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Il piano regolatore intercomunale del Savonese: la ... - Didattica

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Parte I<br />

La vicenda urbanistica di Bergeggi<br />

nel contesto <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong><br />

<strong>Il</strong> <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong>: <strong>la</strong> variante generale intermedia, lo scioglimento<br />

<strong>del</strong> Pris, i nuovi strumenti di pianificazione regionale e provinciale, l’avvio <strong>del</strong> Piano<br />

urbano comunale di Bergeggi,<br />

di Pier Luigi Paolillo<br />

1. L’intelligenza collettiva, i consigli aurei e un soccorso di metodo<br />

Mentre m’occupavo <strong>del</strong><strong>la</strong> variante generale «intermedia» 1 , durante un’assemblea piuttosto tumultuosa<br />

fui apostrofato acremente da un ex senatore savonese: «T’illudi se credi che l’urbanistica sia<br />

lucidità solitaria, essa non è altro che approssimazione collettiva!»; in realtà, si tratta di un convincimento<br />

più generalizzato di quanto si possa ritenere, e assai più arduo <strong>del</strong>le più pessimistiche previsioni<br />

è l’operato per smentirlo tendendo all’auspicabile «lucidità collettiva» che eviterebbe simili<br />

perentorietà 2 : beninteso, nel senso <strong>del</strong>l’«intelligenza collettiva» al<strong>la</strong> Pór 3 , in direzione di «un gruppo<br />

umano che evolve verso l’attitudine superiore di risolvere problemi, di pensare e d’integrarsi in col<strong>la</strong>borazione<br />

e innovazione» 4 , superando tanto il conformismo di gruppo quanto l’egotismo antropocentrico<br />

in una cooperazione comunitaria che mantenga prestazioni intellettuali affidabili, nel<strong>la</strong> metafora<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> scienza come intelligenza consapevole 5 <strong>del</strong> fatto che «<strong>la</strong> miglior difesa di un paese è<br />

una cittadinanza istruita» 6 , in grado, cioè, di massimizzare il raziocinio collettivo 7 avvalendosi dei<br />

«consigli aurei» <strong>del</strong><strong>la</strong> scienza.<br />

In effetti questo a me non è capitato sovente: nelle più svariate prospettive, nel gran coacervo di<br />

traiettorie 8 , nell’infinita babele di opinioni in cui mi sono imbattuto esercitando il mestiere <strong>del</strong> pianificatore,<br />

sono stato (e mi sono) obbligato a eccessive fatiche contro risultati tutto sommato contenuti<br />

(non rispondenti, cioè, al<strong>la</strong> «generosità tecnica» che ho profuso per ridurre <strong>la</strong> complessità in-<br />

1 Fui incaricato dal Comune di Savona di promuovere in tempi brevissimi (prima <strong>del</strong>le elezioni amministrative <strong>del</strong><br />

maggio 1990) <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong><strong>la</strong> cosiddetta variante generale «intermedia» <strong>del</strong> Piano <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> savonese,<br />

una sorta di strumento parziale che avrebbe dovuto fungere da «ponte» verso lo scioglimento <strong>del</strong> Pris (ma ciò non fu<br />

mai espressamente dichiarato negli atti ufficiali) e verso l’approntamento di autonomi piani rego<strong>la</strong>tori comunali; più oltre<br />

narrerò in dettaglio <strong>la</strong> vicenda.<br />

2 In realtà, le antinomie simmetriche – che in questo contesto possono considerarsi negative – «lucidità solitaria» vs.<br />

«approssimazione collettiva», «lucidità collettiva» vs. «approssimazione solitaria» sembrerebbero entrambe giustificabili<br />

attraverso soluzioni tesi/antitesi, portando al<strong>la</strong> conclusione <strong>del</strong> tipo «A se e solo se non-A»; tuttavia, <strong>la</strong> proposizione<br />

di Gö<strong>del</strong> (cfr. Aimonetto I., 1978, «<strong>Il</strong> teorema di Gö<strong>del</strong> e le antinomie negative», Filosofia, Torino) rive<strong>la</strong> che per ogni<br />

sistema sufficientemente ampio di teorie, come è – anche – quello <strong>del</strong>l’urbanistica, oggi, si danno proposizioni non decidibili<br />

con tesi e antitesi altrettanto comprovate e, dunque, le antinomie che abbiamo denominato sopra ci appaiono esito<br />

inevitabile di qualunque processo razionale e, quindi, elementi appunto non decidibili, piuttosto che indesiderate difficoltà<br />

o antitesi di una tesi.<br />

3 Pór G., 1995, «The Quest for Collective Intelligence», in Id, Community Building: Renewing Spirit and Learning in<br />

Business, New Leaders Press (cfr. http://www.vision-nest.com/cbw/CBBook.html); il concetto qui richiamato è stato<br />

tratto dal blog di George Pór all’indirizzo http://www.community-intelligence.com/blogs/public/<br />

4 Cfr. anche i <strong>la</strong>vori sull’intelligenza collettiva di Cliff Joslyn (http://www.c3.<strong>la</strong>nl.gov/~joslyn/), di Pierre Levy (1996,<br />

L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia <strong>del</strong> cyberspazio, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no), Howard Bloom (2000, Global<br />

Brain: The Evolution of Mass Mind From the Big Bang to the 21st Century, John Wiley & Sons, New York), Howard<br />

Rheingold (2003, Smart mobs. Tecnologie senza fili, <strong>la</strong> rivoluzione sociale prossima ventura, Cortina, Mi<strong>la</strong>no);<br />

5 Cfr. Boyd R. e Kuhn T.S., 1993, La metafora nel<strong>la</strong> scienza, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no.<br />

6 Steele R. D., 2002, Intelligence, Rubbettino, Soveria Mannelli.<br />

7 Si veda Szuba T, 2001, Computational Collective Intelligence, John Wiley & Sons, New York, che ha formalizzato il<br />

fenomeno <strong>del</strong> raziocinio (intelligenza) collettivo/a con un’espressione matematica, dove le interazioni informative sono<br />

mo<strong>del</strong><strong>la</strong>te come molecole di informazioni astratte; Tadeusz Szuba ha proposto in questo mo<strong>del</strong>lo una definizione formale<br />

di QIS (quoziente intellettivo sociale) come «funzione di probabilità su tempo e dominio di inferenze a N-elementi<br />

che rilettono le attività di inferenza <strong>del</strong><strong>la</strong> struttura sociale».<br />

8 Tecnico-fattuali, teorico-concettuali, politiche.


formativa, piegar<strong>la</strong> al<strong>la</strong> formazione di un apparato interpretativo, assumer<strong>la</strong> come quadro <strong>del</strong>le prescrizioni<br />

derivanti, in una paro<strong>la</strong> allestire quel partico<strong>la</strong>re marchingegno composito che convenzionalmente<br />

denominiamo «<strong>piano</strong>»); ma ciò è capitato invece nel <strong>piano</strong> di Bergeggi che questo libro<br />

narra: un’esperienza lucidamente collettiva durata addirittura tredici anni 9 dove, al<strong>la</strong> fine, non un<br />

solo metro quadro di vincolo decadrà dopo il quinquennio 10 risultando – <strong>la</strong> fattibilità di ogni intervento<br />

di trasformazione ammesso – subordinata al<strong>la</strong> stipu<strong>la</strong> di un atto convenzionale per realizzare a<br />

cura e spese <strong>del</strong> privato le nuove attrezzature per servizi, connesse all’intervento 11 ; e, che tale modalità<br />

sia stata pacificamente accettata da tutte le proprietà, dopo anni e anni di costruzione di una<br />

intelligenza collettiva nel confronto costante tra gli operatori, il comune e il pianificatore, lo attesta<br />

il risibile numero di osservazioni presentate: soltanto nove, rispetto ai 252.704 mq di superficie lorda<br />

di pavimento (esistente e confermata) e ai 69.661 mq di Slp di previsione 12 .<br />

Ma tutto ciò si vedrà in dettaglio in questo libro; preme ora, piuttosto, constatare che in urbanistica<br />

è ancora babele di opinioni e al contempo di peculiarità locali e d’intensità problematiche e di pluralità<br />

dei soggetti e di valori assumibili 13 , e uno e un sol modo di <strong>piano</strong> non esiste, e probabilmente<br />

non è mai esistito se non nel<strong>la</strong> mentalità burocratica, arroccata e notarile di quel legis<strong>la</strong>tore regionale<br />

che ha inteso – in qualche testo di legge o circo<strong>la</strong>re – elencare una sommatoria di e<strong>la</strong>borazioni<br />

obbligatorie quasi che, adempiuta l’incombenza in termini diligenti ed effettuati quei calcoli e disegnate<br />

quelle carte, il <strong>piano</strong> potesse dirsi finito, ed efficace, e condiviso; così come una e una so<strong>la</strong><br />

procedura informativa non mi è nota, risultando tali e tanti gli incidenti <strong>del</strong><strong>la</strong> conoscenza che intrappo<strong>la</strong>r<strong>la</strong><br />

rispetto all’infinito suo poliedro mediante modalità codificate equivarrebbe al<strong>la</strong> pretesa<br />

d’immobilizzare una testata g<strong>la</strong>ciale attraverso incastel<strong>la</strong>ture di cantiere; così come ancora talmente<br />

tante sono le scale d’intervento e gli oggetti sui quali s’interviene e l’intensità dei nodi aperti e i<br />

gradi di conflittualità sociale e <strong>la</strong> dubbia affidabilità <strong>del</strong><strong>la</strong> pubblica amministrazione e infine, anco-<br />

9<br />

A partire dal<strong>la</strong> <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> consiglio comunale n. 39 <strong>del</strong> 4 novembre 1993, in cui l’ing. Livio Giraudo e chi scrive<br />

erano stati incaricati <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> comunale, insieme al geologo Filippo Carieri per le competenze<br />

geo–ambientali e all’agronomo Fabrizio Del Nero per quelle agro–ambientali, fino all’attuale approvazione.<br />

10<br />

La Corte di Cassazione, a sezioni unite, con sent. 10 giugno 1983, n. 3987 aveva ribadito che il Prg può certo imporre<br />

vincoli espropriativi, ma essi hanno efficacia limitata a cinque anni e, di conseguenza, i proprietari dei suoli vinco<strong>la</strong>ti<br />

non hanno diritto a indennizzo di sorta per i cinque anni di vigenza <strong>del</strong> vincolo (e non possono avviare nessun’azione risarcitoria)<br />

ma, se entro il quinquennio previsto, non trova approvazione nessuno strumento attuativo il vincolo è da considerarsi<br />

decaduto poiché, se permanesse, diverrebbe lesivo dei diritti proprietari; anche il Consiglio di Stato in adunanza<br />

plenaria, con decisione <strong>del</strong> 2 aprile 1984, n. 7 confermava il precetto <strong>del</strong><strong>la</strong> legge 19 novembre 1968, n. 1187 e, conseguentemente,<br />

<strong>la</strong> permanenza <strong>del</strong> valore solo quinquennale dei vincoli di <strong>piano</strong>.<br />

11<br />

Tanto per fornire un esempio <strong>del</strong><strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re modalità per evitare i «vincoli di carta», il comma 28.5.1. <strong>del</strong>le norme<br />

tecniche prescrive che, «per l’Area a12.4, con superficie territoriale di mq 5.803 (di cui mq 1.980 vinco<strong>la</strong>ti<br />

all’inedificabilità), a destinazione di nuove costruzioni residenziali di tipo mono-familiare [omissis], le modalità<br />

d’intervento concernono: a) il permesso di costruire singolo, convenzionato per monetizzare e/o realizzare specifiche<br />

quote parti – proporzionali al<strong>la</strong> superficie lorda di so<strong>la</strong>io concessa in rapporto all’intera superficie lorda di so<strong>la</strong>io prevista<br />

– <strong>del</strong>l’intervento di ripristino e sistemazione <strong>del</strong><strong>la</strong> strada vicinale di collegamento pedonale tra le via Millelire e<br />

<strong>del</strong> Tasso, nonché <strong>la</strong> realizzazione e cessione gratuita al Comune <strong>del</strong> parco pubblico nell’Area a12.27 [omissis]».<br />

12<br />

Di cui: per Slp residenziale di previsione, 30.429 mq; per Slp ricettiva di previsione, 21.317 mq; per altre destinazioni<br />

d’uso di previsione, 17.915 mq.<br />

13<br />

In realtà, non è null’altro che babele «linguistica»: accentuatasi negli ultimi anni (forse per l’intervento di abili strumentalizzazioni?),<br />

è divenuta adesso partico<strong>la</strong>rmente perniciosa giacché impedisce l’auspicabile raggiungimento di un<br />

«sentire tecnico» condiviso su alcuni temi urbanistici indi<strong>la</strong>zionabili (come il contenimento <strong>del</strong> consumo/spreco di risorse<br />

finite, <strong>la</strong> riconduzione <strong>del</strong>l’assetto dispersivo a un’armatura morfologico-territoriale «centrata», l’allestimento e<br />

l’unificazione di sistemi informativi di monitoraggio urbanistico-ambientale; certo è che se tutti i punti di vista continueranno<br />

a essere ospitati nell’arena <strong>del</strong> <strong>piano</strong> con egual dignità, credibilità e liceità aggressiva, tanto progressivamente<br />

tenderà ad accentuarsi <strong>la</strong> babele linguistica quanto verrà proporzionalmente erosa <strong>la</strong> legittimazione e <strong>del</strong> <strong>piano</strong> e dei<br />

pianificatori; altro è invece l’agire nel<strong>la</strong> (<strong>del</strong><strong>la</strong>) complessità territoriale e ambientale, da non confondersi strumentalmente<br />

con quel<strong>la</strong> che definisco «babele di opinioni» e circa il quale (agire) a me pare <strong>la</strong>titante l’approntamento (come affermo<br />

più oltre) di appropriate «tecniche» conoscitive (sull’incertezza, sul<strong>la</strong> trasformazione, sui limiti, che altre discipline<br />

«fisiche» hanno già messo a punto da tempo) e di adeguate «tecnologie» fondanti (ossia di ragionamenti giustificativi<br />

<strong>del</strong>le «tecniche», approntati all’interno di un quadro etico).<br />

2


a, <strong>la</strong> babele di opinioni, che proprio – oggi – una ricetta accomunante non conosco: se non <strong>la</strong> «fatica<br />

<strong>del</strong> <strong>piano</strong>» 14 .<br />

Una fatica, tuttavia, <strong>del</strong> tutto accorta <strong>del</strong><strong>la</strong> necessità di un soccorso di metodo per coniugare quel<br />

partico<strong>la</strong>re aspetto «creativo» (quasi artistico, vorrei dire, nel<strong>la</strong> ricerca sottile dei circuiti analitico/progettuali<br />

di volta in volta adattabili allo specifico contesto) con le «tecniche» e «tecnologie»<br />

(che, così numerose e consolidate nel novero degli apparati disciplinari col<strong>la</strong>terali all’urbanistica<br />

quanto flebili nel suo stesso seno, comunque possono venire «creativamente» mutuate per consentirle<br />

quell’operazione «oggettivante» tale da rendere trasparente, esplicito, ripercorribile l’intero<br />

corso <strong>del</strong>l’attività di <strong>piano</strong>); proviamo allora a considerare il diagramma di metodo che segue 15 , al<br />

quale sono da tempo partico<strong>la</strong>rmente affezionato, e penetriamo così in un «sistema territoriale dato»<br />

(dove, cioè, ci sia stata offerta un’occasione di approntare il <strong>piano</strong>) simu<strong>la</strong>ndo quegli accidenti che<br />

occorre considerare ogni volta che ci accade di porre mano a tale complicata impresa.<br />

Mettere qui diagramma a p. 11 – 12 <strong>del</strong> libro “La fatica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>”<br />

Assumiamo, in primo luogo, il circuito analitico/progettuale ambientale senza incespicare in alcun<br />

«luogo comune» terminologico, né ritenendo l’ambiente come «tutto ciò che sta fuori dall’armatura<br />

città» (quasi che possa profi<strong>la</strong>rsi una sorta di fiaba extra-urbana contrapponibile al<strong>la</strong> malsana tentaco<strong>la</strong>rità<br />

<strong>del</strong>l’abitato), e neanche come mera «Σ <strong>del</strong>le risorse fisiche finite» (come se, là dove insista<br />

campagna, e <strong>del</strong>l’acqua che corre, e <strong>la</strong> sovrapposizione dei lito-strati di una sponda, e un’erosione<br />

idrologica in una dolina sottoquota, là solo si materializzi un ambiente neo-romantico), e nemmeno<br />

come «ciò che <strong>la</strong> società consumistica maggiormente spreca» o, ancora, come «lo spazio dove gli<br />

Elfi s’incontrano»: più semplicemente l’ambiente è (ed è rappresentabile dal<strong>la</strong>) «aria che sta intorno»<br />

16 , ossia contiene tutte le (ed è ovviamente contenuto dalle) «circostanze fisiche e morali tra le<br />

quali viviamo», per richiamare uno qualunque dei maggiori dizionari <strong>del</strong><strong>la</strong> lingua italiana.<br />

La nozione di ambiente non necessita pertanto di nessun tipo di costrizione/costruzione ideologistica<br />

ma sembra sufficiente il suo etimo letterale, dove affiorano parole chiave come «aria» (<strong>la</strong> immaterialità<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> nozione, l’astrazione di un intorno complesso, <strong>la</strong> sua mobilità non rinserrabile), come<br />

«intorno» [l’intreccio d’interazioni e retroazioni che, in tale assetto immateriale, involge gli organismi<br />

viventi continuando in un moto perpetuo a (ri)strutturarne il sistema], come «morali» (il selettore<br />

dei limiti etici <strong>del</strong><strong>la</strong> specificità <strong>del</strong>l’uomo contro l’indistinto arcipe<strong>la</strong>go <strong>del</strong><strong>la</strong> mera materialità vivente):<br />

tutte parole chiave rappresentative <strong>del</strong><strong>la</strong> complessità ambientale e, insieme, <strong>del</strong>l’ambiguità<br />

<strong>del</strong>le infinite contaminazioni in grado di alterarne il significato.<br />

14 È il titolo <strong>del</strong> libro che pubblicai nel 1997 (Paolillo P.L., La fatica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>. Tipi territoriali ed esercizi <strong>del</strong><strong>la</strong> conoscenza,<br />

Angeli, Mi<strong>la</strong>no, pp. 398)e da cui ho tratto alcuni degli argomenti qui ripubblicati.<br />

15 Si tratta <strong>del</strong> diagramma messo a punto, nel corso <strong>del</strong>le discussioni con il prof. Vittorio Borachia, durante le comuni<br />

attività nell’ambito <strong>del</strong> Progetto finalizzato Cnr Raisa «Ricerche Avanzate per l’Innovazione e lo Sviluppo in Agricoltura»)<br />

e al quale – come dicevo – sono affezionato per <strong>la</strong> sua «comodità» insieme metodologica e tecnica, giacché coniuga<br />

<strong>la</strong> struttura d’immissione, trattamento e fuoriuscita dei dati tipica di uno dei più attendibili «sistemi informativi territoriali»<br />

(aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong>funzionalità tecnologica) con <strong>la</strong> peculiarità di una costante valutazione interattiva dei sottosistemi<br />

urbano e agricolo in considerazione di una loro accentuata interdipendenza (aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong> finalizzazione metodologica).<br />

16 In <strong>la</strong>tino «ambiens» è «ciò che sta attorno»: se ne veda <strong>la</strong> definizione in:<br />

http://www.corpoforestale.it/Areeprotette/materiale/glossario_a.html<br />

«indica l’insieme <strong>del</strong>le condizioni fisiche (temperatura, pressione, ecc.), chimiche (concentrazioni di sali, ecc.) e biologiche<br />

in cui si svolge <strong>la</strong> vita; l’ambiente è un sistema aperto, capace di autorego<strong>la</strong>rsi e di mantenere un equilibrio dinamico,<br />

all’interno <strong>del</strong> quale si verificano scambi di energia e di informazioni. Esso include elementi non viventi (acqua,<br />

aria, minerali, energia) o “abiotici”, ed elementi viventi o “biotici” tra i quali si distinguono organismi produttori (vegetali),<br />

consumatori (animali) e decompositori (funghi e batteri). Contesto nel quale l’organizzazione opera, comprendente<br />

l’aria, l’acqua, il terreno, le risorse naturali, <strong>la</strong> flora, <strong>la</strong> fauna, gli esseri umani e le loro interre<strong>la</strong>zioni. <strong>Il</strong> contesto si estende<br />

dall’interno di un’organizzazione al sistema globale (UNI EN ISO 14001:1996). Nel momento in cui si cerca di<br />

darne una definizione si entra in un altro ordine di idee e, al posto <strong>del</strong>l’ambiente omnicomprensivo, si presentano <strong>del</strong>le<br />

fattispecie; di conseguenza, ciò che ci sta intorno è caratterizzato più dall’aggettivo che dal sostantivo (ambiente ecologico,<br />

naturale, sociale, politico, istituzionale, re<strong>la</strong>zionale, affettivo)».<br />

3


Ciò soltanto di cui siamo sicuri, è che «i rapporti che un organismo intrattiene con l’ambiente sono<br />

continui e indissolubili» 17 , ed è per questo che c’interessa maggiormente (al di là <strong>del</strong>l’ormai consunto<br />

contraddittorio solo terminologico) calco<strong>la</strong>re <strong>la</strong> soluzione di continuità e il grado d’intensità<br />

<strong>del</strong>le molteplici interazioni scatenate, nell’aria ambientale, dall’intorno <strong>del</strong>l’organismo-territorio: è<br />

per questo che – ancora riferendomi al diagramma considerato – identifico <strong>la</strong> preliminare «constatazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> presenza di insiemi complessi di variabili», <strong>la</strong> necessità di una «coscienza <strong>del</strong><strong>la</strong> impossibilità<br />

di precostituire sufficienti e attendibili ipotesi esplicative» sulle cause <strong>del</strong>le «re<strong>la</strong>zioni intercorrenti<br />

negli insiemi complessi di variabili», l’ammissione che ogni volta, per ogni caso, in ogni<br />

intorno necessiti «costruire un metodo di: a) osservazione <strong>del</strong>le trasformazioni; b) simu<strong>la</strong>zione dei<br />

loro esiti, c) formu<strong>la</strong>zione di obiettivi per il loro orientamento e/o correzione, d) trattamento <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

(intera) informazione derivante».<br />

La «fatica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>» inizia dunque da subito poiché gli insiemi complessi di variabili appaiono partico<strong>la</strong>rmente<br />

occultati in natura, oltretutto viscosi, e produttivi d’attrito negli steps <strong>del</strong>lo scandaglio<br />

informativo: il circuito di «analisi/progetto <strong>del</strong>l’ambiente» conduce allora necessariamente al<strong>la</strong> prima<br />

fatica <strong>del</strong> loro disoccultamento e all’ulteriore fatica di monitorarne l’informazione nel tempo<br />

(oltretutto, in un percorso temporale a evoluzione molto incerta), come forma di «igiene <strong>del</strong><strong>la</strong> conoscenza»<br />

tanto contro le certezze ideologistiche (che continuano a individuare linee sicure a mò di<br />

«gosp<strong>la</strong>n» 18 ) quanto (e con <strong>la</strong> stessa intensità) contro i moltiplicatori <strong>del</strong> dubbio, i raffinati artisti<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> complicazione epistemologica, i professionisti <strong>del</strong>l’incertezza permanente come alibi d’inerzia<br />

decisionale.<br />

Occorre comunque scegliere un «metodo <strong>del</strong> <strong>piano</strong>», e il diagramma su cui ci si sofferma può in<br />

qualche maniera sovraintendervi come una sorta di canovaccio 19 strettamente connesso al<strong>la</strong> vicenda<br />

di Bergeggi, al contempo caso applicativo 20 , cronaca disciplinare, resoconto di aggiustamenti ultradecennali<br />

sugli scranni consunti <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnica urbanistica, e storia tout court con tutto il peso interpretativo<br />

e politico <strong>del</strong> termine: se il mestiere di urbanista è fatto prima di tutto di una grande attitudine<br />

all’autoapprendimento, una buona dose di bagaglio esperienziale può derivare proprio da narrazioni<br />

come queste.<br />

Siamo giunti al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> diagramma, a considerare gli esiti <strong>del</strong>le trasformazioni; è indubbio che<br />

senza <strong>piano</strong> non possa darsi trasformazione condivisa, ma altrettanto indubbia è <strong>la</strong> necessità nel <strong>piano</strong><br />

di una forma analitico-decisionale trasparente, intersoggettiva, oggettivata: è <strong>la</strong> fase <strong>del</strong><strong>la</strong> «formu<strong>la</strong>zione<br />

degli obiettivi orientativi e/o correttivi» <strong>del</strong> <strong>piano</strong>, dopo tutta <strong>la</strong> vasta fase <strong>del</strong> trattamento<br />

informativo di base, e proprio ora alcuni partico<strong>la</strong>ri attrezzi statistico/matematici e cartografici apportano<br />

un sostanzioso contributo all’oggettivabilità <strong>del</strong> percorso ulteriore 21 .<br />

17<br />

Cfr. <strong>la</strong> voce «Ambiente» (redatta da Brun B., Lemonnier P., Raison J .P. e Roncajolo M.) in Aa. Vv., 1977, Enciclopedia,<br />

Einaudi, Torino, vol. 1 (pp. 393-416).<br />

18<br />

<strong>Il</strong> comitato per <strong>la</strong> pianificazione generale di stato in Unione Sovietica: il Gosp<strong>la</strong>n, istituito nel 1921, ebbe all’inizio un<br />

ruolo secondario per l’ostilità di Lenin verso un indirizzo economico pianificato, ma <strong>la</strong> decisione di varare il primo <strong>piano</strong><br />

quinquennale 1928/1933 enfatizzò il suo ruolo di e<strong>la</strong>borazione e controllo, fino al suo scioglimento nel 1990.<br />

19<br />

Mi pare che <strong>la</strong> metafora <strong>del</strong> canovaccio sia appropriata al<strong>la</strong> descrizione <strong>del</strong> ruolo assunto dal metodo nel <strong>piano</strong>, nel<strong>la</strong><br />

duplice accezione di: a) «schema concordato che definisce ruoli e caratteri <strong>del</strong>l’azione», per cui <strong>la</strong> commedia (<strong>del</strong>l’arte<br />

urbanistica) può trasformarsi effettivamente in recitato soltanto insieme allo sviluppo <strong>del</strong>l’azione interpretativa, e b)<br />

«ordito di canapa» sul quale si può procedere al<strong>la</strong> costruzione <strong>del</strong> ricamo.<br />

20<br />

Mediante il copioso corredo cartografico, i legenda descrittivi, <strong>la</strong> narrazione <strong>del</strong> sito e gli algoritmi di re<strong>la</strong>zione sistemica<br />

degli spazi studiati.<br />

21<br />

Ma si tratta di problemi sui quali mi sono soffermato altrove: in Borachia V. e Paolillo P.L., a cura di, 1993, Territorio<br />

sistema complesso. Una valutazione critica <strong>del</strong>le variabili informative per una conoscenza <strong>del</strong>le risorse fisiche nel<br />

sistema territoriale urbano/agricolo, Angeli, Mi<strong>la</strong>no, si veda «La conoscenza a mo<strong>del</strong>lo nelle trasformazioni territoriali?<br />

Forse ne siamo un po’ lontani», pp. 54-78; si vedano anche: Paolillo P.L. e Naddeo D., 1989, «A partire dal<strong>la</strong> questione<br />

<strong>del</strong> paesaggio: oggettivo/soggettivo/incerto nel<strong>la</strong> dimensione <strong>del</strong> <strong>piano</strong>», Territorio, 3, pp. 5-25; Paolillo P.L.,<br />

1991, «Cronache di un pentito <strong>del</strong><strong>la</strong> metrica. Per una ricomposizione <strong>del</strong>l’antinomia quantitativo/qualitativo nell’analisi<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> componente paesistica», Territorio, 9, pp. 177-199; Paolillo P.L., 1993, «Informazione disinformazione <strong>piano</strong>:<br />

percorsi possibili di teoria dei Sit», Territorio, 16, pp. 123-132; nonché i seguenti scritti in Paolillo, P.L., a cura di,<br />

1996, <strong>Il</strong> programma di Diana. Storia ambiente tradizione venatoria, al<strong>la</strong> ricerca di un mo<strong>del</strong>lo condiviso, De Agostini,<br />

Novara: «Un esempio di sintesi cartografica per <strong>la</strong> rappresentazione dei lineamenti strutturali fisici e <strong>del</strong>le unità di pae-<br />

4


<strong>Il</strong> motore che aziona <strong>la</strong> macchina <strong>del</strong> <strong>piano</strong> è quindi disaggregabile nei tre blocchi fondamentali: un<br />

primo momento che definirei «di percezione» (una partico<strong>la</strong>re modalità d’ascolto guidato ai messaggi<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> complessità e <strong>del</strong>l’incertezza, in grado di identificare i caratteri distintivi <strong>del</strong>l’intorno dato),<br />

un più ampio momento «di riduzione» (dal<strong>la</strong> complessità e incertezza <strong>del</strong>l’intorno all’idoneità<br />

<strong>del</strong> suo mo<strong>del</strong>lo di rappresentazione, «ridotto» appunto al<strong>la</strong> simu<strong>la</strong>zione degli esiti, al bi<strong>la</strong>ncio <strong>del</strong>le<br />

convenienze, al<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione degli obiettivi), fino al momento «metrico-progettuale»; si dà quindi<br />

che:<br />

a) il momento iniziale «percettivo» si colloca, nel<strong>la</strong> traccia proposta, prima <strong>del</strong>l’intervento orizzontale<br />

di «agenti, soggetti, bisogni, fattori esogeni e società» e rappresenta, al suo maggiore grado,<br />

l’autonomo portato <strong>del</strong><strong>la</strong> sapienza urbanistica d’ascolto: ascolto di certe (e non anche di altre) variabili<br />

sistemiche, reiterato nel tempo sul<strong>la</strong> base di un monitoraggio che ne colga l’incertezza, in bilico<br />

tra l’intuizione dei fattori evolutivi e <strong>la</strong> constatazione <strong>del</strong>le trasformazioni in atto; lo sguardo<br />

<strong>del</strong> pianificatore viene così indirizzato da una cosciente precognizione iniziale (<strong>la</strong> so<strong>la</strong> forse davvero<br />

«olistica»), derivante dall’esperienza indiziale, stratificata e suggestiva <strong>del</strong><strong>la</strong> «lucidità solitaria»,<br />

che gli permetterà di sottrarre al<strong>la</strong> consueta «babele di opinioni» «quello» specifico intorno;<br />

b) il momento mediano «riduttivo»: trae origine dall’impatto con gli «agenti, soggetti, bisogni, fattori<br />

esogeni e società» e segna il salto di crinale verso <strong>la</strong> formazione di una «lucidità collettiva», avulsa<br />

dall’«approssimazione» e forgiata dal bi<strong>la</strong>ncio dei limiti ambientali rispetto alle trasformazioni<br />

intravvedibili; vengono qui scontrandosi differenti sfondi di senso, interessi compositi, molteplicità<br />

d’intenti e pressioni contraddittorie, e l’urbanista (il critico garante <strong>del</strong><strong>la</strong> trasparenza nei giochi<br />

dei teatri amministrativi e politici) si giova qui <strong>del</strong><strong>la</strong> «sua» conoscenza riflessiva 22 , rinvenibile nel<strong>la</strong><br />

porzione mediana <strong>del</strong> diagramma dedicata al<strong>la</strong> costruzione dei marchingegni informativi, per orientare<br />

significativamente tali giochi al<strong>la</strong> luce di una più lucida consapevolezza e di un più limpido intuire<br />

«oggettivato» 23 ;<br />

c) il momento conclusivo «metrico-progettuale», luogo di misura <strong>del</strong>le pulsioni trasformative <strong>del</strong>le<br />

risorse fisiche in rapporto ai limiti espressi dai segnali di criticità e dai gradi di resistenza <strong>del</strong> sistema<br />

territoriale dato: sovente tuttavia, non supplisce <strong>la</strong> pur necessaria onestà «professionale» e non<br />

paiono sufficienti più affinati strumenti <strong>del</strong> mestiere 24 per garantire un’efficace legittimazione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

«fatica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>»; ma almeno l’ex senatore di turno non potrà contestare che non siano stati profusi<br />

saggio locale: il caso di Noli in Liguria», pp. 219-228; «Lo spazio montano inter<strong>la</strong>cuale tra Iseo e Idro in Bresciana:<br />

trattamento cluster <strong>del</strong>l’informazione fisica e rappresentazione tridimensionale», pp. 230-235; «Un at<strong>la</strong>nte cartografico<br />

per l’analisi multi variata <strong>del</strong>le risorse fisiche: <strong>la</strong> sponda orientale <strong>del</strong> Lago Maggiore», pp. 236-253; «<strong>Il</strong> territorio comunale<br />

di Varese: una cartografia rappresentativa <strong>del</strong>l’energia di rilievo in un contesto di paesaggio prealpino», pp.<br />

254-261; «Tra le montagne <strong>del</strong>l’alta Val Sabbia: al<strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong> legame fauna, foresta, territorio», pp. 265-304.<br />

22 Intesa qui nel senso di Schon D., 1993, <strong>Il</strong> professionista riflessivo, Dedalo, Bari: «<strong>Il</strong> professionista riflessivo è colui<br />

che nell’agire professionale si pone come ricercatore, e – grazie a tale atteggiamento – accresce conoscenze e competenze<br />

riflettendo nel/sul suo agire professionale»; in questo senso, ha valore <strong>la</strong> considerazione di Bateson G., 1989, Verso<br />

un’ecologia <strong>del</strong><strong>la</strong> mente, A<strong>del</strong>phi, Mi<strong>la</strong>no: «talvolta (spesso nel campo scientifico e sempre in quello artistico) non ci<br />

si rende conto di quali siano i problemi se non dopo averli risolti».<br />

23 Sono <strong>del</strong> tutto cosciente che anche i «legenda» <strong>del</strong> <strong>piano</strong> più soffertamente espliciti possano essere considerati come<br />

se rappresentassero l’Emporio celeste di conoscimenti benevoli, quell’enciclopedia cinese di Borges (ormai famosa tra i<br />

cultori <strong>del</strong>le Altre inquisizioni, Feltrinelli, Mi<strong>la</strong>no; ivi, in ed. 1989, cfr. «L’idioma analitico di John Wilkins»), dove gli<br />

animali risultavano suddivisi in: «a) appartenenti all’Imperatore, b) imbalsamati, c) ammaestrati, d) <strong>la</strong>ttonzoli, e) sirene,<br />

f) favolosi, g) cani randagi, h) inclusi in questa c<strong>la</strong>ssificazione, i) che si agitano come pazzi, j) innumerevoli, k) disegnati<br />

con un pennello finissimo di pelo di cammello, I) eccetera, m) che hanno rotto il vaso, n) che da lontano sembrano<br />

mosche». Cito da Foucault M., 1966, Les mots et les choses, Gallimard, Paris.<br />

24 Occorre tuttavia evitare di comportarsi (nel<strong>la</strong> sopravvalutazione <strong>del</strong>l’apparato manualistico e/o <strong>del</strong>le applicazioni<br />

quantitative e/o dei sistemi informativi e/o di quant’altro consimile) negli stessi termini ottusi prescritti dall’ordine di<br />

operazione n. I <strong>del</strong> 5 giugno 1917, diramato dal Comando <strong>del</strong><strong>la</strong> XXV Divisione impegnata nell’operazione <strong>del</strong>l’Ortigara<br />

