Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

Guardandole, Astianatte s’assopì e gli parve che fosse
estate e che se ne stesse seduto sui gradini davanti
al portone del municipio. E questo era tutto il suo sogno:
era estate, e lui se ne stava seduto davanti al portone
del municipio perché la scuola era chiusa.
Una mosca gli sfiorò l’orecchio e Astianatte fece
per schiacciarla, ma la mosca non era una mosca ma
la mano di zio Battista che si era alzato e, chino su di
lui, gli parlava.
– Sei ancora qui?
Astianatte s’alzò e, senza rispondere, trascinando i
piedi s’avviò verso la porta. Era già sulla soglia quando
zio Battista lo chiamò. Porgendogli la borraccia gli diceva:
– Bevi anche tu, figliolino. È un sorso di sole. Bevine
un po’. Fa molto freddo, oggi.
Sentendosi chiamare “figliolino”, Astianatte scoppiò
a piangere.
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Maschera e maschere
A babbo non lo dissi. Perché babbo lo temo. Lui è
così forte e sicuro di sé, e niente di ciò che dico o faccio
gli va bene. Ma non sono un idiota, come lui crede.
E ho capito subito che quelli avevano cattive intenzioni
e che se avessi cercato di oppormi mi avrebbero
fatto la festa. E ho anche capito subito che se volevo
salvarmi la vita dovevo far finta di non averli riconosciuti.
E anche con babbo faccio finta di non sapere, a costo
di farmi credere più stupido e buono a nulla di
quanto sono.
– Erano mascherati e quando sono entrati io dormivo.
– Dormivi? Disgraziato… fannullone, idiota… che
non so come faccia la terra a sopportarti… e non ti
vergogni a dirlo, che a quell’ora dormivi?
– Be’ forse non dormivo proprio… Ma mi ero coricato…
perché… non sapevo che cosa fare… le vacche
erano già nella stalla e ormai sino alla notte non sapevo
come passarlo, il tempo. E sono entrati all’improvviso
senza far rumore… O se ne hanno fatto, il
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