con le dotazioni idriche più elevate e riportate in Tabella 6.10 mentre il numero
romano “II” si riferisce alle dotazioni idriche più basse), corrispondenti alle Tabelle 6.4 e 6.5 che
riportano i risultati del medesimo calcolo effettuato in prima approssimazione.
Tabella 6.11.I – Carichi di azoto e fosforo in uscita dai depuratori (suddivisi per classi di
potenzialità) nel caso di applicazione dei limiti di Tab. 2 (per aree sensibili) a tutti gli
impianti con potenzialità pari ad almeno 10.000 AE (ipotesi di dotazioni idriche elevate)
Classe di potenzialità
(AE)
Numero
impianti
Potenzialità
(AE) (kgN/d)
Carichi OUT
(kgP/d)
Rimozion Rimozione
e N (%)
> 100.000 41 12.546.788 46.172 4.617 69 75
50.000 - 100.000 32 2.329.769 11.183 1.491 60 57
10.000 - 49.999 144 3.245.596 13.632 1.818 65 63
5.000 - 9.999 102 760.792 6.025 799 34 30
2.000 - 4.999 117 366.198 2.514 385 43 30
301 - 1.999 259 225.904 1.551 237 43 30
100.000 41 12.546.788 34.127 3.413 77 82
50.000 - 100.000 32 2.329.769 8.946 1.193 68 66
10.000 - 49.999 144 3.245.596 11.684 1.558 70 68
5.000 - 9.999 102 760.792 5.624 799 38 30
2.000 - 4.999 117 366.198 2.514 385 43 30
301 - 1.999 259 225.904 1.551 237 43 30

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Tabella 6.12.I – Carichi di azoto e fosforo in uscita dai depuratori (suddivisi per classi di
potenzialità) nel caso di applicazione dei limiti di Tabella 3 a tutti gli impianti (ipotesi di
Classe di potenzialità
(AE)
Numero
impianti
dotazioni idriche elevate)
Potenzialità
(AE) (kgN/d)
Carichi OUT
(kgP/d)
Rimozion Rimozione
e N (%)
> 100.000 41 12.546.788 127.977 13.174 15 30
50.000 - 100.000 32 2.329.769 23.764 2.446 15 30
10.000 - 49.999 144 3.245.596 29.989 3.408 23 30
5.000 - 9.999 102 760.792 6.025 799 34 30
2.000 - 4.999 117 366.198 2.514 385 43 30
301 - 1.999 259 225.904 1.551 237 43 30
100.000 41 12.546.788 112.876 13.174 25 30
50.000 - 100.000 32 2.329.769 17.888 2.446 30 30
10.000 - 49.999 144 3.245.596 24.991 3.408 34 30
5.000 - 9.999 102 760.792 6.499 799 38 30
2.000 - 4.999 117 366.198 2.626 385 43 30
301 - 1.999 259 225.904 1.614 237 43 30

Allegato 9
Tabella 6.13.I – Rendimenti complessivi di rimozione di azoto e fosforo in diversi scenari di
applicazione dei limiti di Tabella 2 per scarico in area sensibile (ipotesi di dotazioni idriche
elevate)
Applicazione limiti Tab. 2 Rimozione N (%) Rimozione P (%)
>= 10.000 AE 65 68
>= 50. 000 AE 58 62
>= 100.000 AE 53 59
Dotazioni idriche basse. La medesima stima effettuata con i dati ottenuti assumendo dotazioni
idriche più basse (e molto probabilmente più realistiche per la situazione che si può prevedere al
termine della realizzazione degli interventi di piano) evidenzia come l’adozione dei limiti di
Tabella 2 a tutti gli impianti di potenzialità pari ad almeno 10.000 AE consenta il raggiungimento
di un abbattimento complessivo del fosforo prossimo al 75%.
Tabella 6.13.II – Rendimenti complessivi di rimozione di azoto e fosforo in diversi scenari di
applicazione dei limiti di Tabella 2 per scarico in area sensibile (ipotesi di dotazioni idriche
basse)
Applicazione limiti Tab. 2 Rimozione N (%) Rimozione P (%)
>= 10.000 AE 72 73
>= 50. 000 AE 66 67
>= 100.000 AE 62 63
63

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64

Allegato 9
Capitolo 7
Strategie per il controllo dei nutrienti
La verifica degli effetti di abbattimento dei carichi agli impianti di depurazione attraverso
l’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate è stata effettuata in un primo tempo sull’intero
territorio regionale in quanto drenante all’area sensibile adriatico.
Per uniformare nel bacino padano le iniziative regionali finalizzate al controllo del fenomeno
dell’eutrofizzazione, l’Autorità di bacino del Fiume Po, come previsto dall’articolo 44 del
D.Lgs.152/99 e in conformità all’articolo 5, comma 4, della direttiva 91/271/CEE, con Delibera
n. 7/2004 del Comitato Istituzionale, ha individuato, quale obiettivo a scala di bacino per i Piani
di Tutela, l’abbattimento del 75% del carico complessivo di fosforo totale e di azoto totale, in
ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ricadenti nel bacino del fiume
Po, essendo quest’ultimo bacino drenante alle predette aree sensibili.
Solo in un secondo tempo è stato verificato l’effetto di tali misure all’interne dei bacini
drenanti alle aree lacustri. Al fine di attuare anche nei bacini lacustri la stessa strategia di
abbattimento dei carichi prevista per il bacino drenante all’area sensibile Adriatico, sono stati
considerati scenari integrativi differenziati per bacino lacustre.
7.1 Interventi a scala regionale
Il fosforo assume un ruolo centrale nel controllo dell'eutrofizzazione. E’ quindi interessante
innanzitutto verificare se e come sia possibile intervenire per la rimozione di tale nutriente dalle
acque di scarico confluenti ad impianti di potenzialità superiore (o uguale) a 10.000 AE.
Per quanto riguarda l’azoto, si ritiene importante a livello di pianificazione prevedere
comunque (al di là cioè degli obiettivi di rimozione a livello di bacino) l’adozione di sistemi di
rimozione specifici, con ciò conseguendo una serie di vantaggi a livello impiantistico-gestionale.
Negli scenari di seguito proposti la rimozione dell’azoto verrà però prevista per un numero di
impianti sufficiente a conseguire l’obiettivo di rimozione sul bacino. A livello di schemi
impiantistici sono stati sempre considerati schemi di pre-denitrificazione per tutte le classi di
potenzialità. Si precisa che si è ritenuta a priori non opportuna l’adozione della postdenitrificazione
per il raggiungimento di standard particolarmente restrittivi (anche per gli
impianti di grande potenzialità). D’altra parte, si è ritenuto che con uno schema di predenitrificazione
possano essere raggiunti livelli di rimozione dell’azoto tali da consentire
l’ottenimento di una concentrazione in uscita inferiore o uguale a 10 mg/l anche per gli impianti
di taglia media (fino a 10.000 AE).
Gli scenari proposti sono di seguito descritti. Le elaborazioni per stimare le rese globali di
abbattimento dei nutrienti sono state svolte nella ipotesi che le dotazioni idriche siano quella
assunte nei criteri di pianificazione regionali.
65