(cfr.: Storia Uff., vol. IV, t. 2° bis, p. 207): «all’ora prescritta, senza ritardare di un solo minuto, <strong>la</strong> prima ondata di assalto<br />

dovrà precipitarsi con irruenza esemp<strong>la</strong>re contro le posizioni nemiche, rinvigorita da successive e continue ondate,<br />

così come dice il n. 20 dei Criteri d’impiego <strong>del</strong><strong>la</strong> fanteria nel<strong>la</strong> guerra di trincea pubblicati dal Comando Supremo ai<br />

sensi <strong>del</strong><strong>la</strong> Circo<strong>la</strong>re n. 12336 <strong>del</strong>l’8 luglio 1916».<br />

5


tutti gli sforzi per raggiungere «esercizi <strong>del</strong><strong>la</strong> conoscenza» specificamente dedicati a quell’intorno e<br />

tali da impedire <strong>la</strong> così invalente (e nefasta) «approssimazione» (collettiva e/o solitaria) <strong>del</strong> <strong>piano</strong>.<br />

2. L’antefatto: il «cilicio» <strong>del</strong> Pris<br />

E passiamo ora alle questioni più locali: dopo un’incredibilmente lunga, convulsa, dolorosa gestazione<br />

25 , nel marzo 1995 <strong>la</strong> regione Liguria approvava <strong>la</strong> variante generale «intermedia» 26 al Pris,<br />

25 Mi riferisco in partico<strong>la</strong>re ai tempi redazionali: conviene ricordare che il <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> savonese,<br />

approvato con D.P.G.R.L. n. 1988 <strong>del</strong> 5 settembre 1977, risultava ormai decaduto sul<strong>la</strong> base <strong>del</strong>l’avvenuto esaurimento<br />

<strong>del</strong> decennio già al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> 1987 (per l’effetto <strong>del</strong>l’art. l, Lr. 7/1974), e <strong>del</strong> resto tutte le sei amministrazioni locali di<br />

Albisso<strong>la</strong> Marina, Albisso<strong>la</strong> Superiore, Bergeggi, Quiliano, Savona e Vado Ligure avevano provveduto a <strong>del</strong>iberarne<br />

per tempo – come prescriveva <strong>la</strong> vigente legis<strong>la</strong>zione urbanistica ligure – l’inadeguatezza e <strong>la</strong> necessità di rivederlo mediante<br />

<strong>la</strong> redazione di una variante generale; tuttavia, a causa dei numerosi veti incrociati in sede di conferenza comprensoriale,<br />

il comune capoluogo non era mai riuscito a esprimere nessuna figura di urbanista coordinatore che incontrasse<br />

il consenso <strong>del</strong>le altre cinque amministrazioni (talché, in una bagarre prolungatasi per tre anni, l’efficacia <strong>del</strong><br />

combinato disposto degli artt. 4, 5 e 6 <strong>del</strong>le norme <strong>del</strong> Pris – ossia l’impossibilità che uno o più comuni prevalessero in<br />

assenza <strong>del</strong>l’unanimità decisionale – aveva determinato un sorprendente «fermo urbanistico» su qualsivoglia decisione).<br />

Ma in realtà venivano scaricandosi, attraverso il pretestuale contrasto sul nominativo <strong>del</strong> professionista coordinatore,<br />

tensioni che tecniche non erano ma sostanzialmente politiche ed economiche rispetto all’egemonia <strong>del</strong> comune capoluogo<br />

(insieme a Vado Ligure, importante insediamento portuale, siderurgico ed elettro-meccanico, e a Quiliano, residenza<br />

popo<strong>la</strong>re e ultimo baluardo agricolo, espressioni insieme <strong>del</strong><strong>la</strong> sinistra storica grande fautrice <strong>del</strong> Pris e <strong>del</strong><strong>la</strong> roccaforte<br />

economico-produttiva «operaistica»), rispetto all’antagonismo Savona/Albisso<strong>la</strong> Marina riguardo all’antinomia<br />

tra l’espansione <strong>del</strong> porto commerciale vs. <strong>la</strong> realizzazione <strong>del</strong> porto turistico, rispetto all’esuberanza turistico-espansiva<br />

di Bergeggi (che, già occasione negli anni ‘60 di una <strong>del</strong>le prime lottizzazioni costiere dei «mi<strong>la</strong>nesi», mal sopportava il<br />

rigorismo vincolistico <strong>del</strong><strong>la</strong> capofi<strong>la</strong> Savona), rispetto all’ulteriore antagonismo <strong>del</strong>le cosiddette «due Albissole» (l’una,<br />

Marina, al<strong>la</strong> perduta rincorsa d’un turismo elitario e artistico che aveva visto come mattatori <strong>del</strong> dopoguerra nomi <strong>del</strong><br />

calibro di Fontana e di Rossello; l’altra, Superiore, pasticcione strumento <strong>del</strong><strong>la</strong> più ottusa specu<strong>la</strong>zione immobiliare): insomma,<br />

un coacervo d’interessi e finalità antitetiche che non poteva più trovare nei «<strong>la</strong>cci e <strong>la</strong>cciuoli» <strong>del</strong> Pris nessuna<br />

sede dirimente, e che anzi non desiderava altro che il suo scioglimento, che peraltro nessuno osava rivendicare ad alta<br />

voce: né <strong>la</strong> sinistra che – insieme al mito di una c<strong>la</strong>sse operaia «programmatrice» fin dentro i gangli <strong>del</strong><strong>la</strong> formazione<br />

<strong>del</strong> profitto industriale – vedeva sgreto<strong>la</strong>rsi di giorno in giorno <strong>la</strong> propria egemonia amministrativa; né le altre formazioni<br />

locali, più rivolte a trafficare dentro i propri specifici che a rivendicare il primato <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione a vasta sca<strong>la</strong>.<br />

Solo nel novembre 1989 su proposta – e anche, occorre rimarcarlo, sul<strong>la</strong> base <strong>del</strong>l’energico richiamo alle responsabilità<br />

istituzionali che <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione urbanistica ligure prescriveva – <strong>del</strong>l’avvocato Lorenzo Buraggi Brunetti, figura storica<br />

di repubblicano savonese che contribuiva al<strong>la</strong> «giunta rossa» <strong>del</strong> sindaco Bruno Marenco in qualità di assessore<br />

all’urbanistica, <strong>la</strong> conferenza comprensoriale riusciva a concordare sul<strong>la</strong> soluzione mediatoria di: a) promuovere in<br />

tempi brevissimi (prima <strong>del</strong>le elezioni amministrative <strong>del</strong> maggio 1990) <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong><strong>la</strong> cosiddetta variante generale<br />

«intermedia», una sorta di strumento parziale che avrebbe dovuto fungere da «ponte» verso lo scioglimento <strong>del</strong> Pris (ma<br />

ciò non fu mai espressamente dichiarato negli atti ufficiali) e verso l’approntamento di autonomi piani rego<strong>la</strong>tori comunali;<br />

b) formare un «gruppo di revisione <strong>del</strong> Pris» costituito da professionisti locali (Duccio Baccani, C<strong>la</strong>udio Buscaglia,<br />

Nicoletta Corsini, Maurizio Marson, rispettivamente per i comuni di Quiliano, Bergeggi, Albiso<strong>la</strong> Superiore, Albisso<strong>la</strong><br />

Marina), da funzionari comunali (Franca Benfereri e Giovanni Ciarlo rispettivamente per Savona e Vado Ligure) e da<br />

chi scrive, consulente generale per il comune capoluogo e approntatore <strong>del</strong> metodo analitico-progettuale e <strong>del</strong>l’apparato<br />

normativo per l’intero gruppo di <strong>la</strong>voro. La variante intermedia veniva pertanto approntata e condotta all’adozione dei<br />

consigli comunali dei comuni savonesi nel marzo 1990; ma <strong>la</strong> «lunga, convulsa, dolorosa gestazione» che cosi abbiamo<br />

denominato in apertura non sembrava potersi concludere in tale fase: dopo il periodo ex lege <strong>del</strong>le osservazioni, esse<br />

venivano controdedotte solo nell’ottobre 1991. Voglio ricordare che l’iter temporale <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante interrnedia vedeva<br />

le seguenti <strong>del</strong>ibere re<strong>la</strong>tivamente ai <strong>la</strong>vori <strong>del</strong> consiglio comunale di Savona: n. 236 <strong>del</strong> 12.3.1990 e 276 <strong>del</strong> 20.3.1990<br />

(adozione); n. 219 <strong>del</strong> 14.10.1991 (controdeduzioni ex art. 9 L. 1150/1942); n. 119 e 120 <strong>del</strong> 2.12.1994 (controdeduzioni<br />

al voto regionale); giugno 1995 (approvazione regionale).<br />

26 2. <strong>Il</strong> termine «variante intermedia» era stato coniato da chi scrive in analogia con <strong>la</strong> locuzione «legge ponte»: «ponte»<br />

tra l’applicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> legge urbanistica nazionale <strong>del</strong> 1942, quale aveva avuto luogo fin’allora, e <strong>la</strong> più complessiva riforma<br />

urbanistica, periodo «intermedio» tra l’avvenuta consunzione <strong>del</strong> Pris e: i) <strong>la</strong> dichiarazione <strong>del</strong> suo scioglimento,<br />

ii) <strong>la</strong> ricezione e l’approfondimento a sca<strong>la</strong> locale <strong>del</strong>le prescrizioni <strong>del</strong> Piano paesistico regionale e <strong>del</strong> Piano territoriale<br />

provinciale di coordinamento degli insediamenti produttivi, iii) l’avvio <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione dei nuovi piani rego<strong>la</strong>tori generali<br />

comunali; «intermedio», insomma, in una processualità pianificatoria (sul cui merito mi soffermo più oltre) che<br />

non avrebbe dovuto temere di cimentarsi né con le tappe successive <strong>del</strong> processo né con <strong>la</strong> sopravveniente diversificazione<br />

di oggetti, tempi e spazi che indubbiamente hanno coinvolto l’urbanistica ligure di quel periodo (ivi compresa <strong>la</strong><br />

riforma <strong>del</strong>l’intera legis<strong>la</strong>zione regionale di settore, che dette poi luogo all’emanazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. 4 settembre 1997, n.<br />

6


prolegomeno strumentale allo scioglimento da un abbraccio che le cinque amministrazioni 27 ritenevano<br />

talmente soffocante da doversene rapidamente liberare nell’ultimo scorcio elettorale, <strong>del</strong>iberando<br />

così <strong>la</strong> fine di una sorta di consociativismo urbanistico invalente nel <strong>Savonese</strong> fin dal 1961 28 ;<br />

36). Debbo tuttavia denunciare <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re ostilità frapposta (nel caso savonese e, più in generale, dal<strong>la</strong> nostra cultura<br />

amministrativa) all’attivazione di modalità processuali di <strong>piano</strong>; voglio dire che – nonostante l’avessi proposto con forza<br />

agli amministratori savonesi (e l’avessi anche scritto nel<strong>la</strong> Re<strong>la</strong>zione di variante intermedia: «Alcune idee di <strong>la</strong>voro,<br />

ancora in forma di schemi metodologici, per avanzare nel<strong>la</strong> revisione <strong>del</strong> Pris», p. 9 e sgg.) – non erano riuscite a divenire<br />

patrimonio operativo nemmeno idee come quelle di Webber, M. (1962), «A choice theory of p<strong>la</strong>nning», Jaip, n. 2:<br />

«<strong>la</strong> pianificazione è quel processo consistente nell’effettuare decisioni razionali concernenti obiettivi futuri e futuri corsi<br />

d’azione, basandosi su esplicite dichiarazioni <strong>del</strong>le ripercussioni e implicazioni di valore associate a corsi d’azione alternativi,<br />

e a sua volta richiede esplicita valutazione e scelte tra alternative di obiettivi e azioni»; e, a dire il vero, non<br />

aveva trovato molta ricezione degli amministratori neanche quel postu<strong>la</strong>to di Dror Y. (1973, «The p<strong>la</strong>nning process: a<br />

facet design») in Faludi A., ed., A reader in p<strong>la</strong>nning theory, Pergamon Press, Oxford, secondo il quale «si può assumere<br />

che un corso d’azione pianificato, prescelto razionalmente, risulti assai simile al<strong>la</strong> massimizzazione dei fini più rilevanti<br />

per cui, di conseguenza, le nozioni di razionalità ed efficienza <strong>del</strong> <strong>piano</strong> coincidono»; così come mi sembrava opportuno<br />

che gli amministratori assumessero esplicitamente assunti <strong>del</strong> tipo: a) produrre e diffondere informazione per<br />

comprendere i processi in atto; b) produrre e diffondere conoscenza (vale a dire informazione trattata, finalizzata, ridotta<br />

di complessità) per valutare intensità e gerarchie dei processi in atto; c) garantire, di conseguenza, razionalità insieme<br />

a efficienza e trasparenza alle decisioni di pianificazione; d) raggiungere quindi elevati livelli di funzionalità nel governo<br />

<strong>del</strong> territorio soprattutto approntando forme di «<strong>piano</strong> continuo» sul<strong>la</strong> base di un continuo flusso d’informazioni in<br />

tempo reale e <strong>del</strong> conseguente aggiustamento e verifica permanente <strong>del</strong>le decisioni di governo che conseguono. A questo<br />

avevo finalizzato l’art. 33, lett. b) <strong>del</strong>le norme di Variante intermedia, identificando come «progetto prioritario <strong>del</strong><br />

Pris» l’allestimento di un «Sieuc» (sistema informativo edilizio urbanistico comunale) che aggiornasse «in permanenza<br />

e in tempo reale le miniunità informative statistiche» (le unità fondiarie), che evidenziasse «fenomeni socio-economici e<br />

aspetti fisico-spaziali su cui si dimostri opportuno intervenire in tempo reale mediante provvedimenti urbanistici», che<br />

producesse «azioni di monitoraggio urbanistico da utilizzarsi per organizzare razionalmente l’azione programmatoria<br />

<strong>del</strong>le amministrazioni comunali». Ovviamente, i nuovi amministratori savonesi non ne fecero nul<strong>la</strong> (cfr. meglio più oltre).<br />

27 Vale a dire i comuni che, nel Decreto ministeriale dei LL. PP. <strong>del</strong> 1962 (emanato dopo che il consiglio comunale di<br />

Savona, un anno prima, aveva invocato <strong>la</strong> facoltà di redigere il <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong>), erano stati compresi<br />

nello spazio <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione d’insieme: Albiso<strong>la</strong> Marina, Albisso<strong>la</strong> Superiore, Bergeggi, Quiliano, Savona e Vado<br />

Ligure.<br />

28 Un po’ di storia fa bene. Dopo l’iniziativa comunale di Savona <strong>del</strong> 1961 (che si era assunta l’onere di adire le sedi<br />

ministeriali, ottenendo l’espressione <strong>del</strong> Dm. LL.PP. 9 agosto 1962, n. 2261 – autorizzativo <strong>del</strong><strong>la</strong> formazione <strong>del</strong> Pris e<br />

identificativo <strong>del</strong> termine di un anno per <strong>la</strong> presentazione <strong>del</strong> progetto – veniva insediata nel 1963 l’Assemblea degli<br />

amministratori, al contempo iniziava a <strong>la</strong>vorare un gruppo diretto da Eugenio Fuselli (ordinario di urbanistica<br />

nell’Università di Genova) e, per le indagini socioeconomiche, <strong>la</strong> Soris (presieduta da Francesco Forte, ordinario di<br />

scienza <strong>del</strong>le finanze nell’Università di Torino) e, nel giugno 1964, i primi risultati <strong>del</strong>le ricerche venivano presentati<br />

nel convegno di Savona «sui problemi economici e urbanistici <strong>del</strong> comprensorio savonese»; non possiamo altresì dimenticare<br />

che in quegli anni vibravano le illusioni <strong>del</strong> «Progetto Ottanta» e gli ideologismi <strong>del</strong><strong>la</strong> «politica di sviluppo<br />

economico» (traccia sostanziale si rinviene nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione <strong>del</strong> ministro <strong>del</strong> bi<strong>la</strong>ncio Antonio Giolitti al<strong>la</strong> Commissione<br />

nazionale per <strong>la</strong> programmazione, nel<strong>la</strong> seduta <strong>del</strong> 9 gennaio 1964) mentre, al contempo, veniva emanata <strong>la</strong> legge 18 aprile<br />

1962, n. 167 (sono, cioè, i tempi <strong>del</strong> dualismo sviluppo/sottosviluppo, <strong>del</strong><strong>la</strong> contrapposizione aree sottosviluppate/aree<br />

superattive, <strong>del</strong>l’antinomia «politica degli interventi pubblici diffusi vs. concentrazione nei poli di sviluppo»; si<br />

veda meglio in Forte F., 1964, Introduzione al<strong>la</strong> politica economica, Einaudi, Torino); al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> locale si apprezzavano<br />

le riverberazioni di tale dibattito negli Atti <strong>del</strong> convegno sui problemi economici e urbanistici <strong>del</strong> comprensorio savonese,<br />

20 giugno 1964, sui quali torneremo più avanti. Voglio qui soltanto ricordare <strong>la</strong> convulsione di quegli anni, talché<br />

qualche giustificazione pur sussiste se soltanto nell’aprile <strong>del</strong> ‘70 il Piano <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> riuscì a essere redatto<br />

e adottato (anziché nell’arco annuale 1962-1963 concesso dal Dm. 2261/1962): intanto questo stesso Decreto è firmato<br />

da Fiorentino Sullo – quel valente ministro democristiano assai stimato dal<strong>la</strong> cultura urbanistica <strong>del</strong>l’Inu e il cui progetto<br />

di legge di riforma <strong>del</strong> regime dei suoli, innovativo e per non pochi aspetti condivisibile, gli valse il sollevamento<br />

<strong>del</strong>l’intera destra par<strong>la</strong>mentare e di quasi tutto il suo partito, al punto da ingenerare una vera e propria crisi politica e il<br />

suo allontanamento dal governo – per cui in sede ministeriale poterono finalmente sbocciare le critiche funzionarili (o<br />

perlomeno le forti perplessità) che già sotterraneamente avevano accompagnato il decreto autorizzativo al<strong>la</strong> formazione<br />

<strong>del</strong> Pris; e, poi, si susseguirono in quel decennio testi legis<strong>la</strong>tivi e avvenimenti sociali di sostanziale capovolgimento <strong>del</strong><br />

quadro operativo posto ai componenti <strong>del</strong><strong>la</strong> commissione tecnica di progettazione (dove al<strong>la</strong> fine, nel ‘70, sparivano Fuselli<br />

e il prof. Leonardo Ricci e rimaneva il gruppo degli architetti Gaggero e Nico<strong>la</strong> e degli ingegneri Lombezzi, Modena,<br />

Petrelli e Todros, il deputato <strong>del</strong> Pci): <strong>la</strong> legge ponte <strong>del</strong> 1968, i decreti ministeriali sugli standard urbanistici, <strong>la</strong><br />

realizzazione <strong>del</strong>l’Autostrada dei Fiori e il dibattito sull’alternativa ferroviaria <strong>del</strong> raddoppio vs. <strong>la</strong> direttissima Genova/Savona,<br />

<strong>la</strong> localizzazione <strong>del</strong><strong>la</strong> megacentrale Enel a Vado Ligure e <strong>del</strong><strong>la</strong> Sarpom a Quiliano valevano bene il decen-<br />

7


si spegneva in tal modo, con un epilogo a dir poco sottotono (e comunque ingloriosamente, generando<br />

sollievo piuttosto che rimpianti), una vicenda tra le prime in Italia ad aver contraddistinto<br />

l’epopea <strong>del</strong>l’area vasta: soppiantato dal <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento paesistico (che già nel<br />

‘90 copriva l’intera estensione regionale) e dal Ptc degli insediamenti produttivi <strong>del</strong>l’area centrale<br />

ligure – ambito <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong> e <strong>del</strong>le Bormide (poi adottato dal<strong>la</strong> regione Liguria ma già in redazione<br />

più o meno dai tempi <strong>del</strong> <strong>piano</strong> paesistico), non v’è dubbio che il Pris avesse fatto il suo tempo.<br />

E che tempo: talmente ideologizzato in direzione operaistica, così robustamente intriso di certezze<br />

marxiane, esplicitamente finalizzato a interessi «di c<strong>la</strong>sse», da non aver saputo adattarsi al<strong>la</strong> trasformazione<br />

in atto, al punto da dover ammettere <strong>la</strong> sua inutilità sotto gli esiti <strong>del</strong><strong>la</strong> sopravvenuta<br />

pianificazione territoriale regionale 29 .<br />

Ma, prima di esaminare <strong>la</strong> variante intermedia (che – come avevo ampiamente profetizzato all’atto<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> sua adozione nel ‘90 – è rimasta ancora per molto tempo lo strumento <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> di Savona,<br />

mentre tutti gli altri comuni <strong>del</strong> Pris avevano già iniziato a porre mano al<strong>la</strong> nuova strumentazione<br />

generale 30 ), facciamo un po’ di storia di operaismo urbanistico, un fenomeno protrattosi per molto,<br />

al punto che lo studio <strong>del</strong> Censis 31 non poteva che percepire «una città incapace di imprimere un carattere<br />

al suo futuro», con una rete di servizi alle imprese «tra le meno estese e qualificate in rapporto<br />

a quanto si verifica nelle aree avanzate <strong>del</strong> paese e nel<strong>la</strong> stessa regione Liguria», e con un’identità<br />

nio di ritardo nell’adozione <strong>del</strong>lo strumento <strong>intercomunale</strong>. Insomma, solo nell’aprile <strong>del</strong> ‘70 il comune capofi<strong>la</strong> riusciva<br />

ad adottare il Pris e a trasmetterlo ai comuni contermini (ai quali sarebbe occorso un altro anno prima d’adottarlo<br />

anch’essi), necessitando poi ulteriori due anni per controdedurre le oltre 350 osservazioni pervenute e per trasmettere lo<br />

strumento al<strong>la</strong> Regione; ma il vizio di forma originario – l’avvenuta decorrenza <strong>del</strong> termine di un anno (dal 1962 al<br />

1963) assegnato nel Dm. 2261/1962 per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> Pris – induceva il Consiglio di Stato ad annul<strong>la</strong>re l’intero iter.<br />

Siamo così di fronte a uno scenario azzerato: il Pris adottato nel 1970 e controdedotto nel 1973 non meritava<br />

l’istruttoria regionale per <strong>la</strong> conseguente approvazione in quanto annul<strong>la</strong>to dal C.d.S. il 23 marzo 1974, ed era <strong>la</strong> Regione<br />

Liguria (nel frattempo depositaria dei poteri trasferiti ex Dpr. 616 in materia urbanistica) a doverne autorizzare <strong>la</strong> riformu<strong>la</strong>zione<br />

nel luglio 1974; nel frattempo – in troppo breve tempo, cioè, per aver potuto meditare appropriatamente il<br />

nesso conoscenza/determinazione, o analisi/progetto che dir si voglia, al punto che non pare per nul<strong>la</strong> peregrina l’ipotesi<br />

che <strong>la</strong> nuova versione avesse voluto ammantarsi sol per bandiera ideologica degli strumenti contemp<strong>la</strong>ti dalle nuove<br />

leggi intercorse (e <strong>la</strong> conferma l’avremo più oltre, al<strong>la</strong> lettura <strong>del</strong> progetto) – in soli otto mesi dal nul<strong>la</strong> osta regionale il<br />

nuovo Pris veniva adottato il 15 marzo 1975 dai sei comuni comprensoriati addirittura dotato dei perimetri di tutta <strong>la</strong><br />

pianificazione esecutiva di rinvio; poi, dopo le controdeduzioni <strong>del</strong> dicembre 1975, il voto <strong>del</strong> Comitato Tecnico Urbanistico<br />

regionale <strong>del</strong> 23 luglio 1976 e le successive controdeduzioni comunali <strong>del</strong> 7 gennaio 1977, il Pris veniva approvato<br />

il 5 settembre <strong>del</strong>lo stesso anno vivendo, più o meno gloriosamente, fino all’adozione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale intermedia<br />

<strong>del</strong> 1990, dove – pur senza ancora ammettere espressamente che «il re è nudo» (e cioè che non se ne poteva<br />

più <strong>del</strong> consociativismo urbanistico, <strong>del</strong><strong>la</strong> forzatura di considerare interi comuni – Albisso<strong>la</strong> Marina per esempio – come<br />

<strong>la</strong> periferia residenziale <strong>del</strong> comune capofi<strong>la</strong> e altri comuni – Vado, in altri termini – come <strong>la</strong> Stalingrado monofunzionale<br />

<strong>del</strong> comprensorio, e in buona sostanza che non poteva reggere più oltre il mantenimento di una vera e propria rendita<br />

di posizione di Savona rispetto ai rimanenti comuni) – già cominciava a <strong>del</strong>inearsi a mezza voce lo scioglimento <strong>del</strong><br />

Pris e il ritorno di ogni Amministrazione a una propria pianificazione svinco<strong>la</strong>ta. Del resto, l’avvenuta sopravvenienza<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> strumentazione regionale (il <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento paesistico, a esempio) e l’avanzato stato di redazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione sovraordinata <strong>del</strong>l’area centrale ligure lo permettevano certamente o, forse, addirittura ne facevano<br />

apprezzare l’indispensabilità.<br />

29 E <strong>del</strong> crollo <strong>del</strong>le sinistre nelle elezioni amministrative <strong>del</strong> 1994 a Savona.<br />

30 Così come Bergeggi, al cui <strong>piano</strong> è dedicato questo libro, il cui nuovo strumento autonomo avevamo iniziato a redigere<br />

– l’ing. Giraudo e chi scrive – fin dal 1993 in forma di <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> generale, per poi doverlo trasformare (in<br />

virtù <strong>del</strong><strong>la</strong> sopravvenuta nuova legge urbanistica regionale n. 36 <strong>del</strong> 1997) in <strong>piano</strong> urbano comunale.<br />

31 Mi riferisco a Savona: il passaggio agli anni ‘90, uno studio <strong>del</strong> giugno 1990 approntato dal Censis per <strong>la</strong> Cciaa savonese<br />

e, in verità, accolto assai pigramente dal milieu <strong>del</strong><strong>la</strong> maggioranza locale (per non dire dei pronunciamenti<br />

sprezzanti/sarcastici/minimizzanti/anoressici, che caratterizzarono i comportamenti più reattivi al<strong>la</strong> invero salutare frustata<br />

<strong>del</strong> Censis). Certo non ci si poteva aspettare entusiasmo davanti a constatazioni come quel<strong>la</strong> di «Savona […] al<br />

centro di vincoli e opportunità che hanno sempre origine esterna», dove «ciò che sembra non funzionare è il meccanismo<br />

di mediazione sociale che, quanto più viene attivato, tanto meno riesce a produrre una sintesi» e dove ancora<br />

«l’impressione è di trovarsi di fronte a un sistema bloccato, a una città incapace d’imprimere un carattere al suo futuro»;<br />

ma si tratta di constatazioni sostanzialmente confermabili: anche chi scrive ne trasse simile impressione, durante tutta <strong>la</strong><br />

sua poliennale attività di consulenza all’Amministrazione comunale.<br />

8


di città industriale «senza che si formasse nel<strong>la</strong> città un’imprenditorialità industriale numericamente<br />

apprezzabile e culturalmente incidente, in grado cioè di diffondere lo spirito industriale» 32 .<br />

3. Una storia instabile ma consolidata: l’operaismo urbanistico<br />

Ciò che non si può proprio sostenere è che tale condizione di stallo rappresentasse una novità: già<br />

quarant’anni addietro si trovava a doverlo denunziare lo stesso Francesco Forte, al<strong>la</strong> presentazione<br />

dei primi studi <strong>del</strong> Pris 33 , sia circa i redditi per abitante savonese «sensibilmente inferiori al<strong>la</strong> media<br />

esistente nel triangolo industriale» a fronte di una popo<strong>la</strong>zione praticamente invariata nell’arco censuario<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> ricostruzione post-bellica 1951/1961, sia per i comparti metallurgico e meccanico (storicamente<br />

distintivi, già fin dall’Ottocento, <strong>del</strong>l’industria manifatturiera cittadina) con una flessione<br />

decennale di addetti <strong>del</strong> 16% mentre, al contrario, in netta controtendenza rispetto al decremento<br />

operaio (generando forse una qualche preoccupazione di carattere ideologico), si trovava a espandersi<br />

<strong>del</strong> 23% l’occupazione nel commercio (non un’attività locale, ricordava Forte, ma «di prestazione<br />

di servizi che interessa <strong>la</strong> regione e <strong>la</strong> nazione»), e <strong>del</strong> 26% quel<strong>la</strong> nelle altre attività terziarie,<br />

trasporti compresi.<br />

In buona sostanza, poneva il problema ai partiti e agli amministratori l’economista, «si tratta di vedere<br />

se per una zona come questa sia bene che lo sviluppo proceda attraverso le direttrici che accentuano<br />

l’importanza di quel settore definito di solito terziario, e che include il commercio e le altre<br />

attività di tipo mercantile o di prestazione di servizi, in contrapposto al settore cosiddetto secondario,<br />

e cioè industriale, oppure se convenga fare un’altra politica»; e non è tanto, questo, un rozzo<br />

quesito schematicamente posto in difetto di alternative valutabili, tant’è che sempre lo stesso economista<br />

ricordava il processo di redistribuzione <strong>del</strong>le unità locali industriali e degli addetti nel<strong>la</strong> limitrofa<br />

Val Bormida (talché, nei confronti di quest’ultima, sembrava a Forte opportuno riflettere se<br />

per Savona convenisse «insistere sull’industrializzazione» oppure divenire centro «prevalentemente<br />

terziario»), e rammentava essere comunque il <strong>Savonese</strong> area «superattiva» da non potersi per nul<strong>la</strong><br />

assoggettare al<strong>la</strong> ricetta dei «poli di sviluppo» meridionali: «un’area superattiva non è necessariamente<br />

un’area che, in fatto di sviluppo economico, sia giunta a piena maturità, a vette altissime difficilmente<br />

superabili: quello di Savona costituisce anzi un caso di scuo<strong>la</strong> per cui vi può essere situazione<br />

di superattività senza che vi sia un grado soddisfacente di sviluppo economico e sociale […]<br />

le vie <strong>del</strong>lo sviluppo economico ulteriore per Savona sono ‘qualitative’ ben più che quantitative; vi<br />

emergono soprattutto compiti di riorganizzazione volti a rimuovere strozzature, inefficienze, maldistribuzioni<br />

che s’inseriscono nel contesto di quest’area congestionata impedendole di raggiungere<br />

quegli ulteriori traguardi a cui essa, con le sue risorse e il suo potenziale, può viceversa pretendere;<br />

insomma, per fare un paragone, quel<strong>la</strong> di Savona come area superattiva è un po’ <strong>la</strong> situazione di una<br />

valigia stipata che sembra a prima vista incapace di contenere gli altri oggetti di cui il viaggiatore ha<br />

partico<strong>la</strong>re bisogno, ma che in realtà il viaggiatore potrebbe risistemare provvedendo a togliervi le<br />

cose ingombranti e non necessarie, a riordinare le altre e a fare posto alle cose più utili; in quel<strong>la</strong><br />

congestione che si presenta a prima vista, aprendo questa valigia, sembrerebbe impossibile migliorarne<br />

l’utilizzo: ma guardando bene ci s’avvede che lo spazio è usato male e che un riordino può dare<br />

buoni frutti». E non v’è dubbio che i semi, che il nostro economista proponeva di spargere a Savona<br />

nel 1964, fossero tutti germogliabili (anche se pochi furono i frutti raccolti): a) «al <strong>Savonese</strong><br />

interessano più le imprese di manipo<strong>la</strong>zione di prodotti e di precisione, di piccole e medie dimensioni,<br />

che non le grandi imprese ad alta intensità di capitale che impegnano poca manodopera su<br />

molto spazio, come quelle <strong>del</strong>l’industria pesante» (a tutt’oggi, all’esiziale crisi <strong>del</strong>l’irizzazione savonese<br />

non corrisponde ancora, a quarant’anni di distanza, né <strong>la</strong> formazione di aree-sistema a picco<strong>la</strong><br />

e media impresa né di poli logistici né di concentrazioni e/o diffusioni terziarie avanzate); b) «vi<br />

è una complementarietà commerciale tra Torino e Savona che va attentamente coltivata e considera-<br />

32 Ancora in: Savona: il passaggio agli anni ‘90, citato in nota 31.<br />

33 Cfr. Forte F., 1964, «Problemi <strong>del</strong>lo sviluppo economico <strong>del</strong> comprensorio savonese», in Atti <strong>del</strong> convegno sui problemi<br />

economici e urbanistici <strong>del</strong> comprensorio savonese, Officina d’Arte, Savona.<br />

9


ta, e che può trovare anche nello sviluppo di una fascia industriale verso Ceva e/o lungo <strong>la</strong> Bormida<br />

verso Acqui un interessante motivo di legame e di vicendevole stimolo e integrazione, in raccordo<br />

con <strong>la</strong> zona industriale che si va creando ad Alessandria» (in realtà, ha luogo oggi una forte gravitazione<br />

inversa dei flussi commerciali da Savona verso l’entroterra piemontese, poco vicendevolmente<br />

ricompensata); c) «sussiste una comunanza d’interessi tra Savona e Genova: ove sia possibile<br />

specializzare il porto di Savona in modo da raccogliere parte <strong>del</strong> traffico (e <strong>del</strong>le attività di manipo<strong>la</strong>zione)<br />

che possono convergere su Genova, non s’ottiene solo il risultato di attivare l’aspetto più<br />

interessante e ricco di prospettive <strong>del</strong>l’economia savonese, ma si fornisce anche uno strumento assai<br />

valido per <strong>la</strong> soluzione dei problemi portuali di Genova» (<strong>la</strong> vicenda <strong>del</strong><strong>la</strong> realizzazione <strong>del</strong> nuovo<br />

porto di Voltri e, al contempo, l’espansione <strong>del</strong> pennello principale savonese e <strong>del</strong>l’infrastruttura di<br />

Vado testimoniano il mancato coordinamento dei due enti portuali e <strong>la</strong> caparbia volontà di gigantismo<br />

espansivo d’entrambi, pur a fronte <strong>del</strong><strong>la</strong> progressiva restrizione <strong>del</strong> mercato d’utenza in favore<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> più competitiva Livorno, o <strong>del</strong> nord Europa addirittura); d) «quello ligure è un turismo qualitativo,<br />

che può reggere il confronto con gli altri non su livelli di prezzi spinti al minimo, con servizi<br />

andanti, bensì facendo leva su servizi di alta qualità»; ma è noto il progressivo scadimento occorso<br />

da vent’anni a questa parte al turismo savonese, soprattutto nelle Albissole: dai tempi <strong>del</strong> cenacolo<br />

di artisti come Fontana e Rossello – a partire dai quali ferveva una molteplicità di iniziative in grado<br />

di connotare il <strong>Savonese</strong> come un vero e proprio attrattore di gravitazioni culturali qualificate – fino<br />

all’attuale modesta concentrazione familiare nel<strong>la</strong> so<strong>la</strong> metà di agosto e in pochissimi fine settimana<br />

primaverili, con un’organizzazione <strong>del</strong> settore che ha visto dissipare man mano un capitale turistico<br />

in nessun caso ricostituito, nel<strong>la</strong> più completa assenza <strong>del</strong>l’ente locale – al contrario di ciò che invocava<br />

