Esigenze ecologiche invertebrati - Regione Umbria - Agricoltura e ...
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CARATTERISTICHE, ESIGENZE ECOLOGICHE, STATO DI<br />
CONSERVAZIONE DELLE SPECIE A INVERTEBRATI DI INTERESSE<br />
COMUNITARIO E DI PARTICOLARI SPECIE DI INTERESSE<br />
NAZIONALE/REGIONALE<br />
Austropotamobius pallipes fulcisianus (Ninni, 1886)<br />
Crostaceo-Decapode-Astacide Austropotamobius pallipes fulcisianus (Ninni, 1886)<br />
(= Austropotamobius pallipes italicus, Faxon, 1914).<br />
Specie inserita nell’Allegato II e nell’Allegato V della Direttiva “Habitat”; protetta dalla<br />
convenzione di Berna (all.III) del 1979; è considerata globalmente minacciata<br />
dall’IUCN/WCMC (VU B2bce + 3bcd) e compresa nella lista delle specie a rischio nel “Libro<br />
rosso” della fauna e della flora minacciate in Italia (Pavan, 1992).<br />
Il gambero d’acqua dolce vive 11-13 anni e può raggiungere una lunghezza massima di circa<br />
12 cm. La riproduzione si verifica in autunno. A. pallipes è una specie molto esigente che<br />
predilige acque ben ossigenate (tra 60 e il 130% di saturazione), fresche e limpide e fondali<br />
ciottolosi. La dimensione delle popolazioni è influenzata da: ripidezza degli argini; presenza<br />
di vegetazione ripariale e alberi; estensione delle radici nell’alveo fluviale, particolarmente<br />
Alnus glutinosa e Salix sp.<br />
1
Phylum: Artropoda<br />
Classe: Crustacea<br />
Ordine: Decapoda<br />
Famiglia: Astacidae<br />
Specie: Austropotamobius pallipes fulcisianus (Ninni, 1886)<br />
Nome italiano: Gambero di fiume<br />
MORFOLOGIA<br />
I gamberi presentano un esoscheletro chitinoso, irrobustito dalla deposizione di sali di calcio<br />
che concorrono alla formazione di una vera e propria corazza. Il corpo è suddiviso in tre<br />
regioni: testa, torace e addome; testa e torace sono fusi insieme in un’unica struttura, il<br />
cefalotorace, che nella parte anteriore si prolunga in un rostro acuminato.<br />
La porzione cefalica è formata dalle antenne, dalle antennule (funzione sensoriale), dalle<br />
mandibole e da due paia di mascelle. Nella porzione toracica si distinguono 3 paia di<br />
massillipedi (arti con funzione nutritiva) e 5 paia di arti ambulacrali o pereiopodi, il primo dei<br />
quali è provvisto di robuste chele: le due paia successive, i chelipedi, presentano piccole<br />
chele a funzione prensile, mentre le ultime due ne sono sprovviste.<br />
La regione addominale è suddivisa in sei segmenti che portano appendici natatorie dette<br />
pleopodi, diversi nel maschio e nella femmina:<br />
-femmina: il primo paio è rudimentale, gli altri, esili e poco sviluppati, servono per trattenere<br />
le uova dopo la fecondazione;<br />
-maschio: le prime due paia sono trasformate in robusti organi copulatori.<br />
L’ultimo segmento addominale è costituito dalla “coda” o telson, con le appendici trasformate<br />
in uropodi per aumentare la spinta propulsiva in caso di fuga. Le aperture genitali si aprono<br />
alla base del coxopodite a livello del terzo paio di arti toracici per le femmine e del quinto per<br />
i maschi.<br />
E' specie di medie dimensioni (taglia massima di 12 cm di lunghezza). La colorazione è<br />
bruno-verdastra, di intensità variabile in funzione del substrato (biancastro il lato ventrale<br />
degli arti).<br />
2
HABITAT<br />
L’Austropotamobius pallipes fulcisianus è una specie molto esigente; è molto sensibile alle<br />
variazioni di pH con un optimum tra 6.8 e 8, necessita di acqua fresca (15-18 °C e comunque<br />
non superiore a 25 °C) e con un elevato contenuto di calcio, importante per la formazione<br />
dell’esoscheletro. Altro elemento fondamentale è l’ossigeno disciolto, la cui concentrazione<br />
ottimale è tra il 60 e il 130% di saturazione. Per questo motivo il gambero è distribuito<br />
prevalentemente nel tratto montano e pedemontano dei corsi d’acqua, dove sono scarsi gli<br />
insediamenti urbani e industriali, che alterano le condizioni ottimali di cui ha bisogno.<br />
Il gambero predilige fondi ciottolosi e generalmente occupa nascondigli anche molto profondi<br />
situati sotto la vegetazione ripariale e sotto grossi massi; è attivo di notte e presenta una<br />
dieta onnivora anche se manifesta una netta zoofagia, specialmente negli stadi giovanili; le<br />
prede preferite sono larve di tricotteri, piccoli crostacei e pesci, molluschi, anellidi e piccoli<br />
gamberi; anche la dieta vegetale è ricca: radici, foglie, alghe, semi. Durante il periodo<br />
invernale i gamberi si nutrono poco o affatto.<br />
DISTRIBUZIONE<br />
Specie distribuita nell'Europa occidentale, ma in lenta e continua rarefazione in tutto il suo<br />
areale di distribuzione. In Italia è diffusa soprattutto nelle regioni centro settentrionali.<br />
3
BIOLOGIA E ECOLOGIA<br />
Il gambero d’acqua dolce vive 11-13 anni e può raggiungere una lunghezza massima di circa<br />
12 cm. La riproduzione si verifica in autunno, da ottobre a novembre, periodo in cui i maschi<br />
ricercano attivamente le femmine che vengono rovesciate sul dorso con l’aiuto delle robuste<br />
chele; l’accoppiamento è spesso cruento. Il liquido seminale viene deposto all’altezza del<br />
terzo paio di arti toracici, cioè a livello dello sbocco degli ovidotti. Questo, a contatto con<br />
l’acqua, solidifica, formando una massa bianca lattiginosa (spermatofora) che si scioglie con<br />
l’emissione, insieme alle uova, di una sostanza particolare che consente la fecondazione.<br />
Dopo 2-4 settimane (in funzione della temperatura), le uova vengono emesse insieme ad una<br />
sostanza mucosa che, a contatto con l’ acqua, forma una pellicola elastica che consente<br />
l’ancoraggio delle uova alle appendici addominali della femmina che ripiegato l’addome, si<br />
nasconde in una tana scavata sotto i sassi dell’argine. L’incubazione dura tutto il periodo<br />
invernale (anche 5-7 mesi) e la schiusa è favorita dall’aumento di temperatura; alla schiusa le<br />
larve sono lunghe 8-9 mm, pesano circa 20 mg e sono diversi dall’adulto (larve 1° fase):<br />
presentano un cefalotorace sproporzionato e di colore rosso-arancio per la presenza di tuorlo<br />
nel sacco vitellino, chele uncinate per l’ancoraggio ai pleopodi materni, telson non ancora<br />
completamente sviluppato e rostro ricurvo. La durata di questo stadio larvale è di circa 10<br />
giorni dopo i quali si verifica la prima muta, in cui si verifica il riassorbimento del sacco<br />
vitellino; in questo stadio (larva 2° fase) il gambero misura 12 mm e pesa 35-40 mg. Dopo<br />
circa 2 settimane si verifica la seconda muta; in questo stadio (larva 3° fase) il gambero è<br />
praticamente identico all’adulto e misura circa 12-13 mm, pesa 50 mg e si allontana da solo<br />
per cercare cibo. Il giovane gambero, durante la prima estate di vita, può sostenere fino a 5-6<br />
mute fino a raggiungere, a settembre, il peso di 230 mg per 16-20 mm di lunghezza. L’età<br />
adulta e la maturità sessuale viene raggiunta verso i 3-4 anni di vita. Gli adulti subiscono una<br />
sola muta estiva.<br />
RUOLO ECOLOGICO: il gambero di fiume svolge un ruolo ecologico funzionale molto<br />
importante negli ecosistemi acquatici: è un generalista che converte detrito, periphyton e<br />