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7.1.1 Scenari di intervento
Scenario 1. Applicazione dei limiti della Tabella 2 dell’All. 5 del D.lgs 152/99 e s.m.i. a tutti gli
impianti di potenzialità maggiore o uguale a 10.000 AE. Si ipotizza l'adozione di sistemi di
defosfatazione chimica in simultanea e di pre-denitrificazione. In queste condizioni si è stimato
che la riduzione percentuale del carico di nutrienti in tutti gli impianti di depurazione della
Regione risulti mediamente pari al 74% per il fosforo e al 72% per l’azoto (v. Tab. 6.13.II).
Scenario 2. Applicazione di limiti più restrittivi di quelli della Tabella 2 dell’All. 5 del D.lgs
152/99 e s.m.i. agli impianti di maggiori dimensioni.
Per quanto riguarda il fosforo, un rendimento complessivo del 75% può essere ottenuto in due
situazioni differenti:
A. Adozione di un limite di 1 mg/l, analogo a quello previsto per gli impianti di potenzialità
superiore, per il 50% degli impianti di potenzialità da 50.000 a 100.000 AE. I rimanenti
impianti della medesima fascia e quelli di potenzialità inferiore sarebbero in questo caso
soggetti al rispetto della Tabella 2.
B. Adozione di un limite di 1 mg/l per tutti gli impianti di potenzialità compresa tra 50.000 e
100.000 AE Gli impianti di potenzialità inferiore sarebbero in questo caso soggetti al
rispetto della Tabella 2 solo per una percentuale dell’80%.
Per quanto riguarda l’azoto, adottando per tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a
10.000 AE un limite allo scarico di 10 mg/l (quindi mantenendo il limite di Tab. 2 per gli impianti
sopra i 100.000 AE e abbassando da 15 a 10 mg/l il limite per gli impianti sotto i 100.000 AE) si
ottiene un abbattimento medio complessivo dell’azoto pari al 75%.
Scenario 3. In questo scenario si introduce la possibilità di riuso agricolo “indiretto”. Per riuso
agricolo “indiretto” si intende lo scarico delle acque trattate in rogge destinata ad alimentare il
sistema irriguo. Il riutilizzo agricolo degli effluenti viene previsto per sei mesi all’anno. Nel
restante periodo dell’anno si ipotizza lo scarico in corpo idrico superficiale. Si è ipotizzato nullo il
carico residuo di nutrienti confluente in acque superficiali per la frazione di acque reflue destinate
all’agricoltura (naturalmente solo per sei mesi all’anno). Non tutti gli impianti possono in realtà
destinare i propri reflui al riutilizzo agricolo. Si è quindi resa necessaria una selezione per
individuare, tra tutti gli impianti della regione di potenzialità almeno uguale a 10.000 AE, quelli
ubicati in pianura in aree dotate di una rete di distribuzione irrigua. La selezione ha portato ad
individuare 40 impianti (ubicati nelle Province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova,
Milano, Pavia) per una popolazione equivalente totale servita di 11.188.511 AE (Tabella 7.1).
Tabella 7.1: Impianti di depurazione esistenti per i quali è stato previsto il riutilizzo agricolo
A.E.
A.E. Portata
Denominazione_DP ATO Comune 2016 Cl. Corpo Idrico Ricett ore 2003 (m3/s) - REA
Bagnatica (Cons.) 1 16018 114.572 1 Torrente Zerra 80.000 0,23
Bergamo (Cons.) 1 16024 191.144 1 Fiume Brembo 135.000 0,75
Brembate (Cons.) 1 16037 280.000 1 Fiume Adda 78.000 0,22
Cologno al Serio (Cons.) 1 16079 90.183 2 Canale Gronda 80.000 0,3
Mozzanica (Cons.) 1 16142 300.000 1 Fiume Serio 277.000 0,5
Ranica (Cons.) 1 16178 250.000 1 Fiume Serio 119.207 0,42
Brescia - Verziano (Cons.) 2 17029 600.000 1 Fiume Mella 218.000 0,63
66

Rovato 2 17166 80.000 2 Torrente Plodio 15.000
Torbole Casaglia 2 17186 91.000 2
Vaso Quinzanello (Vaso
Pola) 4.750
Bulgarograsso (Cons.) 3 13034 212.598 1 Torrente Lura 64.500 0,26
Carimate (Cons.) 3 13046 131.736 1 Fiume Seveso 64.300 0,33
Como Sud 3 13075 345.830 1 Fiume Seveso 0,57
Fino Mornasco (Cons. Alto
Seveso) 3 13102 186.167 1 Fiume Seveso 67.500 0,28
Bagnolo Cremasco - Serio 2
(Cons.) 4 19005 57.500 2 Roggia Bellizona 17.522
Casalmaggiore -
Vicomoscano 4 19021 32.565 3 Dugale Cazumenta 18.000
Crema - Serio 1 (Cons.) 4 19035 178.303 1 Fiume Serio 85.000 0,38
Cremona 4 19036 179.601 1 Roggia Morbasco 120.000 0,47
Calolziocorte 5 97013 38.000 3 Fiume Adda
Osnago 5 97061 38.500 3 Torrente Molgora 25.000
Nibionno 5 97056 60.000 2 Fiume Lambro 13.500
Mantova 7 20030 120.000 1 Fiume Mincio 73.000 0,21
Assago 8 15011 140.000 1 C. Borromeo 77.000 0,56
Canegrate 8 15046 270.000 1 Fiume Olona 120.000 0,44
Milano Sud 12 15146 1.050.000 1
Fiume Lambro
Meridionale 1.050.000 4
Milano - Nosedo 12 15146 1.250.000 1 Cavo Redefossi 1.250.000 5
Monza 8 15149 700.000 1 Fiume Lambro 700.000 2,22
Pero 8 15170 820.000 1 Canale Deviatore Olona 250.000 0,63
Peschiera Borromeo (Cons.) 8 15171 900.000 1 Fiume Lambro 295.000
Robecco sul Naviglio 8 15184 400.000 1 Fiume Ticino 195.000 1,06
Rozzano 8 15189 115.000 1
Fiume Lambro
Meridionale 64.185 0,25
San Giuliano M.se 8 15195 130.000 1 Fiume Lambro 65.000 0,21
Trezzano sul Naviglio 8 15220 75.000 2 Roggia Colombana 22.984 0,28
Truccazzano 8 15224 165.000 1 Torrente Molgora 55.000
Pavia 9 18110 194.270 1 Fiume Ticino 126.000 0,52
Vigevano 9 18177 127.451 1 Fiume Ticino 50.000 0,24
Voghera 9 18182 78.324 2 Torrente Staffora 70.000
Caronno Pertusella (Cons.) 11 12034 320.000 1 Torrente Lura 160.000 0,48
Gavirate (Cons.) 11 12072 110.000 1 Torrente Bardello 100.000 0,5
Lonate Pozzolo -
Sant'Antonino 11 12090 646.260 1 Torrente Arno 360.000 1,1
Origgio 11 12109 119.507 1 Torrente Bozzente 64.000 0,21
Allegato 9
Gli impianti le cui acque reflue possano essere effettivamente destinate all’agricoltura sono
soprattutto quelli di potenzialità più elevata, che presentano anche portate consistenti allo scarico
(Tabella 7.2).
67

