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Julius Evola: l'altra faccia della modernità - FedOA - Università degli ...

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col substrato di culti ancora più antichi, del Sud, gli dei sono mortali;<br />

come l’estate essi ogni anno soffrono la morte” 175 .<br />

Analogamente, con queste parole, <strong>Evola</strong> rappresenta il mondo<br />

minoico, influenzato dalla civiltà <strong>della</strong> Madre e riconducibile,<br />

indubbiamente, all’influenza del Sud. Senza cercare di ricostruire<br />

minuziosamente i tempi e i modi delle migrazioni che hanno dato vita<br />

a questo tipo di cultura, è fondamentale considerare l’analogo<br />

atteggiamento nei confronti di Creta per la portata delle conseguenze<br />

cui conduce. Il rapporto fra vita e morte è un nucleo tematico al quale<br />

bisogna riferirsi per comprendere fino in fondo cosa sia l’attivismo, il<br />

dominio, la spiritualità nel discorso di <strong>Evola</strong>. Il paragone con un altro<br />

esponente <strong>della</strong> Konservative Revolution serve a chiarirne il<br />

significato. L’età dell’Oro, come età dell’essere, non conosceva la<br />

morte che lascia dietro di sé solo l’Ade, ma qui la vita <strong>degli</strong> uomini,<br />

simili agli dei, era un’eterna giovinezza di forze. La tensione verso il<br />

metafisico, rappresentata dall’incorruttibilità spirituale e<br />

dall’abbandono delle spoglie mortali alla fiamma che tutto arde<br />

sigillando nell’eternità, secondo le vedute tradizionali, fa sì che <strong>Evola</strong><br />

propenda per le civiltà che riconoscono nell’arsione dei corpi il loro<br />

culto dei morti. Il rapporto con l’aldilà , inteso tanto in termini di rito<br />

quanto nel rapporto con la morte, costituisce una via privilegiata per<br />

capire il valore che le diverse razze attribuiscono alla vita.<br />

“…E si sa che la serpe sempre appartenne ai culti ctonici, ai quali si<br />

può ricondurre il rito <strong>della</strong> sepoltura, opposto a quello ariano<br />

dell’arsione e coesistente con esso nella romanità, come uno dei tanti<br />

segni di due strati sovrapposti, probabilmente, di una visione patrizia<br />

e di una visione plebea del post-mortem, di una religione patrizia<br />

solare e di una religione plebea ctonico-demetrica” 176 .<br />

175 Ibid p. 254.<br />

176 <strong>Julius</strong> <strong>Evola</strong>, Il simbolo aristocratico romano e la disfatta classica dell’Aventino,<br />

in La nobiltà <strong>della</strong> stirpe, Novembre-Dicembre 1932, cit., pp. 86-87.<br />

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