Forte, a conclusione <strong>del</strong> suo decalogo di ri<strong>la</strong>ncio economico <strong>del</strong> 1964 – «nell’indirizzo <strong>del</strong>le<br />

attività che riguardano gli insediamenti industriali, commerciali e turistici»: «gli anni passati dovrebbero<br />

aver mostrato a tutti quanto sia dannoso il <strong>la</strong>sciare che ogni singo<strong>la</strong> forza si disfreni liberamente,<br />

in cerca di un proprio tornaconto immediato, che finisce a scontrarsi con quello altrui in un<br />

quadro di strozzature, congestioni, sprechi, danni, rincari di costi e peggioramenti di condizioni di<br />

vita e di civiltà».<br />

È assai presumibile – verrà allora da pensare a qualunque nostro lettore di buon senso – che, di<br />

fronte a un quadro così esplicitamente tratteggiato da un economista di tal fatta già negli anni ‘60,<br />

non rimanesse altro che accettare <strong>la</strong> lezione e mettere su carta urbanistica i precetti ascoltati: una<br />

carta di filigrana minutissima, di ampio dettaglio conoscitivo, di ricerca di ogni peculiarità locale e<br />

generale che avrebbe permesso – proprio attraverso il mezzo <strong>del</strong><strong>la</strong> sca<strong>la</strong> <strong>intercomunale</strong> – di valorizzare<br />

lo strumento <strong>del</strong> <strong>piano</strong> come marchingegno d’innesco di una modernità fin’allora sconosciuta<br />

nel <strong>Savonese</strong>; soprattutto poi in presenza, in quegli stessi anni, di una paralle<strong>la</strong> sollecitazione regionale<br />

34 che – anch’essa innovativa come innovativo stava configurandosi il Pris – ben poteva supportare<br />

l’iniezione <strong>del</strong> nuovo che necessitava per quell’area.<br />

34 Mi riferisco allo Schema di <strong>piano</strong> e criteri di gestione <strong>del</strong> territorio, prodotto dal<strong>la</strong> regione Liguria nell’aprile 1975<br />

per <strong>la</strong> consulenza generale <strong>del</strong> prof. Silvano Tintori e mediante il coordinamento <strong>del</strong>l’Ufficio di <strong>piano</strong> territoriale da<br />

parte <strong>del</strong>l’arch. Paolo Rigamonti; proprio in quell’occasione – definito il <strong>Savonese</strong> come «area a struttura industrialeportuale<br />

con prevalenti problemi di ristrutturazione <strong>del</strong>le attività produttive», e ribadita ancora una volta <strong>la</strong> «scarsa dinamicità»<br />

<strong>del</strong> suo «sviluppo economico, soprattutto nei settori fondamentali legati al porto e all’industria» – <strong>la</strong> regione<br />

non poteva che evidenziare «un’azione congestiva e di dequalificazione ambientale più accentuata di quanto appaia dai<br />

dati quantitativi», una «stagnazione economica», «più tenui i rapporti che in altre epoche s’istituivano tra lo sviluppo<br />

dei porti e il parallelo sviluppo produttivo industriale», «<strong>la</strong> dipendenza <strong>del</strong>le occasioni di sviluppo da centri decisionali<br />

esterni e <strong>la</strong> scarsa capacità di promuovere autonomamente, al livello locale, iniziative imprenditoriali di qualche rilievo».<br />

A fronte di tale disarmante assetto, non parevano tuttavia convincenti le previsioni di <strong>piano</strong> nell’arco ventennale<br />

1971-1991: contro un contenuto 5,3% di crescita demografica (il che comunque non si è verificato nel <strong>Savonese</strong>, come<br />

<strong>del</strong> resto in tutt’Italia), addirittura + 30,3% in posti di <strong>la</strong>voro (fatto che, pur non essendosi minimamente inverato, ha<br />

tuttavia offerto l’occasione al Pris – com’è noto, successivo – di sovradimensionare le sue aree produttive giustificando<br />

in tal modo il suo gigantismo urbanistico).<br />

10


D’altra parte lo stesso Fuselli 35 , per un certo periodo il coordinatore <strong>del</strong><strong>la</strong> Commissione tecnica per<br />

lo studio <strong>del</strong> Pris, non poteva esimersi dall’ammettere che «il contenuto dinamico dei problemi, cui<br />

corrisponde solo <strong>la</strong> possibilità di formu<strong>la</strong>re ipotesi, rispecchia d’altra parte l’evoluzione compiuta<br />

dal<strong>la</strong> tecnica urbanistica che, fino a qualche anno fa, procedeva con fiducia al<strong>la</strong> redazione di piani<br />

d’ordine fisico ritenuti sufficienti ad assicurare una continuità di programmi e opere, mentre oggi <strong>la</strong><br />

pianificazione fisica non può venire dissociata dagli indirizzi <strong>del</strong><strong>la</strong> programmazione economica e<br />

dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tività imposta da quel<strong>la</strong> suprema maestra di sorprese che è <strong>la</strong> vita»; e Fuselli medesimo<br />

non poteva trascurare l’immanenza incombente (addirittura «<strong>la</strong> remora maggiore al<strong>la</strong> definizione<br />

<strong>del</strong> Piano <strong>intercomunale</strong>») di «due iniziative industriali, quali un centro siderurgico e una grandissima<br />

centrale termoelettrica» – che negli anni ‘70 furono poi realizzate, a dispetto <strong>del</strong>l’impostazione<br />

depo<strong>la</strong>rizzante di Forte – «di tale peso che <strong>la</strong> loro attuazione sorpassa di gran lunga <strong>la</strong> dimensione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione territoriale per inserirsi nelle linee <strong>del</strong><strong>la</strong> programmazione economica nazionale»,<br />

così come tra gli altri «l’episodio macroscopico <strong>del</strong>l’insediamento di un deposito costiero di olii<br />

minerali nel<strong>la</strong> piana <strong>del</strong> torrente Quiliano» o «<strong>la</strong> seconda fase <strong>del</strong><strong>la</strong> costruzione <strong>del</strong> porto di Vado,<br />

esteso dal<strong>la</strong> foce <strong>del</strong> Quiliano al<strong>la</strong> foce <strong>del</strong> Letimbro»; insomma, tutte corpose iniziative assai lontane<br />

da quel <strong>piano</strong> a filigrana minutissima che sembrava l’unica reticel<strong>la</strong> per afferrare il necessario<br />

moderno. Solo il rappresentante <strong>del</strong>l’Ente provinciale per il turismo 36 (ma ignorato) sembrò opporsi:<br />

«l’Ept raccomanda vivamente che tra tanta progettazione di sviluppo industriale e portuale si riservi<br />

almeno per quanto possibile <strong>del</strong>le oasi indispensabili al<strong>la</strong> vita residenziale, oltre che al suo vivere<br />

commerciale in gran parte basato già fin d’ora sul turismo, migliorandolo, perfezionandolo, incrementandone<br />

le attrattive e valorizzando le ricchezze naturali». È ben vero, lo ammetteva in quel<br />

dibattito <strong>del</strong> 1964 lo stesso rappresentante <strong>del</strong><strong>la</strong> Cciaa 37 , che nel decennio 1951/1961 «Savona ha<br />

vissuto un momento unico in tutto il secolo» ma «sul<strong>la</strong> base di un incremento industriale artificioso,<br />

con <strong>la</strong> creazione di un’attività siderurgica che aveva fatto affluire qui una quantità enorme di immigrati<br />

e che, repentinamente, ha dovuto essere smantel<strong>la</strong>ta»; pare quasi che una sorta di dipendenza<br />

ancestrale dall’industria, una crisi d’astinenza manifatturiera, un operaismo generalizzato stesse travolgendo<br />

in quel momento l’intera società savonese: «le donne, o meglio le ragazze, s’attendono<br />

uno sviluppo <strong>del</strong>l’impiego industriale nel<strong>la</strong> nostra provincia», assicurava l’esponente <strong>del</strong>l’Unione<br />

Donne Italiane 38 , al punto che «al<strong>la</strong> domanda “Quale <strong>la</strong>voro ti piacerebbe fare?”, su un migliaio di<br />

questionari diffusi e su 347 esaminati» una quota rilevante avrebbe voluto divenire operaia, e solo<br />

32 impiegate, e 9 libere professioniste.<br />

Del resto, che fare di quelle «materie prime che arrivano via mare e che sarebbe antieconomico far<br />

proseguire per terra senza sottoporle a tutte le possibili trasformazioni mediante industrie manifatturiere<br />

che le purghino di tutte le scorie»? Meglio piuttosto «ridurre il più possibile – in deroga ai<br />

consueti piani urbanistici – anche le zone verdi e quelle destinate a verde pubblico», giacché «tutto<br />

il territorio <strong>del</strong> Piano <strong>intercomunale</strong> presenta verdeggianti zone collinari che raggiungono e oltrepassano<br />

i 500 metri sul livello <strong>del</strong> mare: ivi potranno trovare felice insediamento le zone a verde<br />

pubblico, anche alle quote più elevate»; sono le bizzarrie <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione «politica», <strong>del</strong> territo-<br />

35<br />

La re<strong>la</strong>zione di Eugenio Fuselli é in: Aa. Vv., 1964, Atti <strong>del</strong> convegno sui problemi economici e urbanistici <strong>del</strong> comprensorio<br />

savonese, Officina d’Arte, Savona.<br />

36<br />

Cfr. l’intervento <strong>del</strong>l’arch. Marcello Campora in Aa. Vv., 1964, Atti…, cit.<br />

37<br />

Ossia Maurizio Marrone, ivi.<br />

38<br />

L’intervento di Maria Bol<strong>la</strong>, per l’Udi (ibidem), insisteva tuttavia su altri elementi col<strong>la</strong>terali di sviluppo, individuabili<br />

nel<strong>la</strong> «obbligatorietà e programmazione dei servizi sociali in un nuovo assetto urbanistico», nel<strong>la</strong> difesa <strong>del</strong><strong>la</strong> «piena<br />

applicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> 167 rinnovando l’adesione al<strong>la</strong> manifestazione promossa dall’Istituto Nazionale di Urbanistica contro<br />

le manovre dei gruppi specu<strong>la</strong>tivi privati», nei «servizi per <strong>la</strong> casa, per l’infanzia e <strong>la</strong> gioventù, per <strong>la</strong> riorganizzazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> rete distributiva» (è opportuno ricordare l’epoca <strong>del</strong><strong>la</strong> pressione di massa per il varo di una disciplina dei servizi<br />

pubblici – di lì a quattro anni sarebbe stato promulgato il Dim. 1444/1968 – e per «fare avanzare il principio<br />

<strong>del</strong>l’obbligatorietà dei servizi sociali», affinché infine <strong>la</strong> «condizione necessaria al<strong>la</strong> realizzazione di un nuovo assetto<br />

urbanistico sia un regime di pubblicità dei suoli, tale da rendere <strong>la</strong> proprietà realmente indifferente alle diverse destinazioni»);<br />

si tratta senza dubbio <strong>del</strong><strong>la</strong> più artico<strong>la</strong>ta posizione politica tra tutti gli intervenuti al convegno di Savona, addirittura<br />

ancor più degli amministratori locali i cui pronunciamenti sono tutti piattamente improntati al<strong>la</strong> più pervicace difesa<br />

operaistica <strong>del</strong><strong>la</strong> grande industria perduta.<br />

11


io «a grandi schizzi», <strong>del</strong>le grandi parole d’ordine degli anni’ 60 e di un cumulo di certezze tali per<br />

cui «un <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> deve ispirarsi a ipotesi di <strong>la</strong>voro che saranno tanto più omogenee<br />

con una linea di programmazione democratica quanto più il movimento democratico considererà<br />

anche quel <strong>piano</strong> quale strumento <strong>del</strong><strong>la</strong> sua battaglia più generale», ragion per cui – al<strong>la</strong> proposta<br />

di Francesco Forte di depo<strong>la</strong>rizzare il <strong>Savonese</strong> a favore <strong>del</strong>l’immediato entroterra piemontese –<br />

ecco sprezzante emergere <strong>la</strong> «linea»: «noi combattiamo decisamente le linee che porterebbero il<br />

nord verso una nuova congestione ancor più pericolosa di quel<strong>la</strong> fino a oggi realizzatasi; l’idea di<br />

concentrare nei pressi di Alessandria un grande polo di sviluppo industriale va combattuta non solo<br />

perché contrasta con le esigenze di diminuire le distanze tra nord e sud, ma anche perché esso aggraverebbe<br />

le contraddizioni già esplose nell’ultimo decennio» 39 ; «per questo – continuava con le<br />

certezze di sempre il segretario savonese <strong>del</strong> Pci – approviamo le ipotesi <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong><br />

savonese che prevedono un tipo di insediamento industriale che risponda alle esigenze di pieno impiego<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> mano d’opera attualmente disponibile, ma che non richieda afflussi di nuove unità <strong>la</strong>vorative<br />

dall’esterno»; e anche per il porto <strong>la</strong> «linea» non manca: «non è possibile continuare ad addossare<br />

al<strong>la</strong> merce i maggiori costi che l’imprevidenza governativa fa gravare su di essa non avendo<br />

provveduto in tempo all’adeguamento e al<strong>la</strong> razionalizzazione <strong>del</strong>le strutture portuali; punto fermo a<br />

questo riguardo deve restare il carattere pienamente pubblico di quelle attrezzature: ogni privatizzazione,<br />

ogni concessione esclusiva, ogni autonomia funzionale comporta <strong>la</strong> gestione privatistica in<br />

funzione <strong>del</strong> profitto di pochi di attrezzature che – come le ferrovie – non possono che essere pubbliche,<br />

se il vantaggio <strong>del</strong> progresso tecnologico deve andare a beneficio <strong>del</strong><strong>la</strong> collettività e non <strong>del</strong><br />

singolo imprenditore»; quindi, <strong>la</strong> «ricetta», il cui stampo sovietico/gosp<strong>la</strong>niano è commovente 40 :<br />

«per questo, mentre sollecitiamo una nuova legge per un ordinamento pubblicistico <strong>del</strong><strong>la</strong> gestione<br />

<strong>del</strong> nostro porto, riteniamo indispensabile <strong>la</strong> pubblicizzazione di tutte le attrezzature a partire dagli<br />

impianti privati <strong>del</strong>le Funivie, <strong>del</strong><strong>la</strong> Fornicoke ecc.».<br />

Non distanti sono le posizioni sindacali 41 : «il Piano <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> potrà avere efficacia<br />

nel disciplinare l’insediamento tipo di industrie e potrà quindi anche favorire certe tendenze di sviluppo<br />

economico nel<strong>la</strong> misura in cui le scelte economiche fondamentali siano sottratte alle grandi<br />

concentrazioni private e affidate al<strong>la</strong> collettività», anche se diverse sono le sfumature <strong>del</strong> Pci: «condividiamo<br />

pienamente le indicazioni <strong>del</strong> prof. Forte a proposito di uno sviluppo <strong>del</strong><strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e media<br />

industria manifatturiera nel comprensorio savonese […]; <strong>la</strong> Camera di commercio si riferiva al<br />

peso prevalente che deve avere lo sviluppo <strong>del</strong>l’attività industriale: siamo d’accordo con questo orientamento,<br />

non porrei in alternativa lo sviluppo <strong>del</strong> settore terziario e <strong>del</strong> settore industriale».<br />

Chiara fu, tuttavia, <strong>la</strong> replica di Forte: «ho soltanto cercato di far notare che s’è avuta un’evoluzione<br />

da un tipo d’industria, diciamo così, prevalentemente a se stante rispetto alle attività portuali e caratterizzata<br />

dall’occupazione di una notevole quantità di spazio rispetto all’impiego di mano<br />

d’opera, verso una tendenza diversa: quel<strong>la</strong> al<strong>la</strong> progressiva terziarizzazione <strong>del</strong>l’economia, nel<strong>la</strong><br />

quale anche l’industria rimane come un fenomeno importante ma subisce e, secondo me, dovrebbe<br />

con appropriati indirizzi subire in modo organico, una opportuna trasformazione atta a vitalizzar<strong>la</strong> e<br />

ad accrescerne <strong>la</strong> produttività […]; quindi, a questo punto bisogna pensare anche per l’industria in<br />

termini di sostituzione tra l’una e l’altra attività industriale in re<strong>la</strong>zione al settore terziario».<br />

Prevalsero tuttavia le paure (di perdere <strong>la</strong> base elettorale, di vedere smantel<strong>la</strong>ta <strong>la</strong> teoria <strong>del</strong><strong>la</strong> «aristocrazia<br />

operaia», di offrire spazio all’avanzata di una «borghesia» terziaria, o più semplicemente<br />

di «cavalcare il nuovo»?) e, a fronte <strong>del</strong>l’al<strong>la</strong>rme <strong>la</strong>nciato dal periodico <strong>del</strong> Pci locale 42 : «Savona sta<br />

dunque modificando <strong>la</strong> sua struttura economica per divenire, da città eminentemente industriale,<br />

39 Ivi Giuseppe Noberasco, segretario <strong>del</strong><strong>la</strong> Federazione <strong>del</strong> partito comunista italiano di Savona.<br />

40 Per <strong>la</strong> nozione di «gosp<strong>la</strong>n», cfr. in nota 18.<br />

41 Si tratta <strong>del</strong>l’intervento di Armando Magliotto, allora segretario <strong>del</strong><strong>la</strong> Camera confederale <strong>del</strong> <strong>la</strong>voro di Savona (e<br />

successivamente assurto a incarichi pubblici di grande rilievo: presidente <strong>del</strong><strong>la</strong> Regione Liguria, sindaco di Savona, capogruppo<br />

<strong>del</strong> Pci in consiglio comunale, consigliere comunale di minoranza anche nel periodo <strong>del</strong><strong>la</strong> giunta di centrodestra),<br />

ibidem.<br />

42 Da: La nostra voce, quindicinale <strong>del</strong><strong>la</strong> Federazione <strong>del</strong> Pci di Savona, 26 giugno 1964.<br />

12


centro che va specializzandosi nelle attività terziarie? Queste sono le tendenze spontanee in atto, su<br />

cui occorre intervenire per le opportune correzioni»), gli amministratori provvidero: nell’assemblea<br />

<strong>del</strong> Pris <strong>del</strong> 7 dicembre 1963 43 il sindaco Carossino propose <strong>la</strong> «costituzione di un Consorzio per<br />

l’attuazione <strong>del</strong>le previsioni <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong> <strong>del</strong>le aree industriali a cui dovrebbero partecipare<br />

tutti i Comuni, <strong>la</strong> Camera di Commercio e <strong>la</strong> Provincia di Savona, che si proponga come fine <strong>la</strong><br />

creazione <strong>del</strong>le indispensabili infrastrutture da mettere a disposizione <strong>del</strong>l’iniziativa privata o pubblica».<br />

4. <strong>Il</strong> progetto <strong>del</strong> Pris: un gigantismo ingestibile<br />

A ripercorrere le tracce <strong>del</strong>l’ulteriore dibattito (contenuto nei numerosi atti <strong>del</strong>iberativi <strong>del</strong> consiglio<br />

comunale savonese dal 1970 al 1977, anno in cui il Pris venne approvato dal<strong>la</strong> Regione Liguria 44 ,<br />

non si può certo apprezzarne <strong>la</strong> coerenza né <strong>la</strong> lungimiranza né – soprattutto – <strong>la</strong> profondità disciplinare:<br />

all’atto <strong>del</strong><strong>la</strong> prima adozione <strong>del</strong> 1970 <strong>la</strong> minoranza eccepiva che «nel<strong>la</strong> proposta di <strong>del</strong>iberazione<br />

si da atto che presidente <strong>del</strong><strong>la</strong> Commissione tecnica è il professor Eugenio Fuselli (il quale<br />

con una <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> 1961 era stato nominato coordinatore dei <strong>la</strong>vori dei progettisti), mentre è<br />

noto che lo stesso ha rinunciato all’incarico nel 1968», eccezione invero di alto spessore procedimentale,<br />

mentre per contro il progettista Todros precisava «che, per le zone che non presentano disponibilità<br />

di aree, i servizi – esclusi quelli al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> più elementare – sono stati localizzati fuori<br />

dalle zone stesse essendosi ritenuta non opportuna <strong>la</strong> realizzazione di sventramenti», e <strong>la</strong> componente<br />

operaista riproponeva «<strong>la</strong> proposta di conservare <strong>la</strong> destinazione industriale all’area occupata<br />

dallo stabilimento ltalsider» apprezzando <strong>la</strong> prescrizione «che, nel caso di lottizzazioni industriali<br />

che occupino più di trenta addetti, i privati proponenti dovranno pagare al comune una quota parte<br />

dei costi insorgenti per l’insediamento residenziale dei <strong>la</strong>voratori e <strong>del</strong>le loro famiglie»; in fundo,<br />

l’adozione: cinque astenuti e trentun favorevoli, un esito aspettato.<br />

Nell’intermezzo tra l’adozione <strong>del</strong> ‘70 e le controdeduzioni <strong>del</strong> ‘73, <strong>la</strong> richiesta <strong>del</strong> 9 ottobre 1972<br />

per ottenere l’autorizzazione regionale al<strong>la</strong> formazione <strong>del</strong> Pip: se <strong>la</strong> minoranza affermava che «da<br />

parte <strong>del</strong><strong>la</strong> Giunta in carica si sostenne l’irreperibilità di aree per insediamenti produttivi nel <strong>Savonese</strong>»,<br />

<strong>la</strong> maggioranza rincalzava che «<strong>la</strong> Giunta comunale non ha mai negato <strong>la</strong> possibilità di reperire<br />

aree industriali nel <strong>Savonese</strong>, e ciò è confermato dalle ampie zone riservate alle attività produttive<br />

nel <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong>»; e tuttavia, dopo tale noioso rimpallo di maniera, l’unanimità su una<br />

determinazione incredibile a dir poco: apporre <strong>la</strong> modalità di Pip ex art. 27 <strong>del</strong><strong>la</strong> L. 865/1971 su tutte<br />

(si, il lettore non ha letto male: tutte) le zone industriali previste dal Prg <strong>del</strong> 1959 e confermate<br />

dal Pris <strong>del</strong> 1970, «allo scopo di risolvere una crisi che grava pesantemente sull’economia cittadina».<br />

Giunsero le controdeduzioni <strong>del</strong>l’aprile 1973: per l’esattezza 361, per tutti i cinque comuni <strong>del</strong><br />

comprensorio; aumentava l’entità degli astenuti nel consiglio comunale di Savona (11 contro 24 favorevoli)<br />

ma il risultato non cambiò, e il Pris riuscì a continuare il suo iter sostanzialmente immodificato,<br />

anche se alcuni pronunciamenti già facevano prefigurare <strong>la</strong> sua futura dubbia gestibilità («<strong>la</strong><br />

soluzione dei problemi di fondo viene demandata ai piani partico<strong>la</strong>reggiati», «il problema <strong>del</strong> porto<br />

turistico risulta accantonato», «sarebbe stato bene prospettare l’eventualità <strong>del</strong> trasferimento <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Italsider», «manchevoli, asfittiche e in buona parte improvvisate sono le soluzioni proposte dai progettisti»,<br />

«si assiste a un palese protezionismo discriminatorio tra attività pubbliche e private che<br />

operano nello stesso ambito portuale […]; quelle private operano e debbono operare, non possono<br />

43 Mi riferisco all’intervento <strong>del</strong> sindaco di Savona, Angelo Carossino, reperito nel verbale <strong>del</strong>l’assemblea degli amministratori<br />

<strong>del</strong> Piano <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> <strong>del</strong> 7 dicembre 1963.<br />

44 Vale a dire, nell’ordine: a) le <strong>del</strong>ibere nn. 79, 80 e 87 rispettivamente <strong>del</strong> 15, 18 e 20 aprile 1970, re<strong>la</strong>tive all’adozione<br />

<strong>del</strong> Piano <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong>; b) <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera n. 242 <strong>del</strong> 9 ottobre 1972, riferita al<strong>la</strong> richiesta al<strong>la</strong> Regione di autorizzazione<br />

per formare il <strong>piano</strong> <strong>del</strong>le aree per gli insediamenti produttivi; c) <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera n. 109 <strong>del</strong> 7 aprile 1973, in ordine<br />

alle controdeduzioni alle osservazioni sul Pris; d) <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera n. 69 <strong>del</strong> 23 aprile 1974, recante l’esame <strong>del</strong><strong>la</strong> situazione<br />

<strong>del</strong> Pris a seguito <strong>del</strong><strong>la</strong> decisione <strong>del</strong> Consiglio di Stato; e) <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera n. 28 <strong>del</strong> 10 febbraio 1975 di conferimento<br />

<strong>del</strong>l’incarico per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> Pris; f) <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera n. 68 <strong>del</strong> 14 marzo 1975 di adozione <strong>del</strong> Pris.<br />

13


di punto in bianco essere messe in contrasto con <strong>la</strong> destinazione di zona», e così via, in un crescendo<br />

di critiche tecniche che vedremo poi confermate all’atto <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale intermedia <strong>del</strong><br />

1990).<br />

Nel marzo 1973, tuttavia, il Consiglio di Stato invalidava l’adottabilità di uno strumento di pianificazione<br />

<strong>intercomunale</strong> al quale il Ministero aveva assegnato l’iter di un anno tra redazione e adozione,<br />

e a cui erano occorsi invece oltre otto anni per il perfezionamento <strong>del</strong><strong>la</strong> procedura, da un <strong>la</strong>to<br />

col risultato di privare <strong>la</strong> più parte dei comuni <strong>del</strong> comprensorio savonese di qualsivoglia strumentazione<br />

urbanistica (il <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong> aveva rappresentato appunto il primo atto di governo <strong>del</strong><br />

loro territorio), ma dall’altro offrendo l’occasione per cambiare le linee fondative <strong>del</strong> Pris: in una<br />

paro<strong>la</strong>, per rifarlo completamente; ma certo – così s’apprezza nel<strong>la</strong> discussione consiliare <strong>del</strong> 23 aprile<br />

1974 a Savona – giacché «l’esigenza di un’efficace salvaguardia <strong>del</strong> territorio è stata generalmente<br />

avvertita dai cittadini, dai consigli di quartiere, dalle associazioni e dalle organizzazioni sindacali»<br />

(è il sindaco Zanelli, a introdurre), «l’operato <strong>del</strong> Consiglio comunale può essere adeguatamente<br />

difeso solo chiedendo al<strong>la</strong> Regione l’immediata autorizzazione a redigere il <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong><br />

e adottandolo, non appena ricevuta detta autorizzazione, nel<strong>la</strong> configurazione definita nel maggio<br />

1973» (è il capo gruppo <strong>del</strong> Pci Noberasco a individuare <strong>la</strong> «linea»); ma altri non concordano,<br />

ritenendo che il Pris presentasse «carenze congenite che devono ora essere superate», e che occorresse<br />

dunque approfittare per «avviare lo studio <strong>del</strong> <strong>piano</strong> comprensoriale da coordinare con quello<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Val Bormida» (come si può constatare, ancora in alcune forze – non quelle <strong>del</strong><strong>la</strong> sinistra savonese,<br />

tuttavia – allignava l’interessante ipotesi depo<strong>la</strong>rizzante avanzata nel 1964 da Francesco Forte<br />

in rapporto al riversamento di quote <strong>del</strong> processo produttivo dal<strong>la</strong> piana savonese all’entroterra ligure/piemontese);<br />

ma l’operaismo è duro a morire: «i <strong>la</strong>voratori <strong>del</strong> porto si sono chiaramente pronunciati<br />

per <strong>la</strong> riadozione <strong>del</strong> Pris […]; sono da considerare pericolosi gli atteggiamenti che emergono<br />

dall’Ente autonomo <strong>del</strong> porto e dall’ordine degli ingegneri […]; è inaccettabile <strong>la</strong> proposta di procedere<br />

al<strong>la</strong> redazione di un nuovo <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong> […]; il coordinamento con <strong>la</strong> VaI Bormida<br />

non è condizione per definire un nuovo <strong>piano</strong>, ma viene perseguito nel<strong>la</strong> misura in cui i rapporti con<br />

le amministrazioni comunali interessate lo renderanno concretamente attuabile», e così via.<br />

Ma <strong>la</strong> critica più sostanziale (e condivisibile), avanzata nello scontro tra conservatori (demo/comunisti)<br />

e innovatori (tutti i «<strong>la</strong>ici») <strong>del</strong> Pris, resta comunque quel<strong>la</strong> concernente «le eluse finalità<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> legge, che vorrebbe il territorio <strong>del</strong> Pris una so<strong>la</strong> unità urbanistica disciplinata in modo<br />

razionale e integrale, con servizi il più possibile comuni o comunque armonizzati nell’ambito <strong>del</strong><br />

comprensorio, mentre questo <strong>piano</strong> è costituito da un semplice aggregato di sei piani rego<strong>la</strong>tori comunali<br />

a se stanti e indipendenti per ciascuno dei comuni che vi partecipano»; così come risulta vero<br />

il fenomeno col<strong>la</strong>terale denunciato – in partico<strong>la</strong>re riguardo al capoluogo – circa <strong>la</strong> drastica contrazione<br />

<strong>del</strong> processo di produzione edilizia: per ogni anno <strong>del</strong>l’arco temporale 1970/1972 rispettivamente<br />

481, 44 e 46 abitazioni con 1.832, 215 e 222 stanze 45 , al punto da far affermare al<strong>la</strong> minoranza<br />

(espressione anche <strong>del</strong><strong>la</strong> Camera di commercio, <strong>del</strong>l’Unione industriali e <strong>del</strong>l’ordine provinciale<br />

degli ingegneri) che «nell’intero settore urbanistico, e non soltanto a livello comunale, agiscono<br />

forze dotate di ampio potere, che strumentalizzano i piani rego<strong>la</strong>tori al fine di comprimere il settore<br />

<strong>del</strong>l’edilizia residenziale privata (al<strong>la</strong> quale fanno mancare le aree mercè ampie destinazioni a<br />

zone agricole per nul<strong>la</strong> giustificate) e mirano a favorire esclusivamente l’edilizia pubblica; si verifica<br />

però che quest’ultimo intento rimane quasi totalmente relegato nel campo <strong>del</strong>le intenzioni, e ciò<br />

perché mancano i fondi e gli strumenti operativi per i comuni che dovrebbero costruire sulle aree loro<br />

riservate dal<strong>la</strong> legge 167, col risultato che l’edilizia pubblica ha prodotto appena il 3% <strong>del</strong>le abitazioni<br />

ultimate lo scorso anno» 46 .<br />

<strong>Il</strong> risultato <strong>del</strong> dibattito, al di là di qualsivoglia argomentazione di merito, è scontato: ventisei contro<br />

nove per chiedere al<strong>la</strong> Regione l’autorizzazione a redigere il Pris e, ottenuta<strong>la</strong>, per riadottare il Pris<br />

tal quale al<strong>la</strong> versione inficiata dal Consiglio di Stato (comunisti e democristiani, quindi, contro so-<br />

45<br />

Cfr. in partico<strong>la</strong>re Unione Industriali di Savona, Supplemento al notiziario, n. 24, 31 dicembre 1972.<br />

46<br />

Si veda l’intervento <strong>del</strong> consigliere Luigi Minuto negli Atti <strong>del</strong><strong>la</strong> seduta <strong>del</strong> Consiglio comunale di Savona <strong>del</strong> 23 aprile<br />

1974.<br />

14


cialisti, socialdemocratici e repubblicani: quest’ultima aggregazione piuttosto propensa ad adottare<br />

il Pris «entro quindici giorni» in qualità di variante al vigente <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> di Savona, e a richiedere<br />

al<strong>la</strong> Regione l’autorizzazione per redigere un nuovo «<strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong>, rispondente<br />

alle urgenze economiche <strong>del</strong> comprensorio e ispirato a certezze univoche e non contraddittorie,<br />

in stretto collegamento con l’adozione di analogo coordinato strumento urbanistico riguardante<br />

<strong>la</strong> val Bormida […], in modo da poter realmente raggiungere una programmazione territoriale che<br />

corrisponda alle naturali e interdipendenti vocazioni dei due comprensori»).<br />

Ed ecco allora che, ottenuta l’autorizzazione regionale 47 , <strong>la</strong> decisione propendeva verso un <strong>piano</strong><br />

fatto in casa, rimediato in qualche modo affinché non si discostasse di molto dal «Pris per antonomasia»<br />

<strong>del</strong> ‘70 e tutto imbellettato negli uffici <strong>del</strong><strong>la</strong> neonata Sezione urbanistica comprensoriale 48 ;<br />

dal febbraio al marzo 1975, quindi, nei soli trentadue giorni decorrenti dall’incarico (all’architetto<br />

capo comunale di Savona) di redazione <strong>del</strong> Pris fino al<strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera <strong>del</strong><strong>la</strong> sua adozione, il <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong><br />

resuscitava, e non solo: vi si poteva constatare anche un’ottima propensione al velocismo<br />

(«<strong>la</strong> regione Liguria aveva assegnato tre anni per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> <strong>piano</strong>, e lo stesso è stato definito<br />

in soli sei mesi), una marcata attitudine autonomistica («si conferma così <strong>la</strong> validità <strong>del</strong> potere locale<br />

nei confronti di una decisione non giusta <strong>del</strong> Consiglio di Stato») e, per contro, un pizzico di contrappeso<br />

statalistico («gli obiettivi scelti potranno essere coerentemente conseguiti se verrà attuata<br />

quel<strong>la</strong> ripresa <strong>del</strong><strong>la</strong> spesa pubblica sul<strong>la</strong> quale hanno concordemente insistito le autorità locali negli<br />

ultimi anni»); e così – quasi trionfalisticamente – il 14 marzo 1975 veniva adottato un progetto di<br />

Pris nel quale l’apparato analitico era rappresentato da sole sei tavole di cui una nel rapp. 1/100.000<br />

(il convenzionale «Schema d’inquadramento territoriale»), due al 10.000 («Insediamenti e proprietà»<br />

e «Vincoli ambientali») e le ultime tre al 5.000 (due approfondimenti dei 10.000, e gli «Insediamenti<br />

e infrastrutture»), oltre all’azzonamento e al<strong>la</strong> viabilità di progetto (al 10.000 e 5.000), a<br />

una scarna re<strong>la</strong>zione illustrativa e alle norme d’attuazione.<br />

Per ultimo adempimento, le controdeduzioni (ma non così velocemente: adottato il Pris nel marzo<br />

1975, il Comitato tecnico urbanistico <strong>del</strong><strong>la</strong> Regione Liguria proponeva le sue modifiche d’ufficio<br />

nel luglio 1976 e il Consiglio comunale savonese controdeduceva al<strong>la</strong> Regione il 7 gennaio 1977);<br />

ma, al di là <strong>del</strong>l’atteggiamento trionfalistico <strong>del</strong>l’Amministrazione, qualche fastidio sembrò affligger<strong>la</strong><br />

– inflitto da una Sede, sovraordinata al controllo urbanistico come il Ctu, non partico<strong>la</strong>rmente<br />

acquiescente al peso politico <strong>del</strong><strong>la</strong> «città operaia» – talché <strong>la</strong> Giunta savonese avrebbe «preferito da<br />

parte <strong>del</strong><strong>la</strong> Regione un atteggiamento meno inteso a darsi carico di una serie di puntualizzazioni<br />