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Tabella 7.2 – Numero di impianti di depurazione, suddivisi per classi di potenzialità,
Classe di potenzialità Numero
situazione prevista al 2016
Potenzialità
complessiva
Percentuale rispetto
alla potenzialità
(AE) impianti (AE) totale
> 100.000 30 10.547.439 84
50.000 - 100.000 7 532.007 23
10.000 - 49.999 3 109.065 3
Totale 40 11.188.511 57
Per il fosforo, qualora il riutilizzo agricolo venga esteso a tutti i 40 impianti precedentemente
individuati e qualora i limiti da rispettare siano quelli di Tabella 2 per tutti gli impianti di
potenzialità pari almeno a 10.000 AE, il rendimento medio complessivo (a livello di bacino) di
abbattimento del fosforo risulterebbe pari al 79%; questa situazione consente quindi un margine
di azione. Per raggiungere un rendimento complessivo del 75%, sono stati individuati tre
sottoscenari:
A. Se tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 10.000 AE che potenzialmente
potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettuano il riutilizzo e tutti gli
impianti di potenzialità superiore o uguale a 50.000 AE rispettano i limiti di Tabella. 2,
solo il 30% degli impianti di potenzialità compresa tra 10.000 e 50.000 AE deve rispettare
i limiti di Tabella 2,
B. Se solo la totalità degli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 100.000 AE che
potenzialmente potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettuano il riutilizzo e
tutti gli impianti di potenzialità superiore o uguale a 50.000 AE rispettano i limiti di
Tabella. 2, solo il 40% degli impianti di potenzialità inferiore deve rispettare i limiti di
Tabella 2;
C. Se solo il 40% degli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 100.000 AE che
potenzialmente potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettua il riutilizzo, gli
altri impianti di potenzialità maggiore di 50.000 rispettano i limiti di Tabella 2, gli impianti
di potenzialità inferiore a 50.000 AE non sono tenuti al rispetto dei limiti di Tabella 2 solo
per un 80%.
A livello di schemi impiantistici, la rimozione del fosforo (mediante trattamento chimico in
simultanea) viene prevista solo per gli impianti che debbano rispettare i limiti di Tabella 2 (sia nel
caso che gli effluenti siano destinati al riutilizzo agricolo, sia nel caso in cui il riutilizzo non sia
previsto).
Per quanto concerne l’azoto, qualora il riutilizzo agricolo venga esteso a tutti i 40 impianti
individuati e qualora i limiti da rispettare siano quelli di Tabella 2 per tutti gli impianti di
potenzialità pari almeno a 10.000 AE, il rendimento medio complessivo (a livello di bacino) di
abbattimento risulterebbe pari al 79%; questa situazione consente quindi un (modesto) margine
di azione. Per raggiungere un rendimento complessivo del 75%, sono stati individuati i seguenti
sottoscenari:
68
A. Tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 10.000 AE che potenzialmente
potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettuano il riutilizzo e tutti gli
impianti di potenzialità superiore o uguale a 50.000 AE rispettano i limiti di Tabella 2, in

Allegato 9
questo modo solo il 30% degli impianti di potenzialità compresa tra 10.000 e 50.000 AE
deve rispettare i limiti di Tabella 2
B. Tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 100.000 AE che potenzialmente
potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettuano il riutilizzo; gli impianti di
potenzialità superiore a 50.000 AE rispettano un limite di 10 mg/l; in questo caso solo il
40% degli impianti di potenzialità compresa tra 10.000 e 50.000 AE deve rispettare i limiti
di Tabella 2.
C. Il 40% degli impianti più grandi, al di sopra di 100.000 AE, che potenzialmente
potrebbero inviare i propri effluenti in agricoltura effettuano il riutilizzo, mentre tutti gli
altri rispettano i limiti della Tabella 2.
Per avere un quadro complessivo dei diversi scenari in termini di rendimento di abbattimento
medio del fosforo e dell’azoto a livello di bacino, limiti da rispettare per le diverse classi di
potenzialità, livello di diffusione del riutilizzo indiretto in agricoltura, si sono riportati i dati
caratteristici delle varie situazioni nelle Tabelle 7.3 (relativa al fosforo) e 7.4 (relativa all’azoto).
Tabella 7.3 – Condizioni caratteristiche degli scenari di intervento per la rimozione del
fosforo: percentuali di impianti appartenenti ad una determinata classe di potenzialità che
devono rispettare un determinato limite in uscita per il fosforo e/o effettuano il riutilizzo
indiretto in agricoltura (in questo caso la percentuale è riferita agli impianti presenti in
tabella 7.2) e abbattimento medio percentuale di fosforo a livello di bacino
Clas se di potenzialità (AE)
> 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 Rimozione P
SCENARIO 1 Tab. 3
Tab. 2 100 100 100
1 mgP/l
Riutilizzo
SCENARIO 2A Tab. 3
Tab. 2 100 50 100
1 mgP/l 50
Riutilizzo
SCENARIO 2B Tab. 3 20
Tab. 2 100 80
1 mgP/l 100
Riutilizzo
SCENARIO 3A Tab. 3 70
Tab. 2 100 100 30
1 mgP/l
Riutilizzo 100 100 100
SCENARIO 3B Tab. 3 60
Tab. 2 100 100 40
1 mgP/l
Riutilizzo 100 0 0
SCENARIO 3C Tab. 3 20
Tab. 2 100 100 80
1 mgP/l
Riutilizzo 40 0 0
74
75
75
75
75
75
69

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Tabella 7.4 – Condizioni caratteristiche degli scenari di intervento per la rimozione
dell’azoto: percentuali di impianti appartenenti ad una determinata classe di potenzialità che
devono rispettare un determinato limite in uscita per l’azoto e/o effettuano il riutilizzo
indiretto in agricoltura (in questo caso la percentuale è riferita agli impianti presenti in tabela
7.2) e abbattimento medio percentuale di azoto a livello di bacino
Clas se di potenzialità (AE)
> 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 Rimozione N
SCENARIO 1 Tab. 3
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Riutilizzo
SCENARIO 2 Tab. 3
Tab. 2 100
10 mgN/l 100 100
Riutilizzo
SCENARIO 3A Tab. 3 70
Tab. 2 100 100 30
10 mgN/l
Riutilizzo 100 100 100
SCENARIO 3B Tab. 3 60
Tab. 2 100 100 40
10 mgN/l
SCENARIO 3c Tab. 3
Riutilizzo 100 0 0
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Riutilizzo 40 0 0
7.1.2 Sintesi degli scenari di intervento
Le alternative di intervento individuate singolarmente per il fosforo e per l’azoto sono state
integrate tra loro. Nell’integrare gli scenari sui singoli nutrienti alcune scelte di base quali la
percentuale di impianti per i quali attuare il riutilizzo in agricoltura sono dovute essere fatte
coincidere. In Tabella 7.5 viene riportato il risultato di questa sintesi.
Tabella 7.5 – Condizioni caratteristiche degli scenari di intervento per la rimozione di azoto
e fosforo: percentuali di impianti appartenenti ad una determinata classe di potenzialità che
70
devono rispettare un determinato limite in uscita per i nutrienti e/o effettuano il riutilizzo
indiretto in agricoltura (la percentuale è riferita al totale degli impianti presenti in tabella
7.1) e abbattimento medio percentuale di nutrienti a livello di bacino
SCENARIO Classe di potenzialità (AE): > 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 Rimozione (%)
1
LIMITI
P
LIMITI
N
Tab. 3
Tab. 2 100 100 100
1 mgP/l
Tab. 3
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
74
72
72
75
75
75
75

2A
2B
3A
3B
3B
Riutilizzo (%):
LIMITI
P
LIMITI
N
Riutilizzo (%):
LIMITI
P
LIMITI
N
Riutilizzo (%):
LIMITI
P
LIMITI
N
Tab. 3
Tab. 2 100 50 100
1 mgP/l 50
Tab. 3
Tab. 2 100
10 mgN/l 100 100
Tab. 3 20
Tab. 2 100 80
1 mgP/l 100
Tab. 3
Tab. 2 100
10 mgN/l 100 100
Tab. 3 70
Tab. 2 100 100 30
1 mgP/l
Tab. 3 70
Tab. 2 100 100 30
10 mgN/l
Riutilizzo (%): 100 100 100
LIMITI
P
LIMITI
N
Tab. 3 60
Tab. 2 100 40
1 mgP/l 100
Tab. 3 60
Tab. 2 100 100 40
10 mgN/l
Riutilizzo (%): 100 0 0
LIMITI
P
LIMITI
N
Tab. 3 20
Tab. 2 100 100 80
1 mgP/l
Tab. 3
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Riutilizzo (%): 40 0 0
Allegato 9
L’applicazione dello Scenario 1 comporta una serie di vantaggi che possono essere così
riassunti:
• l’adozione dei limiti della Tabella 2 per tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a
10.000 AE è una situazione facilmente “gestibile”: i limiti non sono particolarmente restrittivi
e ciò costituisce un discreto margine di sicurezza per gli impianti; tali limiti, riportati già nella
Direttiva CEE 91/271, sono ormai comunemente “accettati” a tutti i livelli (gestori degli
impianti e controllori); non sono richieste difficili verifiche (sia in fase preliminare di
pianificazione, sia in fase operativa di gestione e controllo) di abbattimento complessivo a
livello di ogni singolo bacino ritenuto area sensibile;
75
75
75
75
75
75
75
75
75
75
71

