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Cimarra-Petrosellii libro canepina - Comune di Canepina

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emma <strong>di</strong> braccianti provenienti dalle Marche (12) e <strong>di</strong> manodopera stagionale<br />

affluente dai centri minori della provincia, è venuto a configurarsi<br />

in una specie <strong>di</strong> lingua franca <strong>di</strong> compromesso, caratterizzata da<br />

forti venature marchigiane e laziali meri<strong>di</strong>onali, utilizzata in primo luogo<br />

per comunicare nelle aziende della Campagna romana.<br />

Al polo opposto troviamo il vocabolario, funzionalmente articolato<br />

ma ignoto all’esterno, <strong>di</strong> attività caratterizzanti, circoscritte ad un ambiente<br />

naturale: attività estrattiva a Bagnoregio, ceramica a Civita Castellana<br />

e <strong>di</strong>ntorni, silvicoltura nei Cimini, ittica sul Lago <strong>di</strong> Bolsena e<br />

<strong>di</strong> Vico (13) . Altrettanto si potrebbe <strong>di</strong>re del vocabolario fortemente localizzato<br />

riferentesi a certe operazioni svolte manualmente a livello<br />

in<strong>di</strong>viduale, come quelle viticole (14) , oppure ad occupazioni <strong>di</strong> ambito<br />

domestico, quali il bucato, la panificazione casalinga, la tessitura. In<br />

questi casi, ad un concetto umile, dotato <strong>di</strong> scarso prestigio, corrisponde<br />

una varietà <strong>di</strong> termini localizzati, non esistendo una motivazione sufficiente<br />

ad una loro unificazione adeguata al modello esterno dominante.<br />

Ecco quin<strong>di</strong> che per designare il capisteo, l’ampio vassoio rettangolare<br />

<strong>di</strong> legno con sponde oblique usato per scegliere soprattutto legumi, risulta<br />

la gamma seguente: maninìcchjo a <strong>Canepina</strong>, matterìcchja a Vallerano,<br />

tefanìa a Ronciglione e Tarquinia, schifo a Faleria, schifétto a<br />

Viterbo e scifo a Capranica, Gallese e Nepi; misarièllo a Farnese, mesarèllo<br />

a Latera, ciufarèllo a Ischia <strong>di</strong> Castro, capestéo ad Onano, capestéro<br />

a Canino, piattèlla a Nepi, cifèlla a Castel Sant’Elia, capistéllo a<br />

Bolsena, capistéguelo a Piansano, cifo a Grotte <strong>di</strong> Castro, ecc. Oppure<br />

si vedano le espressioni per il mobile <strong>di</strong> cucina nel quale un tempo<br />

s’impastava il pane: accanto a mà<strong>di</strong>a dello standard, si ha màjjine, màgline<br />

e màchine a <strong>Canepina</strong>, màchine a Soriano nel Cimino, mànie a<br />

Bomarzo, màjjene a Viterbo; mésa attorno al Lago <strong>di</strong> Bolsena e nel<br />

Castrense; màttera a Fabrica <strong>di</strong> Roma, Carbognano, Orte, Tarquinia e<br />

nel Blerano; màttara a Civita Castellana, mattra a Nepi, arca ad Onano<br />

e Lubriano. La stessa varietà interviene per gli attrezzi agricoli, un tempo<br />

<strong>di</strong> fabbricazione locale. Valga l’esempio del correggiato, strumento<br />

formato da due bastoni uniti da una correggia, che si usava per la battitura<br />

dei cereali. Anche se nella provincia la forma prevalente è curiato,<br />

ad es. <strong>di</strong> Viterbo e Fabrica <strong>di</strong> Roma (con varianti: guriado a <strong>Canepina</strong>,<br />

coriato a Nepi, correato a Montefiascone, ecc.), abbiamo registrato<br />

nella subarea falisca i tipi lessicali: fajjìle [VAS], fichile [G], jjavellino<br />

[CC] e ghjavellinu [SOR], fiavolino [FAL] (in quest’ultimo probabile<br />

incrocio con il lat. FLAGELLUM). Il fatto che tuttora da alcuni si usi<br />

per battere i legumi secchi può aver contribuito alla resistenza del termine.<br />

(15)<br />

Altri esempi tratti dalla terminologia zoologica o botanica locali<br />

possono essere addotti per illustrare la misura <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fferenziazio-<br />

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