[…] che forse potevano essere ri<strong>la</strong>sciate all’autonomia e al senso di responsabilità dei Comuni», al<br />

punto che «un atteggiamento che si fosse soffermato su alcuni, pochi punti nodali sarebbe stato<br />

maggiormente apprezzato» 49 .<br />

E, d’altra parte, non era forse giustificata <strong>la</strong> prescrizione regionale di estendere <strong>la</strong> pianificazione esecutiva<br />

– per dirne una – all’intero perimetro di ogni zona R (di «ristrutturazione») ed SR (di «sistemazione<br />

e ristrutturazione»), posto che <strong>la</strong> talmente accentuata commistione tra funzioni e lotti edificati<br />

e liberi, e <strong>la</strong> più assoluta assenza di analisi quantitative sull’effettiva grandezza <strong>del</strong> patrimo-<br />

47<br />

Espressa con <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> Consiglio regionale ligure n. 83 <strong>del</strong> 17 luglio 1974, <strong>la</strong> quale disponeva <strong>la</strong> formazione<br />

<strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> <strong>intercomunale</strong> <strong>del</strong> comprensorio savonese confermando che esso coincideva col territorio dei comuni<br />

di Albiso<strong>la</strong> Superiore, Albisso<strong>la</strong> Marina, Bergeggi, Quiliano, Savona, Vado Ligure, e che fosse ancora il comune<br />

di Savona a provvedere a tale formazione.<br />

48<br />

Con <strong>la</strong> <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> consiglio comunale di Savona n. 28 <strong>del</strong> 10 febbraio 1975 veniva incaricato il Capo ripartizione<br />

urbanistica e pianificazione territoriale di «dare immediato avvio al<strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> Pris e provvedere, per quanto<br />

concerne il comune di Savona, all’adeguamento <strong>del</strong> vigente Prg al nuovo <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong> […], il quale si avvarrà<br />

<strong>del</strong> personale dipendente <strong>del</strong><strong>la</strong> Ripartizione stessa»; e, siccome veniva argomentato che tali prestazioni «eccedono i<br />

compiti d’istituto e richiedono un impegno oltre al normale orario d’ufficio», veniva riconosciuto all’architetto Enzo<br />

Dalmasso un compenso forfettario da corrispondersi «entro tre mesi dall’avvenuta adozione da parte <strong>del</strong> Consiglio comunale»;<br />

ora, siccome <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera di adozione <strong>del</strong> Pris veniva assunta il 14 marzo 1975, chi scrive non può che segna<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> sorprendente efficacia di quel Capo ripartizione nell’essere riuscito in soli trentadue giorni, avvalendosi poi di personale<br />

pubblico, a redigere un Pris anche adeguandovi il Prg.<br />

49<br />

Cfr. <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione <strong>del</strong>l’assessore all’urbanistica di Savona, arch. Moras, contenuta nel<strong>la</strong> <strong>del</strong>iberazione di consiglio comunale<br />

n. 1 <strong>del</strong> 7 gennaio 1977.<br />

15


nio edilizio e sugli indici derivanti, di fatto ingeneravano un’inaccettabile discrezionalità dei parametri<br />

d’intervento 50 ?<br />

Ma non si trattava per nul<strong>la</strong> di questioni di «tecnica urbanistica», e sul punto risultò chiarissimo il<br />

capogruppo <strong>del</strong> Pci Scardaoni (che, successivamente, assurgerà all’empireo senatoriale), secondo il<br />

quale «i piani rego<strong>la</strong>tori non sono mai dei disegni perfetti, ma sono dei momenti politici d’incontro<br />

e mediazione tra le varie forze sociali che agiscono sul territorio», aggiungendo: «chi ha vissuto tutta<br />

questa lunga e travagliata vicenda non poteva accettare che alcune persone, indubbiamente qualificate<br />

e preparate ma che non affondano <strong>la</strong> loro preparazione e <strong>la</strong> loro conoscenza nel<strong>la</strong> realtà savonese<br />

– non quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> territorio, facilmente acquisibile, ma quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>le componenti sociali, <strong>del</strong>le<br />

forze politiche, <strong>del</strong> dibattito culturale che intorno al <strong>piano</strong> si è svolto – potessero avanzare tutta una<br />

serie di osservazioni», anche se «tutte legittime, intendiamoci» ma tuttavia tali, ancora secondo il<br />

capogruppo <strong>del</strong> Pci Scardaoni, per cui «il modo di <strong>la</strong>vorare <strong>del</strong>lo stesso Comitato tecnico urbanistico<br />

dovrebbe con ogni probabilità essere rivisto dal<strong>la</strong> Regione […] senza menomare l’esigenza di un<br />

momento di verifica tecnico-culturale di questo tipo, ma senza dare a questo momento dei poteri<br />

sovrastanti nei confronti di organi politici e di consigli comunali che rispondono nei confronti<br />

<strong>del</strong>l’opinione pubblica».<br />

Non si può che rinviare, in questa sede, al<strong>la</strong> lettura <strong>del</strong>le quattordici schede controdeduttive 51 ricordando<br />

come – in realtà – il rimpallo tra il comune di Savona e <strong>la</strong> regione Liguria deponesse senza<br />

dubbio a favore <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda: uno strumento urbanistico generale di crivello grosso<strong>la</strong>no come il<br />

Pris non poteva che attrarsi il contraccolpo c<strong>la</strong>ssico <strong>del</strong>l’obbligo di <strong>piano</strong> esecutivo esteso ad ambiti<br />

assai vasti, stante l’eccessiva incertezza e/o discrezionalità <strong>del</strong> disposto adottato e <strong>la</strong> necessità che,<br />

in sede approvativa, <strong>la</strong> regione rimediasse (nell’esercizio <strong>del</strong> potere di vigi<strong>la</strong>nza urbanistica) sul<strong>la</strong><br />

base <strong>del</strong>l’unico strumento tute<strong>la</strong>torio conosciuto (il rinvio al<strong>la</strong> pianificazione esecutiva, appunto), a<br />

meno di respingere il <strong>piano</strong> al suo mittente con <strong>la</strong> prescrizione di un rifacimento a maglia più minuta<br />

(avvenimento tuttavia impensabile per via <strong>del</strong> peso politico <strong>del</strong>l’interlocutore savonese); in tale<br />

ottica debbono leggersi, tra l’altro:<br />

a) <strong>la</strong> prescrizione di un unico <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato per tutte le zone insediative al<strong>la</strong> foce <strong>del</strong> torrente<br />

Letimbro (corso d’acqua che effettivamente reseca il capoluogo in due bacini mal re<strong>la</strong>zionati,<br />

e che invece avrebbe potuto fungere da connettivo urbano rispetto a entrambe le sponde, in quel<br />

punto assai distanti) e per le zone balneari, formando una sorta di T rovesciata con le ali rappresen-<br />

50 Lo denunciava in partico<strong>la</strong>re l’avv. Giovanni Russo, capogruppo consiliare <strong>del</strong><strong>la</strong> D.C.: «nelle zone S ed SR noi abbiamo<br />

un indice territoriale che dev’essere ovviamente rispettato, abbiamo però anche una certa compromissione <strong>del</strong><br />

territorio per cui l’indice effettivamente realizzabile va stabilito caso per caso in rapporto all’edificazione già realizzata;<br />

è chiaro che, se si procede edificando caso per caso, diventa estremamente difficile stabilire quale sia <strong>la</strong> volumetria realizzabile<br />

in rapporto a una singo<strong>la</strong> area libera sul<strong>la</strong> quale un privato intenda costruire, perché questo rapporto non può<br />

essere stabilito attraverso un indice fondiario che non c’è ma dev’essere stabilito per differenza rispetto al<strong>la</strong> volumetria<br />

realizzata, e non è neppure accettabile l’ipotesi che il primo che intenda costruire sfrutti per ipotesi tutta <strong>la</strong> volumetria<br />

ancora disponibile in rapporto a una certa zona. La Regione come ha inteso risolvere questo problema? Nel modo più<br />

semplice e più immediato: fate dei piani attuativi che riguardino l’intera zona, perché in questa sede potete calco<strong>la</strong>re<br />

quanto è già stato costruito, qual’è <strong>la</strong> volumetria ancora disponibile, e <strong>la</strong> potete distribuire nel modo più razionale […];<br />

in altre parole <strong>la</strong> Regione ha aperto un problema che esiste, e anche se ha indicato un rimedio discutibile, nel momento<br />

in cui le si risponde ‘questo vostro rimedio è discutibile, non lo accettiamo’, si doveva proporre un rimedio diverso e alternativo».<br />

Ma <strong>la</strong> maggioranza insisteva: «l’art. 13 dà <strong>la</strong> facoltà al Consiglio comunale, fino a quando non siano predisposti<br />

i piani partico<strong>la</strong>reggiati, di ammettere piani esecutivi consensuali, non estesi necessariamente all’intera zona: noi<br />

ci troviamo d’accordo nell’aver voluto insistere per <strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione originaria, in quanto è impensabile in primo luogo<br />

voler impedire ai comuni un certo potere discrezionale sul<strong>la</strong> gestione <strong>del</strong> territorio già edificato, vinco<strong>la</strong>ndoli al<strong>la</strong> sistematica<br />

dotazione di piani esecutivi estesi all’intera zona […] e in secondo luogo è criticabile il metodo pianificatorio<br />

suggerito dal Comitato tecnico urbanistico <strong>del</strong><strong>la</strong> Regione Liguria in quanto tutti conoscono i limiti dei piani esecutivi,<br />

dovuti soprattutto al<strong>la</strong> complessità <strong>del</strong><strong>la</strong> procedura di formazione nonché allo sfasamento rispetto agli interventi che ogni<br />

comune si propone nel breve periodo» (cfr. l’intervento <strong>del</strong> capogruppo socialista Longhi, contenuto negli Atti in<br />

nota 35); un altro intervento di minoranza riusciva tuttavia a percepire <strong>la</strong> rottura avvenuta con <strong>la</strong> Regione: «pensavamo<br />

che le valutazioni fatte nel<strong>la</strong> precedente stesura fossero condivise dagli organi regionali per il lungo contatto che si era<br />

stabilito nel tempo tra gli organi preposti al <strong>piano</strong> e gli organi centrali; questo non è avvenuto»).<br />

51 Si vedano gli allegati al<strong>la</strong> <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> consiglio comunale di Savona n. 1 <strong>del</strong> 7 gennaio 1977.<br />

16


tate dal filo costiero, e il tronco dal Letimbro; quanto al<strong>la</strong> cosiddetta «strada di scorrimento», il suo<br />

progetto di dettaglio avrebbe dovuto essere contenuto nei piani esecutivi <strong>del</strong>le zone che vi gravitavano;<br />

b) <strong>la</strong> prescrizione di un unico <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato esteso a ogni zona CR di «conservazione e risanamento»<br />

(assimi<strong>la</strong>bile alle zone A ex Dim. 1444/1968), tranne che per le CR 7 e 8 (rispettivamente<br />

<strong>la</strong> Savona ottocentesca e quel<strong>la</strong> medioevale, nelle quali <strong>la</strong> sub-pianificazione avrebbe potuto<br />

avere luogo nel primo caso tramite indistinti «strumenti esecutivi coordinati tra loro» e, nel secondo,<br />

sul<strong>la</strong> base di una bipartizione);<br />

c) <strong>la</strong> prescrizione di un unico <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato esteso a ogni zona R ed SR di «ristrutturazione»<br />

e di «sistemazione e ristrutturazione») giacché – trattandosi sostanzialmente di zone B ex Dim.<br />

1444/1968, con un accentuato peso insediativo preesistente e una rilevante commistione funzionale<br />

– non avrebbe potuto che assumersi il principio per il quale «<strong>la</strong> volumetria realizzabile, e quindi <strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione insediabile per ciascuna zona. è esclusivamente quel<strong>la</strong> che risulterà dall’applicazione<br />

<strong>del</strong>l’indice di zona all’intera superficie <strong>del</strong><strong>la</strong> zona stessa», rinviando al momento <strong>del</strong><strong>la</strong> formazione<br />

dei singoli piani <strong>la</strong> verifica più puntuale <strong>del</strong><strong>la</strong> «entità e attendibilità degli interventi, consistenti nello<br />

ipotizzare riduzioni volumetriche, anche con riferimento alle caratteristiche qualitative e al<strong>la</strong> funzionalità<br />

<strong>del</strong> patrimonio edilizio esistente», e rinviando altresì a tale sede anche «<strong>la</strong> distribuzione<br />

spaziale dei servizi e <strong>la</strong> loro attribuzione ai fini <strong>del</strong> calcolo degli oneri di urbanizzazione»;<br />

d) <strong>la</strong> prescrizione di ridurre per le zone Ag («agricole tradizionali») l’indice di fabbricabilità da 0,03<br />

a 0,01 mc/mq in tutte le aree a bosco d’alto fusto, con obbligo di predisporre entro un anno dal<strong>la</strong><br />

approvazione <strong>del</strong> Pris l’inventario dei beni esistenti nel territorio non urbanizzato e le re<strong>la</strong>tive norme<br />

di tute<strong>la</strong> (il che non ebbe successivamente luogo);<br />

e) <strong>la</strong> prescrizione di ricorrere all’obbligo di strumenti attuativi per tutte le zone I («industriali») e, in<br />

partico<strong>la</strong>re, di un unico strumento per l’intera zona di Legino a Savona (ove questo non risultasse<br />

un Piano partico<strong>la</strong>reggiato ma fosse stata prescelta <strong>la</strong> modalità <strong>del</strong> Piano per gli insediamenti produttivi,<br />

erano ammessi al massimo due Pip con Pp per <strong>la</strong> restante parte), occupando so<strong>la</strong>mente gli<br />

spazi pedecollinari;<br />

f) <strong>la</strong> prescrizione di inserimento <strong>del</strong> progetto <strong>del</strong> sistema portuale come variante integrativa <strong>del</strong><br />

Pris, attuando<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> base di piani partico<strong>la</strong>reggiati estesi anche alle aree demaniali;<br />

g) <strong>la</strong> prescrizione di ubicare gli standard dentro le zone F («per servizi generali») ed «S cerchiato»<br />

ammettendo tuttavia che, in presenza di <strong>piano</strong> esecutivo, potesse venire «modificata <strong>la</strong> distribuzione<br />

<strong>del</strong>le suddette aree senza che ciò costituisca variante» al Pris, e nel cui ambito «gli edifici re<strong>la</strong>tivi ai<br />

servizi anzidetti si considerano privi di cubatura», senza comunque concedere nessuna «possibilità<br />

di considerare privi di cubatura eventuali ampliamenti di edifici alberghieri esistenti»;<br />

h) <strong>la</strong> prescrizione per cui, «ai fini <strong>del</strong>l’asservimento di aree per nuove costruzioni, non può essere<br />

considerata <strong>la</strong> superficie già asservita agli edifici esistenti secondo <strong>la</strong> normativa vigente al momento<br />

in cui gli edifici stessi furono autorizzati (omissis)», oltre al fatto che «<strong>la</strong> possibilità di asservimento<br />

di lotti non contigui può essere consentita soltanto per le zone agricole tradizionali».<br />

<strong>Il</strong> risultato, tuttavia, ancorché formalmente rispettoso <strong>del</strong>le prescrizioni regionali risultava un pasticcio<br />

nell’ottica gestionale: gigantistico e destinato all’immobilismo (così come in effetti avvenne<br />

dall’approvazione <strong>del</strong> 1977 all’adozione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale intermedia <strong>del</strong> 1990), vien quasi da<br />

pensare a una sorta di duetto «tra Roberto e il diavolo», tra <strong>la</strong> Regione e i comuni <strong>del</strong> Pris per avviare<br />

solo i Piani per l’edilizia economica popo<strong>la</strong>re e gli apparati <strong>del</strong><strong>la</strong> grande industria: così, almeno, è<br />

nei fatti di questo <strong>piano</strong> dal socialismo reale, i cui autori potrebbero apparire dei dilettanti allo sbaraglio<br />

se non vi fosse stata, invece, <strong>la</strong> regia <strong>del</strong> grande burattinaio <strong>del</strong>l’approssimazione collettiva.<br />

5. La natura e il merito <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia <strong>del</strong> Pris<br />

5.1. La Variante «intermedia» come ponte di revisione parziale verso i nuovi piani rego<strong>la</strong>tori generali<br />

dei comuni <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong><br />

17


Abbiamo richiamato sopra le grandi aspettative di vero e proprio scioglimento <strong>del</strong> Pris, sottese alle<br />

schermaglie procedurali che avevano caratterizzato gli ultimi due anni prima <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione e adozione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia <strong>del</strong> Pris: dal<strong>la</strong> sua scadenza decennale nel 1987 agli affidamenti degli<br />

incarichi nel 1989, i veti incrociati sul nominativo <strong>del</strong> coordinatore unico non sembravano tradire<br />

altro che una profonda volontà da parte di tutti i comuni (tranne, forse, il capoluogo, ma più per<br />

nostalgia ideologica di egemonia territoriale che per vera e propria vocazione all’intercomunalità) di<br />

sciogliere il «mefitico abbraccio» assemblearistico addivenendo all’autonoma pianificazione comunale<br />

– pur (e, anzi, a maggior ragione) coordinata dagli strumenti sovraordinati in divenire, <strong>piano</strong><br />

paesistico e <strong>piano</strong> di coordinamento <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong>-Bormide compresi – e tuttavia senza che nessun<br />

comune osasse <strong>del</strong>iberare apertamente che il re era nudo, che il Pris era da sciogliere e che il coordinatore<br />

tecnico <strong>del</strong><strong>la</strong> revisione decennale non avrebbe potuto essere nominato se prima non fossero<br />

state stabilite le garanzie liberatorie <strong>del</strong>l’abbraccio.<br />

Per lunghi mesi pertanto, nel corso di defatiganti sessioni <strong>del</strong><strong>la</strong> Conferenza comprensoriale <strong>del</strong> Pris,<br />

il nodo <strong>del</strong> coordinamento tecnico aveva rappresentato un ostacolo insormontabile fino al<strong>la</strong> forzatura<br />

<strong>del</strong>l’89, sul<strong>la</strong> cui base l’assessore savonese (il repubblicano Brunetti, una figura di <strong>la</strong>ico e tenacissimo<br />

avvocato «risorgimentale» più avvezzo all’empiria che ai meandri togliattiani <strong>del</strong>le sinistre<br />

savonesi) aveva incaricato il capo settore all’urbanistica Franca Benfereri (allora facente funzione, e<br />

perciò coraggiosa nell’accettare l’onere in tale tumultuosa situazione) di coordinare informalmente i<br />

singoli professionisti incaricati dai comuni, chiedendo a chi scrive di prestare consulenza metodologica<br />

a Savona e a tutto il Pris per l’approntamento di una «variante intermedia», un ponte verso <strong>la</strong><br />

vera e propria revisione generale da redigersi sotto specie di piani comunali una volta che il Pris<br />

fosse stato traghettato al<strong>la</strong> sua fine; e, d’altra parte, l’irrespirabilità <strong>del</strong>l’aria veniva denunciata anche<br />

dall’Inu (si veda sul n. 106 di Urbanistica lnformazioni: «L’unico <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong> vigente<br />

si presenta al<strong>la</strong> scadenza con connotati fortemente invecchiati e poco efficace sul terreno <strong>del</strong><strong>la</strong> operatività<br />

<strong>del</strong>l’attuazione. Per il forte sviluppo <strong>del</strong><strong>la</strong> domanda di riqualificazione <strong>del</strong>l’esistente e di abbandono<br />

<strong>del</strong>le espansioni emergono interrogativi sull’utilità di un apparato di coordinamento quale<br />

il <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong>, visto come appesantimento decisionale e procedurale. <strong>Il</strong> vero problema risiede<br />

probabilmente in forme di governo unitarie, per progetti e per problemi, tramite agenzie o associazioni<br />

che però, nell’attuale contesto politico-istituzionale, non sono praticabili»).<br />

In realtà, sembrava (e continua a sembrare) a chi scrive che le fondamentali sofferenze <strong>del</strong> Piano <strong>intercomunale</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>Savonese</strong> fossero in buona sostanza di tre tipi: i) il Pris era talmente elementare e<br />

rozzo, nel suo apparato attuativo, da non riuscire neanche lontanamente ad ammettere che un qualche<br />

processo di mutamento fosse in atto (e, quindi, avevo proposto all’Amministrazione savonese –<br />

tuttavia, in periodi non maturi – di cominciare ad allestire da subito un Osservatorio dei fenomeni<br />

strutturali 52 in grado di agevo<strong>la</strong>re l’Ente locale nel circuito quantificazione/interpretazione/governo<br />

<strong>del</strong>le dinamiche, in tempo reale e nell’ottica di un vero e proprio monitoraggio urbanistico, così da<br />

condurre l’attività di revisione <strong>del</strong> Pris sul<strong>la</strong> base di fondamenti condivisi e minimizzando il conflitto<br />

«ideologico» fin’allora invalso tra i colori diversi dei comuni componenti); ii) il Pris soffriva inoltre<br />

di un’inenarrabile rigidità <strong>del</strong>le destinazioni d’uso <strong>del</strong> suolo: l’impossibilità (e, forse, una vera<br />

e propria indifferenza) di assumere processualmente l’informazione più opportuna 53 insieme al<strong>la</strong><br />

stessa struttura tecnica di <strong>piano</strong>, così immobilizzata dallo zoning 54 , impedivano qualunque modalità<br />

52 Cfr. <strong>la</strong> «Re<strong>la</strong>zione illustrativa» al<strong>la</strong> Variante generale intermedia 1990 <strong>del</strong> Pris, in partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> p. 2.<br />

53 Proprio a seguito di questa mia strana sensazione da vox c<strong>la</strong>mans in deserto, avevo scritto nel 1993 «Informazione disinformazione<br />

<strong>piano</strong>: percorsi possibili di teoria dei Sit» in Territorio, n. 16, pp. 123-132.<br />

54 Si figuri addirittura il lettore che – pur non considerando <strong>la</strong> disciplina invalente negli altri comuni componenti <strong>del</strong> Pris<br />

– a vedere l’estensione degli spazi assoggettati al<strong>la</strong> pianificazione esecutiva nel solo capoluogo si poteva constatare <strong>la</strong><br />

follia urbanistica di:<br />

a) una rozzissima bipartizione <strong>del</strong>l’aggregato storico centrale savonese in due sole macrozone di «conservazione e risanamento»:<br />

l’addizione ottocentesca denominata CR 7, pari addirittura a 29,15 ha con una cosiddetta «popo<strong>la</strong>zione insediabile»<br />

di 10.672 abitanti, e le cui parti «residuate» al <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato di Oltreletimbro – quello adottato già nel<br />

1975 e in virtù <strong>del</strong> quale furono realizzate le orrende torri vetrate cosiddette «Ammiraglie» a ridosso <strong>del</strong><strong>la</strong> pregiata ortogonalità<br />

piemontese – avrebbero dovuto essere sottoposte a non meglio identificabili «strumenti esecutivi coordinati<br />

18


d’adattamento al mondo reale in trasformazione; iii) il Pris soffriva, infine, <strong>del</strong> vizio storico degli<br />

anni ‘70, l’applicazione meccanicistica <strong>del</strong> Dim. 1444/1968 attraverso un’eccessiva enfatizzazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> monofunzionalità <strong>del</strong>le zone omogenee, peraltro trascinatasi trionfalmente fino all’oggi come<br />

fosse ancora possibile ritenere, soprattutto dentro gli agglomerati urbani consolidati, che – metti caso<br />

<strong>la</strong> residenza e solo <strong>la</strong> residenza – sia ammissibile e/o richiesta dall’utenza sociale e non, per contro,<br />

una pluralità di destinazioni compatibili, ossia liberamente tutti i caratteri distintivi di una società<br />

complessa, stratificata, artico<strong>la</strong>ta come si configura l’attuale.<br />

Così, anche al<strong>la</strong> pur sommaria scorsa a volo d’uccello sul<strong>la</strong> carta <strong>del</strong>le zone omogenee di Pris le<br />

parti di suolo monodestinate apparivano troppo estese, e <strong>la</strong> normativa era compressa in una gabbia<br />

difensiva e paralizzante – frutto più di una cultura <strong>del</strong> diniego che d’una (oggi partico<strong>la</strong>rmente necessaria,<br />

e anzi invocata da più parti) prassi processuale di governo <strong>del</strong> cambiamento urbano e di<br />

contemperazione degli interessi pubblici e privati 55 –, per non dire poi <strong>del</strong> palingenetico mito <strong>del</strong>lo<br />

tra loro, con quello già adottato e con i piani esecutivi <strong>del</strong><strong>la</strong> zona CR8»; e quest’ultima, corrispondente all’intero aggregato<br />

medioevale per ben 12,10 ha, con 2.800 abitanti insediabili e una inspiegabile cesura rispetto al<strong>la</strong> fortezza <strong>del</strong><br />

Priamar e al porto vecchio, <strong>la</strong> prima inaccettabilmente rinserrata nelle zone F <strong>del</strong> fronte a mare e il secondo coinvolto<br />

dal <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> portuale, nonostante il suo carico di storia e addirittura preordinando al<strong>la</strong> demolizione il cospicuo<br />

tessuto residenziale <strong>del</strong> borgo di via Chiodo;<br />

b) un’altrettanto rozza quadripartizione <strong>del</strong> patrimonio edilizio, assimi<strong>la</strong>bile alle zone B consolidate, in quattro megaperimetri<br />

tracciati al<strong>la</strong> bell’e meglio (senza, cioè, derivarli da una cartografia analitica giustificante) e, rispettivamente,<br />

<strong>la</strong> R4 (R sta per «ristrutturazione») di 8,88 ha e 11.776 insediabili, <strong>la</strong> R5 di 5,22 e 1.044, <strong>la</strong> R6 di 13,71 e 4.113, <strong>la</strong> R7 di<br />

19,06 e 5.719, all’insegna <strong>del</strong><strong>la</strong> più assoluta arbitrarietà <strong>del</strong>l’assoggettamento agli strumenti esecutivi per cui, tranne <strong>la</strong><br />

R5 da comprendersi in unico strumento, per le altre il riferimento generico era il «gruppo di iso<strong>la</strong>ti» a superficie minima<br />

di 400 mq;<br />

c) assai maggiore, ma <strong>del</strong> tutto cervellotica, l’identificazione <strong>del</strong>le zone SR di «sistemazione e ristrutturazione» che,<br />

rappresentando gli spazi di recente urbanizzazione con ulteriore capacità insediativa (nei lotti interclusi o nei margini di<br />

zona arbitrariamente al<strong>la</strong>rgati), variavano – in numero di quattordici – dal<strong>la</strong> più picco<strong>la</strong> SR6, di 5,29 ha e 1.058 insediabili,<br />

alle maggiori SR9 (26,00 e 5.200) ed SR11 (30,30 e 3.030), con parametri edilizi a prima vista incomprensibili, dai<br />

5 ha di estensione minima <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione esecutiva fino all’obbligo di coinvolgimento di un’intera zona;<br />

d) una sostanziale preponderanza <strong>del</strong>l’edilizia economico-popo<strong>la</strong>re nelle zone S «semintensive»: su sette, addirittura<br />

quattro a Peep nelle località Legino, Chiappino, Mongrifone e Lavaro<strong>la</strong>, sulle quali non vale tuttavia <strong>la</strong> pena di infierire<br />

stante <strong>la</strong> generalizzata cattiva qualità di tutta l’informe periferia italiana;<br />

e) due sole zone «estensive» (a fronte <strong>del</strong>l’ampia loro artico<strong>la</strong>zione in tutto il restante comprensorio savonese: ma, è noto,<br />

l’ideologismo <strong>del</strong> Pris trovava modo di contraddistinguersi anche in tal caso, abdicando all’intervento privato a favore<br />

di un’edilizia pubblica diffusamente spalmata); si tratta anche qui di zone ampie, configurandosi <strong>la</strong> E13 per 19 ha unitariamente<br />

pianificabili e <strong>la</strong> E14 per 28,30 ha con <strong>piano</strong> esecutivo minimo non inferiore a 10 ha;<br />

f) sei zone industriali, tutte a unico <strong>piano</strong> esecutivo di cui <strong>la</strong> più estesa, di 123 ha, coinvolgeva su 43,15 ha il Pip approvato<br />

nel 1977, mentre le restanti variavano dal<strong>la</strong> minuzia <strong>del</strong><strong>la</strong> I24 (per meno di un ettaro) al<strong>la</strong> I27 per 4,10 ha;<br />

g) le due gigantesche F27 ed F33 che, nel<strong>la</strong> velleitaria intenzione di riassumere in due bacini rispettivamente di 280 e 49<br />

ha tutto il fabbisogno comprensoriale di parchi, e pur lodevolmente localizzate a monte <strong>del</strong>le ultime propaggini urbanizzate<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> corona collinare, in maniera da comprimere <strong>la</strong> diffusione insediativa, trascorso il quinquennio di vigenza <strong>del</strong><br />

vincolo senza procedere all’esproprio erano decadute ingenerandosi così un notevole contenzioso da parte dei proprietari,<br />

i quali intendevano lucrare l’edificabilità <strong>del</strong>le zone agricole tradizionali (Ag, pari a 0,03 mc/mq) ritenendosi inefficace<br />

il vincolo originario.<br />

55 Figuriamoci che – attraverso una normativa partico<strong>la</strong>rmente arbitraria e discrezionale (tale, cioè, da coprire le vistose<br />

falle analitiche dei limiti spaziali di Pris e <strong>del</strong> dimensionamento derivante) – si giungeva a prescrivere che «i singoli<br />

comuni <strong>del</strong>iberano le variazioni eventualmente necessarie per riportare <strong>la</strong> capacità insediativa prevista dal Pris a quel<strong>la</strong><br />

effettivamente in atto nelle singole zone R ed SR, nonché le altre variazioni di competenza» (c. 2, art. 6), sicché v’è da<br />

concludere – come poi in effetti chi scrive constatò personalmente – che <strong>la</strong> cosiddetta «popo<strong>la</strong>zione insediabile» identificata<br />

nelle Tabelle di <strong>piano</strong>, per esempio per le zone R di completamento mediante «ristrutturazione», era sottodimensionata<br />

e non corrispondeva neanche a quel<strong>la</strong> residente all’adozione di Pris; addirittura massima era poi l’arbitrarietà re<strong>la</strong>tiva<br />

alle aree per servizi pubblici, intanto mai puntualmente localizzate e, poi, tali per cui veniva illegittimamente<br />

proiettato sul<strong>la</strong> pianificazione esecutiva il potere esclusivo <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione generale, l’apposizione puntuale dei vincoli,<br />

oltre all’ulteriore aberrazione di considerare «immateriali» gli immobili corrispondenti: così, infatti, ammetteva il<br />

c. 2 <strong>del</strong>l’art. 23 («i fabbricati degli enti pubblici territoriali adibiti a pubblici servizi sono da considerarsi in ogni caso<br />

privi di cubatura)», all’unisono con l’altra aberrazione che soavemente disponeva: «nelle zone residenziali, in sede di<br />

<strong>piano</strong> esecutivo, può essere modificata <strong>la</strong> distribuzione <strong>del</strong>le aree “S cerchiato” senza che ciò costituisca variante al<br />

Pris»; altra per<strong>la</strong> di Labuan è <strong>la</strong> farneticante excusatio non petita <strong>del</strong>l’art. 18: «Anche le zone agricole, suddivise in zone<br />

agricole tradizionali e zone agricole di protezione naturale, sono soggette a un vincolo sul<strong>la</strong> fabbricazione rappresentato<br />

19


strumento esecutivo, a cui sempre si ricorreva per estensioni di zona gigantesche (al punto che neanche<br />

uno di tali piani decollò, immobilizzando per trent’anni <strong>la</strong> città senza ricorso all’istituto <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

concessione semplice o al più convenzionata); venivano poi poste a chi scrive, all’atto <strong>del</strong> suo incarico<br />

di consulenza, questioni urgenti di riuso <strong>del</strong> patrimonio edilizio in atto, di riconduzione a miglior<br />

forma e struttura urbana di un agglomerato assai poco qualificato, di reperimento di tutti i servizi<br />

pubblici pregressi (il cui vincolo risultava decaduto per decorrenza <strong>del</strong> quinquennio nell’intero<br />

territorio <strong>del</strong> Pris), di revisione critica di un apparato normativo troppo tarato sul controllo di fenomeni<br />

lontani.<br />

Certo, se non fosse invalsa una cultura reciproca di veti tra i comuni di corona e il capoluogo riguardo<br />

all’opzione «scioglimento vs. stentata sopravvivenza comprensoriale», se fosse stato incaricato<br />

un solo urbanista (o gruppo di urbanisti) per l’intero comprensorio e non, come avvenne, un<br />

professionista per comune, se fosse stato quindi possibile percorrere tutti i passi canonici <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnica<br />

urbanistica, <strong>la</strong> revisione <strong>del</strong> Pris avrebbe potuto essere preceduta da un quadro di conoscenza<br />

sostanziosa, da un bagaglio di obiettivi artico<strong>la</strong>ti, da una coscienza <strong>del</strong>le quantità in gioco e <strong>del</strong>le<br />

decisioni necessarie; ma in realtà per tutto ciò non v’era tempo, anche perché molto ne era stato<br />

sprecato nei due anni <strong>del</strong><strong>la</strong> «vigenza di Bisanzio» (siamo, non dimentichiamolo, nel 1989, un biennio<br />

dopo <strong>la</strong> scadenza <strong>del</strong> Pris; e ancora i nodi principali non sembravano affatto sciolti); e, soprattutto,<br />

era stata sprecata l’occasione <strong>del</strong><strong>la</strong> verifica decennale, prescritta dall’art. 1 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. n. 7/1974<br />

«in re<strong>la</strong>zione ai fabbisogni nel frattempo maturati, agli obiettivi e alle linee <strong>del</strong><strong>la</strong> programmazione<br />

economica e <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione territoriale <strong>del</strong><strong>la</strong> Regione», talché proprio tale occasione avrebbe<br />

potuto essere utilizzata non tanto e notarilmente – come ancora recita l’art. 1 richiamato – per «accertare<br />

l’inadeguatezza <strong>del</strong>lo strumento urbanistico in rapporto agli elementi individuati» ma piuttosto,<br />

ampliando <strong>la</strong> portata <strong>del</strong>l’istituto <strong>del</strong><strong>la</strong> verifica obbligatoria al decennio, come sede <strong>del</strong>le analisi<br />

urbanistiche propedeutiche al<strong>la</strong> revisione, e dalle quali potevano fuoruscire le direttrici entro cui il<br />

nuovo strumento avrebbe dovuto muoversi: in termini di obiettivi, di politiche, di scelte localizzative,<br />

di gamma di funzioni attivabili e così via.<br />

In tal maniera un istituto per certi versi innovativo e originale, com’era quello ligure <strong>del</strong><strong>la</strong> «verifica<br />

decennale», avrebbe potuto trovare nel caso savonese un’ampiezza applicativa senza dubbio indispensabile<br />

per <strong>la</strong> formazione <strong>del</strong> nuovo Pris (o, se vogliamo, dei prg dei singoli comuni in luogo<br />