macrofite in biomassa utilizzabile dai predatori più grandi (prevalentemente Salmo trutta e<br />
Leucisus cephalus ma anche persico, anguilla, airone).<br />
In uno studio condotto in Inghilterra (su popolazioni della specie A. pallipes) si sono evoluti<br />
evidenziare i fattori che influenzano maggiormente la densità di popolazione dei gamberi. I<br />
risultati del monitoraggio hanno evidenziato che:<br />
1. il gambero si sviluppa solo dove non sono presenti suoi competitori alloctoni;<br />
2. la dimensione delle popolazioni è influenzata da: ripidezza degli argini; presenza di<br />
vegetazione ripariale e alberi; estensione delle radici nell’alveo fluviale,<br />
particolarmente di ontano, salice e nocciolo.<br />
STATUS DI CONSERVAZIONE<br />
La specie è considerata dall’ IUCN/WCMC globalmente minacciata; è inserita nell’allegato III<br />
della Convenzione di Berna e negli allegati II e IV della Direttiva “Habitat”.<br />
L’Austropotamobius pallipes fulcisianus era in passato fortemente diffuso nei tratti montani e<br />
pedemontani di tutti i corsi d’acqua ma è attualmente in grave declino a causa di diversi<br />
fattori come:<br />
-la modificazione dell’habitat dovuto a inquinamento dell’acqua, cui la specie è molto<br />
sensibile, sia di natura organica dovuti a scarichi fognari, che inorganica (scarichi industriali).<br />
A tali contribuisce anche l’uso di pesticidi e fertilizzanti. Inoltre, modifiche ambientali dovute a<br />
opere di sbarramento, quali dighe e briglie, cementificazioni degli argini, opere di drenaggio<br />
che sconvolgono la fisionomia naturale dei corsi d’acqua (e che non colpiscono solo il<br />
gambero);<br />
4
-la pesca indiscriminata cui la specie è stata soggetta negli anni passati;<br />
-la diffusione di agenti patogeni. Un forte declino si è verificato a causa della diffusione in<br />
Europa della “peste del gambero” causata dal micete (Aphanomicetes astaci) giunto<br />
dall’America Settentrionale con l’importazione del gambero americano Pacifastacus<br />
leniusculus;<br />
-tentativi di ripopolamento con specie alloctone competitrici del gambero e spesso veicolo di<br />
infezioni. In particolare il gambero turco Astacus leptodactylus è abbastanza simile<br />
morfologicamente al gambero autoctono ed occupa la stessa nicchia ecologica ma possiede<br />
una velocità di accrescimento e di riproduzione maggiore, che gli hanno permesso di<br />
occupare con successo l’areale dell’Austropotamobius.<br />
AZIONI<br />
1. RINATURAZIONE DELL’HABITAT: interventi volti a ricostituire ambienti<br />
precedentemente modificati da opere di vario genere. In tale contesto il gambero di<br />
fiume, essendo una specie molto esigente, è un buon indicatore da tenere in<br />
considerazione nella progettazione delle opere di rinaturalizzazione e valorizzazione dei<br />
corsi d’acqua. Dal punto di vista ecologico va tenuto conto dei deflussi minimi vitali<br />
necessari per il corretto funzionamento dell’ecosistema acquatico ma anche della<br />
presenza di una buona componente vegetazionale (vegetazione ripariale); questa non<br />
svolge solo una funzione ecologica ma anche di consolidamento delle sponde, versanti e<br />
scarpate (funzione idrogeologica).<br />
2. RIPOPOLAMENTO: perché questo intervento abbia successo è necessario evitare<br />
l’introduzione di specie alloctone o di specie autoctone ma con un genetipo diverso dalla<br />
popolazione presente nel sito. In secondo luogo è necessario ricreare le condizioni<br />
ottimali per la vita e la riproduzione della specie. Per il gambero di fiume è necessario<br />
che il letto e le rive del fiume abbiano una struttura diversificata, con massi, radici,<br />
tronchi d’albero, vegetazione e altri ripari; le rive dovrebbero essere costruite da<br />
materiale sabbioso-argilloso, in modo che i gamberi possano scavarvi dei rifugi. La<br />
sedimentazione di materiali sul fondo è auspicabile, in quanto è proprio sul substrato che<br />
i gamberi trovano il cibo. La qualità dell’acqua è un parametro fondamentale per definire<br />
l’idoneità di un sito ad accogliere una popolazione di gamberi. I possibili predatori<br />
(specialmente le anguille, voraci predatrici del gambero) non devono essere presenti in<br />
eccesso, altrimenti il ripopolamento sarà vanificato.<br />
3. CONTROLLO DELLE IMMISIONI: a tale proposito va creata una apposita base<br />
legislativa.<br />
4. PROPOSTE DI GESTIONE: La protezione delle specie indigene passa attraverso alcuni<br />
concetti di base:<br />
- proteggere tutte le popolazioni conosciute, anche quelle che sembrano più<br />
insignificanti;<br />
- tutelare gli habitat tramite una corretta informazione e programmi di controllo;<br />
- protezione massima per i siti in cui sono individuate popolazioni “serbatoio”;<br />
- creazione di reti <strong>ecologiche</strong> che permettano la ricolonizzazione di un sito;<br />
- reintrodurre i gamberi indigeni laddove questa specie è scomparsa.<br />
5
A livello pratico questi concetti si traducono in alcune importanti azioni:<br />
- la vegetazione ripariale deve essere mantenuta;<br />
- gli interventi di rettificazione e canalizzazione dei corsi d’acqua devono essere evitati,<br />
in quanto non permettono al fiume di utilizzare tutto lo spazio necessario e<br />
impediscono la ricarica delle falde sottostanti;<br />
- a causa della tossicità di certi prodotti fitosanitari, deve essere prevista una zona<br />
tampone in cui il loro utilizzo sia proibito;<br />
- l’immissione di pesci predatori che possano competere col gambero deve essere<br />
limitata o addirittura vietata;<br />
- in caso di minaccia incombente su una popolazione di gamberi, è importante agire con<br />
tempestività;<br />
- creare appositi programmi di monitoraggio che permetta di controllare l’espansione<br />
delle popolazioni di gamberi alloctoni (in particolare l’americano) che non devono in<br />
nessun modo essere introdotti per ripopolare zone prive di gamberi.<br />
6
Cerambyx cerdo (Linne’, 1758)<br />
Coleottero-Cerambicide Cerambyx cerdo Linné, 1758<br />
Specie inserita nell’Allegato II e nell’Allegato IV della Direttiva “Habitat”; inserita nelle liste<br />
IUCN (VU A1c + 2c); protetta dalla convenzione di Berna (all.II) del 1979; protetta dalla legge<br />
Regionale Toscana (All.A); compresa nella lista delle specie a rischio nel “Libro rosso” della<br />
fauna e della flora minacciate in Italia (Pavan, 1992).<br />
E’ uno dei più grandi cerambicidi europei. Il corpo, escluse le antenne, è lungo generalmente<br />
25-30mm. Le larve sono xilofaghe e si sviluppano nell’arco di 3-4 anni nel legno delle querce<br />
sia in decomposizione che maturo, ma ancora in buono stato. Quando sono diventate più<br />
grosse e robuste, le larve si spingono internamente al tronco scavando gallerie nel duramen<br />
e nell’alburno. L’adulto si nutre della linfa che esce dalle gallerie e dalle ferite dalle piante<br />
ospiti.<br />
7
Phylum: Artropoda<br />
Classe: Esapoda<br />
Ordine: Coleoptera<br />
Famiglia: Cerambycidae<br />
Specie: Cerambyx cerdo (Linnaeus, 1758)<br />
Nome italiano: Cerambice delle querce, Capricorno maggiore<br />
DESCRIZIONE<br />
ADULTO: è uno dei più grossi cerambicidi europei (lungo circa 25-30 mm, ma può<br />
