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Cimarra-Petrosellii libro canepina - Comune di Canepina

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dello toscano; tendenze umbre vistose s’irra<strong>di</strong>ano nella vallata del Tevere,<br />

penetrando all’interno; innegabili influenze romanesche sono percepibili<br />

soprattutto nella fascia meri<strong>di</strong>onale. Inoltre, tali influenze e<br />

convergenze non restano circoscritte, come preve<strong>di</strong>bile, alla periferia,<br />

ma coinvolgono più o meno l’intero territorio. Si sarebbe tentati <strong>di</strong> affermare<br />

alla prima impressione, senza tuttavia poterlo ancora provare,<br />

che siamo in presenza d’una tipica area <strong>di</strong> transizione all’interno della<br />

più ampia realtà centrale della penisola, percorsa in epoche <strong>di</strong>verse da<br />

correnti linguistiche <strong>di</strong> varia provenienza.<br />

Accanto a tratti toscani (per es. la spirantizzazione delle occlusive<br />

sorde intervocaliche o la pronuncia con sibilante palatale in luogo<br />

dell’affricata me<strong>di</strong>opalatale) e meri<strong>di</strong>onali (per es. la laterale intervocalica<br />

intensa sostituita con la fricativa in ajjo per “aglio”), risultano numerosi<br />

quelli considerati tipicamente umbri (<strong>di</strong>ttongazione della vocale<br />

anteriore e chiusa; lenizione consonantica; il settentrionalismo ta, te da<br />

INTUS AD; palatalizzazione della vocale a). Un fenomeno come quello<br />

della preposizione rafforzata ma (da IN MEDIUM AD) (3) non è limitato<br />

ai comuni confinanti con l’Orvietano, ma interessa larga parte<br />

della Provincia; ancora più vasta è l’area in cui si ha la finale -e come<br />

segno del plurale ambigenere; la tendenza al <strong>di</strong>leguo della dentale<br />

all’interno <strong>di</strong> sintagmi fissi, applicata a Bagnoregio e a Montefiascone<br />

in maniera sistematica, non è ignota in numerosi altri centri; più circoscritti,<br />

ma non assenti, sembrano la finale -u, il plur. -a, originariamente<br />

<strong>di</strong> genere neutro; il <strong>di</strong>mostrativo tisto. Altri tratti osservati coincidono<br />

con quelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>aletti marchigiani, come l’armonia vocalica; l’apocope,<br />

così vitale nei Cimini (del tipo pa “pane”), si ritrova nell’abruzzese.<br />

Numerosi centri hanno poi in comune col romanesco vari fenomeni<br />

(per es. scempiamento della vibrante: tèra, guèra; antro per “altro”;<br />

moduli intonazionali), non sempre né esclusivamente trasmessi per<br />

contatto <strong>di</strong>retto.<br />

Nemmeno l’analisi del lessico può fornire prove così convincenti da<br />

permetterci <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> una tipicità od originalità esclusive dell’area.<br />

Sembrano in realtà scarse le espressioni, il cui uso possa definirsi circoscritto<br />

alla provincia, prive cioè <strong>di</strong> corrispondenti, riconducibili allo<br />

stesso etimo, almeno nel resto dell’Italia centrale; e ancora più raramente<br />

limitate ai confini comunali, malgrado le pretese in senso contrario<br />

avanzate dagli abitanti.<br />

Ad esempio, sono parole che ricorrono anche nei <strong>di</strong>aletti umbri:<br />

bbaciarèllo “baco da seta”, bbiciàngola “altalena”, bborgóne “gorgo,<br />

pozza d’acqua profonda”, bbròzzo (bbròzzolo) e morrìcchjo “fronde<br />

usate come foraggio <strong>di</strong> buoi”, bbustrénga “dolce <strong>di</strong> farina <strong>di</strong> mais con<br />

uvetta, noci, nocciole a fette sottili cotto al forno”, camarróne “bue<br />

vecchio”, catarcióne “catenaccio”, cecàgnolo “fignolo”, ciculo “cucu-<br />

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