<strong>del</strong>lo strumento comprensoriale); ma, non essendo maturato nessun tipo di accordo politico sullo<br />

scioglimento <strong>del</strong> Pris né volendo, nessuno dei comuni, impegnarsi in scelte urbanistiche di sostanza<br />

e di prospettiva, il superamento <strong>del</strong>l’ingorgo (ossia <strong>del</strong>l’inadeguatezza <strong>del</strong> Pris per avvenuto decorso<br />

<strong>del</strong> decennio e per l’intercorsa decadenza quinquennale dei vincoli, tutte scadenze ormai ineludibili<br />

ex lege) non poteva che essere rappresentato da una revisione «leggera» o, meglio, da una Variante<br />

generale «intermedia»: un ponte, cioè, ancorché non dichiarato, verso i piani autonomi di ogni<br />

singolo comune.<br />

È noto che l’art. 6 <strong>del</strong>le norme <strong>del</strong> Pris prescriveva che – per «<strong>la</strong> sua revisione ai sensi <strong>del</strong><strong>la</strong> L.R. n.<br />

7/1974» – dovesse seguirsi un itinerario «con <strong>la</strong> medesima procedura di approvazione» originaria;<br />

nell’ipotesi (poi allontanata a seguito di pazienti mediazioni) che alcuni comuni decidessero di forzare<br />

i tempi redigendo propri e autonomi strumenti, essi avrebbero dovuto affrontare comunque <strong>la</strong><br />

Conferenza comprensoriale, col risultato – certo non confortante – di una serie di veti e ritorsioni,<br />

tali da ingenerare una vera e propria crisi istituzionale locale, e di un ulteriore stallo urbanistico che<br />

nessun comune avrebbe potuto permettersi; e, pertanto, all’insegna <strong>del</strong>l’obiettivo unificante di corrispondere<br />

all’avvenuta decadenza dei vincoli ex artt. 3 e 4 <strong>del</strong> Dim. 1444/1968 non tanto reiteran-<br />

da un indice di fabbricabilità, ma tale indice è sufficientemente basso per evitare che esse si trasformino abusivamente<br />

in zone residenziali a basso sfruttamento, eludendo alle norme per gli insediamenti e per le re<strong>la</strong>tive opere di urbanizzazione<br />

tecnica e sociale», in combinato disposto con l’altra facezia per <strong>la</strong> quale «in tutte le zone agricole sono inoltre<br />

ammessi fabbricati e impianti pubblici e d’interesse pubblico»; un piccolo bijoux è poi <strong>la</strong> norma di «tute<strong>la</strong> ambientale»:<br />

«ogni nuova costruzione non può essere ubicata a una distanza inferiore a quel<strong>la</strong> necessaria a garantire le sovrapposizioni<br />

visive con i raggruppamenti di architettura spontanea aventi peculiari caratteristiche ambientali»; ma non continuiamo<br />

oltre, rinviando al<strong>la</strong> lettura <strong>del</strong>l’originale normativo.<br />

20


doli ma proprio ricercandoli ex novo e puntualmente, si avviava nel 1989 <strong>la</strong> macchina che – in tempi<br />

assolutamente rapidi, anche per il partico<strong>la</strong>re impulso di chi scrive – doveva portare al<strong>la</strong> redazione<br />

e all’adozione <strong>del</strong><strong>la</strong> cosiddetta «Variante generale intermedia 1990», provvedimento che – come<br />

avevo scritto io stesso a p. 5 <strong>del</strong><strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione illustrativa, errando per difetto di molti anni giacché, a<br />

oltre sedici anni dal<strong>la</strong> sua adozione, esso ancora risulta «il <strong>piano</strong>» <strong>del</strong> comprensorio savonese, pur<br />

con le numerose varianti nel tempo apportate – «ove <strong>la</strong> Regione Liguria ritenga di approvare il<br />

provvedimento, governerà il territorio <strong>intercomunale</strong> per i prossimi tre anni: questo pare essere il<br />

tempo occorrente per una manovra urbanistica a tutto campo comprensoriale, questo pare anche essere<br />

il tempo per cogliere il senso <strong>del</strong> mutamento nel nostro territorio e tradurlo in un nuovo Pris»:<br />

come il lettore può agevolmente constatare, anche chi scrive non osava utilizzare <strong>la</strong> locuzione «un<br />

nuovo <strong>piano</strong>», non essendo affatto certo che tutti i comuni ricercassero davvero lo scioglimento <strong>del</strong><br />

Pris.<br />

E così, un adempimento obbligato in un clima di massima confusione: talché alcuni comuni – ma<br />

non certo Savona – addirittura approfittarono <strong>del</strong> polverone per alcune rese dei conti tutte locali,<br />

aggiungendo misure, destinazioni, espansioni (fino a quel momento tamponate in sede di Conferenza<br />

comprensoriale) al<strong>la</strong> comune e concordata equivalenza di una Variante intermedia = <strong>piano</strong> dei<br />

servizi (oltre a qualche limitato aggiustamento); ma non voglio occuparmi <strong>del</strong><strong>la</strong> caccia alle streghe<br />

quanto piuttosto dar conto <strong>del</strong> mio operato per Savona, e così farò nel corso ulteriore <strong>del</strong>lo scritto.<br />

5.2. I contenuti <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia per Savona: i fattori di contesto<br />

Ho voluto fin qui introdurre elementi di serrata critica al<strong>la</strong> struttura <strong>del</strong> Pris e, anche nel<strong>la</strong> stessa re<strong>la</strong>zione<br />

illustrativa (a p. 6) <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia, individuavo i suoi più macroscopici limiti in<br />

due sostanziali questioni:<br />

a) quel<strong>la</strong> «tecnica», tutta interna al<strong>la</strong> stessa concezione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> (per capirci meglio: nel<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong><br />

<strong>del</strong>le destinazioni d’uso e nelle norme era <strong>del</strong>ineata una sorta di assetto finale e definitivo <strong>del</strong> territorio,<br />

dopo che il <strong>piano</strong> avesse sortito <strong>la</strong> sua azione, come se tutto quanto preordinato potesse e dovesse<br />

effettivamente inverarsi e senza, tuttavia, che il <strong>piano</strong> medesimo fornisse strumenti di osservazione<br />

e di controllo sul suo processo attuativo; derivava da tutto ciò l’accentuata difficoltà di valutare<br />

appropriatamente le previsioni realizzatesi rispetto ai motivi per i quali le altre erano «rimaste<br />

sul<strong>la</strong> carta» col risultato, quasi inevitabile, per cui l’Ente locale non esprimeva altro che ripetuti dinieghi<br />

nei confronti di qualsivoglia ipotesi non contemp<strong>la</strong>ta dal <strong>piano</strong> nel<strong>la</strong> sua struttura «chiusa»,<br />

senza peraltro possedere alcun serio elemento di giudizio se l’«ipotesi perturbante» (ossia le istanze<br />

degli operatori in contrasto «formale» con il <strong>piano</strong>) potesse o meno trovare compatibilità «sostanziale»;<br />

b) <strong>la</strong> questione «socio-politica», in qualche modo disattenta (o comunque non così attrezzata a rispondere<br />

in tempo reale) alle vicende <strong>del</strong><strong>la</strong> trasformazione savonese che nelle pagine precedenti abbiamo<br />

in partico<strong>la</strong>r modo tratteggiato, risultando in netto incremento l’influenza dei fattori extraterritoriali<br />

di diversificazione <strong>del</strong> processo produttivo, di decentramento dei flussi economici, di<br />

mutamento <strong>del</strong>le modalità turistiche e d’uso <strong>del</strong> tempo libero, con un’intensità al<strong>la</strong> quale<br />

l’Amministrazione comunale continuava pervicacemente a non saper/voler corrispondere.<br />

Ricordiamo che in una realtà così partico<strong>la</strong>re com’era quel<strong>la</strong> savonese, tradizionalmente segnata da<br />

una forte componente produttivo-operaia e portuale (dove <strong>la</strong> funzione turistica è in qualche modo<br />

presente solo nelle Albisole e in Bergeggi, connotandosi il resto sul<strong>la</strong> base di un’industria in decadenza<br />

e con poca dinamica terziaria), v’era da augurarsi – per <strong>la</strong> stessa sopravvivenza <strong>del</strong><strong>la</strong> struttura<br />

produttiva – che emergessero nuovi «soggetti sociali» e crescenti modificazioni strutturali, che il<br />

nuovo <strong>piano</strong> avrebbe dovuto agevo<strong>la</strong>re proprio favorendo quei processi di frammentazione, riconversione,<br />

adeguamento di attività che altrove sono riuscite a ricomporre un nuovo e più forte tessuto<br />

21


produttivo (si veda il cosiddetto «mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> nord-est», per esempio 56 ), più ridotto unitariamente<br />

ma più dinamico imprenditorialmente.<br />

V’era quindi occorrenza di introdurre insieme le coordinate di un «nuovo mo<strong>del</strong>lo di sviluppo» e le<br />

conseguenti proiezioni territoriali, alle quali l’assetto spaziale savonese non poteva che essere interessato;<br />

e, <strong>del</strong> resto, anche gli studi di «Pre-progetto <strong>del</strong> Ptc» <strong>del</strong>l’area <strong>Savonese</strong> Bormida già nel<br />

1989 confermavano tali preoccupazioni, risultando partico<strong>la</strong>rmente condivisibile l’affermazione<br />

(peraltro avanzata più di vent’anni prima da Francesco Forte, e inascoltata) per cui nel <strong>Savonese</strong><br />

«l’attività industriale non è stata sostituita in modo consistente da una più evoluta attività di terziario<br />

avanzato che, in altre situazioni più dinamiche, ha segnato il passaggio a un’economia postindustriale;<br />

l’occupazione terziaria è cresciuta, ma si tratta in buona misura di un terziario ordinario:<br />

uno degli indicatori di come quest’area stenti a individuare una propria “via al<strong>la</strong> reindustrializzazione”<br />

è dato dallo stentato sviluppo dei servizi alle imprese, giacché <strong>la</strong> presenza in forme significative<br />

di aree di po<strong>la</strong>rizzazione di queste attività è un chiaro segno <strong>del</strong>l’esistenza di un ambito geografico<br />

costel<strong>la</strong>to da unità produttive proiettate verso le nuove frontiere <strong>del</strong>l’innovazione dei prodotti e dei<br />

processi produttivi».<br />

Del resto, tale tipo di problemi era stato posto con estrema chiarezza da chi scrive agli amministratori<br />

savonesi ma, più che avere dinnanzi un universo intellettivo, sembrava di par<strong>la</strong>re a una sorta di<br />

«centro inamovibile» (così viene definito il marxismo secondo <strong>la</strong> Filosofskaja enciclopedija) 57 , tanto<br />

vani apparivano i miei richiami all’avvenuta dispersione territoriale dei comparti produttivi in<br />

molta parte d’Italia rispetto al<strong>la</strong> precedente concentrazione tayloristica, e al<strong>la</strong> conseguente modifica<br />

<strong>del</strong> mercato <strong>del</strong> <strong>la</strong>voro e <strong>del</strong>le merci, e all’innesco di un ricchissimo assetto retico<strong>la</strong>re di «aree sistema»<br />

58 , tale da far corrispondere il mutamento dei fattori di mobilità degli addetti a un parallelo<br />

mutamento sia <strong>del</strong>le tendenze insediative, sia <strong>del</strong><strong>la</strong> corrispondente pressione sui servizi pubblici, sia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> stessa tipologia <strong>del</strong>le merci prodotte, e da cui sarebbe presumibilmente conseguito un differente<br />

mo<strong>del</strong>lo territoriale: i) abbandonando quello dove le re<strong>la</strong>zioni avevano luogo tra area periferica<br />

savonese (imprese satelliti, comparti produttivi decentrati, bacini di forza/<strong>la</strong>voro e re<strong>la</strong>tive residenze<br />

economico-popo<strong>la</strong>ri entro un’isocrona assai più ampia <strong>del</strong> territorio <strong>del</strong> Pris) e area centrale (il capoluogo<br />

e, verso ovest, Quiliano e Vado Ligure, gli insediamenti <strong>del</strong><strong>la</strong> grande industria e <strong>del</strong> massimo<br />

annucleamento urbano), mo<strong>del</strong>lo ormai obsoleto e inaffidabile, ii) a favore <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo in cui<br />

poteva cominciare ad assumere maggior consistenza il processo di autonomizzazione dalle impresemadri,<br />

generando nuova cosiddetta «Pmi» (picco<strong>la</strong> e media impresa) unitamente a terziario avanzato<br />

e turismo qualificato (legato a tale terziario in termini innovativi di «<strong>la</strong>voro + ambiente»).<br />

Si sarebbe potuta così configurare – se il progetto <strong>del</strong>ineato avesse avuto seguito – una rete re<strong>la</strong>zionale<br />

non più di tipo centro/periferia ma isotropa rispetto all’intera area sistema <strong>del</strong> <strong>Savonese</strong>, sostanzialmente<br />

priva di gerarchie funzionali e quindi assai distante dal<strong>la</strong> vecchia logica <strong>del</strong><strong>la</strong> «vocazione»<br />

produttiva e/o turistica e/o residenziale, che il Pris aveva continuato abbondantemente a saccheggiare<br />

in termini solo monofunzionali; ma, certo, al<strong>la</strong> domanda se questo tipo di strumento potesse<br />

governare davvero <strong>la</strong> trasformazione (se, cioè, potesse offrire effettivamente sicurezze), chi<br />

scrive non poteva che rispondere agli amministratori locali che esso offriva un supporto di riorga-<br />

56<br />

Me ne sono occupato in Paolillo P.L., ed., 1998, Al confine <strong>del</strong> nord-est. Materiali per il nuovo <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> di<br />

Zoppo<strong>la</strong>, Forum, Udine.<br />

57<br />

Cfr., al proposito <strong>del</strong><strong>la</strong> monolitica inamovibilità <strong>del</strong> marxismo, il saggio di Strada V., 1982, «Marxismo e postmarxismo»,<br />

in Aa. Vv., Storia <strong>del</strong> marxismo, Einaudi, Torino (Vol. IV, <strong>Il</strong> marxismo oggi, pp. 87-113).<br />

58<br />

Chi scrive aveva prospettato agli amministratori un mo<strong>del</strong>lo di «area sistema» – guardato con sbalordimento e con<br />

sospetto – che avrebbe potuto così riassumersi: a) l’area sistema è iscritta in uno spazio ristretto (o, comunque, sufficientemente<br />

circoscritto da poter essere identificato esplicitamente, e sufficientemente specializzato e autonomo da determinare<br />

un bacino produttivo autoportante); b) nell’area sistema tende a scomparire l’impresa leader, e ha luogo una<br />

diffusione moleco<strong>la</strong>re di piccole e medie imprese che procedono, in misura crescente, a scindersi in minute unità locali<br />

tendendo tuttavia a disseminarsi (ove <strong>la</strong> pianificazione non ne abbia colto <strong>la</strong> crescita e non abbia provveduto a indirizzar<strong>la</strong><br />

spazialmente) in un vero e proprio sprawl territoriale; c) nell’area sistema tendono a crearsi quote di forza/<strong>la</strong>voro<br />

con qualifiche di partico<strong>la</strong>re professionalità, tendenti appunto al<strong>la</strong> specializzazione produttiva e, sovente, con caratteri<br />

autonomo-artigianali o di alta qualificazione terziaria.<br />

22


nizzazione limitata ma senz’altro non avrebbe potuto avanzare soluzioni «predittive», e ciò per due<br />

ordini di motivi: i) poiché un’urbanistica forgiata sul<strong>la</strong> previsione, oggi, sembra morta prima ancora<br />

di nascere: l’avevano dimostrato esperienze passate, l’aveva dimostrato lo stesso Pris, e non sembrava<br />

proprio il caso di riesumar<strong>la</strong>; ii) poiché ancora, in quello stesso momento, stava muovendo i<br />

primi passi – promettendo esiti interessanti – il Ptc <strong>del</strong>l’area <strong>Savonese</strong> Bormida, assai più appropriato<br />

<strong>del</strong> Pris per sca<strong>la</strong> e per finalità tematiche (in quanto esplicitamente dedicato all’intero sistema<br />

produttivo, in ciò riesumando <strong>la</strong> felice intuizione <strong>del</strong> 1964 di Francesco Forte che abbiamo sopra ricordato).<br />

Chi scrive propose allora all’Amministrazione savonese, nel<strong>la</strong> coscienza che in quel<strong>la</strong> fase oltre non<br />

si sarebbe proceduto, di ampliare al<strong>la</strong> dimensione ambientale il tema dei servizi pubblici, riflettendo<br />

sul fatto che – nel momento in cui era caduta l’illusione «predittiva» <strong>del</strong> Pris – parevano invece aumentati<br />

i problemi <strong>del</strong>lo spazio fisico, dal quadro <strong>del</strong><strong>la</strong> natura ligure (offesa dall’accentuazione<br />

troppo rapida e massiccia dei processi urbanizzativi) a quello dei nuovi valori ai quali poteva assurgere<br />

l’ambiente: mi sembrava cioè che (lì come altrove) <strong>la</strong> proliferazione di visioni contraddittorie<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> qualità <strong>del</strong><strong>la</strong> vita, causate dal moltiplicarsi dei soggetti sociali e dal<strong>la</strong> diversificazione <strong>del</strong> loro<br />

modo di essere presenti, indubbiamente generasse nuovi bisogni i quali, tuttavia, convergevano in<br />

un uso sovente dissennato <strong>del</strong>le risorse fisiche fino a configurare una sorta di spreco materiale <strong>del</strong><br />

suolo, <strong>del</strong> paesaggio, <strong>del</strong>le preziose stratificazioni formatesi in una pluriseco<strong>la</strong>re convivenza tra<br />

uomo e accidentata natura ligure.<br />

Ciò pretendeva, quindi, <strong>la</strong> formazione di un sistema informativo «aperto», da non concludersi una<br />

volta ottenuti i primi risultati nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia ma anzi da consolidare assumendo<br />

come variabili dipendenti (e per ciò stesso con una certa durevolezza): i) gli obiettivi, ii) le<br />

fonti informative, iii) le modalità decisionali, e considerando come variabili in movimento le «informazioni»<br />

da prelevarsi in una sorta di «osservatorio <strong>del</strong><strong>la</strong> complessità» ambientale, sociale e urbana.<br />

Anche un limitato strumento di governo dei servizi pubblici, pur esteso all’ambiente nel<strong>la</strong> sua accezione<br />

più ampia di «serbatoio <strong>del</strong>l’interazione uomo/risorse», come stava configurandosi per il territorio<br />

di Savona <strong>la</strong> Variante intermedia, non doveva comunque incorrere nei vecchi «vezzi <strong>del</strong> <strong>piano</strong>»<br />

59 , e pertanto anch’esso avrebbe dovuto essere portatore di una concezione «dinamica», in grado<br />

di cogliere il mutamento «adattandovi» le scelte e al contempo orientandone <strong>la</strong> gestione successiva<br />

60 .<br />

59 Ossia nel<strong>la</strong> staticità, che gli impedisce <strong>la</strong> sensibilità al<strong>la</strong> sempre più rapida evoluzione dei fenomeni territoriali, e nel<strong>la</strong><br />

natura astrattamente vincolistica <strong>del</strong>le sue prescrizioni (che, pur indispensabili allorché occorra tute<strong>la</strong>re risorse scarse e<br />

irriproducibili o proteggere gli spazi di progetti strategici, spesso inibiscono <strong>la</strong> realizzabilità di interventi – pubblici e/o<br />

privati – imprevisti: i quali, osserviamolo bene, non necessariamente si muovono in una logica estranea od ostile a quel<strong>la</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>piano</strong>).<br />

60 Voglio affermare al proposito <strong>la</strong> necessità di una continua azione d’orientamento e controllo <strong>del</strong>lo strumento di <strong>piano</strong>:<br />

per sviluppare <strong>la</strong> sua capacita d’adattamento in un processo continuo, in maniera da permettere <strong>la</strong> «rego<strong>la</strong>zione» ed eventualmente<br />

<strong>la</strong> «modificazione» rispetto al quadro degli obiettivi assunti; è ovvio ritenere che il «processo» esiga<br />

l’aggiornamento <strong>del</strong><strong>la</strong> base informativa per cogliere <strong>la</strong> maggior quantità di «comportamenti» <strong>del</strong>l’utenza urbanistica in<br />

rapporto alle «prestazioni sociali» che sovraintendono all’ossatura di <strong>piano</strong>; è a questo punto che mi pare debba entrare<br />

in gioco <strong>la</strong> dimensione «flessibile», ossia il fattore d’apertura alle opzioni impreviste dal <strong>piano</strong> in una revisione continua<br />

<strong>del</strong>le sue politiche, in maniera da far sviluppare l’azione pubblica di governo <strong>del</strong> territorio sul<strong>la</strong> base di tre sostanziali<br />

linee:<br />

a) tramite «politiche d’influenza», esercitate direttamente dall’Amministrazione comunale nei confronti di quello spazio<br />

fisico dove il consenso intorno a obiettivi, strumenti e vincoli è generalizzabile (per esempio circa i servizi pubblici, <strong>la</strong><br />

tute<strong>la</strong> <strong>del</strong> paesaggio e <strong>del</strong>le risorse finite non riproducibili, <strong>la</strong> qualità <strong>del</strong>l’ambiente e così via; ovviamente, si tratta di<br />

politiche che investono porzioni territoriali assai specifiche e puntualmente localizzate, da assumere con modalità «forti»:<br />

i vincoli ex Dim 1444/1968, quelli derivanti dal<strong>la</strong> pianificazione territoriale paesistica, quelli motivati dal<strong>la</strong> tute<strong>la</strong><br />

<strong>del</strong>le zone agricole, agro-forestate e di rilevanza idro-geologica e ambientale, e così via);<br />

b) attraverso «politiche d’intesa» con gli operatori, atti – pur coordinati dal<strong>la</strong> mano pubblica – per i quali non parrebbe<br />

indispensabile condizionare tanto <strong>la</strong> fisionomia finale (mediante prescrizioni specifiche, azioni amministrative o vincoli<br />

di sorta) ma piuttosto <strong>la</strong> compatibilità con le «politiche d’influenza», in ciò riconoscendo <strong>la</strong> mobilità <strong>del</strong><strong>la</strong> sfera economica<br />

privata;<br />

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Queste a me parevano, allora, le linee a cui tendere nel<strong>la</strong> prospettiva <strong>del</strong><strong>la</strong> revisione generale <strong>del</strong><br />

Pris per il capoluogo, e <strong>la</strong> Variante intermedia (o «leggera») avrebbe dovuto rappresentarne il primo<br />

passo: sostanzialmente utile a superare correttamente l’avvenuta decadenza dei vincoli per servizi<br />

pubblici – apponendone le destinazioni in termini espliciti e puntuali, e per lo più su aree già di proprietà<br />

comunale che lo stesso comune non aveva fin’allora considerato, dove essi non avrebbero più<br />

rischiato di decadere e dove potevano divenire effettive attrezzature collettive, e non astratti simboli<br />

cartografici – ma parimenti utile a recuperare <strong>la</strong> capacità di governo urbanistico comunale in una<br />

realtà <strong>la</strong> cui potenzialità non era stata ancora colta appieno.<br />

5.3. I contenuti <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia per Savona: i fattori di merito<br />

5.3.1. Valutazioni di quadro<br />

L’armatura urbana <strong>del</strong> territorio comunale di Savona non aveva subìto partico<strong>la</strong>ri metamorfosi al<br />

momento <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia: per effetto di molteplici fattori, non ultima <strong>la</strong> limitata imprenditorialità<br />

edilizia al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> <strong>del</strong>le grandi trasformazioni o, piuttosto, <strong>la</strong> stessa fisionomia <strong>del</strong><strong>la</strong> strumentazione<br />

urbanistica vigente che – alternativamente – da un <strong>la</strong>to aveva fortemente frenato <strong>la</strong> modernizzazione<br />

ma aveva, per contrappunto, salvato <strong>la</strong> città da quei processi espansivi generalizzati<br />

che, in altri luoghi liguri, hanno avuto luogo consumando non poco le risorse fisiche e segnando irrimediabilmente<br />

i luoghi, ivi compresa <strong>la</strong> distruzione di molti centri storici e di molte colline a mare;<br />

insomma, se – com’è vero – alcune trasformazioni si sono comunque constatate, esse non hanno<br />

mai superato <strong>la</strong> soglia critica oltre <strong>la</strong> quale <strong>la</strong> deformazione avviene insieme al<strong>la</strong> trasformazione, <strong>la</strong><br />

devastazione insieme al<strong>la</strong> crescita, l’annul<strong>la</strong>mento insieme al cambiamento.<br />

c) sul<strong>la</strong> base di «politiche d’osservazione», svolte per così dire nel «regno <strong>del</strong>l’incertezza» dove trova spazio<br />

l’adattabilità di <strong>piano</strong> e dove (tramite il cosiddetto «monitoraggio») vengono percepiti i segnali premonitori <strong>del</strong><strong>la</strong> fasi<br />

cruciali di cambiamento ed eventualmente anche <strong>la</strong> crisi <strong>del</strong> <strong>piano</strong> stesso, nel momento in cui esso non sia più in grado<br />

di governare <strong>la</strong> trasformazione e occorra quindi modificarne le politiche d’influenza e d’intesa attraverso varianti o addirittura<br />

redigendo un nuovo <strong>piano</strong>. Per esemplificare meglio, a me pareva che alle politiche d’influenza dovessero appartenere<br />

quei progetti che – per il loro ruolo strategico – dovessero assumere una presenza «forte» nel<strong>la</strong> revisione <strong>del</strong><br />

Pris e, al limite, addirittura «rigida», che io introdussi parzialmente in qualità di «progetti prioritari» nel<strong>la</strong> stessa Variante<br />

intermedia: <strong>la</strong> difesa e il recupero di una risorsa scarsa e tuttavia assai qualificata come il patrimonio edilizio storico<br />

(pur garantendone <strong>la</strong> rivitalizzazione attraverso <strong>la</strong> modifica <strong>del</strong>l’eccessiva e inutile rigidità di talune prescrizioni normative),<br />

l’esecuzione di interventi infrastrutturali (a esempio <strong>la</strong> grande viabilità o le attrezzature nautico-turistiche), e comunque<br />

tutti quegli interventi tesi a dotare di qualità l’agglomerato urbano espansivo degli anni ‘50/’60 mediante un<br />

uso accorto <strong>del</strong><strong>la</strong> nuova dotazione di servizi e con <strong>la</strong> definitiva soluzione <strong>del</strong>l’annoso problema <strong>del</strong><strong>la</strong> via Aurelia; nelle<br />

politiche d’intesa, poi, sembrava collocabile <strong>la</strong> contrattazione d’uso dei suoli considerati strategici per il complesso di<br />

obiettivi <strong>del</strong> nuovo <strong>piano</strong>: nuove quote di attrezzature ricettive qualificate e di terziario avanzato, il rafforzamento <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

qualità morfologica nel<strong>la</strong> «città incompleta» e così via, in tal senso trasformando il vecchio e inutile «azzonamento»<br />

non più avvalendomi di zone rigide con una e una so<strong>la</strong> – il più <strong>del</strong>le volte generica e astratta – destinazione, ma identificando<br />

parti di città dove invalesse un’ampia gamma di funzioni tutte tra loro compatibili e ammissibili purché, tuttavia,<br />

al<strong>la</strong> contrattabilità di una destinazione data – per dirne una, ad attrezzature ricettive in uno spazio a prevalenza residenziale<br />

– corrispondesse <strong>la</strong> disponibilità di parcheggi, anche sotterranei e d’iniziativa e proprietà privata con vincolo d’uso<br />

pubblico, atti a non appesantire il carico di sosta nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> pubblica viabilità.<br />

<strong>Il</strong> tutto risultò assolutamente impraticabile nel caso (e sul<strong>la</strong> base <strong>del</strong><strong>la</strong> cultura amministrativa) di un posto come Savona<br />

dove nessuno aveva voglia di entrare nell’ottica di una processualità urbanistica permanente, vale a dire intendendo gestire<br />

nel tempo un <strong>piano</strong> che control<strong>la</strong>sse l’evoluzione dei processi, che suggerisse misure di negoziabilità tra pubblico e<br />

privato, che facesse cogliere i problemi nuovi affioranti; e, soprattutto, che allestisse un monitoraggio a tre livelli:<br />

a) al livello <strong>del</strong>l’implementazione (operando cioè nel<strong>la</strong> fase gestionale <strong>del</strong> <strong>piano</strong> per migliorare i suoi rapporti col «governo»,<br />

per rendere trasparenti i nessi tra obiettivi amministrativi e azioni strumentali, per dar loro corpo e fattività);<br />

b) al livello <strong>del</strong>l’impatto (sviluppando i problemi di gestione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> per valutare <strong>la</strong> misura in cui esso si discostava<br />

dalle aspettative innescate, e se crescesse o diminuisse <strong>la</strong> loro attendibilità in rapporto ai mutamenti in corso);<br />

c) al livello <strong>del</strong><strong>la</strong> strategia (una sorta di «camera di riflessione» rispetto ai cui esiti l’Amministrazione avrebbe deciso le<br />

misure di variazione, revisione o crisi <strong>del</strong>lo strumento in vigore), acquisendo, selezionando ed e<strong>la</strong>borando informazioni<br />

utili al controllo <strong>del</strong><strong>la</strong> «traiettoria» di <strong>piano</strong>: una sorta di armamentario conoscitivo con cui far fronte all’incertezza, facilitando<br />

<strong>la</strong> ricerca <strong>del</strong>le contraddizioni rispetto agli obiettivi prescelti, control<strong>la</strong>ndo opzioni e decisioni amministrative,<br />

identificando politiche appropriate per ricomporre i conflitti e/o le incompatibilità territoriali.<br />

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Allora, per Savona si può ben affermare che termini antichi come forma e immagine, ma anche termini<br />

contemporanei come identità e qualità assumevano ancora significato: per il riscontro che forme<br />

e immagini trovavano comunque in una realtà urbana dal dinamismo contenuto, per <strong>la</strong> mantenuta<br />

possibilità di recuperare identità e qualità derivanti dal<strong>la</strong> preziosa eredità ottocentesca <strong>del</strong> Sada e<br />

<strong>del</strong> Bonsignore, <strong>del</strong><strong>la</strong> «Variante Corsi» e <strong>del</strong><strong>la</strong> compresenza di città ottocentesca e città medievale,<br />

per <strong>la</strong> sapienza di una continuità quasi didattica che ha legato fino agli anni ‘50 le vicende urbanistiche<br />

via via susseguitesi.<br />

L’atteggiamento antistorico, talvolta presente in certe culture <strong>del</strong>l’urbanistica italiana, non sembrava<br />

di casa a Savona: salvo l’esplosione industriale a partire dal 1860 e fino a cent’anni dopo, l’artificio<br />

<strong>del</strong>le «deficienze igieniche» e <strong>del</strong> «decoro urbano» – termini che giustificarono dappertutto <strong>la</strong> pesante<br />

eredità di Haussmann e <strong>del</strong> suo «urbanisme demolisseur» – non venne mai addotto a giustificare<br />

<strong>la</strong> genesi <strong>del</strong><strong>la</strong> città ottocentesca che, come afferma Sanguineti 61 , «si pone con razionale e funzionale<br />

chiarezza: collegamento <strong>del</strong> centro commerciale e <strong>del</strong> porto con <strong>la</strong> ferrovia. E questo pur valido<br />

obiettivo viene perseguito provocando il minimo danno possibile nel centro storico, <strong>del</strong> quale si<br />

riescono almeno a valorizzare i monumenti e a farli divenire parte funzionalmente integrante <strong>del</strong><br />

nuovo assetto»; non sembrava, così, inopportuno il pressante richiamo di Buccheri al<strong>la</strong> grande validità<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> lezione ottocentesca, da ribaltarsi come indirizzo <strong>del</strong>l’attualità 62 , ma anche tali pessimistiche<br />

(e pur così vere) constatazioni non dovevano fuorviare <strong>del</strong> tutto: in Savona, all’epoca <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante<br />

intermedia, non era cresciuta <strong>la</strong> spinta centripeta dal centro verso fuori, non era stato <strong>del</strong> tutto<br />

raggiunto il drammatico prodotto urbano contemporaneo e non si erano ancora inverate le tremende<br />

equazioni da intendersi come alto costo <strong>del</strong><strong>la</strong> vita = bassa qualità dei servizi, elevati tassi di inquinamento<br />

ambientale = accentuato degrado sociale: l’obiettivo <strong>del</strong><strong>la</strong> «vivibilità urbana» non sembrava<br />

così lontano dall’essere stato raggiunto in Savona, non solo principalmente per le occasioni sociali,<br />

commerciali, aggregative ma anche rispetto a caratteri più difficili da misurarsi, in qualche<br />

modo afferenti al<strong>la</strong> terminologia sociologica come il senso di città, <strong>la</strong> riconoscibilità e comprensibilità<br />

dei siti cospicui, i valori estetici accomunanti, le re<strong>la</strong>zioni interpersonali possibili, in una paro<strong>la</strong><br />

un soddisfacente quotidiano.<br />

Se tutto ciò fosse da far assurgere al merito <strong>del</strong> Pris, è difficile affermarlo (a pena di cadere in quel<strong>la</strong><br />

concezione demiurgica, palingenetica, onnicomprensiva secondo <strong>la</strong> quale all’urbanistica dovrebbero<br />

addebitarsi tutti gli oneri <strong>del</strong> riscatto <strong>del</strong>l’intera società), ma un dato è certo: se <strong>la</strong> concezione aspramente<br />

vincolistica <strong>del</strong> Pris non si fosse dispiegata negli anni <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vigenza, probabilmente <strong>la</strong><br />

tute<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’immediato entroterra collinare non avrebbe avuto luogo, il patrimonio edilizio storico<br />

non sarebbe risultato così intatto, e sarebbero stati privilegiati molti nefasti processi di saturazione<br />

interstiziale nelle porosità <strong>del</strong> completamento urbano (anche se, non si può non considerarlo nel bi<strong>la</strong>ncio,<br />

i nuovi quartieri economico-popo<strong>la</strong>ri esprimevano il sigillo <strong>del</strong><strong>la</strong> ghettizzazione, il completamento<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> viabilità appariva una chimera irraggiungibile, l’edilizia consolidata andava sempre<br />

più degradando, come si poteva constatare dall’apparentemente folclorica questione che Buccheri<br />

sollevava per i volumi spuri nei cortili <strong>del</strong>le zone CR).<br />

Tuttavia i tempi savonesi parevano, a chi scrive, maturi per abdicare agli eccessivi timori: nel<strong>la</strong> cultura<br />

<strong>del</strong> gigantismo iniziava a introdursi <strong>la</strong> coscienza <strong>del</strong><strong>la</strong> finitezza <strong>del</strong>l’ambiente e <strong>del</strong>le risorse<br />

scarse non rinnovabili, <strong>la</strong> pressione insediativa sui nodi territoriali veniva progressivamente sostituita<br />

dal<strong>la</strong> redistribuzione residenziale sull’intera rete consolidata <strong>del</strong><strong>la</strong> città-regione, e nuovi strumenti<br />

sovraccomunali s’intravvedevano all’orizzonte ligure sottraendo alle istanze locali il pericoloso o-<br />