raggiungere i 50 mm). Colore bruno-nero lucido, con le elitre volgenti al rossiccio verso<br />
l’apice. Il corsaletto quasi quadrangolare, presenta su ciascun lato un processo spinoso ed è<br />
coperto da forti rughe trasversali.<br />
Elitre allungate, attenuatesi all’estremità, punteggiate e zigrinato rugose, con qualche<br />
venatura longitudinale appena accentuata, munite all’angolo apicale interno (suturale) di<br />
qualche piccola spina. Zampe lunghe e robuste.<br />
La specie presenta dimorfismo sessuale. Le antenne sono tipicamente molto lunghe e rivolte<br />
all’indietro: nel maschio sono più lunghe del corpo; nella femmina sono più corte del corpo o<br />
di uguale lunghezza. Generalmente, le antenne sono formate da 11 articoli di cui i primi 4<br />
ingrossati all’apice.<br />
LARVA: forma cilindrica più o meno depressa; consistenza molle ad eccezione del cranio<br />
che è immerso nel protorace. Colore bianco sporco o gialliccio con il bordo anteriore del<br />
protorace di colore bruno. Placca chitinosa, granulosa e di forma rettangolare sul lato dorsale<br />
di ciascun urite. Zampe poco sviluppate, si riconosce dalle altre larve di cerambicidi per la<br />
mole (lunghezza: circa 80 mm; larghezza: circa 17 mm).<br />
NINFA: bianco-gialliccia, ha la forma dell’adulto.<br />
8
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA<br />
Specie a vasta diffusione, dall’Europa centrale e meridionale, all’Africa settentrionale,<br />
Caucaso, Asia minore, Iran. In declino o estinta in diversi paesi dell’Europa centrale, è<br />
presente in tutta Italia.<br />
HABITAT<br />
Habitat di riproduzione:<br />
periodo: da Giugno ad Agosto nelle serate calde.<br />
luogo: attorno agli alberi di quercia, boschi con associazione quercia-corniolo;<br />
occasionalmente olmo, frassino, noce, carrubo. L’accoppiamento avviene verso sera sul<br />
tronco dell’albero, dopo di che la femmina con il lungo ovopositore introduce isolatamente le<br />
uova allungate e di colore bianco perlaceo (diametro fino a 1.5 mm) tra le screpolature delle<br />
grosse querce.<br />
Habitat trofico:<br />
Larva: le larve sono xilofaghe, si nutrono del legno degli alberi ospiti (sia in decomposizione<br />
che maturi ma ancora in buono stato) ed utilizzano soprattutto emicellulosa, amido,<br />
saccarosio. Quando sono diventate più grosse e robuste, le larve si spingono internamente al<br />
tronco scavando gallerie nel duramen e nell’alburno. Lo sviluppo larvale dura 3-4 anni<br />
(trascorsi all’interno dei tronchi).<br />
Adulto: l’adulto si nutre della linfa che esce dalle gallerie e dalle ferite dalle piante ospiti, ma<br />
in alcuni casi sembra che non si nutra affatto e che sia semplicemente attratto da questi<br />
essudati.<br />
Habitat di svernamento:<br />
Giunte a maturazione nell’autunno del 3° o 4° anno, le larve si spostano dall’interno del<br />
tronco ospite verso gli strati corticali e preparano nella corteccia un foro ellittico che lascia<br />
spesso intatto lo strato corticale più esterno. Successivamente, la larva retrocedendo allarga<br />
la galleria a guisa di cella, si dispone in modo da avere la testa in direzione dell’uscita e<br />
chiude l’imboccatura della cella con un opercolo fatto da materia organica cementante e da<br />
carbonato di calcio secreti dal ventricolo chilifero.<br />
In genere, la larva si trasforma in ninfa già nell’autunno stesso, ma lo sfarfallamento<br />
dell’insetto, in genere, si verifica nella primavera successiva. L’insetto appena sfarfallato è<br />
bianco, molle, e deve attendere qualche settimana nella cella affinché i suoi tegumenti si<br />
induriscano in modo da poter rodere l’opercolo della cella con le mandibole.<br />
9
BIOLOGIA ED ECOLOGIA<br />
La specie è comune nei querceti, più rara su altre latifoglie; l'adulto si nutre di foglie, frutti e<br />
linfa. Vola attivamente nelle ore crepuscolari.<br />
Vola nelle sere calde (crepuscolare), attorno agli alberi di quercia con volo pesante e ronzio,<br />
attratto dagli essudati della pianta. Durante il giorno sta nascosto nei tronchi cavi o dentro le<br />
gallerie larvali; è evidenziabile la sua presenza perché lascia sporgere fuori le lunghissime<br />
antenne. Dopo l'accoppiamento, che avviene tra giugno e agosto, la femmina depone le uova<br />
fra le screpolature della corteccia delle grosse querce<br />
La larva, che si nutre di legno, ha forma leggermente conica, rigonfia nella parte anteriore, un<br />
po' appiattita, di colore bianco sporco o gialliccio e zampe piccole, poco evidenti. Essa,<br />
appena nata dall'uovo, incomincia a scavare negli strati corticali delle gallerie a sezione<br />
ellittica; diventata più grossa lascia la corteccia per penetrare dentro il legno. La larva, giunta<br />
a maturazione nell'autunno del 3° o 4° anno, si porta di nuovo verso gli strati corticali e<br />
prepara nella corteccia un foro ellittico che permetterà poi l'uscita dell'insetto perfetto.<br />
L'impupamento si verifica già nell'autunno, ma lo sfarfallamento dell'insetto generalmente si<br />
verifica nella primavera o nell'estate successive. In regioni a clima mite l'insetto sfarfalla già<br />
nell'autunno, ma sverna entro la cella.<br />
Specie termofila: sceglie il lato dell’albero esposto a sud, dove la temperatura è<br />
considerevolmente più alta che nel lato esposto a nord (almeno 10-20 °C di differenza)<br />
generalmente preferisce le parti basse del tronco (inferiori a 2 m), purché sufficientemente<br />
illuminate.<br />
Piante ospiti: quercia. Boschi con associazione quercia-corniolo; occasionalmente olmo,<br />
frassino, noce, carrubo.<br />
Non è chiaro se questa specie presenti simbiosi con funghi o lieviti per la degradazione del<br />
legno e per ottenere sostanze azotate. Le larve utilizzano soprattutto emicellulosa, amido,<br />
saccarosio.<br />
Danni: il cerambice attacca alberi maturi anche se ancora vegeti e robusti. In genere<br />
preferisce le piante isolate anche dei viali e dei parchi. Le gallerie sono sia longitudinali che<br />
trasversali e formano spesso una fitta rete. Questa attività finisce per minare in modo lento e<br />
progressivo la vitalità dell’albero, che, indebolito, finisce per rompersi sotto l’azione del vento<br />
e della neve. Tale attività è coadiuvata da funghi xilovori secondari (carie e cancri) e formiche<br />
che nidificano nelle gallerie del cerambice e demoliscono nuove parti di legno. Oltre che<br />
fisiologici, i danni sono anche tecnologici ed economici (legno di interesse commerciale).<br />
Negli ambienti forestali in condizioni <strong>ecologiche</strong> normali, i cerambicidi svolgono un’attività nel<br />
complesso utile perché contribuiscono ad accelerare la decomposizione di parti di piante,<br />
contribuendo al ritmo di rinnovamento della materia organica non più utilizzabile dai<br />
produttori primari (la fauna saproxilica svolge un importante ruolo ecologico). Tuttavia, se<br />
l’assetto funzionale della foresta viene alterato (fattori di alterazione: piante tagliate e non<br />
tempestivamente scortecciate o trattate, schianti eccessivi da sovraccarico di neve,<br />
deperimenti vari dovuti anche a piantagioni in biotopi inadatti o secondo criteri innaturali)<br />