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
• è un intervento relativamente modesto (dal punto di vista tecnico) adeguare un impianto, che
ne è sprovvisto, di un sistema per la defosfatazione chimica in simultanea.
Gli svantaggi che possono essere evidenziati sono i seguenti:
• sarebbe necessario intervenire su un numero molto elevato di impianti, per adeguarli ai limiti
di Tabella 2, dotandoli di defosfatazione chimica (si è visto che già tra gli impianti più grandi
della Regione la mancanza di un trattamento specifico di defosfatazione si verifica in oltre il
40% dei casi) e pre-denitrificazione (si è visto che già tra gli impianti più grandi della Regione
la mancanza di un trattamento specifico di denitrificazione si verifica oggi nel 37% dei casi);
• la stima dell’abbattimento globale di fosforo a livello di intera Regione (v. Tab.6.15.I)
nell’ipotesi di applicazione dei limiti di Tabella 2 a tutti gli impianti di potenzialità almeno pari
a 10.000 AE ha fornito un valore pari al 74%, leggermente inferiore all’obiettivo del 75%. Ciò
significa che il grado di salvaguardia ambientale sarebbe (anche se di pochissimo) inferiore a
quello ottenibile con il conseguimento dell’obiettivo di rimozione pari al 75% del carico
complessivo influente agli impianti di depurazione. Per l’azoto, il rendimento complessivo
stimato è pari al 72%, anche in questo caso leggermente inferiore all’obiettivo minimo del
75%.
Per quanto riguarda lo Scenario 2, la sua eventuale applicazione comporterebbe i seguenti
vantaggi:
• per quanto riguarda il fosforo, operando secondo il criterio generale (impiantisticamente
corretto) di chiedere migliori prestazioni agli impianti di maggiori dimensioni, si renderebbe
necessaria l’applicazione della defosfatazione terziaria agli impianti di classe intermedia, tale
pratica potrebbe risultare relativamente poco onerosa nel caso fossero già previsti interventi di
adeguamento degli impianti con realizzazione di trattamenti terziari per il rispetto dei limiti su
COD, BOD e SS (ad esempio, filtrazione). L’applicazione di limiti più restrittivi a tutti gli
impianti di questa classe consentirebbe di non applicare i limiti di Tabella 2 per gli impianti
sotto una certa soglia di potenzialità, “sottoscenario 2B”, con ciò semplificando in parte le
procedure di controllo.
• per quanto riguarda l’azoto, l’adeguamento degli impianti al rispetto del limite di 10 mg/l non
dovrebbe comportare un onere significativamente diverso da quello necessario per adeguare
gli impianti al rispetto dei limiti di Tabella 2.
Gli svantaggi associati all’applicazione dello Scenario 2 sono i seguenti:
• gli impianti appartenenti a determinate classi di potenzialità (in particolare quella tra 50.000 e
100.000 AE per il fosforo e quella tra 10.000 e 100.000 AE per l’azoto) si vedrebbero
applicare limiti in uscita più restrittivi di quelli riportati nella Tabella 2 (con conseguenti
immaginabili reazioni poco favorevoli da parte degli Enti di gestione);
• la realizzazione di un trattamento terziario per la rimozione spinta del fosforo può essere un
intervento oneroso, ove non sia già previsto per migliorare in generale le prestazioni
dell’impianto (come sopra segnalato); peraltro, si tenga conto che dall’indagine è emerso che
solo 8 impianti su 26 sono dotati di trattamento terziario (anche non necessariamente dedicato
in modo specifico alla defosfatazione).
72

Per lo Scenario 3, infine, possono essere evidenziati i seguenti vantaggi:
Allegato 9
• è pregevole, dal punto di vista ambientale, riuscire a recuperare in agricoltura la risorsa idrica e
i nutrienti, almeno per un periodo dell’anno;
• si potrebbe svincolare una parte di impianti di dimensioni più piccole dalla necessità di
rispettare i limiti della Tabella 2 (con vantaggi già segnalati a proposito dello Scenario 2).
I principali svantaggi da segnalare sono i seguenti:
• deve essere valutata attentamente (in altra sede) la reale fattibilità del riutilizzo delle acque di
scarico (disponibilità di aree agricole, idonee colture, morfologia del territorio, disponibilità di
rogge e canali per il convogliamento dell’acqua nel reticolo irriguo ecc.);
• l’intervento su un numero molto elevato di impianti, per adeguarli ai limiti di Tabella 2 o
addirittura a limiti più restrittivi potrebbe risultare oneroso.
7.2 Strategie di intervento per i bacini drenanti alle aree sensibili
regionali
Sulla scorta delle modellazioni effettuate per il raggiungimento degli obbiettivi di qualità
ambientale sui corpi idrici lacustri lombardi (si faccia riferimento all’Allegato 16 “Stato di qualità
ed evoluzione trofica dei laghi) e sugli scenari di intervento ipotizzati per raggiungere gli
obbiettivi di qualità agli orizzonti temporali del 2008 e del 2016, è stata svolta una specifica analisi
per individuare i rendimenti di rimozione del fosforo per i bacini drenanti ai laghi di:
− Como
− Garda
− Idro
− Iseo
− Lugano
− Maggiore
− Mantova (considerati come unico ambiente lacustre)
− Mezzola
Per ognuno dei bacini sopra elencati si sono individuati i rendimenti di rimozione dei nutrienti
conseguibili al variare delle condizioni impiantistiche, ovvero, in pratica, al variare della diffusione
dei trattamenti terziari di rimozione. In altre parole si è verificato l’effetto dell’assunzione di limiti
di accettabilità differenziati a seconda del trattamento effettuato e della potenzialità di impianto,
considerando, come valori di riferimento, gli standard riportati nelle tabelle 2 e 3 del D.lgs
152/99, nella Tabella A della L. 319/76 e quelli raggiungibili tramite l’applicazone delle migliori
teconologie disponibili.
La situazione di riferimento in termini di numero e potenzialità degli impianti di depurazione è
quella prevista all’Allegato 6 “Stato e previsioni dell’infrastrutturazione idrica”.
Per ogni comune si sono individuati gli impianti di depurazione previsti al 2016 con relativa
popolazione equivalente trattata, tipologia del processo depurativo, recapito previsto per lo
scarico.
Per valutare il carico inquinante in ingresso a ciascun impianto di depurazione si è assunto
come produzione pro-capite di fosforo (in coerenza con quanto fatto nello studio generale
riguardante l’intero bacino lombardo) un valore di 1,5 gP/AE/d
73