61 La citazione <strong>del</strong> Sanguineti è stata stata tratta da: Società <strong>Savonese</strong> di Storia Patria e Italia Nostra (1984), Savona centro<br />

storico, quale futuro?, Tipografia La Stampa, Savona.<br />

62 «Un manifesto sindacale in data l agosto 1888 vieta qualsiasi costruzione nei cortili, e le disposizioni che rego<strong>la</strong>no le<br />

costruzioni alloro interno sono riportate in una concessione municipale: “s’intende inoltre proibita qualsiasi costruzione<br />

nei cortili, e che gli stessi siano pavimentati con <strong>la</strong>stre di arenaria o con battuto di cemento e tenuti costantemente puliti<br />

e in buono stato”. Oggi, come sappiamo, i nostri cortili sono lottizzati da corpi bassi e gabbiotti e divisi da muretti o<br />

staccionate provvisorie: bidoni, precari, ondolux, e <strong>la</strong>miera, topi, gatti costituiscono lo squallido panorama di questi<br />

spazi perduti». Anche <strong>la</strong> citazione di Buccheri deriva da: Società <strong>Savonese</strong> di Storia Patria e Italia Nostra (1984), cit. in<br />

nota 51.<br />

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nere <strong>del</strong>le scelte localizzative; in tale direzione il Ptcp (per il dettaglio <strong>del</strong><strong>la</strong> qualità paesaggistica e<br />

ambientale, dispiegando nello spazio i suoi perimetri di vincolo in piena responsabilità analitica e<br />

progettuale), così come il Ptc (che andava definendo <strong>la</strong> sua forma-<strong>piano</strong> sovraordinando alle competenze<br />

comunali l’individuazione <strong>del</strong>le strategie strutturali <strong>del</strong>le attività produttive e <strong>del</strong>le loro localizzazioni).<br />

Al Pris, allora, pareva assegnabile l’onere «chirurgo-p<strong>la</strong>stico» <strong>del</strong><strong>la</strong> morfologia urbana: questione<br />

certo non da poco, poiché sottendeva questioni aperte come rivitalizzazione <strong>del</strong><strong>la</strong> città, riabilitazione<br />

<strong>del</strong> patrimonio edilizio e <strong>del</strong><strong>la</strong> sua storia, ricucitura attenta di enc<strong>la</strong>vi segregate, riqualificazione<br />

<strong>del</strong>le periferie, riuso <strong>del</strong>le aree produttive dismesse, rinvenimento <strong>del</strong> valore paesistico dei bacini<br />

collinari/montani d’entroterra e scoperta di funzioni di presidio umano sostitutive <strong>del</strong>l’abbandono<br />

colturale: tutti nodi, questi e altri ancora, che a me sembravano arricchire di nuovo contenuto <strong>la</strong><br />

funzione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> locale senza che – con l’avvento <strong>del</strong> Ptcp e <strong>del</strong> Ptc – qualcuno dovesse adombrarsi<br />

per una sorta di riduzione <strong>del</strong> potenziale pianificatorio e degli ambiti di competenza comunale<br />

ma, al contrario, nel<strong>la</strong> coscienza che il fare urbanistica a sca<strong>la</strong> urbana divenisse sempre ancor più<br />

<strong>del</strong>icato, a fronte <strong>del</strong> partico<strong>la</strong>re fabbisogno di tradurre grandi obiettivi (talvolta ideologici) in buona<br />

architettura e buona città.<br />

5.3.2. I servizi pubblici come innesco <strong>del</strong> processo di riorganizzazione urbana e di valorizzazione<br />

dei bisogni sociali<br />

Vediamo ora meglio gli «ingredienti» tecnici <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia, a coronamento <strong>del</strong>le idee<br />

finora espresse:<br />

a) ove si fosse voluto ancora mantenere una continuità ideale con il Pris (non considerando quindi <strong>la</strong><br />

opportunità di una generalizzata modifica dei perimetri di zona omogenea e <strong>del</strong>le loro destinazioni<br />

d’uso, cosa quanto mai necessaria ma rinviabile al<strong>la</strong> successiva fase dei piani comunali), ero tuttavia<br />

consapevole che le tabelle zonali, le quantificazioni ivi comprese e <strong>la</strong> giustificazione stessa dei<br />

perimetri erano ampiamente superate, per lo meno rispetto alle funzioni in atto e prevedibili; e, poiché<br />

per lo spazio comunale di Savona – a differenza di altri comuni di Pris – in quel<strong>la</strong> fase non era<br />

disponibile alcuna base conoscitiva sui caratteri e sull’entità <strong>del</strong> patrimonio edilizio, non potevano<br />

che assumersi limitatissime rettifiche dei confini interzonali, per ovviare a meri errori presumibilmente<br />

materiali <strong>del</strong> Pris, assegnando allo stato di fatto <strong>la</strong> sua destinazione più opportuna (per esempio:<br />

interi agglomerati edilizi residenziali in zone F ricondotti alle limitrofe zone di residenza), il<br />

che, tuttavia, non intendeva ingenerare modifica alcuna <strong>del</strong><strong>la</strong> capacità insediativa complessiva;<br />

b) tale continuità ideale col Pris – in questa fase cosiddetta «intermedia» – non poteva allora che<br />

ravvisarsi nell’argomento dei servizi pubblici, ferme restando le entità quantitative <strong>del</strong> Pris 1977 ma<br />

ridiscutendone le zone S «cerchiate», non esplicitamente puntuali e sovente tendenti al rinvio al<strong>la</strong><br />

pianificazione attuativa per <strong>la</strong> loro individuazione quando per contro, come si vedrà, avrebbero potuto<br />

venire identificate già nel 1977, nonché le zone F <strong>la</strong> cui localizzazione era invece esplicita, ancorché<br />

a vigenza decaduta non avendo l’Amministrazione posto in essere alcuna procedura di pianificazione<br />

attuativa e <strong>la</strong> conseguente acquisizione espropriativa (o l’assoggettamento all’uso pubblico<br />

sul<strong>la</strong> base di convenzioni);<br />

c) dunque, a me pareva intanto indispensabile incentrare tutta <strong>la</strong> manovra «intermedia»<br />

sull’individuazione cartografica dei servizi pubblici in termini assolutamente puntuali e disgiunti<br />

dal<strong>la</strong> loro caducazione quinquennale ma, giacché le zone F coinvolgevano molti suoli extraurbani,<br />

<strong>la</strong> manovra tesa a verificarne <strong>la</strong> congruità e l’eventuale modifica di destinazione non poteva tra<strong>la</strong>sciare<br />

ex lege un’accurata analisi geo-ambientale e, avevo ritenuto, anche agronomico-paesistica,<br />

considerandolo parametro ineludibile per disciplinare il retroterra <strong>del</strong>l’aggregato urbano savonese;<br />

d) poiché era subentrato nel frattempo l’ulteriore elemento <strong>del</strong> <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento<br />

paesistico, il cui apparato conoscitivo <strong>del</strong><strong>la</strong> dimensione extraurbana poteva godere di analisi estese e<br />

di una sintesi efficace di molteplici fattori (morfologia e idrografia, assetto vegetazionale, peculiarità<br />

ambientali, ecc.) tutti puntualmente cartografati addirittura in sca<strong>la</strong> 1:10.000, non si poteva tra<strong>la</strong>-<br />

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sciare l’occasione di recepire <strong>la</strong> disciplina di Ptcp, per lo meno riguardo ai grandi ambiti <strong>del</strong><strong>la</strong> tute<strong>la</strong><br />

territoriale: il che comportò l’esigenza di ridefinire le destinazioni d’uso <strong>del</strong>l’intero spazio extraurbano<br />

savonese, rappresentando quindi <strong>la</strong> grande novità <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia;<br />

e) infine, conclusa <strong>la</strong> manovra d’interesse cartografico-localizzativo, occorreva rivedere l’apparato<br />

normativo: fonte, a quanto pare, di quell’inerzia difensiva e immobilistica su cui mi sono ampiamente<br />

diffuso in precedenza, e che tentai di allentare al<strong>la</strong> luce <strong>del</strong>le nuove condizioni territoriali e<br />

sociali <strong>del</strong> comprensorio introducendo tuttavia, come strumento garante <strong>del</strong><strong>la</strong> coerenza d’area, il cosiddetto<br />

«Schema di Assetto Urbanistico» che gli operatori avrebbero dovuto redigere – estendendolo<br />

all’intera zona omogenea – ove desiderassero ricorrere al<strong>la</strong> riduzione di perimetro <strong>del</strong>lo strumento<br />

urbanistico esecutivo, muovendo cioè dalle considerazioni: i) che non fossero avviabili (come,<br />

di fatto, non furono mai avviati) piani attuativi estesi a zone invero assai estese; ii) che tuttavia<br />

il ricorso a tali strumenti fosse comunque necessario (ancorché non prescrivibile nel dettaglio in<br />

quel<strong>la</strong> fase, per le note carenze analitiche sul patrimonio edificato); iii) e che, parimenti, si dovesse<br />

reinnescare <strong>la</strong> trasformazione urbana favorendo le sollecitazioni in tal senso provenienti dalle componenti<br />

economiche; perciò, fu deciso di mantenere l’estensione preesistente degli strumenti urbanistici<br />

esecutivi ma, <strong>la</strong>ddove ciò non risultasse realisticamente fattibile sia per <strong>la</strong> soverchia pluralità<br />

proprietaria sia per l’eccessiva mole <strong>del</strong> patrimonio edilizio coinvolto, e <strong>la</strong>ddove gli operatori ne invocassero<br />

<strong>la</strong> riduzione – nei limiti minimi fissati dalle nuove norme – a loro carico sarebbe risultata<br />

<strong>la</strong> dimostrazione <strong>del</strong> quadro (ossia le «connessioni col contesto riguardo all’organizzazione <strong>del</strong>le<br />

principali reti infrastrutturali e degli spazi pubblici» e «<strong>la</strong> definizione dei rapporti con le preesistenze<br />

ambientali, insieme all’individuazione degli aspetti meritevoli di partico<strong>la</strong>re tute<strong>la</strong>») mediante,<br />

appunto, lo Schema di Assetto Urbanistico; <strong>del</strong> resto, esso non è invenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia<br />

<strong>del</strong> Pris ma appariva, in veste partico<strong>la</strong>rmente innovativa, nelle norme d’attuazione <strong>del</strong> Ptc per<br />

gli insediamenti produttivi <strong>del</strong>l’area centrale ligure 63 , e m’era parso utile mutuarlo in una configurazione<br />

«istruttoria» per le determinazioni d’ufficio nei casi, appunto, di riduzione spaziale degli<br />

strumenti urbanistici attuativi richiesta dalle proprietà operanti.<br />

Sintetizzando, allora, i contenuti <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia potevano configurarsi: i) nelle rettifiche<br />

dei limiti interzonali (limitatissime per Savona; circa gli altri comuni si rinvia ai capitoli di merito<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Re<strong>la</strong>zione di Variante); ii) nell’apposizione <strong>del</strong>le destinazioni puntuali di zona SP, per i servizi<br />

ex art. 3, ed F per i servizi ex art. 4 sub 5) <strong>del</strong> Dim. 1444/1968; iii) nel<strong>la</strong> ricezione <strong>del</strong>l’analisi geoambientale<br />

e agronomica (effettuata sulle sole zone F27 ed F33); iv) nel<strong>la</strong> ricezione <strong>del</strong> dettato di<br />

Ptcp per tutto il territorio extra-urbano; v) nel<strong>la</strong> riorganizzazione normativa, al<strong>la</strong> luce <strong>del</strong>l’esigenza<br />

di attualizzare (ancorché parzialmente) il superato disposto <strong>del</strong><strong>la</strong> disciplina <strong>del</strong> Pris 1977.<br />

Si sarà compreso, quindi, che il vero nodo affrontato privilegiava i servizi pubblici: nel<strong>la</strong> loro preminenza<br />

s’intravvedeva l’innesco, all’un tempo, sia di un vero e proprio processo di riorganizzazione<br />

urbana che – stabilita <strong>la</strong> destinazione puntuale <strong>del</strong>le aree occorrenti per il soddisfacimento dei<br />

fabbisogni <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione esistente – si sarebbe poi incentrato intorno al governo <strong>del</strong>le restanti<br />

destinazioni ammesse; e, ancora, di un altro processo di valorizzazione dei bisogni sociali che, a<br />

partire dalle – ormai c<strong>la</strong>ssicamente intese – aree a standard, ne soddisfaceva quel<strong>la</strong> parte preponderante<br />

di nuovo segno e spessore rappresentata dai valori <strong>del</strong>l’ambiente e <strong>del</strong> paesaggio.<br />

5.3.3. Le zone SP ex art. 3 <strong>del</strong> Dim. 1444/1968: i servizi pubblici o d’uso pubblico d’interesse urbano<br />

Fermo restando che, in applicazione <strong>del</strong> disposto <strong>del</strong>l’art. 3 richiamato, tali partico<strong>la</strong>ri servizi risultano<br />

raggruppati per lettera come segue: a) istruzione <strong>del</strong>l’obbligo 64 ; b) attrezzature d’interesse comune;<br />

c) parco, gioco e sport; d) parcheggi, un’invero bizzarra peculiarità di Pris li azzonava in<br />

qualità di zone S «racchiuse da cerchio» senza comunque che ciò rappresentasse l’espressione esplicita<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> destinazione a servizi (poiché, recitava l’art. 13 <strong>del</strong>le norme attuative <strong>del</strong> Pris, «nelle<br />

63 Delibera <strong>del</strong><strong>la</strong> Giunta regionale <strong>del</strong><strong>la</strong> Liguria n. 6794 <strong>del</strong> 28 dicembre 1989.<br />

64 Nel caso savonese, comprensiva di nidi e materne.<br />

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zone residenziali, in sede di <strong>piano</strong> esecutivo, può essere modificata <strong>la</strong> distribuzione <strong>del</strong>le aree “S<br />

cerchiato” senza che ciò costituisca Variante al Pris», e addirittura il vincolo esplicito non era posto<br />

neanche sui servizi in essere.<br />

Non voglio soffermarmi più di tanto su tale – così a me pare – illegittima anomalia, ma è lecito esprimere<br />

qualche segno di perplessità circa una norma così ambiguamente formu<strong>la</strong>ta al punto da<br />

obbligarmi subito a effettuare il censimento (quantitativo e localizzativo) degli erogatori per servizi<br />

effettivamente attivati, in modo da: i) constatare quante aree e costruzioni fossero effettivamente<br />

presenti per verificarne lo scarto quantitativo e il segno (+/–) rispetto alle quantità di legge; ii) riuscire<br />

ad apporvi una destinazione esplicita come zone per servizi (posto che il Pris non aveva ritenuto<br />

di assumersi tale ruolo); iii) manovrare sulle proprietà comunali in modo da raggiungere lo standard<br />

di 18 mq/ab. in caso di constatato segno (–) senza impegnare eccessivi suoli privati, oltretutto<br />

rispetto a un vincolo destinato – com’è noto – rapidamente a deperire giacché <strong>la</strong> Corte ha più volte<br />

riconosciuto carattere permanente all’art. 2 <strong>del</strong><strong>la</strong> L. 1187/1968 che è qui utile richiamare, ancorché<br />

per pura memoria: «Le indicazioni di prg nel<strong>la</strong> parte in cui incidono su beni determinati e assoggettano<br />

i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportino l’inedificabilità,<br />

perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dal<strong>la</strong> data di approvazione <strong>del</strong> prg non siano stati<br />

approvati i re<strong>la</strong>tivi piani partico<strong>la</strong>reggiati o autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati (omissis)».<br />

Quindi, nell’ipotesi (intuìta, ma parimenti necessitevole di verifica quantitativa sul campo) che nel<br />

territorio savonese i servizi ex art. 3 <strong>del</strong> Dim. 1444/1968 fossero stati quasi tutti attivati e, dunque,<br />

già sedi di erogatori pubblici o d’uso pubblico, sarebbe stata possibile una manovra «leggera» di localizzazione<br />

e destinazione di altra minima quantità di aree, per lo più già pubbliche; l’intenzione<br />

esplicita di chi scrive voleva pertanto: i) allontanare timori generalizzati di esproprio (che quasi<br />

sempre sorgono in occasione di qualsivoglia revisione urbanistica); ii) apporre destinazioni a servizi<br />

non così ambigue come le zone S «racchiuse da cerchio» <strong>del</strong> previdente Pris ma esplicite, trasparenti<br />

e non decadibili in quanto ricettive di situazioni pubbliche o d’uso pubblico in atto; iii) suddividere<br />

nettamente <strong>la</strong> stima e il reperimento <strong>del</strong>le aree a standard per il soddisfacimento <strong>del</strong> fabbisogno<br />

degli abitanti insediati da quello degli insediabili; poiché è oltremodo noto che – mentre per <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

effettivamente residente i servizi vanno nell’immediato reperiti (e attivati) – per <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

(o, meglio, per le stanze) insediabili a seguito <strong>del</strong><strong>la</strong> realizzazione di nuovi insediamenti, espansivi<br />

o di completamento, i servizi debbono essere reperiti negli strumenti urbanistici attuativi:<br />

rinviando quindi il problema ai piani partico<strong>la</strong>reggiati o di lottizzazione, o agli Schemi di Assetto<br />

Urbanistico, o a quant’altri strumenti (pubblici e privati) fossero stati redatti nel prosieguo.<br />

Ovviamente tale discorso ultimo, ricordiamolo, esprimeva valore solo per gli standard ex art. 3 <strong>del</strong><br />

Dim. 1444/1968; poiché non è certo da pensarsi che in sede esecutiva potessero venire reperiti ulteriori<br />

17,5 mq/ab. di istruzione superiore, attrezzature ospedaliere e parchi urbani e territoriali ex art.<br />

4 sub 5): i quali appunto, come il legis<strong>la</strong>tore ha ben esplicitato, non potevano minimamente identificarsi<br />

con <strong>la</strong> quota dei 18 mq assoggettati «per le diverse zone territoriali omogenee (omissis) in rapporto<br />

al<strong>la</strong> diversità di situazioni obiettive» (e cioè distribuiti nelle zone A, B, C, E) ma rappresentavano<br />

essi stessi uno spazio omogeneo ben differenziato dagli altri, vale a dire <strong>la</strong> zona F; e quindi,<br />

per detti 17,5 mq/ab. il rapporto veniva invece effettuato con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione insediabile, ossia con <strong>la</strong><br />

somma dei dati degli insediabili in tutte le zone omogenee di Pris, rilevato dalle corrispondenti Tabelle<br />

allegate alle norme di attuazione 65 .<br />

65 Per tornare, allora, alle operazioni analitiche <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia, diremo che nel<strong>la</strong> carta n. 2.1. (Carta <strong>del</strong> patrimonio<br />

pubblico o d’uso pubblico per servizi allo stato attuale) erano state perimetrate, campite e numerate progressivamente<br />

tutte le aree che potevano concorrere al calcolo <strong>del</strong><strong>la</strong> dotazione esistente di standard producendo, successivamente,<br />

428 schede contenute nell’Allegato quantitativo A (Allegato descrittivo degli erogatori per servizi di proprietà<br />

pubblica o d’uso pubblico) e tradotte nell’Allegato quantitativo B (Verifica <strong>del</strong>lo stato e <strong>del</strong>le quantità di servizi per<br />

Unità Urbanistica di Pris), verificando per ogni singo<strong>la</strong> zona omogenea di Pris: i) il cosiddetto «fabbisogno teorico»<br />

che il Pris calco<strong>la</strong>va sul complesso <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione insediabile per zona omogenea; ii) il fabbisogno effettivo rispetto<br />

al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione al novembre 1989; iii) le aree attivate per zona omogenea; iv) le aree da reperirsi per zona omogenea.<br />

28


L’Allegato quantitativo C (Verifica <strong>del</strong>lo stato e <strong>del</strong><strong>la</strong> quantità dei servizi. Tavo<strong>la</strong> riassuntiva) veniva poi organizzato<br />

riassumendo i dati in termini di fabbisogno/aree attivate/aree da reperire rispetto ai Comprensori di urbanizzazione, che<br />

rappresentavano (ai sensi <strong>del</strong> Pris) <strong>la</strong> ripartizione <strong>del</strong> territorio comunale in 9 grandi bacini, a cui era stato aggiunto il<br />

Comprensorio <strong>del</strong>le zone agricole e <strong>del</strong>le aree ferroviarie (dove, comunque, si constatava presenza di popo<strong>la</strong>zione insediata);<br />

il risultato <strong>del</strong>l’analisi ha portato al<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione <strong>del</strong><strong>la</strong> seguente situazione: 69.839 (abitati insediati in Savona<br />

nel novembre 1989) x 18 (mq/abitante insediato) = 1.257.102 (mq di fabbisogno virtuale) – 1.131.355 (mq di aree con<br />

erogatori attivati) = 125.747 (mq di fabbisogno reale).<br />

Risultava cosi confermata l’ipotesi iniziale: e cioè che in Savona insistesse già una sufficiente quantità di servizi in atto,<br />

da poter apporvi <strong>la</strong> destinazione esplicita di zona SP; ovviamente, a uno sguardo di maggior merito non sfuggiva il fatto<br />

che, intanto, dovesse constatarsi squilibrio di dotazione tra Comprensorio e Comprensorio; e, poi, che sussisteva anche<br />

squilibrio tra tipologia e tipologia di servizi; ma questa si trasformava, allora, in questione di livello progettuale: ossia di<br />

reperimento di nuove aree a congrua destinazione per servizi SP.<br />

Vediamo adesso <strong>la</strong> situazione per le zone F: 83.756 (abitanti insediabili) x 17,5 = (mq/abitante insediabile) = 1.465.730<br />

(mq di fabbisogno virtuale) – 245.655 (mq di aree erogatori attivati) = 1.220.075 (mq di fabbisogno reale); ovviamente,<br />

in quest’ultimo caso le attrezzature ospedaliere e sco<strong>la</strong>stiche superiori assorbivano tutto l’esistente, mentre non esistevano<br />

parchi urbani e territoriali.<br />

Inoltre, sempre nell’Allegato quantitativo C era anche presente <strong>la</strong> verifica ex Lr. 4/1985 circa l’avvenuto reperimento<br />

<strong>del</strong>le aree per attrezzature religiose nell’ambito <strong>del</strong>le attrezzature d’interesse comune: essa presentava un esubero di mq<br />

7.607, e pertanto sembrava essere ampiamente soddisfatta.<br />

Nel<strong>la</strong> verifica <strong>del</strong>l’entità <strong>del</strong> patrimonio pubblico, era poi stata prodotta <strong>la</strong> carta n. 2.2. (Carta <strong>del</strong>le aree libere di proprietà<br />

pubblica non occupate da erogatori per servizi) e l’Allegato quantitativo D, con 22 schede per un totale di<br />

6.220.842 mq: come si può constatare, ampiamente sufficienti per soddisfare il fabbisogno di zone sia SP sia F;<br />

l’Allegato quantitativo E è più esplicito circa i titoli di proprietà, che permettevano di considerare uno stato di fatto come<br />

segue: mq 231.000 comunali; mq 202.716 militari; mq 4.348.983 <strong>del</strong>le Opere sociali e, in ridotta parte, <strong>del</strong>l’Iacp;<br />

mq 34.300 <strong>del</strong>le F.S.; mq 2.750 demaniali.<br />

Avevamo prodotto poi un partico<strong>la</strong>re e<strong>la</strong>borato analitico ossia, con n. 2.3., <strong>la</strong> Carta di reinterpretazione <strong>del</strong> Pris al<strong>la</strong> luce<br />

<strong>del</strong>l’assetto morfologico dei servizi pubblici o d’uso pubblico, e primi gradi d’intervento, ove – lo si constatava<br />

dall’amplissimo legenda – tutti gli elementi di analisi venivano ricondotti su un’unica base cartografica per concorrere a<br />

fornire il quadro <strong>del</strong>le scelte progettuali, da vedersi «morfologicamente» – appunto – più che da descriversi, sul<strong>la</strong> base<br />

dei fattori oggettivi che ben guidarono <strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> di progetto a tutto campo; difatti, oltre all’Allegato quantitativo F (dimostrativo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione residente, veritieramente ricavata dal<strong>la</strong> somma dei residenti per n. civico nell’ambito dei<br />

Comprensori di Urbanizzazione, su base statistica <strong>del</strong>l’anagrafe comunale), l’Allegato G dimostrava <strong>la</strong> conclusione <strong>del</strong><br />

<strong>la</strong>voro corre<strong>la</strong>ndosi strettamente al<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> n. 3.1. (Carta <strong>del</strong><strong>la</strong> revisione di Pris – Variante Generale Intermedia); in<br />

questa sede le aree a servizi esistenti (individuate nel<strong>la</strong> precedente carta n. 2.1.) venivano confermate come zone SP, se<br />

ne reperivano di nuove a saturare il fabbisogno arretrato in una migliore e più equilibrata dotazione per tutti i Comprensori<br />

di Urbanizzazione e – mentre le SP confermate risultavano semplicemente perimetrate senza segna<strong>la</strong>zione numerica<br />

progressiva, essendo già state identificate nell’Allegato A – le nuove SP venivano perimetrate e numerate con rimando<br />

alle schede nell’Allegato G.<br />

<strong>Il</strong> saldo quantitativo risultava allora come segue: 1.131.355 (mq di zone SP esistenti) + 1.162.465 (mq di zone SP di<br />

nuovo reperimento) = 2.293.820 (mq complessivamente destinati a zone SP) – 1.257.102 (mq di fabbisogno virtuale,<br />

nel rapporto 18 mq/abitante insediato) = 1.036.718 (mq di cosiddetto «esubero»); ora, tale «esubero» in realtà non va<br />

considerato come dato aggregato ma, piuttosto, valutando le differenti situazioni dei vari Comprensori di Urbanizzazione:<br />

i) <strong>la</strong> maggiore quota era data, con mq 453.288, a Legino/Zino<strong>la</strong> ma qui ci si trovava nell’ambito <strong>del</strong> Peep e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

parte di città più attrezzata per lo sport, dove già prima <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia – a fronte di un fabbisogno virtuale di<br />

mq 128.808 – se ne constatavano 410.151 effettivamente esistenti; ii) anche a Chiappino/Mongrifone, anch’essa area di<br />

Peep, l’esubero era giustificato dal<strong>la</strong> pressoché saturata presenza di servizi: a fronte di 135.378 mq necessari, ne risultavano<br />

presenti 104.760; iii) in Oltre Letimbro – Foce (l’espansione oltre il torrente e parte di centro storico) v’era invece<br />

carenza di 33.232 mq, pur avendone reperiti ex novo 104.200; iv) anche in Oltre Letimbro – Vil<strong>la</strong>piana/Villetta una situazione<br />

analoga al<strong>la</strong> precedente: in questo caso con carenza di 47.763 mq, pur avendo reperito nuovi servizi SP per<br />

154.850 mq; v) l’esubero di 46.078 mq in città vecchia era determinato dal<strong>la</strong> sua forte infrastrutturazione come nodo<br />

centrale comprensoriale, ed era stato comunque doveroso reperire nuovi 22.275 mq; vi) a Valloria e Olivetta si concentrava<br />

un bacino territoriale nodale ai fini dei nuovi servizi puntuali: se ne destinavano 235.095 mq, e il fabbisogno precedente<br />

risultava cospicuo (55.602 mq coperti solo da 14.975 esistenti) mentre, a fronte dei nuovi 220.120, l’esubero<br />

diveniva di 179.493 mq; vii) a Lavagno<strong>la</strong> mancavano ancora 20.780 mq, essendosene potuti trovare solo 4.100; al Santuario<br />

non veniva localizzata alcuna nuova area destinata a SP, a fronte di un esubero preesistente (e ovvio) di 7.085<br />

mq; a Cadibona, dove non sussistevano servizi, se ne reperivano 62.500 mq e, infine, in tutto il bacino <strong>del</strong>le aree agricole<br />

e <strong>del</strong>le ferrovie si individuavano 366.250 mq, con un esubero pari a 364.694 mq; viii) si consideri infine che, poiché<br />

nelle zone F e I insistevano comunque costruzioni residenziali che determinavano un fabbisogno di servizi pubblici, esso<br />

era stato soddisfatto all’interno <strong>del</strong> corrispondente Comprensorio di urbanizzazione.<br />

29


5.3.4. Le zone F ex art. 4 sub 5) <strong>del</strong> Dim. 1444/1968: i servizi pubblici o d’uso pubblico d’interesse<br />

territoriale<br />

Ho già anticipato in precedenza come le zone F (ossia le attrezzature per l’istruzione superiore, le<br />

attrezzature sanitarie ospedaliere, i parchi urbani e territoriali) risultassero accettabilmente sufficienti<br />

per le prime due funzioni ma <strong>del</strong> tutto assenti per <strong>la</strong> terza; e oltretutto, con <strong>la</strong> decadenza quinquennale<br />

<strong>del</strong> vincolo, risultavano inefficaci le destinazioni apposte in modo esplicito dal Pris negli<br />

spazi extraurbani (in partico<strong>la</strong>r modo sulle zone F 27 e 31), per assenza di pianificazione attuativa e<br />

mancato esercizio <strong>del</strong>l’esproprio: era un amplissimo bacino spaziale ad assumere una parvenza di<br />

capacità insediativa (pur nei limiti <strong>del</strong>l’ultimo comma, art. 4, <strong>del</strong><strong>la</strong> L. 10/1977) e, pertanto, si presentava<br />

con urgenza <strong>la</strong> necessità di determinare l’effettiva destinazione urbanistica senza tuttavia<br />

incorrere nel<strong>la</strong> mera reiterazione <strong>del</strong> vincolo, il che – oltre a mal deporre sul<strong>la</strong> capacità progettuale<br />

<strong>del</strong>l’Amministrazione – avrebbe presumibilmente indotto notevole contenzioso per difetto di motivazione.<br />

In tal senso avevo ritenuto di far redigere preliminarmente, e solo per le zone F 27 e 33 (in quanto<br />

espressive dei due più grossi bacini così destinati nel comprensorio agricolo/forestale collinare e<br />

montano), <strong>del</strong>le analisi dettagliate di natura geologica e agronomica sul<strong>la</strong> base di un originale<br />

schema di interazioni cartografiche che avevo discusso lungamente con gli specialisti incaricati 66 ,<br />

ottenendone un mo<strong>del</strong>lo soddisfacénte per generalizzabilità teorica e puntualità applicativa (al punto<br />

da essere stato in grado di superare indenne <strong>la</strong> conflittuale fase <strong>del</strong>le osservazioni dei privati).<br />

Metti qui diagramma a p. 153 <strong>del</strong> volume “La fatica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>”<br />

Per il restante territorio extraurbano v’erano poi a disposizione le cospicue analisi <strong>del</strong> Ptcp e <strong>la</strong> sua<br />

carta prescrittiva (pur non vigendo ancora nel tempo di redazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia, avevo<br />

ritenuto di doverlo assumere in considerazione <strong>del</strong><strong>la</strong> sua prossima approvazione in Consiglio regionale):<br />

così, oltre agli approfondimenti prodotti per <strong>la</strong> nostra Variante sulle parti di suolo limitrofe<br />

all’aggregato urbano, tutto il territorio extraurbano risultava coperto da analisi in dettaglio e, in tal<br />

modo, risultava possibile coinvolgere tale spazio recependo il Ptcp e definendo il sistema <strong>del</strong>le nuove<br />

zone F in modi congrui al<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> dei valori <strong>del</strong>le risorse fisiche finite; a tal proposito, l’urgenza<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> problematica ambientale – che animò il dibattito urbanistico degli anni Ottanta fino a determinare<br />

<strong>la</strong> meritoria azione par<strong>la</strong>mentare conclusasi con <strong>la</strong> L. 431/1985 e con il conseguente obbligo alle<br />

Regioni di provvedere al<strong>la</strong> pianificazione territoriale paesistica – cominciava a divenire esigenza<br />

collettiva connaturata nel confronto amministrativo ligure; non poteva sottrarsi all’incombenza <strong>la</strong><br />

Variante intermedia <strong>del</strong> Pris e, poiché era già disponibile l’intero apparato analitico di Ptcp nel rapp.<br />

1/10.000, mi parve doveroso recepirlo sostituendo – all’indifferenziato vincolismo <strong>del</strong> Pris – i nuovi<br />

perimetri derivanti da tali basi conoscitive 67 , che coinvolsero: i) <strong>la</strong> disciplina <strong>del</strong>le zone Apn (agricole<br />

a protezione naturale, con indice fondiario max 0,001 mc/mq), per gli ambiti di Ptcp denominati<br />

Ani-Ma e per le porzioni <strong>del</strong>le ex F 27 e 33, assoggettate negli e<strong>la</strong>borati geologici al I grado di tute<strong>la</strong>;<br />

ii) <strong>la</strong> disciplina <strong>del</strong>le zone Ag (agricole con indice fondiario max 0,03 mc/ mq), per gli ambiti<br />

di Ptcp denominati Id-Co e Is-Ma; iii) <strong>la</strong> disciplina <strong>del</strong>le zone Ags (agricole speciali con prescrizioni<br />

paesistiche) per i suoli che non risultavano – nelle F27 ed F33 – da assoggettare a tute<strong>la</strong> geologica<br />

e che, inoltre, apparivano di proprietà privata; definendo altre modalità di tute<strong>la</strong> «attiva» mediante<br />

l’istituto <strong>del</strong><strong>la</strong> concessione edilizia convenzionata, per il coinvolgimento dei privati nel<strong>la</strong> salvaguardia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> vegetazione e secondo il più assoluto rispetto dei caratteri storici <strong>del</strong> territorio agricolo<br />

ligure); iv) un’unica zona F4 (parchi agricoli con processi di concentrazione e agglomerazione edi-<br />

66 Erano stati incaricati Fabrizio Del Nero per l’indagine <strong>del</strong><strong>la</strong> componente agronomica e Danie<strong>la</strong> Pattini con Giuliano<br />

Antonielli e Sira Cheli per l’indagine <strong>del</strong><strong>la</strong> componente geologico-ambientale.<br />