l’equilibrio si sposta a favore degli xilofagi e la proliferazione della fauna saproxilica<br />
determina l’attacco anche di piante in buono stato di salute.<br />
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Fattori di minaccia<br />
E’ specie minacciata dalla ceduazione dei querceti e dalla eliminazione delle vecchie piante<br />
in deperimento, nonché dalla diminuzione delle superfici coperte a querceto.<br />
E’ specie anche minacciata perché considerata potenzialmente dannosa ai querceti.<br />
Fattori avversi sono la mancanza di umidità nei primi stadi di questi insetti, infezioni fungine e<br />
batteriche, antagonismo con imenotteri icneumonoidei e predazione da parte di uccelli picidi.<br />
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Lucanus cervus (Linné, 1758)<br />
Coleottero-Lucanide Lucanus cervus (Linné, 1758)<br />
Specie inserita nell’Allegato II della Direttiva “Habitat”; protetta dalla convenzione di Berna<br />
(all.III) del 1979; protetta dalla legge Regionale Toscana (All.A,B).<br />
E’ il più grande coleottero d’Europa (fino a 9 cm) ed è detto cervo volante per le grandi<br />
mandibole sporgenti del maschio. Le larve sono saproxilofaghe, cioè si cibano di legno in<br />
decomposizione, vivono fino a 5-7 anni.<br />
Il ciclo biologico di questa specie ha luogo su diverse specie di querce. La femmina depone<br />
le uova (12-24) nel legno morente, tra le screpolature del tronco oppure nel terreno, molto<br />
vicino al legno, a 25 cm di profondità.<br />
Le larve più giovani di L. cervus sembrano preferire le radici centrali (principali) delle ceppaie<br />
marcescenti mentre quelle più mature si spostano verso la periferia (dell’apparato radicale),<br />
ma sono state trovate anche nel tronco in alberi abbattuti e nelle vicinanze del suolo. Si<br />
ritiene che i lucanidi appaiano nelle fasi intermedie-finali del processo di degradazione del<br />
legno, generalmente dopo circa 5 anni dalla morte dell’albero.<br />
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Phylum: Artropoda<br />
Classe: Esapoda<br />
Ordine: Coleoptera<br />
Famiglia: Lucanidae<br />
Specie: Lucanus cervus (Linnaeus, 1758)<br />
Nome italiano: Cervo volante<br />
DESCRIZIONE<br />
ADULTO: la specie presenta un evidente dimorfismo sessuale.<br />
Maschio: colore nero lucente. Capo più largo della restante parte del corpo,<br />
subquadrangolare, armato di due forti mandibole falciformi lunghe quanto la somma della<br />
lunghezza del capo e del pronoto, con la punta biforcata e con un forte dente posto quasi a<br />
metà del margine interno. Pronoto di forma pressoché quadrangolare; elitre un poco più<br />
larghe del protorace, lisce e arrotondate posteriormente. Dimensioni comprese tra 30–90<br />
mm (mandibole incluse).<br />
Femmina: nera lucente con capo munito di mandibole di piccole dimensioni, protorace largo<br />
quanto le elitre, più ristretto anteriormente e con lati curvati. Elitre come quelle del maschio.<br />
Dimensioni: 28 – 54 mm.<br />
Il cervo volante è considerato il coleottero più grande d’Europa ma esiste una considerevole<br />
variazione di taglia dovuta anche al tipo di legno di cui si nutrono.<br />
La variazione morfologica non riguarda la sola lunghezza del corpo ma anche la forma delle<br />
mandibole e il numero di lamelle delle antenne. Questa variabilità influisce sul successo<br />
riproduttivo degli individui e sembra sia dovuta alla concomitanza di fattori genetici e<br />
ambientali (es. tipo di alimentazione).<br />
LARVA: melolontiforme, consistenza molle; il corpo è color crema-trasparente, ma le zampe<br />
e la testa chitinosa sono di colore arancione brillante. Dalla testa sono ben distinguibili le<br />
mandibole marrone scuro. Assumono una caratteristica forma a “C” e sono completamente<br />
cieche. Le larve sono gregarie; la comunicazione avviene attraverso una caratteristica<br />
stridulazione. L’apparato stridulatore di una larva di L. cervus consiste di:<br />
1) una pars stridens sulla coxa delle zampe intermedie: formata da una serie di denti<br />
oblunghi, distribuiti sull’anca (coxa), in modo da essere rivolti verso la zampa posteriore,<br />
portano parallelamente, da ciascun lato, una serie di piccoli bottoni;<br />
2) un plectrum sul trocantere delle zampe posteriori: formato da una serie di “coste” parallele.<br />
Il suono è un breve crepitio che a volte è ripetuto per due o tre volte; dura circa un secondo<br />
ed ha una frequenza di 11 kHz. La funzione della stridulazione non è chiara. Probabilmente è<br />
diretta a larve della stessa specie con lo scopo di mantenersi vicine o per lo scopo opposto,<br />
cioè la richiesta di spazio.<br />
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castagno, talora sui tronchi e sui rami dei salici e dei gelsi.<br />
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA<br />
HAB<br />
ITAT<br />
Abita<br />
i<br />
bosc<br />
hi di<br />
quer<br />
cia e<br />
di<br />
Specie diffusa in Europa, Asia Minore, Siberia. Si trova in quasi tutta l'Europa; risulta estinta<br />
in Danimarca e probabilmente in Irlanda. In Italia è comune nelle regioni settentrionali e<br />
centrali. Lucanus cervus non è raro in Italia, ma questo coleottero è considerato specie a<br />
rischio ed è attualmente protetto.<br />
La specie è presente in tutta Europa ma la distribuzione non è omogenea; si distinguono<br />
infatti 3 regioni europee:<br />
- regione a Nord: sembra non essere favorevole, soprattutto per la bassa temperatura;<br />
14
- regione a Est: le popolazioni dell’Europa dell’est risultano essere grandi ma<br />
potenzialmente a rischio nell’immediato futuro per la deforestazione;<br />
- regione a Sud (Spagna e Italia): le popolazioni sono in buona salute e ciò comporta<br />
una enorme responsabilità nel preservare queste popolazioni. In particolare, le<br />
popolazioni residue della regione Sud Europea potrebbero costituire una fonte di<br />
ricolonizzazione dei territori perduti nell’area di distribuzione centrale.<br />
Di seguito viene riportata una breve nota sulla presenza della specie in alcuni paesi europei<br />
SPAGNA<br />
La specie è protetta come “specie di interesse”. Ciò comporta il dovere di predisporre un<br />
piano di conservazione e di azione (Action Plan) da parte delle autorità competenti, che non<br />
è ancora stato fatto (2003). In realtà, la maggiore sollecitazione nella conservazione di<br />
questa specie proviene dagli entomologi amatoriali che hanno fondato un gruppo di ricerca<br />
contribuendo alla stesura della mappa di distribuzione in cui la specie viene classificata a<br />
basso rischio per la Spagna.<br />
DANIMARCA<br />
Estinto<br />
REPUBBLICA CECA<br />
Restano popolazioni localizzate in Boemia ed è relativamente comune nella parte S-SE della<br />
Moravia. In declino a causa della scomparsa di habitat. La specie è considerata a rischio ed<br />
è protetta ma sarebbe necessaria una protezione degli habitat più che della specie in sé.<br />
UNGHERIA<br />
Nel paese L. cervus è una specie protetta e a rischio; negli ultimi 40-50 anni il numero degli<br />
individui è diminuito a causa dell’assenza di vecchie querce adatte allo sviluppo larvale.<br />
Tuttavia, in molte parti del paese, dove le querce abbattute vengono lasciate in situ, si<br />
rinviene questa specie facilmente.<br />