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
In realtà, non necessariamente tutto il carico in ingresso a un determinato depuratore va
considerato come gravante sul bacino in esame. Infatti si possono presentare situazioni in cui un
depuratore tratti anche liquami di comuni che, territorialmente, sono esterni al bacino drenante e
che quindi non contribuirebbero al carico gravante nel bacino se non fossero realizzate le opere
di collettamento e pompaggio dei liquami fognari. In questi casi, è stato necessario scorporare dal
carico influente ai depuratori la quota parte corrispondente ai comuni non facenti parte del
bacino drenante.
Si verificano anche dei casi in cui il carico in ingresso a un determinato depuratore sia da
considerare nullo. Ciò si verifica quando il territorio di un comune appartiene solo in parte al
bacino drenante e l’impianto di depurazione in questione è situato nella parte di territorio che
NON fa parte del bacino drenante, cioè gli scarichi confluiscono naturalmente (cioè senza opere
di collettamento specifiche) in un altro bacino.
Per quanto riguarda il carico in uscita da un determinato depuratore, questo è stato assunto
nullo quando lo scarico avviene fuori dal bacino drenante (è ad esempio il caso di impianti a
servizio di collettori circumlacuali, per i quali lo scarico avviene nell’emissario del lago).
Altrimenti, il carico è stato calcolato moltiplicando la portata effluente (o la quota parte relativa ai
comuni effettivamente gravanti sul bacino) per il limite di emissione (variato di volta in volta a
seconda dello scenario specifico, come illustrato in seguito).
7.2.1 Scenari di intervento
Gli scenari di riferimento considerati per la stima dei rendimenti di rimozione del fosforo comuni
a tutti gli ambienti lacustri oggetto di indagine sono quattro, di seguito illustrati.
Scenario 1: Applicazione dei limiti della tabella 2 (o più restrittivi) (Allegato 5, D.lgs. 152/99) a
tutti gli impianti.
All’orizzonte del 2008 è stata applicata la tabella 2 senza modifiche; mentre
all’orizzonte del 2016 sono stati adottati limiti più restrittivi per gli impianti che
hanno potenzialità maggiore di 50.000 A.E., imponendo una concentrazione in
uscita di fosforo totale pari a 0,5 mg/l.
Scenario 2: Applicazione dei limiti definiti dalla tabella A della L. 319/76 per gli impianti con
potenzialità superiore ai 2.000 A.E. con scarico a lago o negli immissari entro 10 km
dalla linea di costa. Per gli altri impianti presenti nel bacino drenante sono stato
utilizzati gli stessi limiti dello scenario 1.
Scenario 3: Applicazione dei limiti riportati nel parere 107 in ordine agli elaborati tecnici
concernenti il “Settore funzionale pubblici servizi di collettamento e depurazione”
del PRRA approvato con DGR n. VI/25018 del 18 febbraio 1997.
Al 2016 è stata imposta una concentrazione in uscita di fosforo pari a 0,5 mg/l a
tutti gli impianti con potenzialità superiore a 50.000 A.E. presenti nel bacino
imbrifero del lago (Scenario 1)
Scenario 4: Applicazione di limiti più restrittivi rispetto allo scenario 3, tecnologicamente
raggiungibili, alla concentrazione di fosforo in uscita dagli impianti di depurazione
diversificati per classi di potenzialità (tra 2.000 e 10.000 A.E. 2 mg P/l , tra 10.000 e
50.000 A.E. 1 mg P/l, sopra i 50.000 A.E. 0,5 mg P/l), utilizzando le migliore
tecnologie disponibili.
7.2.2 Risultati
I risultati delle elaborazioni svolte vengono riassunti, per ognuno del laghi considerati, in tabelle
di sintesi in cui si riportano (in ordine di potenzialità decrescente degli impianti di depurazione):
74
• il comune sede dell’impianto di depurazione
• la popolazione equivalente servita

• il carico in ingresso considerato
• i carichi di nutrienti in ingresso (espressi in kg/d)
• il recapito dello scarico
• i limiti in uscita per il fosforo
• il carico di fosforo in uscita (espressi in kg/d)
• il carico complessivo in ingresso e in uscita dai depuratori
• il rendimento globali di rimozione di fosforo
I risultati vengono riassunti nella successiva Tabella 7.5.
Tabella 7.5: % di rimozione di P a seconda dello scenario considerato
LAGO Orizzont e Scenario 1 Scenario 2 Scenario 3 Scenario 4i
Como
Garda
Idro
Iseo
Maggiore
Mantova
Lugano (nord)
Lugano (sud)
temporale
2008 78 87 85 90
2016 80 89 86 89
2008 97 99 n.d. 98
2016 97 99 n.d. 98
2008 68 92 n.d. 84
2016 66 91 n.d. 82
2008 69 78 79 89
2016 75 80 84 87
2008 74 92 n.d. 87
2016 75 91 n.d. 87
2008 81 81 n.d. 91
2016 88 88 n.d. 91
2008 47 89 n.d. 79
2016 62 90 n.d. 87
2008 72 91 n.d. 91
2016 71 92 n.d. 91
Allegato 9
Lago di Como: l’applicazione dei limiti di Tabella 2 a tutti gli impianti di potenzialità maggiore o
uguale a 10.000 AE che scaricano nel bacino drenante consente il raggiungimento dell’obiettivo
di abbattimento del 75% per il fosforo . I rendimenti superano l’80% qualora gli impianti che
scaricano a lago (o entro i 10 km dalla linea di costa) siano soggetti ai limiti più restrittivi della
Tabella A della L. 319/76 o abbiano limiti più restrittivi per classi di depuratori fino a 2.000 A.E..
Un significativo contributo alla riduzione del carico di nutrienti sversato a lago deriva dal
convogliamento, fuori bacino, degli effluenti di alcuni importanti depuratori (Como e Lecco in
particolare). D’altro canto questa strategia non può essere adottata per la grande maggioranza
degli impianti gravanti sul bacino (si consideri in particolare la situazione della Valtellina).
Lago di Garda: le rese di rimozione dei nutrienti sono sempre elevatissime (>95%)
principalmente grazie all’intervento di collettamento circumlacuale e depurazione nell’impianto
consortile di Peschiera del Garda.
Lago d’Idro: la semplice applicazione di Tabella 2 non permette raggiungimenti complessivi di
rimozione del fosforo accettabili. La situazione cambia se si introducono limiti più restrittivi agli
impianti presenti nel bacino raggiungendo rese di rimozione nell’ordine dell’80-90%.
Lago d’Iseo: in questo caso, per il raggiungimento degli obiettivi di rimozione del 75%, è
richiesta l’applicazione dei limiti di Tabella 2 a tutti gli impianti ricadenti nel bacino drenante e
l’adozione di limiti più restrittivi rispetto a quelli di Tabella 2 (in particolare 0,5 mgP/l) per gli
75

