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Julius Evola: l'altra faccia della modernità - FedOA - Università degli ...

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lasciava in piedi soltanto l’individuo nudo, sdegnoso di ogni<br />

appoggio, chiuso ad ogni evasione” 2 .<br />

In questo sentimento antiborghese ed antirazionalistico, ma soprattutto<br />

insofferente <strong>della</strong> condizione umana, è da ricercare ciò che spinge<br />

<strong>Evola</strong> verso movimenti culturali d’avanguardia.<br />

“Esiste una forza cieca, brutale, che è la nostra umanità. E’ come una<br />

gravitazione dello spirito, è qualcosa di fatale, ed in uno, di sordo e<br />

d’incomprensibile. Di essa raramente l’uomo è conscio e si rende<br />

libero e superiore. Eraclito chiamò questa forza divenire,<br />

Schopenhauer volontà di vita. Ma i nomi e le particolari<br />

determinazioni non importano. E’ questa stessa forza che governa il<br />

moto <strong>degli</strong> astri, la simpatia delle molecole, la vibrazione dell’etere:<br />

che governa la materia, insomma: e che rende l’uomo materia quando<br />

egli obbedisce: vale a dire, quando è sincero e naturale. Ma esiste pur<br />

nell’uomo un elemento superiore: la facoltà di opporsi, di negare: è<br />

qui l’elemento atavico, il segno <strong>della</strong> nobiltà umana. Tutto il resto, si<br />

sappia o non si sappia, è brutalità. Chi è sincero e naturale, non è<br />

uomo, ma istrumento di una forza di cui egli non sa nulla: è bandiera<br />

agitata e dilaniata dal vento, è spora corrente sotto i ponti del tempo.<br />

Ora c’è chi ha nelle vene del sangue di schiavo. Sono i più. E questi<br />

obbedirà, porterà il proprio fardello, allora si creerà una fede, un<br />

idolo, farà dell’arte, farà dell’amore, per illudersi; farà il giuoco<br />

dell’umanità, insomma, o <strong>della</strong> brutalità, il che è lo stesso, travestito<br />

in mille graziosi modi. Vi è invece chi non ha precisamente sangue da<br />

schiavo. Questi si oppone, nega. Uccide in sé ogni impulso naturale,<br />

ogni entusiasmo, ogni sentimento. Alla naturalezza, sostituisce la<br />

finzione; alla passione, il capriccio; all’idolo, sé stesso, infinito ed<br />

indicibile nulla. E, vivente, egli è un morto, vivente, ha nel sangue il<br />

germe <strong>della</strong> decomposizione, segno del sua alto e doloroso destino.<br />

2 <strong>Julius</strong> <strong>Evola</strong>, Il cammino del cinabro, ed. All’insegna del pesce d’oro, Vanni<br />

Scheiwiller, Milano MCMLXXII, cit., pp. 15-16.<br />

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