GERMANIA<br />
La specie è protetta dal 1934 nella ex Germania ovest e dal 1954 nella Germania dell’est. Le<br />
popolazioni sono notevolmente diminuite a causa della cattiva gestione delle foreste<br />
(rimozione del legno morto, utilizzo di erbicidi e pesticidi). Attualmente la specie presenta una<br />
distribuzione puntiforme, nelle maggior parte delle regioni è considerata a forte pericolo di<br />
estinzione.<br />
INGHILTERRA<br />
Specie ritenuta in declino. Un campionamento nazionale fatto nel 1998 ha confermato la<br />
presenza di 3 nuclei localizzati nella parte SE dell’Isola. Solo piccole colonie di pochi individui<br />
si trovano in altri luoghi nel S-SW dell’isola. L’attuale distribuzione conferma una affinità per<br />
le aree costiere e per i corridoi fluviali nelle regioni più calde e secche dell’Inghilterra,<br />
apparentemente lontana dalle aree con suoli argillosi e con calcare fine.<br />
Dal 1998, il “People Trust for Endangered Species” sta approntando un “action plan” per la<br />
salvaguardia e la protezione della specie. Le cause della scomparsa sono sempre le stesse.<br />
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SVIZZERA<br />
Sono presenti piccole popolazioni isolate in diversi luoghi preferibilmente nelle regioni più<br />
calde fino a 1400 m. A Nord delle Alpi è stato rinvenuto nei dintorni di Basel (microclima mite)<br />
dove, da 10 anni, è in corso uno studio al riguardo e dove esistono piccole foreste di querce.<br />
Sono state effettuate delle indagini da cui è risultato che l’areale dei maschi è di 1,06 ha,<br />
quello delle femmine di 0,17 ha.<br />
La specie è attualmente protetta in tutti i cantoni e le piccole e scarse popolazioni sono<br />
isolate tra di loro; sembra che il trend si stia invertendo, forse a causa della minore rimozione<br />
del legno morto dalle foreste.<br />
OLANDA<br />
La specie non sembra in declino negli ultimi 20 anni.<br />
PORTOGALLO<br />
La specie è presente a Nord e si estende a Sud attraverso la regione di Coimbra, ma<br />
mancano dati sulla parte NE. Non è certo se sia o meno in diminuzione.<br />
SVEZIA<br />
La specie è distribuita nel SW della Svezia, dove sono note almeno da 11 a 50 località di<br />
ritrovamento; in alcune di queste, la specie è abbondante. Comunque, la popolazione è in<br />
declino dal 1950. E’ considerata specie a rischio-vulnerabile. Il declino è dovuto alla perdita<br />
di habitat.<br />
BIOLOGIA ED ECOLOGIA<br />
L’adulto beve gli essudati zuccherini delle piante e i liquidi di frutti molto maturi anche se<br />
sembra che la nutrizione non abbia un ruolo di sopravvivenza (possono non nutrirsi affatto)<br />
ed è visibile da fine Maggio ad Agosto, principalmente di sera (crepuscolare) anche se<br />
sembra avere una certa attività anche nel periodo diurno. Il periodo di comparsa delle<br />
immagini è comunque variabile in relazione alla latitudine (specie termofila) e all’altitudine (il<br />
limite superiore sembra essere di circa 1400 m s.l.m. - Alpi). Sembra inoltre che preferiscano<br />
ambienti ben illuminati (sono stati ritrovati nei parchi cittadini, nei giardini privati…) con suolo<br />
ben drenato, composto di sabbia-ghiaia.<br />
Le grandi mandibole del maschio hanno una funzione unicamente sessuale: famosi, infatti,<br />
sono i combattimenti tra maschi per l’accoppiamento. E’ stato osservato che le dimensioni<br />
giocano un ruolo fondamentale per il successo riproduttivo. I maschi molto piccoli adottano<br />
una strategia diversa: mentre due maschi sono impegnati nel combattimento, quello più<br />
piccolo ne approfitta accoppiandosi con la femmina. Sia i maschi che le femmine si<br />
accoppiano più volte durante la breve vita immaginale. Il volo è stato osservato<br />
principalmente nei maschi, con lo scopo di difesa del territorio e di ricerca delle femmine.<br />
Dopo l’accoppiamento la femmina cerca un pezzo di legno morente e depone tutte insieme<br />
12-24 uova (3 mm di diametro) tra le screpolature del tronco o nel terreno, molto vicino al<br />
legno, a 25 cm di profondità.<br />
Dopo circa 2-4 settimane, le larve escono dalle uova e cominciano a nutrirsi del legno.<br />
Le larve sono saproxilofaghe, si nutrono del legno di diverse specie di piante in<br />
decomposizione (principalmente diverse specie di quercie, faggio, castagno, gelso, pioppo,<br />
salice). Questa dieta è possibile grazie alla simbiosi con batteri decompositori di cellulosa,<br />
che si trovano in una camera nell’intestino. Le larve sono molto voraci. Le larve si sviluppano<br />
preferibilmente sulle ceppaie, per cui non arrecano danni.<br />
E’ noto che le diverse specie di Lucanidi ripartiscono le nicchie <strong>ecologiche</strong> disponibili nello<br />
stesso albero: le larve più giovani di L. cervus sembrano preferire le radici centrali (principali)<br />
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delle ceppaie marcescenti, mentre quelle più mature si spostano verso la periferia<br />
(dell’apparato radicale) ma sono state trovate anche nel tronco di alberi abbattuti e in<br />
prossimità del suolo. Sembra che i lucanidi appaiano nelle fasi intermedie-finali del processo<br />
di degradazione del legno, generalmente dopo circa 5 anni dalla morte dell’albero (range 1-<br />
10 anni).<br />
La durata della vita larvale dura alcuni anni. Questo lungo periodo è dovuto da un lato al<br />
basso contenuto nutritivo (principalmente azoto) del legno marcescente, e dall’altro, alla<br />
taglia elevata che deve essere raggiunta a maturità. Larve di diverse età coesistono nella<br />
stessa ceppaia.<br />
Dopo circa 5-6 instars la larva raggiunge le giuste dimensioni, smette di nutrirsi e lascia il<br />
tronco, spostandosi in profondità nel terreno dove si costruisce un bozzolo delle dimensioni<br />
di un uovo di gallina. Tale bozzolo è fatto cementando detriti di legno ed escrementi propri.<br />
La metamorfosi si verifica in autunno e dura circa 3-6 settimane. Dopo la metamorfosi,<br />
l’immagine attende la primavera successiva per lasciare il bozzolo e sfarfallare, chiudendo il<br />
ciclo, che complessivamente dura 5 anni. Il maschio appare prima della femmina<br />
(proterandria).<br />
STATUS DI CONSERVAZIONE<br />
Le ragioni della regressione della specie nelle diverse regioni europee sono diverse:<br />
1. Il maggior candidato è senz’altro la scomparsa dell’habitat (il disboscamento, la<br />
ripulitura del sottobosco e del soprassuolo forestale, patologie legate alle piante<br />
ospiti...etc.), infatti la specie frequenta gli ambienti suburbani (es. parchi).<br />
2. Variazioni climatiche.<br />
3. Collezionismo: a causa della sua bellezza, la specie è molto apprezzata dai<br />
collezionisti di tutto il mondo<br />
4. Predazione ad opera di: gazze (maggior predatore), nottole ed altri uccelli notturni,<br />
gatti domestici, volpi, scoiattoli, etc.<br />
5. Pesticidi e impatto con autovetture, questi fattori sembrano concorrono alla<br />
scomparsa della specie ma non esistono studi al riguardo.<br />
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Euplagia quadripunctaria (Poda, 1761)<br />
Callimorpha quadripunctaria Poda, 1761 - Insetti-Lepidotteri-Arctidi.<br />
Sin.: Euplagia quadripunctaria (Poda, 1761)<br />