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
impianti di maggiori dimensioni (Costa Volpino, Esine e vezza d’Oglio). L’applicazione di limiti
più restrittivi agli impianti entro i 10 km dalla linea di costa o a tutt gli impianti nel bacino a
seconda della potenzialità produce rimozioni dell’ordine dell’80%.
Lago di Lugano: per il bacino nord è indispensabile per raggiungere abbattimenti significativi
utlizzare scenari più restrittivi rispetto a Tabella 2. Nel bacino sud la diversione fuori bacino di un
impianto (Ponte Tresa, di potenzialità peraltro ridotta) e l’applicazione dei limiti di Tabella 2 non
permette rimozioni superiori al 75%; il raggiungimento di questo obiettivo di rimozione è
conseguibile solo con l’adozione di limiti restrittivi per gli impianti di maggiore dimensione.
Lago Maggiore: l’abbattimento dei nutrienti conseguito con l’applicazione dei limiti di Tabella 2
è prossimo al 75%, nonostante il convogliamento degli scarichi al di fuori del bacino drenante sia
limitato a pochi impianti (solo Varese Pravaccio sopra i 100.000 AE). Per raggiungere o superare
l’obiettivo del 75% è richiesta l’adozione di limiti più restrittivi: si nota come l’applicazione di
Tabella A permette di raggiungere abbattimenti molto elevati, poiché la maggior parte degli
impianti sono ubicati entr o i 10 km dalla linea di costa.
Laghi di Mantova: il bacino drenante dei laghi di Mantova risente in modo pesante
dell’influenza del depuratore di Peschiera: già l’adozione, per questo, dei limiti di Tabella 2 porta
infatti ad un incremento significativo del rendimento complessivo di rimozione dei nutrienti.
7.2.3 Conclusioni
Le stime svolte hanno consentito di verificare la fattibilità del raggiungimento di un obiettivo di
rimozione dei nutrienti pari ad almeno 75% per le aree sensibili lombarde (così come già era stato
possibile verificare per l’intera Regione, considerata facente parte del bacino drenante del fiume
Po e quindi dell’Adriatico settentrionale).
A seconda dei casi, il raggiungimento di tale obiettivo può o meno richiedere l’adozione di
limiti anche più restrittivi di quelli della Tabella 2 dell’all. 5 del D.lgs. 152 e s.m.i., per gli impianti
di maggiori dimensioni. I limiti più restrittivi che sono stati considerati in questo studio sono
comunque quelli riportati nella Tabella A della L.319/76 per scarico a lago, o risultanti
dall’applicazione delle migliori tecnologie disponibili. Il ricorso a misure particolarmente severe è
richiesto dove non sono previsti interventi di collettamento degli scarichi e loro convogliamento
fuori bacino.
In generale si rileva comunque che l’applicazione di limiti definiti per il raggiungimento
dell’obbiettivo di qualità per le acque lacustri comporta in tutti i casi il raggiungimento di
rimozioni di almeno del 75% di fosforo.
7.3. Proposta per l’abbattimento del 75% dei fattori nutrienti
Sulla base degli scenari identificati nei capitoli precedenti sia a scala regionale che tenendo conto
degli abbattimenti che si rendono necessari all’interno dei bacini lacustri, funzionali più al
raggiungimento degli obbiettivi di qualità per le acque lacustri, come estesamente descritto
nell’Allegato 16 “Stato di qualità ed evoluzione trofica dei laghi”, che all’abbattimento del 75%
del carico veicolato agli impianti di depurazione è stata elaborata una proposta che assomma gli
scenari previsti per i bacini lacustri e per la restante parte del territorio regionale (Tabella 7.7).
Inoltre si è tenuto conto degli orizzonti di riferimento degli anni 2008 e 2016 che è riportata per il
primo orizzonte temporale nella Tabella 7.8, e per il secondo orizzonte temporale nella Tabella
7.9. E’ evidente come i limiti di abbattimento previsti agli impianti di depurazione comportino
una limitazione del fosforo oltre il previsto 75%, già a partire dal 2008. L’abbattimento previsto
per l’azoto può essere raggiunto con un riutilizzo irriguo delle acque reflue trattate di almeno un
35% (Tabella 7.10).
76

Classe di
potenzialità (AE)
Tabella 7.7 – Limiti di emissione agli impianti di depurazione considerati
≥ 2.000
< 10.000
≥ 10.000
< 50.000
Bacini drenanti ai laghi
≥ 50.000
< 100.000
≥ 100.000
Fosforo totale 2 1 0,5 0,5
Azoto totale -- 15 15 10
Intero territorio regionale
Fosforo totale -- 2 1(*) 1
Azoto totale -- 15 15 10
(*) il limite previsto al 2008 è quello di Tabella 2
Tabella 7.8 - Scenario di intervento per la rimozione dell’azoto e fosforo al 2008
N
P
Classe di
potenzialità
Allegato 9
(AE) > 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 9.999 – 2.000 Rimozione
Tab. 3 100
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Tabella 3 81
Tabella 2 98 81 68
2 mgP/l 19
1 mgP/l 32
0,5 mgP/l 2 19
Tabella 7. 9 - Scenario di intervento per la rimozione dell’azoto e fosforoal 2016
N
P
Classe di
potenzialità (AE)
> 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 9.999 – 2.000 Rimozione
Tab. 3 100
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Riutilizzo
Tabella 3 81
Tabella 2 98 68
2 mgP/l 19
1 mgP/l 81 32
0,5 mgP/l 2 19
72
76
72
77
77

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
78
Tabella 7. 9 - Scenario di intervento per la rimozione dell’azoto e fosforo al 2016
N
P
prevedendo il riutilizzo agricolo del 25% delle acque reflue depurate
Classe di
potenzialità (AE)
> 100.000 50.000 - 100.000 10.000 - 49.999 9.999 – 2.000 Rimozione
Tab. 3 100
Tab. 2 100 100 100
10 mgN/l
Riutilizzo 35
Tabella 3 81
Tabella 2 98 68
2 mgP/l 19
1 mgP/l 81 32
0,5 mgP/l 2 19
Riutilizzo 35
75
79

Allegato 9
Capitolo 8
Stima dei costi per l’implementazione delle strategie di
intervento a livello regionale
8.1 Ipotesi di calcolo
Per effettuare una stima dei costi di investimento ed esercizio da sostenere per l’implementazione
delle strategie di intervento, così come definite nel precedente Capitolo 7, si è fatto riferimento ai
valori parametrici e allo schema di calcolo riportati nel documento “Piano Regionale di
Risanamento delle Acque: criteri di pianificazione in rapporto alla gestione delle risorse idriche
lombarde”, redatto dalla Regione Lombardia nel 1992, cui si rimanda per ogni approfondimento
del metodo. I valori parametrici ivi riportati, essendo riferiti al 1990, sono stati aggiornati
assumendo un coefficiente maggiorativo del 35%.
Dovendosi effettuare una valutazione degli oneri (di investimento ed esercizio) connessi alla
realizzazione degli interventi previsti nei diversi scenari, si è reso necessario definire uno scenario
base corrispondente allo stato di fatto. Per questo si è ritenuto di utilizzare i dati rilevati durante
l’indagine (Cap. 6), che sicuramente costituiscono una base di informazioni attendibile. L’indagine
ha però riguardato impianti di grandi dimensioni, per cui, per gli impianti delle fasce di
potenzialità inferiori, si è ipotizzata una situazione che tiene conto sia dei risultati dell’indagine
stessa, sia delle conoscenze degli estensori relativamente alla situazione impiantistica della
Regione Lombardia. In sostanza lo “stato di fatto” (v. Tab. 8.1) è stato definito sulla base delle
seguenti ipotesi:
che gli impianti esistenti corrispondano, in numero e potenzialità, a quelli presenti nella
banca dati SIRIO (per gli scopi del presente lavoro comunque, considerando soddisfatto
nella maggior parte dei casi il fabbisogno di impianti, appunto in termini di numero e
potenzialità, l’eventuale scarto rispetto alla situazione reale non costituisce elemento di
disturbo per le stime economiche che seguono, le quali hanno l’obiettivo di confrontare
diversi scenari dove le differenze sono rappresentate non tanto dal numero di impianti
ma dalla tipologia degli stessi);
che per gli impianti di potenzialità superiore ai 100.000 AE la situazione impiantistica (in
termini di presenza o assenza di comparti di denitrificazione, trattamenti di
defosfatazione, fasi terziarie di trattamento) corrisponda a quella rilevata nel corso
dell’indagine;
che per gli impianti della fascia intermedia di potenzialità (50.000-100.000 AE) il numero
(in percentuale) di impianti dotati di trattamenti specifici per la rimozione di azoto e
fosforo sia pari alla metà rispetto a quanto rilevato per gli impianti di maggiore
dimensione;
che per gli impianti di potenzialità compresa tra 10.000 e 50.000 AE non sia prevista la
rimozione di fosforo né di azoto; questa assunzione può sembrare poco coerente con la
realtà, soprattutto per quanto riguarda l’azoto, se si tiene conto che a cavallo tra gli anni
’80 e ’90 si sono realizzati molti impianti anche di potenzialità inferiore ai 10.000 AE
79

