1 Lingua tedesca I a.a. 2008-2009 Prof. Elena Di Venosa LEGGERE ...

i:/ > /ai/,
/ü:/ > /oi/,
/u:/ > /au/.
Allo stesso tempo la frase “cari buoni fratelli” si diceva liebe guote brüeder, corrispondente al
tedesco odierno liebe gute Brüder, cioè gli antichi dittonghi si sono monottongati:
/ie/ > /i:/ (scritto )
/uo/ > /u:/
/üe/ > /ü:/.
Ovviamente queste sono solo frasi di esempio per memorizzare i fenomeni, ma la regola si applica a
tutte le parole.
Dato che questi due fenomeni non si sono mai verificati nell’attuale territorio svizzero, questo è
l’altro motivo importante perché nella Svizzera tedesca è difficile capire la lingua parlata (schwytzer
tutsch). In Svizzera si dice per es. zum Bispil invece di zum Beispiel, Zit invece di Zeit, bi der
Schuele invece di bei der Schule.
Anche il lessico a volte ha diffusione solo regionale. Vediamo alcuni termini, per es. i saluti:
- a nord si sente dire Moin (interpretabile come contrazione di Morgen, oppure come termine
frisone per “buon”; si usa comunque a qualsiasi ora);
- in Austria si dice Servus (è una sorta di calco di ciao, “schiavo”);
- in Svizzera si usa Grüeszi (= Grüß Sie);
- in Baviera è comune Grüß Gott.
Alcuni esempi di nomi di cibi:
sud nord
arancia die Orange die Apfelsine (ma: der Orangensaft)
gnocco der Knödel der Kloß
cavolo bianco der Weißkraut der Weißkohl
albicocca die Marille (Austria) die Aprikose
patata der Erdapfel (Austria) die Kartoffel
Il termine deutsch:
Uno dei dialetti tedeschi è l’alemanno, che deriva dalla popolazione germanica degli Alemanni
stanziata nella zona dell’attuale Svizzera e Germania sud-occidentale. Il termine francese e
spagnolo (aleman / alemán) per “tedesco” deriva proprio dal nome di questo dialetto ovvero di
questa popolazione.
L’inglese German, invece, aggettivo relativo a Germania / Germany, deriva forse dal celtico gair
“vicino”, per indicare le popolazioni a contatto con i celti.
Da dove deriva allora la parola tedesco e deutsch (che sono etimologicamente la stessa parola)?
La prima attestazione del termine deutsch risale all’anno 786 in un resoconto in latino del nunzio
papale Giorgio da Ostia che racconta al papa Adriano I di come sono si sono svolti due sinodi in
Inghilterra. Il nunzio spiega in questo testo che le decisioni dei sinodi sono state espresse sia in
“latino” che nella “lingua del popolo”, in modo che tutti le potessero comprendere. I termini (latini)
che usa qui per indicare le due lingue sono latine e theodisce.
Il lat. theodiscus (> ital. tedesco) è un termine dotto che significa appunto “del popolo” e sostituisce
il termine gentīlis (agg. dal lat. gens, quindi “della stessa [buona] schiatta”), che nell’VIII sec. era
usato prevalentemente per indicare la “gente pagana”. In contesti religiosi invece si preferisce il
termine theodiscus, che non ha l’accezione di “pagano” del sinonimo gentilis.
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