Taxon inserito nell’Allegato II come specie “prioritaria”; protetto dalla legge Regionale<br />
Toscana (All. A e All.B).<br />
Gli adulti si osservano da fine giugno a fine agosto ed hanno una attività sia diurna che<br />
notturna. Ali anteriori: nere zebrate di giallo pallido. Ali posteriori: sono rosse con quattro<br />
grossi punti neri. Corpo: il torace è nero striato di giallo. L’addome è arancione e ornato da<br />
una linea mediana di punti neri. E’ una specie univoltina. Deposizione avviene da luglio ad<br />
agosto. Le uova sono deposte sulle foglie della pianta ospite.<br />
Le larve: si schiudono 10-15 giorni dopo la deposizione ed entrano rapidamente in diapausa<br />
in un bozzolo alla base delle piante. L’attività riprende in primavera e sono polifagiche<br />
nutrendosi di diverse specie erbacee. La larva misura fino a 50 mm. La fase di ninfa si trova<br />
in giugno e dura da quattro a sei settimane. Il taxon frequenta un gran numero di ambienti<br />
umidi o xerici o anche ambienti antropizzati.<br />
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Phylum: Artropoda<br />
Ordine: Lepidoptera<br />
Famiglia: Arctiidae<br />
Specie: Euplagia quadripunctaria (Poda, 1761)<br />
Nome comune: Falena dell'Edera<br />
DESCRIZIONE<br />
Unica specie europea del genere, nota con il sinonimo Callimorpha quadripunctaria. Gli adulti<br />
sono di medie dimensioni, apertura delle ali anteriori dei maschi 23-29 mm. Le ali a riposo<br />
sono ripiegate a tetto al di sopra del corpo. La pagina superiore delle ali anteriori, di colore<br />
nero, presenta zebrature in giallo pallido, in particolare una sorta di ‘V’ nella metà esterna e<br />
una banda lungo il margine posteriore; la pagina superiore delle ali posteriori, di colore<br />
variabile dal rosso brillante al giallastro, presenta quattro grandi punti neri. Il torace porta tre<br />
bande longitudinali nere. L’addome, aranciato, presenta una macchia dorsale su ogni tergite.<br />
I sessi differiscono per le antenne, setoso-ciliate nel maschio e semplici nella femmina.<br />
Le larve mature arrivano a misurare 50 mm. Il tegumento è nerastro o bruno. Sui segmenti,<br />
delle verruche brune-aranciate portano delle setole grigiastre o brune giallastre caratteristica<br />
tipica dei rappresentanti della famiglia. Si osserva una banda medio-dorsale giallastra e due<br />
bande laterali di macchie bianche-gialle. La testa è nera lucente.<br />
PERIODO DI VOLO<br />
Luglio – Settembre. Specie univoltina.<br />
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HABITAT<br />
Questa specie si rinviene più frequentemente in aree boscose e fresche, dal livello del mare<br />
fino a circa 1500 m di altitudine nelle vallate montane. Nella regione mediterranea vive più<br />
spesso in valli strette e delimitate da rilievi con pendii scoscesi, con corsi d’acqua perenni e<br />
formazioni boschive continue, caratterizzate da un microclima più fresco e umido rispetto alle<br />
aree circostanti. Si ritrova anche in aree antropizzate.<br />
DISTRIBUZIONE<br />
Questa specie presenta un’ampia distribuzione nell’Europa centrale e meridionale. Specie<br />
largamente diffusa dalla Danimarca fino all’Europa meridionale e centrale, Asia Minore e Iran<br />
e Nord Africa. In Italia è diffusa in tutta la Penisola e in Sicilia ma non in Sardegna.<br />
BIOLOGIA ED ECOLOGIA<br />
E’ una specie univoltina. La deposizione avviene in agosto inizio settembre. Le uova sono<br />
deposte a gruppi sulle foglie della pianta ospite, sono emisferiche, giallo pallido appena<br />
deposte, diventano violacee prima della schiusa. Le uova si schiudono da 10 a 15 giorni<br />
dopo la deposizione. Le larve si alimentano per breve tempo su varie piante (come diverse<br />
rosacee, ed altre specie quali platano orientale e robinia, viti e gelsi, caprifogli). Dopo la 5°<br />
muta, il bruco tesse un bozzolo leggero nella lettiera alla base delle piante. Le larve rientrano<br />
rapidamente in diapausa in un bozzolo, la specie sverna allo stadio di larva. La fase di<br />
crisalide avviene in giugno e dura da 4 a 6 settimane. Gli adulti si osservano da fine giugno a<br />
fine agosto, più spesso a luglio, secondo l'altitudine e le stagioni. Gli adulti dell’unica<br />
generazione annuale si nutrono sulle infiorescenze di Eupatorium cannabinum, Rubus sp.,<br />
Angelica sylvestris, Cirsium sp., Carduus sp., Centaurea sp.<br />
Essi hanno un’attività soprattutto notturna, passano la giornata nel fitto della vegetazione,<br />
spesso nei grossi cespugli creati dai rami fertili dell'edera. Disturbati, sollevano le ali anteriori,<br />
mostrando i vistosi colori di quelle posteriori; altrimenti si involano, per presto posarsi ancora.<br />
Sono più visibili verso la fine del pomeriggio. Le larve si nutrono principalmente di notte e si<br />
riparano sotto le foglie durante il giorno. Le larve mature possono alimentarsi anche nel corso<br />
della giornata.<br />
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STATUS CONSERVAZIONISTICO<br />
Questa specie non si può considerare rara, per lo meno in Italia dove non corre alcun<br />
pericolo di estinzione. Nonostante ciò è da ritenersi minacciata a causa degli interventi<br />
antropici che compromettono e riducono l’estensione del suo habitat. La specie è inclusa<br />
nell’Allegato II (con l’indicazione di “specie prioritaria”) della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE.<br />
Inoltre, è elencata nel “Libro Rosso” della Toscana (Sforzi e Bartolozzi, 2001).<br />
PIANTE NUTRICI<br />
Le larve, polifaghe, si nutrono su diverse specie erbacee ed arbustive: Urtica dioica, Lonicera<br />
sp., Lamium sp., Epilobium sp., Corylus avellana, Rubus.<br />
Urtica dioica<br />
Habitat<br />
Molto comune in stazioni ricche di nitrati. 0-1200 m. Aprile-Maggio.<br />
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Lonicera sp.<br />
Habitat: Luoghi boschivi e lungo le siepi.0-1200 m. Maggio-Luglio<br />
Lamium sp.<br />
Habitat: La falsa ortica infestante delle colture erbacee ed arboree, e degli incolti. Tipo di<br />
danno: da lieve a moderato; causato dallo spazio sottratto e dalla competizione per l'azoto.<br />
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Euphydryas aurinia (Rottenburg 1775)<br />
Lepidottero-Ninfalide- Euphydryas aurinia (Rottemburg, 1775)<br />
Euphydryas aurinia provincialis (Boisduval, 1828)<br />
Euphydryas provincialis (Boisduval, 1828)<br />
Specie inserita nell’Allegato II della Direttiva Habitat; protetta dalla convenzione di Berna (All.<br />
II) del 1979; protetta dalla legge Regionale Toscana (All. A).<br />
La specie Euphydryas aurinia, segnalata in <strong>Umbria</strong>, Marche, Abruzzo come sottospecie<br />
Euphydryas aurinia provincialis, ha contribuito alla definizione di alcuni SIC nell’Appennino<br />
centrale. Sebbene una recente revisione sistematica abbia elevato tale sottospecie a specie<br />
(Euphydryas provincialis), ai fini protezionistici della Direttiva Habitat, ritenendo Euphydryas<br />
aurinia una sorta di "superspecie” (Balletto com. pers.), si manitiene valida la segnalazione<br />
del taxon nell’ambito della Direttiva Habitat.<br />
La specie è univoltina con sfarfallamento a maggio-giugno. Le antenne sono nettamente<br />