67 Si tratta dei seguenti ambiti <strong>del</strong> Piano territoriale di coordinamento paesistico: Ani-Ma = «assetti non insediati – regime<br />

di mantenimento»; Id-Co = «insediamenti diffusi – regime di conservazione»; Is-Ma = «insediamenti sparsi – regime<br />

di mantenimento».<br />

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lizia per il presidio umano <strong>del</strong>le componenti ambientali) nel<strong>la</strong> località Le Olmate, con indice fondiario<br />

max 0,03 mc/mq per realizzare attrezzature ricettive e congressuali, concentrando <strong>la</strong> volumetria<br />

ammissibile in un’unica agglomerazione; v) una zona SP per l’area dove annualmente si svolge <strong>la</strong><br />

fiera di S. Bartolomeo; vi) due distinte zone F3 (a parco territoriale) per lo spazio a settentrione <strong>del</strong><br />

nastro autostradale (nelle località «Madonna <strong>del</strong> Monte» e «Madonna degli Angeli», avviandone <strong>la</strong><br />

penetrazione nel tessuto edificato e connettendosi alle sottostanti zone SP e all’asta fluviale <strong>del</strong> Letimbro,<br />

anche attraverso le protezioni <strong>del</strong>le zone Apn); vii) il parco fluviale <strong>del</strong> Letimbro (suddiviso<br />

nei tre distinti ambiti spaziali di Corso Colombo, Piazza <strong>del</strong> Popolo/via Torino, via Crispi); viii) il<br />

nuovo polo sco<strong>la</strong>stico superiore, sdoppiato nel<strong>la</strong> piana di Legino (Paip) e al<strong>la</strong> Fontanassa; ix) il<br />

grande parco d’interesse sub/regionale di Cadibona – S. Bartolomeo, prevalentemente composto da<br />

aree di proprietà pubblica (Comune di Savona, Opere Sociali, Regione Liguria), con aree private nei<br />

cui confronti non avrebbe avuto luogo l’esproprio nel caso di convenzione per l’assoggettamento a<br />

uso pubblico dei suoli, nell’ambito <strong>del</strong>lo strumento urbanistico attuativo; <strong>la</strong> manovra territoriale <strong>del</strong><br />

parco di Cadibona – S. Bartolomeo coinvolgeva anche le infrastrutture di trasporto funiviario <strong>del</strong><br />

carbone, a partire dal<strong>la</strong> marina di Savona fino al confine comunale verso S. Giuseppe di Cairo (che,<br />

in caso di dismissione, ricadendo in regime ferroviario in concessione sarebbero tornate al<strong>la</strong> proprietà<br />

pubblica e avrebbero potuto essere riusate per il trasporto turistico); veniva anche coinvolta <strong>la</strong><br />

stazione dismessa di Sel<strong>la</strong>, sul<strong>la</strong> tratta Savona/Altare/S. Giuseppe, da usarsi (opportunamente ricostruita<br />

nell’ambito <strong>del</strong> parco) come testa <strong>del</strong>le corse-navetta da Savona in funzione di un trasporto<br />

teso a «territorializzare» <strong>la</strong> fruizione turistica rispetto al mero uso <strong>del</strong>le coste, così appesantite in periodo<br />

estivo.<br />

In tal senso, vorrei far rimarcare il grande ruolo naturalistico e di tute<strong>la</strong> assegnato dal<strong>la</strong> Variante intermedia<br />

al retroterra montano di Savona: il patrimonio boscato assumeva così una funzione attrattiva<br />

nei confronti di un turismo «leggero», dall’impatto territoriale control<strong>la</strong>to, mediante una organizzazione<br />

spaziale <strong>del</strong>le zone F3 in grado di aggregare un vasto bacino comprensoriale da gestirsi<br />

in un Consorzio tra Enti pubblici e proprietari privati, al pari di altri Organismi analoghi già esistenti<br />

in Liguria; attraverso tale partico<strong>la</strong>re disciplina degli ambienti naturali, il Comune di Savona si<br />

trovava così a rigettare il vincolo passivo «a non fare» entrando nel<strong>la</strong> nuova ottica <strong>del</strong> vincolo attivo<br />

«a fare», sul<strong>la</strong> base di una gestione plurima pubblico/privata dove le risorse fisiche potessero giocare<br />

il loro ruolo di fruizione collettiva, dove i suoli – ancorché privati – provvedessero a concorrervi,<br />

dove <strong>la</strong> vegetazione fosse mantenuta al meglio anche convogliandovi fondi pubblici.<br />

5.3.5. I meriti <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia per Savona: una sintesi<br />

Se mi si permette qualche schematismo, m’era parso che il nuovo strumento fosse identificabile<br />

come il <strong>piano</strong> dei «valori ambientali», dei «servizi pubblici diffusi e puntualmente individuati», <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

«flessibilità gestionale» e <strong>del</strong><strong>la</strong> «gestione programmata»; in partico<strong>la</strong>re, esso appariva come:<br />

a) un <strong>piano</strong> dei valori ambientali; in effetti risultava il primo in Liguria a recepire interamente le<br />

prescrizioni <strong>del</strong> Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico aumentando il vincolo sulle zone F,<br />

e in partico<strong>la</strong>re sui parchi territoriali, da 0 metri quadri – tanta era <strong>la</strong> quantità di spazi effettivamente<br />

utilizzabili per tale destinazione, ai di là dei colori verdi sul<strong>la</strong> carta – a 13 milioni di metri quadri,<br />

quasi tutti di proprietà pubblica o di privati che, senza cedere <strong>la</strong> loro proprietà, avrebbero potuto<br />

convenzionarsi col comune: sul<strong>la</strong> falsariga <strong>del</strong> parco <strong>del</strong> monte di Portofino, qui si sarebbe potuta<br />

allestire un’agenzia mista, pubblico/privata, per gestire i 1.267 ha <strong>del</strong> parco di Cadibona facendone<br />

un vero sistema verde tute<strong>la</strong>to d’interesse regionale, che avrebbe potuto successivamente aumentare<br />

di molto se <strong>la</strong> Regione Liguria, in sede di approvazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia, avesse posto il<br />

vincolo anche sulle limitrofe aree in comune di Albiso<strong>la</strong> Superiore, alle sorgenti <strong>del</strong> Sansobbia e a<br />

Ellera (fatto che trovò sempre <strong>la</strong> pervicace opposizione di quel comune); ma non voglio dimenticare<br />

gli altri due parchi di Madonna <strong>del</strong> Monte (35.750 mq) e Madonna degli Angeli (350.000 mq), che<br />

penetravano direttamente nel nostro agglomerato urbano, né il parco fluviale <strong>del</strong> Letimbro che avrebbe<br />

dovuto essere progettato favorendo <strong>la</strong> riorganizzazione di tutte le aree urbane che vi si affac-<br />

31


ciano; non voglio neanche dimenticare che, decaduti i vincoli sulle zone F sopra l’Autostrada, avevo<br />

posto rimedio prima di tutto destinando a zone Apn (agricole a protezione naturale, con indice<br />

edificatorio quasi nullo) le parti fragili idrogeologicamente e «inventando» nel<strong>la</strong> restante fascia le<br />

zone Ags (agricole speciali), con prescrizioni di tute<strong>la</strong> <strong>del</strong> paesaggio e dove l’indice agricolo di 0,03<br />

mc/mq veniva mitigato – in modo che non determinasse un insediamento troppo sparso e ambientalmente<br />

massacrante – intanto con l’obbligo di convenzione per tute<strong>la</strong>re <strong>la</strong> vegetazione e gli ambienti<br />

tipici <strong>del</strong><strong>la</strong> collina ligure, e inoltre con l’asservimento – per ogni intervento – di un lotto minimo<br />

di 10.000 mq con volume massimo non superiore a 500 mc (se di edilizia sparsa) e 2.500 mc<br />

(se di edilizia aggregata con tipologia di borgo tradizionale ligure);<br />

b) un <strong>piano</strong> dei servizi pubblici diffusi e puntualmente individuati: mentre nel vecchio Pris 1977 le<br />

zone «S cerchiate» non rappresentavano dei veri vincoli a servizi, poiché rinviavano costantemente<br />

ai piani attuativi per <strong>la</strong> loro puntuale individuazione, in questa nostra Variante intermedia avevamo<br />

reperito 1.131.000 mq di servizi in atto ma anche 1.162.000 mq di nuovi servizi, portando <strong>la</strong> dotazione<br />

complessiva di Savona a 2.293.000 mq: tutti localizzati esattamente dove occorrevano, quasi<br />

tutti reperiti per lo più su aree già pubbliche in modo da limitare i danni <strong>del</strong>l’esproprio ai privati,<br />

tutti comunque utili ai cittadini per innalzare il livello urbano e <strong>la</strong> corrispondente qualità di vita;<br />

c) un <strong>piano</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> flessibilità gestionale: un apparato normativo ocu<strong>la</strong>to permetteva agli operatori di<br />

accedere a piani esecutivi molto più ridotti dimensionalmente di quelli precedenti, veniva inoltre istituito<br />

il nuovo strumento istruttorio <strong>del</strong>lo Schema di Assetto Urbanistico, utile per inquadrare gli<br />

interventi privati in ambiti urbani complessivi, e gli stessi privati avrebbero potuto realizzare servizi<br />

pubblici sulle aree a ciò vinco<strong>la</strong>te e di loro proprietà (in tal caso non venendo espropriati e, all’un<br />

tempo, permettendo all’Amministrazione di raggiungere lo scopo collettivo <strong>del</strong> servizio all’utenza;<br />

d) infine, un <strong>piano</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> gestione programmata: ancora nelle norme d’attuazione (e quindi con valore<br />

fortemente impegnativo per il Comune) erano elencati tutti i «progetti prioritari» che avrebbero<br />

dovuto essere avviati in tempi brevi: i) il nuovo Rego<strong>la</strong>mento edilizio cittadino; ii) il Sistema Informativo<br />

Edilizio Urbanistico Comunale che doveva, oltre che sveltire <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong>le pratiche<br />

edilizie, allestire il monitoraggio e garantire <strong>la</strong> processualità di <strong>piano</strong>; iii) l’istituzione <strong>del</strong> Consorzio<br />

di iniziativa mista (pubblica/privata) per attivare il parco sub/regionale di Cadibona; iv) il <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato<br />

<strong>del</strong> parco fluviale <strong>del</strong> Letimbro; v) il <strong>piano</strong> <strong>del</strong> colore e <strong>del</strong>l’arredo urbano, vi) gli inventari<br />

di tute<strong>la</strong> dei beni culturali nel territorio non urbanizzato; vii) l’impegno per l’informazione<br />

urbanistica dei cittadini e degli operatori, attraverso una col<strong>la</strong>na di materiali a <strong>la</strong>rga diffusione che<br />

contenessero carte, dati, argomenti tali da garantire <strong>la</strong> trasparenza degli atti urbanistici e <strong>la</strong> coscienza<br />

dei «diritti abitativi» <strong>del</strong><strong>la</strong> cittadinanza.<br />

Quindi, per concludere, questa Variante intermedia intendeva rivendicare il ruolo preminente <strong>del</strong><br />

Comune per assumere <strong>la</strong> guida dei processi di trasformazione, riorganizzazione, riuso <strong>del</strong><strong>la</strong> città esistente,<br />

incentivando al contempo <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> <strong>del</strong>le risorse fisiche, paesistiche, ambientali <strong>del</strong>lo spazio<br />

collinare e montano non urbanizzato; <strong>la</strong> Variante Intermedia, ancora, intendeva incentivare gli operatori<br />

privati nel concorso al<strong>la</strong> riorganizzazione urbana, garantendo tuttavia – nel rispetto dei reciproci<br />

interessi, pubblici e privati – <strong>la</strong> preminenza <strong>del</strong>l’interesse collettivo; cominciando nel frattempo<br />

quell’ottimizzazione degli apparati amministrativi comunali <strong>del</strong>l’urbanistica e <strong>del</strong>l’edilizia che<br />

avrebbe potuto raggiungere un livello di efficienza pubblica, tale da rispondere in tempo reale ai<br />

fabbisogni locali.<br />

6. La prosecuzione <strong>del</strong> <strong>la</strong>voro: l’apparato analitico urbano<br />

L’adozione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale intermedia (avvenuta il 12 marzo 1990) e <strong>la</strong> successiva istruttoria<br />

<strong>del</strong>le osservazioni ex art. 9 <strong>del</strong><strong>la</strong> L. 1150/1942, effettuata dall’agosto al settembre 1990, evidenziarono<br />

due sostanziali fattori che, in passato. non avevano potuto trovare una piena valutazione e <strong>la</strong><br />

conseguente risposta d’ordine amministrativo, e che balzavano prepotentemente all’attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Giunta proprio in virtù <strong>del</strong> grande sforzo prodotto nel ristretto tempo assegnato per predisporre questo<br />

provvedimento urbanistico:<br />

32


a) il comune di Savona si ritrovava il carico maggiore (e, si potrebbe dire, il ruolo guida, almeno<br />

sotto il profilo procedimentale) riguardo a tutti gli altri comuni componenti il comprensorio (Albiso<strong>la</strong><br />

Superiore, Albisso<strong>la</strong> Marina, Bergeggi, Quiliano, Vado Ligure); difatti al sindaco <strong>del</strong> capoluogo<br />

competeva <strong>la</strong> convocazione periodica <strong>del</strong><strong>la</strong> conferenza comprensoriale e, pertanto, al Settore urbanistica<br />

di questo comune spettava <strong>la</strong> predisposizione <strong>del</strong>le incombenze più gravose d’ordine amministrativo,<br />

di coordinamento e di verifica <strong>del</strong> <strong>piano</strong>; tuttavia, nonostante nel V comma <strong>del</strong>l’art. 4<br />

<strong>del</strong>le norme d’attuazione <strong>del</strong> Pris fosse stato espressamente prescritto che «(omissis) dovrà provvedersi<br />

al<strong>la</strong> istituzione di un’apposita sezione urbanistica comprensoriale», non solo essa non fu mai<br />

istituita per le note carenze d’organico ma, addirittura, quello esistente risultava gravemente sottodotato<br />

68 ;<br />

b) oltre ai problemi finora evidenziati, imputabili al<strong>la</strong> «gestione ordinaria» <strong>del</strong> Settore urbanistica,<br />

esso si era rive<strong>la</strong>to impotente – per l’entità <strong>del</strong> suo quadro organico – anche riguardo al<strong>la</strong> «gestione<br />

straordinaria», vale a dire allo sforzo richiesto a cavallo tra il 1989 e il 1990 per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Variante generale intermedia e per le incombenze istruttorie derivanti dalle controdeduzioni; difatti,<br />

nel caso <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante, a fronte <strong>del</strong> ridotto organico 69 l’Amministrazione non poteva che ricorrere a<br />

prestazioni esterne 70 ma, soprattutto, ciò che più preoccupò era il fatto che quanto sembrava allora<br />

gestione straordinaria sarebbe divenuto molto a breve gestione ordinaria: s’intende dire che il futuro<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione <strong>intercomunale</strong> savonese – che, come abbiamo visto finora, era stata sottoposta a<br />

revisione molto intensa negli ultimi mesi – avrebbe dovuto entrare in una dimensione di processualità<br />

ove l’impegno «straordinario» doveva trasformarsi in «ordinario» processo di controllo, monitoraggio,<br />

verifica permanente dei fattori sociali che – variando d’intensità nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione<br />

economico-produttiva e insediativa 71 – dovevano indurre (almeno, nel<strong>la</strong> proposta di chi scrive)<br />

68 Dal<strong>la</strong> ricerca «Rilevazione <strong>del</strong>le posizioni organizzative e dei processi produttivi» prodotta nel marzo 1990 per il comune<br />

di Savona dal Gruppo Soi S.p.A. di Torino emergeva addirittura che: i) gli addetti al Settore urbanistica rappresentavano,<br />

in n. di 25 (comprendendovi anche l’Ufficio extradipartimentale casa), solo il 3,9% <strong>del</strong> totale comunale (oltretutto<br />

considerando che, al<strong>la</strong> pianificazione urbanistica vera e propria, gli addetti risultavano pochissimi, essendo i rimanenti<br />

dedicati all’istruttoria <strong>del</strong>le pratiche di edilizia privata, al ri<strong>la</strong>scio <strong>del</strong>le autorizzazioni e concessioni, al condono,<br />

all’edilizia popo<strong>la</strong>re, ecc.), rispetto, per esempio, all’8,0% di addetti nel Settore <strong>la</strong>vori pubblici o al 4,6% <strong>del</strong><strong>la</strong> Segreteria<br />

generale; ii) a fronte dei 25 addetti formalmente assegnati al Settore, l’impegno «profuso nell’erogazione <strong>del</strong><br />

servizio durante il 1989» era pari a 20,80 addetti equivalenti contro un’entità di 22,55 figure effettivamente presenti: un<br />

rapporto, quindi, ancora inferiore al già ridotto organico di Settore e al quale comunque veniva sopperito con un indice<br />

di efficienza pari a 125, assai vicino al<strong>la</strong> soglia comunale di 128,68 e con un tasso di assenteismo (pari allo 0,05%) assai<br />

più basso <strong>del</strong>lo 0,10% comunale; iii) anche il livello di automazione risultava poi partico<strong>la</strong>rmente menomato: pari, appunto,<br />

al tasso di 0,04 contro lo 0,80 <strong>del</strong> Settore programmazione o lo 0,17 <strong>del</strong> Settore affari legali e avvocatura; iv) per<br />

non par<strong>la</strong>re <strong>del</strong><strong>la</strong> distribuzione tastiere, pari all’1,7% contro il 20,7% <strong>del</strong><strong>la</strong> programmazione o il 10,3% dei <strong>la</strong>vori pubblici;<br />

v) il che, in buona sostanza, permetteva di concludere che l’organico <strong>del</strong> Settore era <strong>del</strong> tutto sottodimensionato<br />

anche soltanto se rapportato a un puro ruolo di gestione urbanistica <strong>del</strong> Pris, né esso sembrava in grado di assolvere –<br />

per esiguità <strong>del</strong> personale specificamente dedicato al<strong>la</strong> materia urbanistica – ai più gravosi carichi di gestione che si sarebbero<br />

riversati in seguito all’approvazione regionale <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia.<br />

69 Oltre al capo Settore (oltretutto facente funzione), era composto da un <strong>la</strong>ureato tecnico con mansioni di e<strong>la</strong>borazione<br />

dati, da un diplomato tecnico con compiti di coordinamento operativo, da due disegnatori e da un impiegato amministrativo<br />

con attività di operatore al<strong>la</strong> tastiera (in totale, solo sei dipendenti impiegati a tempo pieno, con elevatissima<br />

mole di <strong>la</strong>voro straordinario).<br />

70 Né si sarebbe potuto ipotizzare a breve un ampliamento sostanziale <strong>del</strong>l’organico se non mediante spostamenti interni<br />

di tecnici provenienti da altri Settori, il che non sembrava assolutamente praticabile proprio a causa <strong>del</strong>l’analogo loro<br />

sottodimensionamento (pur con intensità differente tra Settore e Settore; e comunque a motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> generale contrazione<br />

d’organico che il comune di Savona era costretto ad accusare, difficilmente colmabile appieno in quel momento vista<br />

<strong>la</strong> condizione <strong>del</strong><strong>la</strong> finanza locale e <strong>del</strong>le manovre governative di ridimensionamento <strong>del</strong> deficit pubblico; neanche in<br />

tempi stretti sembrava possibile contare più di tanto sul prossimo arrivo al Settore di un nuovo <strong>la</strong>ureato con funzioni di<br />

capo ufficio, né sul concorso pubblico in itinere al<strong>la</strong> funzione di capo Settore: anche ove il primo fosse pervenuto<br />

nell’ottobre e il concorso per il secondo fosse stato esperito compiutamente entro il 1991, sarebbe avvenuto solo un processo<br />

di miglior redistribuzione di carichi ripartiti tra un organico già troppo ridotto (soprattutto a livello di quadri di<br />

base e intermedi) per poter trarre giovamento dall’arrivo di due nuovi <strong>la</strong>ureati.<br />

71 Né poi si potevano omettere le risultanze <strong>del</strong>l’indagine <strong>del</strong> Censis, da cui era emerso che <strong>la</strong> flessione demografica in<br />

Savona superava l’intensità di quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’intero centro-nord (– 2,5% contro – 1,2%) e che il tasso di natalità savonese<br />

(<strong>del</strong> 6%) era di molto inferiore al 9% <strong>del</strong>le restanti province <strong>del</strong> nord-ovest, mentre per contro il tasso di mortalità si ag-<br />

33


l’assunzione di provvedimenti urbanistici di variazione in tempo reale.<br />

Infine, <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia 1990 avrebbe addossato al Settore urbanistica <strong>la</strong> seguente<br />

mole di incombenze, proprio in termini – come s’è detto – di futura attività ordinaria: i)<br />

l’analisi dettagliata di tutto il patrimonio edilizio, al fine di adottare i più opportuni provvedimenti<br />

di governo flessibile degli interventi; ii) l’approntamento preliminare e l’attivazione <strong>del</strong> Sieuc (Sistema<br />

informativo edilizio urbanistico comunale), ivi compresa l’automazione <strong>del</strong><strong>la</strong> gestione edilizia;<br />

iii) il monitoraggio urbanistico, mediante l’istituzione di un apposito servizio di rilevamento<br />

permanente <strong>del</strong>le variabili socio-economiche e insediative concorrenti a individuare le fasi e le modalità<br />

di cambiamento <strong>del</strong><strong>la</strong> struttura urbana, con l’assunzione <strong>del</strong>le re<strong>la</strong>tive varianti di <strong>piano</strong>; iv) <strong>la</strong><br />

redazione <strong>del</strong>l’inventario per <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> dei beni culturali e ambientali <strong>del</strong> territorio non urbanizzato;<br />

v) l’estensione <strong>del</strong>le analisi geo-agro-ambientali a tutto lo spazio extra-urbano, e l’approfondimento<br />

a sca<strong>la</strong> locale <strong>del</strong> <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento paesistico; vi) <strong>la</strong> formazione dei piani esecutivi<br />

<strong>del</strong> parco sub/regionale di Cadibona, dei parchi comunali <strong>del</strong>le zone F2 e <strong>del</strong> parco fluviale <strong>del</strong> Letimbro.<br />

Come si sarà constatato, le operazioni erano molte; e, senza <strong>la</strong> velleità di volerle concludere tutte<br />

entro breve tempo, sembrava tuttavia opportuno cominciarne senz’altro alcune entro il 1991 (in base<br />

alle priorità proposte dall’Amministrazione), anche tentando di portarle sufficientemente avanti<br />

nell’anno in modo da poter condurre all’attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> cittadinanza i primi risultati; ciò era tuttavia<br />

impossibile col solo apporto <strong>del</strong> Settore urbanistica 72 e, pertanto, l’Amministrazione decise di<br />

attivare mediante gara esterna il cosiddetto Sieuc 73 affinché, sul<strong>la</strong> base <strong>del</strong>le analisi allestibili sul<br />

patrimonio edilizio, fosse possibile approntare il più opportuno bagaglio conoscitivo per procedere<br />

al<strong>la</strong> revisione generale <strong>del</strong> Pris per Savona 74 .<br />

girava attorno al 13% contro 1’11% (quindi cresceva l’entità <strong>del</strong>le fasce demografiche più estreme, e ciò avrebbe creato<br />

ulteriori problemi per <strong>la</strong> gestione dei servizi pubblici); anche <strong>la</strong> questione occupazionale non sembrava sottovalutabile:<br />

era ca<strong>la</strong>to 1/4 degli addetti all’industria nell’ultimo decennio, appariva raddoppiata <strong>la</strong> quota degli iscritti al collocamento<br />

(soprattutto giovani in cerca di prima occupazione, nel 1981 = 2.245, nel 1988 = 4.660, con variazione % addirittura<br />

di + 107,5), e comunque tutto l’assetto strutturale comprensoriale stava, meno lentamente di quanto si ritenesse, cambiando<br />

in profondità.<br />

72 Sembrò allora indispensabile a chi scrive, nel<strong>la</strong> sua veste di consulente <strong>del</strong>l’Amministrazione, proporre <strong>la</strong> richiesta di<br />

un contributo <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong><strong>la</strong> Difesa mediante l’ampliamento <strong>del</strong> quadro dei prestatori di servizio civile, ipotizzando<br />

l’estensione <strong>del</strong>l’apposita convenzione e richiedendo 4 nuovi obiettori i quali, concorrendo alle finalità pubbliche e di<br />

alto valore sociale perseguite dal Settore urbanistica, potessero col<strong>la</strong>borarvi in attività di ricerca tecnica sul<strong>la</strong> base dei<br />

seguenti requisiti: i) un <strong>la</strong>ureato in scienze <strong>del</strong><strong>la</strong> terra o scienze forestali o scienze agronomiche (funzione: analisi geoagro-ambientali,<br />

ivi compresa <strong>la</strong> loro rappresentazione cartografica e <strong>la</strong> fondazione dei re<strong>la</strong>tivi inventari); ii) due <strong>la</strong>ureati<br />

in architettura o ingegneria o pianificazione territoriale e urbanistica (funzione: analisi edilizie, urbanistiche e dei beni<br />

culturali e ambientali, ivi compresa <strong>la</strong> loro rappresentazione cartografica e <strong>la</strong> formazione dei re<strong>la</strong>tivi inventari); iii) un<br />

diplomato geometra o perito edile (funzione: rappresentazione cartografica <strong>del</strong>le analisi e formazione dei re<strong>la</strong>tivi inventari).<br />

Per inerzia <strong>del</strong>l’Amministrazione comunale furono omesse le procedure necessarie all’ampliamento <strong>del</strong><strong>la</strong> dotazione<br />

organica di obiettori, e pertanto tutte le attività di ricognizione avrebbero dovuto essere affidate all’esterno e gravare<br />

per l’interezza <strong>del</strong><strong>la</strong> loro spesa sul bi<strong>la</strong>ncio comunale.<br />

73 40. <strong>Il</strong> Sieuc (Sistema informativo edilizio urbanistico comunale) doveva costituire il serbatoio di conoscenza indispensabile<br />

per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> nuovo <strong>piano</strong> comunale, che avrebbe dovuto essere concluso non oltre il 1995 per obbligo<br />

derivante dal<strong>la</strong> Lr. 30/1992; esso nasceva in attuazione <strong>del</strong>l’art. 29 <strong>del</strong>le norme <strong>del</strong><strong>la</strong> variante intermedia al Pris, e rappresentava<br />

uno dei cosiddetti «progetti prioritari» che – come affermava <strong>la</strong> <strong>del</strong>ibera di consiglio <strong>del</strong> 4 luglio 1990 che<br />

l’aveva istituito – avrebbe dovuto permettere «da un <strong>la</strong>to di sottoporre ad azioni di monitoraggio urbanistico tutte le<br />

componenti edificate <strong>del</strong> territorio, in modo da conoscere in tempo reale tutta l’artico<strong>la</strong>ta problematica <strong>del</strong>le trasformazioni<br />

edilizie e socio-economiche; e, dall’altro <strong>la</strong>to, di ottimizzare l’azione <strong>del</strong>l’attività edificatoria sveltendo<br />

l’istruttoria <strong>del</strong>le pratiche e automatizzando il ri<strong>la</strong>scio dei conseguenti provvedimenti concessori e autorizzativi». Così<br />

l’attività <strong>del</strong> Sieuc si era posta il duplice obiettivo di attivare le analisi affinché un’accurata conoscenza <strong>del</strong> territorio<br />

comunale potesse suggerire i più opportuni interventi urbanistici, e d’ammodernare un settore <strong>del</strong>l’Amministrazione –<br />

quello edilizio – dove l’efficienza e <strong>la</strong> celerità divenivano doti fondamentali per l’economia cittadina coinvolta.<br />

74 Pertanto, il 21 gennaio 1992 (essendo sindaco Armando Magliotto, assessore all’urbanistica Sergio Tortarolo e consulente<br />

urbanistico chi scrive), <strong>la</strong> giunta <strong>del</strong>iberava di incaricare Automa di Genova per l’e<strong>la</strong>borazione automatica e <strong>la</strong><br />

rappresentazione cartografica <strong>del</strong> Sieuc, e Geoteam di Savona per le incombenze geologico-ambientali derivanti dal<strong>la</strong><br />

applicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Circo<strong>la</strong>re regionale <strong>del</strong> 17 gennaio 1990; tali attività trovarono compimento nell’arco <strong>del</strong> 1992-1993<br />

(in cui sindaco era divenuto Sergio Tortarolo, assessore all’urbanistica Massimo Zunino e consulente chi scrive, a cui <strong>la</strong><br />

34


<strong>Il</strong> <strong>la</strong>voro di seguito descritto rappresenta l’integrazione tra conoscenze edilizie puntuali e cartografia<br />

catastale aggiornata; tale procedura di sintesi, realizzata col supporto informatico, permise <strong>la</strong> produzione<br />

di copiosa cartografia tematica come espressione <strong>del</strong> complesso patrimonio conoscitivo, e avrebbe<br />

potuto ritenersi fase conclusiva <strong>del</strong>le analisi indispensabili per <strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> nuovo <strong>piano</strong><br />

<strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> generale di Savona rappresentando, a parere di chi scrive, già un accettabile livello analitico<br />

al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> urbana, e potendo quindi essere considerato un prodotto «compiuto»: proprio a partire<br />

da tale materiale di conoscenza (<strong>del</strong> tutto completo ed esaustivo) avrebbe potuto in breve tempo essere<br />

approntato il nuovo <strong>piano</strong> comunale di Savona, ma <strong>la</strong> repentina caduta <strong>del</strong><strong>la</strong> Giunta «progressista»<br />

(peraltro già minata da qualche tempo, a causa di profondi disaccordi interni di programma), il<br />

mancato rinnovo <strong>del</strong>l’incarico di consulenza a chi aveva già tanto <strong>la</strong>vorato per porre le basi <strong>del</strong><br />

nuovo <strong>piano</strong>, <strong>la</strong> secca sconfitta elettorale <strong>del</strong>le sinistre e <strong>la</strong> nuova Giunta di centro-destra allontanarono<br />

definitivamente quel castello processuale che per tentativi discontinui, modalità interrotte, brani<br />

di un discorso incompiuto aveva collocato gradi di razionalità in un mondo politico che probabilmente<br />

li rifuggiva proprio; col grave risultato <strong>del</strong><strong>la</strong> più assoluta reiezione di tutti i materiali fino<br />

allora prodotti e <strong>del</strong><strong>la</strong> scelta di bandire una gara per un nuovo <strong>piano</strong>, in applicazione <strong>del</strong>l’art. l <strong>del</strong><br />

D.Lgs. 157/1995 (il che attesta di un valore <strong>del</strong><strong>la</strong> prestazione professionale comunque «pari o superiore<br />

a 200.000 Ecu, Iva esclusa» quando, con qualche decina di milioni, sarebbe stato possibile<br />

concludere il nuovo <strong>piano</strong> sul<strong>la</strong> scorta di tutti i materiali analitici che. più oltre verranno descritti),<br />

ricominciando tutto da capo come se Savona non avesse avuto storia urbanistica e come se le vicende<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia e <strong>del</strong>le successive analisi non fossero mai avvenute.<br />

Ma questi sono comportamenti ricorrenti in questa nostra bizzarra disciplina, né vale recriminare<br />

più di tanto: morto un re se ne fa un altro, e quasi mai càpita che l’urbanista di un re continui a essere<br />

tale per quell’altro; effettuiamo piuttosto, per concludere il nostro resoconto con finalità quasi didattiche,<br />

un’escursione tecnica nei prodotti che il Sieuc era riuscito a provvedere.<br />

6.1. La costruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> base conoscitiva <strong>del</strong> Sieuc e <strong>del</strong><strong>la</strong> cartografia analitica per il nuovo <strong>piano</strong><br />

<strong>Il</strong> <strong>la</strong>voro di conoscenza re<strong>la</strong>tivo ai circa 450 ha e ai 62.000 abitanti considerati fu sviluppato, nel<strong>la</strong><br />

sua parte conclusiva, con tecnologie informatiche.<br />

La scelta degli uffici comunali e dei consulenti (in quest’ultima fase, chi scrive e Silvano Tintori,<br />

anche impegnato 75 nel<strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato <strong>del</strong> vuoto urbano più centrale di Savona,<br />

quello <strong>del</strong><strong>la</strong> zona S11 Oltreletimbro, egualmente sfortunato giacché il suo <strong>piano</strong> venne dimenticato<br />

in un cassetto) aveva al<strong>la</strong> fine fatto optare per l’utilizzo di una struttura esterna specializzata<br />

nello sviluppo di procedure informatiche di gestione dei sistemi informativi territoriali, nel<strong>la</strong> consapevolezza<br />

che l’attività impostata richiedesse trattamenti personalizzati che difficilmente potevano<br />

trovarsi a basso costo nei pacchetti software fino allora in commercio.<br />

I dati raccolti e/o aggiornati erano stati rilevati su una scheda informativa cartacea, provvedendo al<br />

contempo all’aggiornamento <strong>del</strong><strong>la</strong> base cartografica catastale e, quindi, aggiungendo le informazioni<br />

già in possesso <strong>del</strong> comune (sull’assetto proprietario, sulle dinamiche anagrafiche, sulle attività<br />

economiche, sull’entità <strong>del</strong><strong>la</strong> tassa rifiuti solidi urbani e degli altri tributi comunali, sulle statistiche<br />

Istat e, più in generale, tutti i dati informatizzati esistenti e ritenuti di interesse urbanistico i quali,<br />

definiti per comodità «data base archivio», avrebbero dovuto essere rie<strong>la</strong>borati appositamente per<br />

comporre un unico archivio informativo alfa-numerico re<strong>la</strong>tivo al patrimonio edilizio e urbanistico<br />

comunale).<br />

Alcune precisazioni necessarie: i) <strong>la</strong> base dei dati ricopriva il territorio urbanizzato <strong>del</strong> comune di<br />

Savona rinserrato dai confini comunali a est di Albisso<strong>la</strong> Marina e a ovest di Vado Ligure, dal trac-<br />

Giunta aveva affiancato il prof. Silvano Tintori) con il capo settore urbanistica Franca Benfereri, con l’unità operativa<br />

pianificazione territoriale (Marinel<strong>la</strong> Cavicchi, Silvia Lippi, Ennio Rossi, Furio Silvano) e con il cantiere-scuo<strong>la</strong> «Rilievo<br />

patrimonio edilizio» che, giovandosi di un contributo misto regione/comune, aveva effettuato tutte le ricerche di base<br />

sul tessuto edificato.<br />

75 Insieme all’arch. Nicolò Campora.<br />

35


ciato autostradale a nord e dal<strong>la</strong> costiera marina a sud; ii) gli elementi edilizi e urbanistici rilevati<br />

dal cantiere scuo<strong>la</strong> coinvolgevano tutti i mappali catastali compresi in tale bacino, esclusi gli spazi<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> viabilità e, più in generale, gli insediamenti sparsi; iii) tutti gli elementi di rilievo venivano<br />

strutturati in base dati secondo l’entità minima definita dai mappali catastali, individuati dal numero<br />

di foglio di mappale; iv) ogni scheda si riferiva a uno o più mappali atti a definire una «Unità Fondiaria»<br />

(U.F.) riconosciuta come entità territoriale omogenea per i suoi elementi edilizi e urbanistici,<br />

e associata in modo univoco a una porzione spaziale finita e continua; v) per i caratteri <strong>del</strong>l’archivio<br />

informativo strutturato <strong>la</strong> base cartografica scelta risultava quel<strong>la</strong> catastale, giudicata idonea a individuare<br />

tutti gli elementi edilizi e urbanistici rilevati.<br />

La scelta <strong>del</strong>l’entità minima di riferimento, pertanto, appariva in via preliminare vinco<strong>la</strong>nte per i<br />

contenuti <strong>del</strong><strong>la</strong> pianificazione, ingenerando <strong>la</strong> possibilità <strong>del</strong>l’apposizione di una potenziale e specifica<br />

destinazione d’uso «a grana fina» (tutto il contrario, cioè, <strong>del</strong>le macrozone di Pris che ho lungamente<br />

criticato in questo scritto); ricordiamo che l’attività di rilevamento e catalogazione, consistente<br />

in 4.607 schede riferite ad altrettante unità fondiarie composte dall’aggregazione di 8.498<br />

mappali catastali, aveva avuto luogo contemporaneamente all’aggiornamento manuale <strong>del</strong><strong>la</strong> cartografia<br />

catastale con l’aggiunta, sul medesimo supporto cartaceo, <strong>del</strong>le informazioni toponomastiche<br />

e <strong>del</strong>le correzioni re<strong>la</strong>tive alle variazioni subìte nel tempo dai confini dei lotti nel corso <strong>del</strong> completamento;<br />

avevamo così costruito una «parcellizzazione» <strong>del</strong> territorio urbanizzato in parte sicuramente<br />

discostata dall’assetto catastale (poco aggiornato e inattendibile), ma ben collegata al<strong>la</strong> toponomastica<br />

urbana quale base di riferimento per tutte le successive e<strong>la</strong>borazioni, ed efficace per lo<br />

scopo primario di conoscere <strong>la</strong> «forma» <strong>del</strong>l’area urbanizzata savonese, dove ogni mappale compreso<br />

nell’aggiornamento cartografico possedeva come riferimento descrittivo alfa-numerico una scheda<br />

re<strong>la</strong>tiva all’Unità Fondiaria a cui si riferiva, dando così origine al<strong>la</strong> produzione di 31 fogli al<strong>la</strong><br />

sca<strong>la</strong> 1:2.000 e 14 al 5.000.<br />

6.2. Le modalità d’informatizzazione<br />

Diamo conto ora di un «passaggio» pensato per redigere in automatico <strong>la</strong> cartografia tematica necessaria,<br />

dove erano stati affrontati i problemi re<strong>la</strong>tivi: a) al<strong>la</strong> mappatura dei dati conoscitivi raccolti<br />

nel<strong>la</strong> scheda di rilevamento diretto; b) al collegamento dei dati-archivio con il data base realizzato<br />

dal cantiere scuo<strong>la</strong>; c) al<strong>la</strong> possibilità di effettuare analisi e calcoli statistici; d) al<strong>la</strong> possibilità di<br />

scegliere e tratteggiare gli elementi analizzati; e) all’opportunità di realizzare carte tematiche tridimensionali.<br />

