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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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sua carne aveva un sussulto e Don Marcellino avrebbe<br />

voluto battersi il petto per la paura e il rimorso. E l’avrebbe<br />

fatto, se non avesse temuto che qualcuno lo vedesse<br />

e capisse.<br />

<strong>Gli</strong> eremiti nel deserto facevano una vita di privazioni,<br />

mentre lui, Dio sia ringraziato, delle sue condizioni<br />

materiali non poteva certo lamentarsi; ma gli<br />

eremiti in confronto a lui avevano il vantaggio di poterle<br />

combattere, le tentazioni; pungendosi la carne<br />

con le spine, camminando sulle bragi, avvolgendosi i<br />

lombi nel cilicio, fustigandosi a sangue, se necessario.<br />

Nessuno li vedeva, nessuno li sospettava e li giudicava.<br />

E per di più le loro tentazioni erano mere apparenze,<br />

sia pure bellissime, mentre questa, Don Marcellino<br />

non ne aveva alcun dubbio, era una donna in carne<br />

e ossa.<br />

Solo a pensare la parola “carne”, la sua stessa carne<br />

ebbe un sussulto. Don Marcellino temette che il chierichetto<br />

che lo stava aiutando a spegnere le candele e<br />

che gli stava molto vicino se ne accorgesse. “Oh, Dio,<br />

aiutami!” esclamò con tanto ardore, che il chierichetto<br />

lo guardò sorpreso.<br />

– Vai, vai pure, – gli disse allora con impazienza.<br />

Avrebbe voluto che se ne andasse. Aveva paura che capisse<br />

questa cosa terribile che gli stava accadendo.<br />

Che vedesse la ribellione della sua carne e s’accorgesse<br />

del rossore che gli saliva dal collo e quasi gli mozzava<br />

il respiro.<br />

Un ardore spaventoso si era impadronito delle sue<br />

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viscere e le rimescolava con una violenza che gl’indeboliva<br />

la schiena e gli appesantiva le braccia. Oh, poterla<br />

fustigare, strapparla, punirla, quella carne ribelle<br />

che gli paralizzava il corpo nello stesso momento in<br />

cui glielo faceva sentire così vivo e pulsante in ogni più<br />

piccola vena. Beati gli eremiti che quando c’era bisogno<br />

potevano fare ciò che era necessario per schiacciare<br />

il serpente e svuotarlo del suo veleno, senza dare<br />

cattivo esempio e senza che nessuno vedesse e si scandalizzasse.<br />

– Domine, libera nos a malo! – disse con voce rauca.<br />

Il chierichetto gli rispose, meccanicamente e con la<br />

solita voce acuta:<br />

– Amen!<br />

Don Marcellino ebbe un sussulto:<br />

– Sei ancora lì? Vai t’ho detto! – e quasi gridava.<br />

Il bambino lo guardò sorpreso, ma dopo un breve silenzio<br />

alzò le spalle e rispose con indifferenza:<br />

– E allora, Don Marcellì, a domani!<br />

Don Marcellino avrebbe voluto restare un momento<br />

a pregare, inginocchiato davanti all’altare. Mettere il<br />

rosario sotto le ginocchia, per sentire il tormento dei<br />

grani che bucano la pelle, per soffrire, per punirsi, per<br />

domare gli assalti del peccato. Ma temette che questo<br />

suo bisogno apparentemente pio fosse anch’esso una<br />

tentazione del Maligno che voleva farlo star solo con<br />

la donna sotto la volta del tempio. Nella casa del Signore.<br />

Era questo che il Maligno voleva da lui. La caduta,<br />

lì, nel tempio, nella casa del Signore. Non la<br />

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