clavate e l’ala anteriore misura 17-23 mm. La femmina è simile al maschio ma di dimensioni<br />
più grandi. Le larve si nutrono soprattutto di Succisa pratensis. Il fattore avverso per uova e<br />
larve è rappresentato dal pascolo ad opera delle pecore (a differenza di altro bestiame) che<br />
si cibano selettivamente di Succisa pratensis. L’habitat è molto variabile (dalla pianura ai<br />
1500 m): praterie umide, pascoli con fiori, argini erbosi, rive acquitrinose dei laghi, brughiere.<br />
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Phylum: Artropoda<br />
Ordine: Lepidoptera<br />
Famiglia: Nymphalidae<br />
Specie: Euphydryas aurinia (Rottenburg 1775).<br />
Considerata nell’Italia peninunsulare come sottospecie:<br />
Euphydryas aurinia provincialis (Boisduval, 1828).<br />
Successivamente elevata a specie: Euphydryas provincialis (Boisduval, 1828)<br />
DESCRIZIONE<br />
Tutte le specie di questa famiglia sono decorate in modo vistoso e molte presentano scaglie<br />
argentate sulla superficie inferiore delle ali.<br />
Le zampe anteriori sono ridotte, ma solo nei maschi sono simili a spazzole. In alcune specie<br />
la struttura delle zampe anteriori è quasi l’unico carattere che permette di distinguere i sessi.<br />
Le antenne sono nettamente clavate.<br />
Larve e pupe vivono sospese ed hanno una superficie spinosa. Presentano spesso<br />
macchioline dai riflessi metallici.<br />
MASCHIO: colore arancio alternato con aree più pallide e disegni nervulari e trasversali neri<br />
che formano un reticolo. Nelle ali posteriori è presente una ampia fascia submarginale<br />
arancio contenente una serie di punti neri. La velatura basale nera è più estesa nelle ali<br />
posteriori. Sulla faccia inferiore (rovescio), il colore è più pallido con disegni simili a quelli<br />
della superficie dorsale ma poco evidenti e di colore grigiastro chiaro.<br />
FEMMINA: simile al maschio ma di dimensioni più grandi<br />
PERIODO DI VOLO<br />
Maggio-Giugno. Ciclo biologico univoltino.<br />
HABITAT<br />
Molto variabile, praterie umide, pascoli con fiori, argini erbosi, rive acquitrinose dei laghi,<br />
brughiere, ecc. Dalla pianura ai 1500 m s.l.m. Le piante nutrici della larva sono: la<br />
piantaggine, la scabiosa e più raramente altre essenze erbacee. La pianta più utilizzata dal<br />
bruco è la Succisa pratensis, ma sono utilizzate anche: Knautia arvensis, Scabiosa<br />
columbaria. Piante nettarifere dell’adulto: Polygonum bistorta, Cirsium palustre, Ranunculus<br />
repens, Rubus fruticosa. E’ importante che la principale pianta nutrice sia presente in<br />
abbondanza. La Succisa pratensis è sensibile ai nitrati, ai fosfati e sparisce dalle praterie<br />
grasse.<br />
Specie legata alle zone aperte, colonizza vari ambienti: prati umidi su substrato acido o<br />
neutro, brughiere e praterie su calcare. Sia il pascolo, purché non eccessivo, che gli incendi<br />
appaiono fondamentali per la specie, perché impediscono la successione della vegetazione<br />
verso il bosco. Le uova vengono deposte a gruppi sulla pagina inferiore delle foglie, di solito<br />
nel mese di giugno.<br />
24
BIOLOGIA ED ECOLOGIA<br />
Il ciclo biologico è univoltino. Il primo gruppo di uova è grande (generalmente circa 300)<br />
mentre le successive deposizioni sono meno abbondanti. Le femmine depongono le uova<br />
nelle piante più grandi e dove il manto erboso è più alto (8-20 cm). Le giovani larve sono<br />
gregarie: tessono una rete comune nelle vicinanze della loro pianta nutrice, generalmente<br />
Succisa pratensis, secondariamente Knautia arvensis, Scabiosa columbaria, Plantago,<br />
Lonicera.<br />
Le uova vengono deposte direttamente sulla pianta nutrice. La schiusa avviene dopo circa 3<br />
settimane. Le giovani larve sono gregarie e tessono sulla pianta ospite una tela comunitaria.<br />
La loro colorazione scura e l’estrema vicinanza degli individui servono alle larve per<br />
minimizzare la perdita di calore per convezione e gli permette di raggiungere le elevate<br />
temperature necessarie per la digestione (circa 35 °C) anche se si trovano sul suolo umido e<br />
freddo delle marcite. Quando il processo di digestione è terminato, le larve si disperdono per<br />
mangiare e poi ritornano ad aggregarsi. Dopo la terza muta iniziano l'ibernazione. All'inizio<br />
della primavera emergono dal rifugio invernale e riprendono ad alimentarsi nella tela<br />
comunitaria, ma si disperdono dopo la quinta muta e alla sesta si sviluppa la crisalide in<br />
prossimità del suolo sotto foglie morte o su steli di piante. Le immagini compaiono dopo 15<br />
giorni e si osservano dalla fine di aprile a tutto maggio.<br />
La specie è considerata largamente sedentaria e la maggior parte degli individui rimangono<br />
chiusi per tutta la loro vita nel sito natale ma non sono pochi comuni i lunghi spostamenti: è<br />
quindi necessario mantenere in buono stato anche gli areali di confine che la farfalla può<br />
ricolonizzare, così da compensare la scomparsa periodica in altre aree.<br />
Le larve sono parassitate da 2 specie di vespe che sono: Cotesia bignellii e C. melitaearum.<br />
I siti per la presenza si possono visitare o in maggio/giugno quando sfarfalla l’adulto, oppure<br />
in tardo agosto/settembre quando le prime larvette sono visibili; anche in tarda primavera,<br />
quando le larve riemergono dall’ibernazione. Non è così facile vedere gli adulti; le probabilità<br />
aumentano nelle giornate assolate. A primavera i maschi sono i primi a sfarfallare, seguiti<br />
dalle femmine.<br />
Spesso la Succisa si trova associata con piante dei genere Phragmites sp., Carex sp., vari<br />
tipi di sfagni Sphagnum sp., ecc. La Succisa si può trovare anche nelle forre umide o nelle<br />
aree bruciate.<br />
Succisa pratensis (pianta nutrice della larva)<br />
25
CONSERVAZIONE<br />
I fattori avversi per la specie sono:<br />
- la scomparsa dell’habitat, a causa delle eccessive pratiche agricole (agricoltura intensiva);<br />
-la frammentazione dell’habitat a causa della crescita delle attività antropiche (es.:<br />
costruzione di strade, case, etc.);<br />
-l’inappropriata gestione dei pascoli (eccessivo pascolo del bestiame che altera la struttura<br />
vegetativa dei siti e riduce la disponibilità della pianta nutrice);<br />
- l’inquinamento, compreso l’utilizzo di pesticidi ed erbicidi.<br />
Il suo declino è legato sia alla distruzione dei biotopi, che ai cambiamenti nelle pratiche<br />
agricole. L'intensificazione agricola, la forestazione e la ricolonizzazione arbustiva sono<br />
all’origine della regressione dei prati magri ricchi in Succisa. Se la perdita dell’habitat ha<br />
giocato un ruolo cruciale nel suo declino, la sua frammentazione, ha sicuramente accelerato<br />
il processo negli ultimi decenni. Infatti l’isolamento, sempre più marcato delle ultime<br />
popolazioni rende molto improbabile la ricolonizzazione dopo l’estinzione locale. Popolazioni<br />
stabili sono predominanti solo nella regione biogeografica dell’area mediterranea. Gli ovini<br />
sembra esercitino un'azione negativa, perché brucano eccessivamente la vegetazione, ed in<br />
particolare selettivamente il "Morso del diavolo" (Succisa pratensis), principale pianta nutrice<br />
delle larve.<br />
TIPOLOGIA DI PASCOLO E TAGLIO<br />