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
dotati di comparto di denitrificazione; in effetti bisogna rilevare che spesso, per diversi
motivi (criteri di dimensionamento adottati assolutamente impropri, assenza di ricircolo
della miscela aerata, fornitura di ossigeno nel comparto di denitrificazione per ampliare la
nitrificazione ecc.), il comparto “anossico” non rappresenta una vera e propria unità di
denitrificazione, conseguendo, sovente rendimenti trascurabili; per queste ragioni si è
assunta, come ipotesi semplificativa, la assenza di fasi specifiche per la rimozione dei
nutrienti.
In Tabella 8.1 è riportata la situazione presa come riferimento per lo stato di fatto.
Tabella 8.1 – Situazione di riferimento assunta come “stato di fatto” in termini di presenza
Classe di
potenzialità (AE)
percentuale di impianti con fasi specifiche per la rimozione di azoto e fosforo
Percentuale di impianti
dotati di
pre-denitr ificazione
Percentuale di impianti dotati di
defosfatazione in simultanea
(o trattamento analogo)
Percentuale di impianti dotati di
post-defosfatazione (o trattamento analogo)
> 100.000 63 27 31
50.000-100.000 32 14 16
10.000-49.999 0 0 0
8.2 Risultati della stima
8.2.1 Scenario 1
In questo scenario i limiti della Tabella 2 dell’All. 5 del D.lgs 152/99 e s.m.i. vengono applicati a
tutti gli impianti di potenzialità maggiore o uguale a 10.000 AE. Se si suppone l’adozione di
schemi di pre-denitrificazione per tutte le potenzialità e l’applicazione della defosfatazione
chimica in simultanea per il conseguimento degli standard in uscita, si ricavano i costi riportati in
Tabella 8.2.
Tabella 8.2 – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
Numero
impianti
ammortamento con riferimento allo scenario 1
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.87 6 .788
Pre-
denitrifi
cazione
Defosfa-tazione Costi di Ammorta chimica
investimento
(milioni di
Euro)
mento (milioni di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(milioni di
Euro/anno)
Costi totali
(milioni di
Euro/anno)
SI’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
50.000-100.000 32 2.329.769 SI’ Simult. 90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999 144 3.245.596 SI’ Simult. 209,7 23,7 14,2 37,9
Totale 217 19.508.774 597,8 67,6 42,3 109,9
8.2.2 Scenario 2
Per questo scenario, nell’ipotesi di dotazioni idriche basse, si sono individuati 2 sottocasi
relativamente alla rimozione del fosforo:
80
A. tutti gli impianti di potenzialità superiore a 100.000 AE rispettano Tab 2. Il 50% degli
impianti di potenzialità compresa tra 50.000 e 100.000 A.E. rispettano un limite in uscita
per il fosforo di 1 mg/l. I rimanenti impianti della medesima fascia e quelli di potenzialità
inferiore rimangono soggetti ai dei limiti della Tabella 2 dell’All. 5 del D.lgs 152/99 e
s.m.i.

Allegato 9
B. Il limite di 1 mg/l è applicato a tutti gli impianti sopra i 50.000 AE (per gli impianti sopra
i 100.000 A.E. significa seguire Tab 2); per quanto riguarda gli impianti appartenenti alla
fascia 10.000-50.000 AE una parte di questi (l’80%) rispetta i limiti di Tab. 2, .il restante
20% invece segue Tab. 3.
Per quanto riguarda invece la rimozione dell’azoto si è individuata un’unica possibilità che
prevede l’adozione di schemi di pre-denitrificazione per tutti gli impianti di potenzialità maggiore
o uguale a 10.000 AE per rispettare un limite di 10 mgN/l nell’effluente.
Nelle Tabelle 8.3A e 8.3B si riportano (rispettivamente per il sottocaso “A” e il sottocaso “B”) i
risultati della valutazione economica.
Tabella 8.3A – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
ammortamento con riferimento allo scenario 2, sottocaso “A”
Numero
impianti
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.87 6 .788
Pre-
denitrifi-
cazione
Defosfa-
tazione
chimica
Costi di
investimento
(migliaia di
Euro)
Ammorta mento (migliaia di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(migliaia di
Euro/anno)
Costi totali (migliaia di
Euro/anno)
Si’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
50.000-100.000 32 2.329.769 Si’ Simult. 90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999 144 3.245.596 Si’ NO 209,7 23,7 14,2 37,9
Totale 217 19.508.774 597,8 67,6 42,3 109,9
Tabella 8.3B – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
Numero
impianti
ammortamento con riferimento allo scenario 2,sottocaso “B”
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.87 6 .788
Pre-denitrifi-
cazione
Defosfa-
tazione
chimica
Costi di
investimento
(migliaia di
Euro)
Ammorta mento
(migliaia di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(migliaia di
Euro/anno
)
Costi totali
(migliaia di
Euro/anno)
Si’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
50.000-100.000 32 2.329.769 Si’ Simult. 90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999
144 3.245.596
Si’ Simult.^
NO*
197,3 22,3 12,3 34,6
Totale 217 19.508.774 585,3 66,2 40,4 106,6
^ Per l’80% degli impianti
* Per il 20% degli impianti
8.2.3 Scenario 3
Come già evidenziato, per questo Scenario sono stati esaminati tre sottocasi che consentono di
raggiungere l’obiettivo di rimozione previsto a livello di bacino:
A. Tutti gli impianti che potenzialmente potrebbero inviare i propri effluenti in
agricoltura effettuano il riutilizzo; tutti gli impianti di potenzialità superiore o uguale a
50.000 AE rispettano i limiti di Tabella 2; solo il 30% (sia per il fosforo che per
l’azoto) degli impianti di potenzialità compresa tra 10.000 e 50.000 AE rispetta i limiti
di Tabella 2.
B. Viene effettuato il riutilizzo da tutti gli impianti che potenzialmente potrebbero
inviare i propri effluenti in agricoltura solamente se appartenenti alla fascia di
potenzialità superiore ai 100.000 A.E. Per quanto riguarda sia il fosforo che l’azoto:
gli impianti sopra i 50.000 AE rispettano i limiti di Tabella 2, solo una parte (il 40%)
degli impianti di potenzialità inferiore a 50.000 AE sono tenuti al rispetto dei limiti di
Tabella 2.
81

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
C. Questo sottocaso prevede un riutilizzo in agricoltura degli effluenti solo per il 40%
degli impianti con potenzialità superiore a 100.000 A.E. Tutti gli impianti superiori a
50.000 A.E. rispettano i limiti di Tab. 2. Nella fascia tra 10.000 e 50.000 A.E. per
quanto riguarda il fosforo solo l’80% degli impianti deve rispettare i limiti di Tab. 2,
per l’azoto invece la totalità degli impianti deve rispettare tale Tabella.
Le stime economiche sono riportate nelle Tabelle 8.4A, 8.4B e 8.4C, riferite ai sottocasi “A”, “B”
e “C”, rispettivamente.
In ogni caso andrebbero aggiunti i costi per l’adeguamento dei manufatti di scarico di quegli
impianti che effettuerebbero il riutilizzo in agricoltura per consentire eventualmente una doppia
modalità di scarico: in roggia o canale durante il periodo agricolo, in altro corpo idrico
superficiale nel restante periodo dell’anno. Questi costi sono di difficile valutazione, ma, in prima
approssimazione, appaiono comunque tali da non incidere significativamente sul costo
complessivo.
Tabella 8.4A – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
Numero
impianti
ammortamento con riferimento allo scenario 3, sottocaso “A”
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.87 6 .788
Pre-
denitrifi-
cazione
Defosfa-
tazione
chimica Costi di
investimento
(milioni di Euro)
Ammorta mento (milioni di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(milioni di
Euro/anno)
Costi totali
(milioni di
Euro/anno)
Si’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
50.000-100.000 32 2.329.769 Si’ Simult. 90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999
144 3.245.596
Si’^^
NO**
Simult.^
NO*
61,5 6,9 4,3 11,2
Totale 217 19.508.774 449,6 50,8 32,4 83,2
^Per il 30% degli impianti ^^Per il 30% degli impianti
*Per il 70% degli impianti **Per il 70% degli impianti
Tabella 8.4B – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
Numero
impianti
ammortamento con riferimento allo scenario 3, sottocaso “B”
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.87 6 .788
50.000-100.000
32 2.329.769
Pre-
denitrifi-
cazione
Defosfa-
tazione
chimica
Costi di
investimento
(milioni di Euro)
Ammorta-
mento (milioni di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(milioni di
Euro/anno)
Cost i totali
(milioni di
Euro/anno)
Si’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
Si’^^
NO**
Simult.^
NO*
90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999 144 3.245.596 Si’ NO 82,2 9,3 5,7 15
Totale 217 19.508.774 696,4 53,2 33,8 87
^Per il 40% degli impianti ^^Per il 40% degli impianti
*Per il 60% degli impianti **Per il 60% degli impianti
82