Le funzioni individuate, che non avremmo potuto compiere manualmente neppure con un <strong>la</strong>voro<br />

più lungo, non necessitavano oltretutto di alcuna procedura di controllo on line nello stesso ambiente<br />

grafico: anzi, data <strong>la</strong> mole dei dati da e<strong>la</strong>borare era apparso utile e necessario sviluppare procedure<br />

di calcolo e mappatura dei valori off line, da <strong>la</strong>nciare in assenza <strong>del</strong>l’operatore.<br />

Analizzando a una a una tali funzioni si può meglio individuare <strong>la</strong> logica <strong>del</strong> funzionamento <strong>del</strong> sistema<br />

76 : a) l’operazione di raccolta dei dati era stata riversata nel<strong>la</strong> scheda42 <strong>del</strong>l’U .P. e nel suo<br />

76 Vediamo ora in dettaglio tutte le voci compi<strong>la</strong>te nell’opera di schedatura; alcune d’esse possono venire definite «di riconoscimento»<br />

o, meglio, «individuativi» <strong>del</strong><strong>la</strong> porzione territoriale analizzata (U.F.), consistendo in: i) dati individuativi<br />

dal<strong>la</strong> scheda: numero scheda; numero scheda cartacea (associato al numero di iso<strong>la</strong>to); ii) dati individuativi amministrativi<br />

e statistici: numero di iso<strong>la</strong>to; numero di sezione censuaria; iii) dati individuativi catastali: foglio catastale; mappale<br />

catastale principale <strong>del</strong>l’unità fondiaria individuata; eventuali mappali aggregati facenti parte <strong>del</strong>l’unità fondiaria<br />

individuata; iv) dati individuativi toponomastici: vie, piazze, toponimi, con re<strong>la</strong>tivi numeri civici.<br />

Nel<strong>la</strong> scheda erano presenti inoltre alcuni dati riferiti alle destinazioni e vincoli urbanistici vigenti e in itinere, quali le<br />

differenti versioni di piani rego<strong>la</strong>tori intercomunali insieme al <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento paesaggistico, risultando<br />

espressi come segue: vi) informazioni urbanistiche: destinazione di Pris 1977; destinazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia<br />

di Pris 1990; destinazione <strong>del</strong>le controdeduzioni 1990; destinazioni di Ptcp; atre voci <strong>del</strong><strong>la</strong> scheda andavano a individuare<br />

le caratteristiche <strong>del</strong>l’Unità Fondiaria studiata, vale a dire: vii) tipo di utilizzo <strong>del</strong>l’Unità Fondiaria: Unità<br />

Fondiaria edificata o non edificata; uso prevalente <strong>del</strong>l’Unità Fondiaria; viii) specificazioni: presenza di giardini privati,<br />

di vegetazione di alto fusto, di box e posti auto coperti, di posti auto scoperti nell’Unità Fondiaria.<br />

36


aggiornamento cartografico, e quindi questi due dati erano da considerarsi parti di un unico data base;<br />

b) era stato quindi indispensabile individuare un legame univoco tra tali dati che tuttavia permettesse<br />

anche rappresentazioni differenti, prevedendo a priori <strong>la</strong> possibilità di collegamento con eventuali<br />

altri «data base archivio» mediante un elemento individuato e accomunante, oltre al<strong>la</strong> libera<br />

scelta degli elementi grafici, <strong>del</strong><strong>la</strong> dimensione e tipo <strong>del</strong> tratto, <strong>del</strong>le campiture, ecc. per ogni tavo<strong>la</strong><br />

realizzata, e oltre ancora al<strong>la</strong> possibilità di realizzare cartografia tematica tridimensionale prelevando<br />

dal<strong>la</strong> scheda il valore <strong>del</strong>l’altezza e <strong>del</strong> numero di piani di ogni costruzione.<br />

Le 4.607 schede cartacee furono quindi inserite in banca dati mediante una procedura di data entry<br />

in ambiente Clipper, con <strong>la</strong> possibilità per l’operatore di selezionare il nome <strong>del</strong>le vie da un elenco<br />

in ordine alfabetico e definendo per gli altri campi individuati solo i caratteri e l’estensione massima<br />

di campo; in partico<strong>la</strong>re, per tutte le informazioni urbanistiche erano stati utilizzati campi «guidati»<br />

comprendenti l’elenco <strong>del</strong>le destinazioni previste dai differenti strumenti succedutisi, mentre le restanti<br />

voci descrittive <strong>del</strong>l’U.F. (escluso il numero di piani e l’altezza <strong>del</strong>l’edificio) risultavano vinco<strong>la</strong>te<br />

a un elenco dal quale prelevare <strong>la</strong> risposta prescelta; infine, il software di gestione <strong>del</strong> data<br />

entry veniva raffinato nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione <strong>del</strong> <strong>la</strong>voro informatico per poter scrivere le funzioni<br />

di volta in volta individuate: inizialmente dedicate in via esclusiva alle modalità di acquisizione dei<br />

dati (quindi, solo inserimento, modifica, cancel<strong>la</strong>zione, stampa), arricchendo successivamente il software<br />

per svolgere funzioni di consultazione e ricerca, e strutturandolo apposta per <strong>la</strong> gestione, consultazione<br />

e analisi dei dati (anche se l’intervenuto abbandono <strong>del</strong> progetto di Sieuc da parte <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

nuova Giunta portò all’immobilizzo <strong>del</strong>l’intera base dati) 77 .<br />

L’informatizzazione completa dei dati cartografici ebbe infine luogo – sul<strong>la</strong> base di routines Over<strong>la</strong>y<br />

in ambiente Autocad – acquisendo a scanner di precisione i fogli catastali, ottenendo un file<br />

immagine su base raster, digitalizzando poi le componenti grafiche di ogni foglio catastale suddivise<br />

in <strong>la</strong>yer, e georeferenziando i disegni vettoriali ottenuti; al termine <strong>del</strong>l’operazione risultavano 31<br />

files in formato Dwg, tenuti separati per limiti di capacità <strong>del</strong> Pc 386, che costituivano il continuum<br />

cartografico di tutto il territorio urbanizzato 78 .<br />

L’attività d’informatizzazione si concludeva in questa fase col risultato di due data base, distinti<br />

ognuno da una rappresentazione differente e disgiunta (vettoriale e alfanumerica) ma comunemente<br />

strutturati sull’individuativo <strong>del</strong> mappale catastale caratterizzato da numero di foglio e di mappale;<br />

quindi, si provvide a collegare i due archivi mediante un «meta file» sfruttabile nelle due direzioni<br />

possibili, dal disegno al dato alfanumerico per aggiungere nuovi campi al data base, e dal data base<br />

al disegno per rappresentare graficamente il dato informativo o <strong>la</strong> sua e<strong>la</strong>borazione statistica, <strong>la</strong>vorando<br />

sul<strong>la</strong> base vettoriale nel formato Dxf e sul data base nel formato Dbf, e creando dei file Txt di<br />

collegamento tra i due ambienti; il file testo diventava infine istruzione per trasformare i files dise-<br />

Le restanti voci si riferivano ai: ix) caratteri <strong>del</strong>le costruzioni comprese nell’Unità Fondiaria: numero di piani; altezza di<br />

gronda; tipi edilizi; funzioni d’uso ai piani: interrato, terra, primo, secondo, terzo, quarto e agli altri piani; presenza di<br />

mansarda. Dal<strong>la</strong> schedatura realizzata si individuavano pertanto i seguenti elementi territoriali elencati per ordine di<br />

grandezza: l. mappali catastali «intestatari <strong>del</strong>l’U.F.»; 2. mappali catastali «aggregati al mappale intestatario <strong>del</strong>l’U.F.»;<br />

3. edificio <strong>del</strong>l’U.F.; 4. U.F. comprendente uno o più mappali eventualmente comprendenti un edificio; 5. l’iso<strong>la</strong>to individuato<br />

da una o più U.F.; 6. <strong>la</strong> zona censuaria individuata da una o più U.F.; 7. <strong>la</strong> zonizzazione <strong>del</strong> Pris 1977; 8. <strong>la</strong> zonizzazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> variante intermedia <strong>del</strong> Pris 1990; 9. <strong>la</strong> zonizzazione <strong>del</strong>le controdeduzioni al Pris 1991; 10. <strong>la</strong> zonizzazione<br />

<strong>del</strong> Ptcp; tutte queste entità risultavano in seguito individuabili graficamente in modo automatico, essendo multipli<br />

<strong>del</strong>l’unità minima di riferimento schedata.<br />

77 L’hardware utilizzato – visto al<strong>la</strong> luce odierna – rappresentava il massimo operabile: un Pc 386 con coprocessore matematico,<br />

scheda grafica super Vga, 4 Mb di Ram e 130 Mb di hardisk; <strong>la</strong> scelta <strong>del</strong> software aveva escluso packages<br />

specifici di gestione dei sistemi informativi territoriali sia per esigenze operative nel<strong>la</strong> realizzazione <strong>del</strong>le vari fasi re<strong>la</strong>tive<br />

al data entry, sia per <strong>la</strong> possibilità di personalizzare tutte le procedure appositamente realizzate, e gli unici softwares<br />

utilizzabili hanno riguardato singoli ambienti di sviluppo, vale a dire DBIII per <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong> data base, Clipper<br />

per lo sviluppo <strong>del</strong> data entry e <strong>del</strong>le e<strong>la</strong>borazioni statistiche, Autocad e Cad Over<strong>la</strong>y per <strong>la</strong> rappresentazione grafica.<br />

78 Disaggregato nei seguenti <strong>la</strong>yers: perimetri mappali catastali, perimetri edifici, infrastrutturazione stradale, autostradale<br />

e ferroviaria, sistema idrogeologico, toponomastica, individuativi catastali; il tutto con i perimetri definiti in modo<br />

che ogni elemento (mappale catastale o edificio) fosse costituito da una polilinea chiusa, tale da connotare in modo univoco<br />

una porzione territoriale per costituire un «blocco disegno», caratterizzato da un attributo di collegamento con <strong>la</strong><br />

base dati alfanumerica.<br />

37


gno attraverso procedure Autolisp di filebatch, automaticamente compi<strong>la</strong>te dal programma di interfaccia<br />

messo a punto sul<strong>la</strong> base <strong>del</strong><strong>la</strong> procedura seguente: i) e<strong>la</strong>borazione <strong>del</strong> trattamento matematico<br />

nel data base alfanumerico; ii) creazione <strong>del</strong> metafile; iii) istruzione di trasformazione in disegno;<br />

iv) costruzione dei legenda cartografici; v) stampa, ottenendo così 32 files disegno re<strong>la</strong>tivi a<br />

ogni foglio catastale con legenda che, assemb<strong>la</strong>ti, costituivano <strong>la</strong> rappresentazione spaziale completa<br />

per ogni tema cartografico.<br />

6.3. <strong>Il</strong> completamento <strong>del</strong>le analisi: il calcolo e <strong>la</strong> descrizione spaziale dei suoi esiti<br />

Per redigere le carte tematiche di seconda fase occorrevano informazioni non comprese nel data base<br />

derivante dal cantiere scuo<strong>la</strong> e descritto finora: è vero, in linea di principio, che avremmo potuto<br />

utilizzare i dati disponibili, ordinati secondo gli individuativi catastali o toponomastici, ma solo se<br />

fossero stati tutti collegati al<strong>la</strong> corrispondente unità geografica minima (il mappale catastale); inoltre,<br />

dovevamo desumere alcuni elementi informativi da informazioni «calco<strong>la</strong>te» quali <strong>la</strong> superficie<br />

<strong>del</strong> lotto, <strong>la</strong> superficie edificata, ecc. e, dunque, abbiamo effettuato l’«allineamento» <strong>del</strong>le schede alfanumeriche<br />

al corrispondente riferimento (il codice toponomastico di via, o il numero di foglio catastale<br />

e di mappale 79 ), completando così – con tutti i data base congrui all’individuativo – gli archivio<br />

grafici/alfanumerici <strong>del</strong> Sieuc; infine, come si vedrà più oltre, approntammo alcune carte tematiche<br />

in forma tridimensionale estrudendo il perimetro per <strong>la</strong> misura <strong>del</strong>l’altezza di ogni costruzione,<br />

contenuta nel<strong>la</strong> scheda corrispondente 80 .<br />

Richiamiamo, per concludere, il fatto che – a differenza <strong>del</strong>le carte di prima fase, da considerarsi<br />

come semplice trasposizione grafica di un elemento informativo univoco contenuto nel data base alfanumerico<br />

– le carte <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda fase (definite «carte descrittive combinate») risultavano frutto<br />

di e<strong>la</strong>borazioni statistiche, artico<strong>la</strong>te in fasi espressive: i) dei valori da evidenziare; ii) dei campi <strong>del</strong><br />

data base fonte <strong>del</strong>le informazioni; iii) <strong>del</strong>le re<strong>la</strong>zioni tra i dati e l’algoritmo risolutivo; iv) <strong>del</strong><strong>la</strong> individuazione<br />

<strong>del</strong> dato analitico; v) <strong>del</strong>l’e<strong>la</strong>borazione statistica per l’individuazione di fenomeni e dei<br />

valori soglia; vii) <strong>del</strong>l’e<strong>la</strong>borazione <strong>del</strong> «meta file»; viii) <strong>del</strong><strong>la</strong> trasposizione in forma cartografica.<br />

Ma vediamo di concludere qui il resoconto operativo, ricordando che tutto l’apparato informativo<br />

trovava giustificazione e interesse proprio nell’accezione «processuale» <strong>del</strong> <strong>piano</strong> dove – a fronte di<br />

un monitoraggio periodico dei fenomeni topici e, quindi, di una produzione di carte e dati sempre<br />

aggiornati – l’Amministrazione avrebbe potuto agevolmente assumere provvedimenti programmatici<br />

mirati, certo più efficaci (in quanto limitati, finalizzati e molteplici) di quegli n provvedimenti<br />

contenibili in un unico «<strong>piano</strong>», dato definitivamente una volta ogni dieci anni; ma <strong>la</strong> vicenda non<br />

s’è conclusa in questo modo.<br />

Vediamo<strong>la</strong>, allora, nel suo epilogo.<br />

7. L’epilogo: l’interruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> processualità, verso il <strong>piano</strong> «chiuso»<br />

Abbiamo finora visto i modi in cui era stato approntato l’apparato conoscitivo per il nuovo «<strong>piano</strong>processo»<br />

di Savona; abbiamo anche visto come – al di là <strong>del</strong> contenzioso politico che aveva afflitto<br />

gli ultimi «splendori» amministrativi <strong>del</strong><strong>la</strong> «Savona di sinistra» – lo scioglimento <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>intercomunale</strong>,<br />

<strong>la</strong> nuova cornice generata dal<strong>la</strong> pianificazione regionale, <strong>la</strong> volontà di redigere un nuovo<br />

<strong>piano</strong> locale pervadessero ormai tutte le forze (opposizione inclusa); ma non abbiamo ancora dato<br />

conto <strong>del</strong> meccanismo di formazione <strong>del</strong> consenso e di constatazione dei bisogni in essere, che chi<br />

79 Talvolta ha avuto luogo un «disallineamento» di alcune informazioni rispetto all’archivio grafico-alfanumerico con <strong>la</strong><br />

conseguente perdita <strong>del</strong> dato, fatto però circoscritto a percentuali minime (1%) che non pregiudicano assolutamente i<br />

calcoli effettuati.<br />

80 Data <strong>la</strong> varietà <strong>del</strong>le diverse elevazioni occorreva automatizzare questa operazione; invece di compiere preventivamente<br />

<strong>la</strong> so<strong>la</strong> e<strong>la</strong>borazione <strong>del</strong> tratteggio re<strong>la</strong>tivo al tematismo è stata automaticamente estrusa <strong>la</strong> polilinea perimetrale<br />

insieme alle pareti di ogni costruzione; quindi <strong>la</strong> campitura re<strong>la</strong>tiva all’e<strong>la</strong>borazione tematica è stata posizionata al<strong>la</strong><br />

sommità <strong>del</strong>l’edificio, riuscendo attraverso questa rappresentazione tridimensionale a evidenziare efficacemente <strong>la</strong> morfologia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> forma urbana insieme all’entità dei fenomeni tematici rappresentati.<br />

38


scrive aveva suggerito facendo varare dall’Amministrazione un primo bando pubblico (<strong>del</strong> 16 marzo<br />

1993) seguìto – a motivo <strong>del</strong>l’eccezionale partecipazione e <strong>del</strong><strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re insistenza <strong>del</strong>le categorie<br />

produttive, per poter maggiormente riflettere in maniera da fornire contributi all’altezza –<br />

dal secondo bando <strong>del</strong> 20 marzo 1993: documenti meritevoli di integrale pubblicazione per dar conto:<br />

i) <strong>del</strong><strong>la</strong> reale disponibilità all’ascolto, che avrebbe potuto essere resa permanente (all’insegna di<br />

una vera processualità pianificatoria), ii) e <strong>del</strong><strong>la</strong> «tecnica» di acquisizione informativa (sfociata poi<br />

nel<strong>la</strong> «Carta <strong>del</strong>l’assetto morfologico <strong>del</strong>l’aggregato urbano e <strong>del</strong><strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione <strong>del</strong> grado di<br />

compattezza», di cui riferirò più oltre). E dunque, i bandi recitavano in questo modo:<br />

«Questa Amministrazione è intenzionata a perfezionare le procedure consultive nei confronti degli<br />

enti, organizzazioni, associazioni rappresentative nell’ambito cittadino, in modo da approntare il<br />

quadro aggiornato per <strong>la</strong> formazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale 1993; pertanto, è fatto invito di predisporre<br />

una memoria entro il 15 aprile e in cui: a) vengano espressi gli indirizzi che codesta sede<br />

vorrebbe rappresentati nel nuovo <strong>piano</strong> in merito ai programmi, intendimenti, interessi che si sono<br />

<strong>del</strong>ineati nel tempo e che potrebbero ragionevolmente confluire nello strumento urbanistico; b)<br />

vengano di conseguenza rappresentate le quantità in gioco (ancorché di massima) che interagirebbero<br />

nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> quantificazione complessiva di <strong>piano</strong>: quantità insediative, funzionali, spaziali<br />

rispetto alle quali il <strong>piano</strong> dovrà offrire risposta; c) vengano infine rappresentate le traiettorie<br />

decennali di tali fabbisogni in modo da collocare il <strong>piano</strong> in una prospettiva strategica per renderlo<br />

adeguato ad affrontare il tempo lungo senza necessità di rincorrere lo strumento di variante caso<br />

per caso e volta per volta: in un’ottica, cioè, di limitata predittività pur con l’approntamento dei<br />

più opportuni meccanismi di flessibilità operativa in un momento, come il presente, tale da non offrire<br />

né certezze né spazi previsionali di ampio respiro. Questa Amministrazione provvederà allora,<br />

non appena avrà raccolto i contributi provenienti dalle forze cittadine, a produrre il più opportuno<br />

sforzo di sintesi per convocare una Conferenza cittadina in cui assumere le linee di <strong>piano</strong> che saranno<br />

ragionevolmente identificabili, nell’auspicio che i contributi inoltrati a queste Sedi esprimano<br />

quanto più puntualmente possibile aspetti operativi e suggerimenti tecnicamente accoglibili».<br />

«A seguito di numerose richieste di proroga, pervenute a questa Amministrazione riguardo alle<br />

consultazioni preliminari sul<strong>la</strong> redazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale, e considerando anche, da un <strong>la</strong>to,<br />

l’indubbio interesse che l’iniziativa ha innescato ma, dall’altro, le obiettive difficoltà che le Sedi<br />

in indirizzo affrontano per approntare documenti effettivamente incisivi, si è determinato di estendere<br />

i termini fino al 15 maggio. Con l’occasione, si approfitta per chiarire che – stante il carattere<br />

innovativo <strong>del</strong><strong>la</strong> consultazione (che si caratterizza per <strong>la</strong> sua apertura «a priori» ai suggerimenti<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> cittadinanza e non, come sovente avviene, «a posteriori» quando l’intera incastel<strong>la</strong>tura di <strong>piano</strong><br />

è montata e risulta quindi assai complesso modificar<strong>la</strong>, anche solo in parte) – <strong>la</strong> consultazione<br />

medesima non deve essere ammantata da pastoie burocratico-procedimentali come se si trattasse<br />

di una usuale Osservazione al <strong>piano</strong> ex art. 9 L 1150/1942. Di conseguenza, non vigono i vincoli di<br />

rito (grafici su mappali, carte da bollo e simili) ma piuttosto debbono essere privilegiate le espressioni<br />

più esplicite, «creative», costruttive (paradossalmente anche su un foglio manoscritto), in cui<br />

tuttavia i suggerimenti esprimano quanto più chiaramente le necessità <strong>del</strong>le categorie coinvolte.<br />

Ciò, al fine di non ripercorrere strade ormai desuete, quali quelle <strong>del</strong><strong>la</strong> cosiddetta «pianificazione<br />

predittiva» di stampo onnicomprensivo, data aprioristicamente una volta per tutte, ma di attivare<br />

una credibile modalità di processo pianificatorio in cui le scelte siano preventivamente concertate<br />

e, di volta in volta, si configurino come opzioni realmente attivabili. Nel frattempo, questa Amministrazione<br />

vedrà di attivare consultazioni per gruppi di categorie, per individuare i principali filoni<br />

che animeranno <strong>la</strong> revisione <strong>del</strong> <strong>piano</strong>».<br />

Giungevano, nei termini assegnati, trentaquattro corposi documenti da parte dei principali testimoni<br />

privilegiati savonesi (dall’Unione Industriali all’Iacp), risultando assenti – e neanche stranamente,<br />

visti i tempi di crisi <strong>del</strong><strong>la</strong> cosiddetta «partecipazione» e <strong>del</strong><strong>la</strong> stessa maggioranza di Giunta – partiti<br />

39


e sindacati; ma, di lì a poco, <strong>la</strong> situazione amministrativa precipitava al punto che il sindaco Tortarolo<br />

era costretto a dimettersi: non prima, però, che <strong>la</strong> cittadinanza fosse messa in condizione di<br />

constatare in una mostra che tutta <strong>la</strong> cartografia analitica <strong>del</strong> <strong>piano</strong> era a punto e che, tra l’altro, le<br />

proposte derivanti dai bandi pubblici avevano trovato ricezione in un e<strong>la</strong>borato cartografico dove,<br />

c<strong>la</strong>ssificando il «grado di compattezza» <strong>del</strong>l’aggregato urbano (nel<strong>la</strong> prospettiva <strong>del</strong> suo «riammagliamento»<br />

mediante interventi di sutura rispetto alle sue vistose <strong>la</strong>cerazioni), venivano raffigurate:<br />

l. l’intera armatura urbanizzata in rappresentazione tridimensionale assonometrica al<strong>la</strong> soglia <strong>del</strong><br />

1990; 2. le porzioni di suolo progressivamente saturate nell’arco temporale 1990-1993; 3. gli spazi<br />

urbanizzabili nelle destinazioni di Pris 1977 e non ancora saturati (c<strong>la</strong>ssificati rispetto al quadruplice<br />

obiettivo: 3.1. di favorirne <strong>la</strong> saturazione, per raggiungere <strong>la</strong> compattezza morfologica <strong>del</strong><strong>la</strong> maglia<br />

edificata e/o dei margini perimetrali; 3.2. di allestire i servizi pubblici di zona F o S.P. che <strong>la</strong><br />

Variante intermedia 1990 aveva vinco<strong>la</strong>to; 3.3. di riusare le zone produttive non saturate o dismesse<br />

o in via di dismissione); 4. gli spazi urbanizzabili nelle destinazioni di Pris 1977 in itinere progettuale<br />

o amministrativo (in corso, cioè, di saturazione); 5. e, infine, gli spazi extra-urbani a destinazione<br />

agrico<strong>la</strong> di Pris 1977, non vinco<strong>la</strong>ti dal <strong>piano</strong> territoriale di coordinamento paesistico e ritenuti<br />

passibili di trasformazione urbanizzativa per raggiungere <strong>la</strong> compattezza morfologica perimetrale<br />

<strong>del</strong>l’aggregato urbano.<br />

Sembra quasi che <strong>la</strong> «maledizione <strong>del</strong> Pris» (che l’aveva perseguitato dall’inizio facendolo invalidare<br />

dal Consiglio di Stato nel 1973, rendendolo un maledetto attrezzo inoperabile nel corso <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />

gestione, impedendone nel 1989 <strong>la</strong> revisione integrale a causa dei veti incrociati dei comuni comprensoriali,<br />

generandone – dall’adozione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante intermedia <strong>del</strong> Novanta agli attuali anni<br />

Duemi<strong>la</strong> – lo stravolgimento a pezzi e bocconi e salti difficoltosi) dovesse esprimersi in tutta <strong>la</strong> sua<br />

virulenza proprio in quest’ultima fase: <strong>la</strong> Giunta di Savona non riuscì a incaricare per l’ultima messa<br />

a punto progettuale e normativa chi scrive e Silvano Tintori – che insieme avevano <strong>la</strong>vorato per<br />

l’Amministrazione negli ultimi due anni, con incarico di consulenza rinnovato annualmente – a causa<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> mancata capienza di bi<strong>la</strong>ncio 81 , e addirittura il giorno dopo l’inaugurazione <strong>del</strong><strong>la</strong> mostra<br />

degli e<strong>la</strong>borati analitici era costretto a dimettersi il sindaco e <strong>la</strong> Giunta, per <strong>la</strong>sciar posto al commissario<br />

prefettizio, alle elezioni anticipate e all’insediamento di una compagine di centro-destra che,<br />

rifiutati completamente tutti i materiali già approntati i quali – con l’aggiunta di poco altro e soprattutto<br />

con un ridotto onere finanziario – avrebbero potuto condurre al nuovo <strong>piano</strong>, pubblicava il 18<br />

giugno 1996 (qui finisce <strong>la</strong> nostra cronaca) un «bando di concorso per <strong>la</strong> revisione <strong>del</strong>lo strumento<br />

urbanistico generale» a mente <strong>del</strong> D.Lgs. 157/1995, assegnando dodici mesi di tempo massimo per<br />

il completamento <strong>del</strong> servizio e vinco<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> partecipazione a quei professionisti il cui fatturato<br />

degli ultimi tre anni risultasse superiore al miliardo re<strong>la</strong>tivamente a prestazioni urbanistiche, e a due<br />

miliardi rispetto al complesso <strong>del</strong>l’attività professionale, oltre a esprimere – come unico criterio per<br />

l’aggiudicazione <strong>del</strong> contratto – quello <strong>del</strong>l’offerta economicamente più vantaggiosa (ossia, per dir<strong>la</strong><br />

tutta, <strong>del</strong><strong>la</strong> deroga ai minimi tariffari in favore <strong>del</strong> ribasso, operazione sostenibile solo da società<br />

di ingegneria o da gruppi temporanei di scopo quali appaiono, appunto, quelli in grado di raggiungere<br />

i fatturati richiesti).<br />

Non molto altro da aggiungere, a conclusione; interrotta <strong>la</strong> processualità al cui interno era stato indirizzato<br />

il periodo – «intermedio», appunto – tra <strong>la</strong> Variante intermedia 1990 e l’ulteriore attività<br />

pianificatoria, <strong>la</strong> «nuova» Savona mosse verso il <strong>piano</strong> «chiuso»: tutto insaccato, ingessato, confezionato<br />

a dovere e consegnato a domicilio come un «vero» <strong>piano</strong>, non sembra avere affrontato con<br />

successo <strong>la</strong> complessità degli anni avvenire in una città difficile a evolvere pur con le migliori intenzioni,<br />

dove <strong>la</strong> vicenda incredibilmente intricata <strong>del</strong><strong>la</strong> comprensorialità negata non ha trovato nul-<br />

81 Oltretutto si arrestò completamente anche <strong>la</strong> procedura di adozione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato <strong>del</strong><strong>la</strong> zona S11 in Oltreletimbro,<br />

redatto da Nicolò Campora e Silvano Tintori, che avrebbe dovuto rappresentare <strong>la</strong> soluzione definitiva per<br />

<strong>la</strong> più sofferente frattura urbana savonese, una vera terra di nessuno tra il limite <strong>del</strong><strong>la</strong> città ottocentesca, il torrente Letimbro,<br />

<strong>la</strong> nuova stazione progettata da Nervi e le brutte torri vetrate «ammiraglie»; si veda l’illustrazione <strong>del</strong> progetto<br />

<strong>del</strong> <strong>piano</strong> partico<strong>la</strong>reggiato in Tintori S., 1996, «<strong>Il</strong> progetto S11. Un appuntamento europeo per <strong>la</strong> città di Savona», in<br />

Territorio, n. 3, pp. 159-176.<br />

40


<strong>la</strong> di meglio che una liquidazione in poche righe (tratte da qualche atto burocratese): «successivamente<br />

all’intervenuta approvazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Variante generale intermedia il Consiglio regionale con<br />

<strong>del</strong>iberazione n. 54 <strong>del</strong>l’1.8.1995 ha accolto, ai sensi <strong>del</strong>l’art. 12 <strong>del</strong><strong>la</strong> legge 1150/1942 come successivamente<br />

modificata e integrata, l’istanza volta a dichiarare estinto il rapporto associativo <strong>del</strong><br />

Pris avanzata dalle Amministrazioni costituenti detto rapporto, per cui il presente procedimento non<br />

necessita <strong>del</strong> parere <strong>del</strong><strong>la</strong> Commissione comprensoriale <strong>del</strong> Pris».<br />

Un pezzo di storia urbanistica italiana spariva così, senza rimpianti; nel frattempo, proprio durante<br />

quell’assemblea piuttosto tumultuosa in cui l’ex senatore savonese contestava che l’urbanistica fosse<br />

«lucidità solitaria» («essa non è altro che approssimazione collettiva!»), l’ormai leggendario sindaco<br />

di Bergeggi (Riccardo Borgo, a cui successe nel 2004 Gianluigi Galesso) mi offrì <strong>la</strong> redazione<br />

<strong>del</strong> nuovo <strong>piano</strong> («ma non da solo, ti crea problemi <strong>la</strong> compagnia di un ingegnere?»); e, così, una<br />

condivisione di tredici anni 82 con l’ingegner Livio Giraudo (ma tanto in Liguria sono pochi i piani<br />

approvati in minor tempo) 83 mi ha fatto scoprire <strong>la</strong> dimensione di una urbanistica «lucidamente collettiva»:<br />

questo dimostra il Piano urbano comunale di Bergeggi, ma di questo tratteremo nelle pagine<br />

ulteriori.<br />

82 A partire dal<strong>la</strong> <strong>del</strong>iberazione <strong>del</strong> consiglio comunale n. 39 <strong>del</strong> 4 novembre 1993, in cui l’ing. Livio Giraudo e chi<br />

scrive erano stati incaricati <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> <strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> comunale, insieme al geologo Filippo Carieri per le<br />

competenze geo–ambientali e all’agronomo Fabrizio Del Nero per quelle agro–ambientali, fino all’attuale approvazione.<br />

83 <strong>Il</strong> nostro <strong>la</strong>voro era stato finalizzato, fin dal 1993, al<strong>la</strong> redazione <strong>del</strong> «<strong>piano</strong> <strong>rego<strong>la</strong>tore</strong> generale», per poi doverlo trasformare<br />

(in virtù <strong>del</strong><strong>la</strong> sopravvenuta nuova legge urbanistica regionale n. 36 <strong>del</strong> 1997) in «<strong>piano</strong> urbano comunale»; il<br />

progetto preliminare <strong>del</strong> Puc era stato adottato con <strong>del</strong>iberazione di Consiglio comunale n. 18 <strong>del</strong> 26 luglio 2001, ed era<br />

stato quindi trasmesso l’8 agosto 2001 − per <strong>la</strong> formazione <strong>del</strong> prescritto parere ex artt. 39 e 80 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. 36/1997 − rispettivamente<br />

al<strong>la</strong> Regione Liguria e al<strong>la</strong> Provincia di Savona; quest’ultima, rilevando condizioni di pregiudiziale improcedibilità<br />

<strong>del</strong> Puc adottato per <strong>la</strong> mancanza di alcuni atti costitutivi, con nota 64471 <strong>del</strong> 19 novembre 2001 interruppe<br />

il termine di legge ex art. 39, c. 4 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. 36/1997, e di conseguenza il Comune di Bergeggi − con nota 9664 <strong>del</strong> 24<br />

novembre 2001 − provvedeva a trasmettere al<strong>la</strong> Provincia di Savona le integrazioni richieste; quindi <strong>la</strong> Regione Liguria<br />

− con voto <strong>del</strong> Comitato Tecnico Regionale per il Territorio n. 68 <strong>del</strong> 24 gennaio 2002, notificato all’Amministrazione<br />

comunale con atto n. 29085/364 <strong>del</strong> 26 gennaio 2002 − esprimeva ex art. 39 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. 36/1997 il proprio parere sul progetto<br />

preliminare di Puc; poi, ancora <strong>la</strong> medesima Regione Liguria − con ulteriore atto n. 45515/530 <strong>del</strong> 29 marzo 2002,<br />

recepito dal Comune di Bergeggi l’8 aprile 2002 con prot. 3099 − significò che occorreva procedere al<strong>la</strong> valutazione di<br />

incidenza in ordine alle previsioni <strong>del</strong> Puc che interessassero aree in cui erano localizzati siti d’interesse comunitario, ai<br />

sensi e per gli effetti <strong>del</strong><strong>la</strong> Dgr. n. 646 <strong>del</strong> 7 giugno 2001; infine anche <strong>la</strong> Provincia di Savona − con voto <strong>del</strong> Comitato<br />

Tecnico Urbanistico n. 516 <strong>del</strong> 21 marzo 2002, notificato all’Amministrazione comunale con atto n. 18637 <strong>del</strong> 27 marzo<br />

2002 − espresse il proprio parere sul progetto preliminare di Puc ex artt. 39 e 80 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lr. 36/1997; l’approvazione<br />

definitiva da parte <strong>del</strong><strong>la</strong> Provincia di Savona ha avuto luogo nel luglio 2006.<br />

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