Le razze tradizionali di cavalli e bestiame sono preferibili per il pascolo sulla vegetazione per<br />
il fatto di essere meno selettivi. Le pecore sono generalmente da escludere perché<br />
pascolano selettivamente su Succisa pratensis. Il taglio non è assolutamente adatto,<br />
soprattutto il taglio regolare o la fienatura. Il taglio a rotazione potrebbe essere la soluzione<br />
ma sono necessari esperimenti sulla frequenza e i tempi del taglio.<br />
INCENDI<br />
Gli incendi periodici potrebbero essere utili nel mantenimento di habitat adatti in alcuni siti<br />
(anche se la maggior parte delle larve probabilmente morirà nell’incendio) e per il<br />
risanamento e la gestione dei siti. L’incendio dei siti dovrebbe essere compiuto solo dove<br />
questa operazione è tradizionale (l’incendio è dannoso per molti altri <strong>invertebrati</strong>) e in<br />
rotazione, così che solo una parte di ogni campo sia incendiata ogni anno. E’ necessario fare<br />
attenzione nei siti abbandonati (lussureggianti), ed evitare completamente le felcete. Le aree<br />
principali dove avviene l’accoppiamento devono essere identificate e rispettate.<br />
DISTRIBUZIONE<br />
La specie è in declino in tutta Europa, ma è ancora diffusa. La specie è presente in tutto l’Est<br />
Europa, Russia, Asia Minore fino alla Corea attraverso le zone temperate dell’Asia. In<br />
Europa, la specie è estinta in Belgio e Olanda (1982) e in declino in quasi tutti gli altri stati. In<br />
Italia è presente al Nord (regione biogeografica) ma in declino. Tutta l’Europa centroorientale<br />
compresi la Gran Bretagna, i Balcani. Manca nelle isole del Mediterraneo e in<br />
Grecia. Rara nell’Italia peninsulare.<br />
In Italia peninsulare è presente la sotto specie Euphydryas aurinia provincialis, anche se una<br />
recente revisione sistematica l’ha elevata a specie (Euphydryas provincialis). Nonostante ciò,<br />
ai fini protezionistici della "Direttiva Habitat", ritenendo Euphydryas aurinia una sorta di<br />
"superspecie”, si manitiene valida la segnalazione del taxon.<br />
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Aporia crataegi L. 1758<br />
Lepidottero-Pieride Aporia crataegi (Linné, 1758)<br />
Specie in declino soprattutto in Nord Europa. Bioindicatrice di formazioni vegetali lineari<br />
come le siepi, basilari per la connessione ecologica. Queste formazioni rappresentano<br />
micro-habitat di primaria importanza nelle aree agricole dove l’avvento delle colture di tipo<br />
estensivo/intensivo rischia di eliminare ogni elemento di naturalità.<br />
Specie che si rinviene nei prati, nei cespuglieti e nelle radure dei boschi dal piano basale a<br />
quello montano. Univoltina con sfarfallamento da maggio a luglio. Lunghezza dell’ala<br />
anteriore 27-33 mm. Piante nutrici: Crataegus sp., Prunus sp.<br />
Phylum: Artropoda<br />
Ordine: Lepidoptera<br />
Famiglia: Pieridae<br />
Specie: Aporia crataegi L., 1758<br />
Nome comune: Pieride del biancospino<br />
DESCRIZIONE<br />
Ali anteriori 28-34 mm, apertura alare 60-80 mm, parti superiori colore di fondo bianco,<br />
nervature pigmentate di bruno scuro o nero, fascetta discoidale scura e stretta; parti inferiori<br />
simili, spesso con una leggera spolveratura di scaglie nere specialmente nelle parti inferiori<br />
delle ali posteriori. La femmina è più grande, le ali anteriori grandi con la membrana lucida e<br />
brunita, evidente nervatura marrone, fascetta discoidale scura assente. Ali posteriori<br />
finemente scagliose.<br />
PERIODO DI VOLO<br />
Da Maggio a Giugno/Luglio con un’unica generazione.<br />
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HABITAT<br />
Ambienti aperti dal livello del mare fino ai 1800 m. Piante alimentari delle larve: Crataegus<br />
monogyna (biancospino), Spiraea, Prunus. Comune nei giardini e nei campi di erba medica.<br />
Frequenta i luoghi incolti a basse e medie altitudini; è abbastanza comune e nei luoghi che le<br />
si confanno diventa talora infestante. Il bruco si nutre delle foglie di biancospino e talvolta<br />
risulta dannosa agli alberi da frutta. Il bruco è nero con strisce arancioni. Durante il mese di<br />
giugno, nei giorni caldi si possono vedere le farfalle in copula ai limiti della macchia<br />
mediterranea. Volano da maggio fino alla fine dell’estate. I bruchi sono gragari e svernano in<br />
un nido comune.<br />
DISTRIBUZIONE<br />
Nord-Africa, Europa,Turchia, Iran, Medio-Oriente, Cina,<br />
Giappone. In Sicilia è abbastanza comune in località di<br />
media altitudine. Manca in Corsica, Sardegna ed isole<br />
atlantiche.<br />
FATTORI DI MINACCIA<br />
La scomparsa dell’habitat a causa dell’agricoltura intensiva che produce la scomparsa delle<br />
siepi.<br />
PIANTE NUTRICI<br />
Prunus spinosa L.<br />
E’ una specie rustica che<br />
si adatta a terreni poveri e<br />
sassosi; la si può trovare<br />
lungo le strade, negli<br />
incolti e al limitare dei<br />
boschi. Si insedia come<br />
specie pioniera nei terreni<br />
abbandonati. In Italia è<br />
pianta comune e vegeta<br />
fino a 1.500 m.<br />
Crataegus oxyacantha e C. monogyna<br />
Biancospino. Diffuso nella regione mediterranea; comune<br />
in Italia, dalla pianura alla montagna, nei boschi e nelle siepi.<br />
28
LEGENDA DELLE CATEGORIE IUCN<br />
VU B2bce + 3bcd<br />
VU = specie vulnerabile, ovvero a rischio di estinzione a medio termine in quanto:<br />
B = l’estensione delle segnalazioni è inferiore a 20.000 Kmq, o l’areale di occupazione è<br />
inferiore a 2000Kmq e le stime indicano:<br />
2 = un continuo declino, dedotto, osservato o previsto di: b= area di occupazione; c =<br />
area, estensione e qualità dell’habitat; e = numero degli individui maturi<br />
3 = Estreme fluttuazioni di: b = area di occupazione; c = numero di subpopolazioni; d =<br />
numero di individui maturi<br />
VU A1c + 2c<br />
VU = specie vulnerabile, ovvero a rischio di estinzione a medio termine in quanto:<br />
A = Si riscontra una riduzione delle popolazioni e le stime indicano:<br />
1 = una osservata, stimata, dedotta o sospettata riduzione del 20%, entro i prossimi 10<br />
anni o tre generazioni, basata su: c = un declino dell’area di occupazione, estensione<br />
delle segnalazioni e/o qualità dell’habitat<br />
2 = una riduzione del 20% prevista o sospettata entro i prossimi 10 anni o tre generazioni,<br />
basata su: c = un declino dell’area di occupazione, estensione delle segnalazioni e/o<br />
qualità dell’habitat<br />
VU A1c<br />
VU = specie vulnerabile, ovvero a rischio di estinzione a medio termine in quanto:<br />
A = Si riscontra una riduzione delle popolazioni e le stime indicano:<br />
1 = una osservata, stimata, dedotta o sospettata riduzione del 20%, entro i prossimi 10<br />
anni o tre generazioni, basata su: c = un declino dell’area di occupazione, estensione<br />
delle segnalazioni e/o qualità dell’habitat<br />
LR/nt<br />
LR = specie a basso rischio ma<br />
nt = vicina ad essere classificata come vulnerabile ovvero in pericolo di estinzione<br />
DD<br />
I dati raccolti non sono sufficienti a definire lo status della specie, quindi sono necessarie<br />
maggiori informazioni sulla sua abbondanza e distribuzione<br />
29
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