Allegato 9
Tabella 8.4C – Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità
(AE)
Numero
impianti
ammortamento con riferimento allo scenario 3, sottocaso “C”
Potenzialità
totale
(AE)
> 100.000 41 12.876 . 788
Pre-
denitrifi-
cazione
Defosfa-
tazione
chimica
Costi di
investimento
(milioni di
Euro)
Ammort a-
mento
(milioni di
Euro/anno)
Costi di
esercizio
(milioni di
Euro/anno)
Costi totali
(milioni di
Euro/anno)
Si’ Simult. 297,9 33,7 21,3 55
50.000-100.000 32 2.329.769 Si’ Simult. 90,2 10,2 6,8 17
10.000-49.999
144 3.245.596
NO Simult.^
NO*
197,3 22,3 12,3 34,6
Totale 217 19.508.774 585,3 66,2 40,4 106,6
^Per l’80% degli impianti
*Per il 20% degli impianti
8.2.4 Confronto tra i diversi Scenari
In Tabella 8.5 si riporta una sintesi dei risultati della stima economica relativamente a questi
scenari.
Tabella 8.5 – Costi da sostenere per l’adeguamento degli impianti nei tre Scenari di
riferimento
Scenario 1 Scenario 2A Scenario 2B Scenario 3A Scenario 3B Scenario 3C
Investimento (milioni di Euro) 597,8 597,8 585,3 449,6 470,3 585,3
Ammortamento (milioni di
Euro/anno) 67,6 67,6
66,2 50,8 53,2 66,2
Esercizio “ 42,3 42,3 40,4 32,4 33,8 40,4
Totale (amm. + eser.) “ 109,9 109,9 106,6 83,2 87 106,6
Dall’analisi dei risultati delle stime svolte, possono essere dedotte le seguenti considerazioni
principali:
A livello di investimenti, le situazioni più gravose si hanno per gli Scenari 1 e 2A, per la
necessità di adeguare un gran numero di impianti con trattamenti di defosfatazione.
Viceversa, lo scenario più conveniente risulta il 3A, che prevede che la maggior parte degli
impianti di potenzialità inferiore ai 50.000 A.E. in generale non facciano ricorso né alla
defosfatazione simultanea né alla pre-denitrificazione. D’altra parte non è stata effettuata
alcuna valutazione in relazione ai così della realizzazione delle opere che consentirebbero
il riutilizzo in agricoltura: rete di canali, serbatoi di accumulo, ecc…
In termini di esercizio, la soluzione più costosa è rappresentata dallo Scenario 1 o 2A.
Questo è giustificato dal fatto che la defosfatazione è estesa a tutti gli impianti e, nelle
ipotesi di calcolo adottate, non esiste significativa differenza in termini di costi di esercizio
tra defosfatazione in simultanea e defosfatazione terziaria. In altre parole, il fattore
determinante è il numero di impianti dotati di defosfatazione, indipendentemente dallo
schema impiantistico adottato.
Considerando infine insieme ammortamento ed esercizio, le differenze tra i diversi
Scenari vengono appianate, con una discreta convenienza per lo Scenario 3A e 3B.
In sintesi, fatta salva la verifica della fattibilità tecnica del riutilizzo agricolo per la totalità degli
impianti ubicati nelle aree agricole della bassa pianura, e trascurando i costi connessi
all’adeguamento dei manufatti di scarico per consentire un doppio recapito, nella rete irrigua e in
83

Regione Lombardia - Direzione Generale Reti e Servizi di Pubblica Utilità
altro corpo idrico superficiale, o altre opere accessorie, lo Scenario 3A risulta il più conveniente,
in quanto gli impianti vengono dotati di un trattamento relativamente poco oneroso per la
rimozione del fosforo (defosfatazione in simultanea) e non è necessario estendere la rimozione
spinta dei nutrienti alla totalità degli impianti stessi.
Più in generale, è opportuno sottolineare che una valutazione economica effettuata sulla base di
costi reali ha evidenziato oneri nettamente inferiori, rispetto a quelli calcolati sulla base dei criteri
regionali per la revisione del PRRA, per la realizzazione di trattamenti di defosfatazione in
simultanea.
8.3 Stime economiche della proposta finale
Si riportano in questa sezione le stime economiche riferite allo scenario ipotizzato al paragrafo 7.3
che prevedeva una diversa strategia di intervento per le aree drenanti ai laghi lombardi, rispetto al
resto del territorio regionale.
Per l’azoto sia al 2008 che al 2016 è previsto il rispetto della Tab. 2. Si prevede quindi sempre
l’adozione di schemi di pre-denitrificazione.
Per il fosforo si sono previsti i seguenti schemi impiantistici a seconda dello standard da
raggiungere in uscita dall’impianto:
• 0,5 mg/L: post-defosfatazione;
• Tab. 2 (1 o 2 mg/L): defosfatazione in simultanea;
• 5 mg/L: nessun trattamento
Sotto queste ipotesi non esiste alcuna differenza, dal punto di vista economico, tra gli scenari al
2008 e al 2016.
Per quanto riguarda i bacini drenanti ai laghi si sono considerati solamente i laghi considerati
sensibili, escludendo peraltro gli impianti che scaricano fuori bacino. In questo modo il peso
percentuale degli impianti che ricadono nel bacino dei laghi rispetto al totale regionale è modesto
(in termini di AE serviti): circa il 2% nella fascia “> 100.000 AE”, circa il 19% nella fascia
“50.000-100.000 AE”, circa il 32% nella fascia “10.000-50.000 AE”.
Le stime economiche sono riportate nelle Tabella 8.6.
Tab. 8.6. - Valutazione di costi di investimento e di esercizio (aggiuntivi) e degli oneri di
Classe di
potenzialità (AE)
ammortamento con riferimento allo scenario 3, sottocaso “A”
Pre-
denitrifica-
zione
Defosfat a- Costi di Ammorta- Costi di
Costi totali zione chimica
> 100.000 Sì Simult.^
Terziaria*
50.000-100.000 Sì Simult.^
Terziaria*
investimen-to
(milioni di
Euro)
mento (milioni
di Euro/anno)
esercizio
(milioni di
Euro/anno)
(milioni di
Euro/anno)
300,1 33,9 21,3 55,2
95 10,7 6,8 17,6
10.000-49.999 Sì Simult. 209,7 23,7 14,2 37,9
Tot. 604,8 68,3 42,3 110,7
^Intero territorio regionale esclusi i bacini drenanti dei laghi
* Bacini drenanti ai laghi
Facendo un confronto con gli scenari precedentemente descritti si può dedurre che in termini di
investimenti questo scenario si pone nella situazione più gravosa (sebbene non si discosti di
molto dagli scenari 1 e 2A), poiché vengono ipotizzati trattamenti avanzati per l’abbattimento del
84

Allegato 9
fosforo, anche solo per gli impianti che si trovano in area drenante a lago e quindi per percentuali
dell’ordine del 5-10% del totale degli impianti.
In termini di esercizio questo scenario si colloca tra i più costosi in quanto la defosfatazione è
estesa a tutti gli impianti.
Considerando insieme ammortamento ed esercizio non si rilevano grandi differenze se non
rispetto allo scenario 3A e 3B che sono quelli più convenienti.
85