Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

E invece erano loro, i miei cani, che avevo visto giacere,
rigidi di veleno, nell’aia davanti alla stalla. Anche
questo dovevano pagare i delinquenti. I miei cani
che quando arrivavo mi venivano incontro come bambini
affettuosi e che ora giacevano lì, morti, gettati
alle mosche e all’astore.
Non mi ci volle molto per accertarmi di ciò che temevo:
come del resto era logico e io stesso al loro posto
avrei fatto, si erano avviati in direzione del Passo
della Croce. Di lì si diramavano tre sentieri, uno dei
quali sboccava nella strada provinciale dove sicuramente
c’erano dei camion pronti a trasportare le mie
bestie in qualche irraggiungibile luogo. Per venderle
a qualche allevatore che le avrebbe mescolate e camuffate
fra le sue bestie, o a qualche beccaio esperto in
timbri falsi che le avrebbe macellate e imbarcate chissà
dove in qualche approdo sulla costa dove i pescatori
ponzesi son pronti a tutto, pur di trovare un pezzo
di pane per togliersi la fame.
Bisognava che li raggiungessi prima del Passo della
Croce, se non volevo rischiare di perdere tempo prezioso
esplorando i tre sentieri.
Un po’ a cavallo, un po’ a piedi dove le tracce diventavano
incerte, con quella luna che entrava e usciva
dalle ventose montagne di nuvole che tempestavano
in cielo, procedevo voltandomi ogni tanto, nella speranza
di vederli arrivare, i vicini che dovevano aiutarmi,
e mio figlio.
Non vedendoli, senza fermare il cavallo, tiravo fuo-
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ri l’orologio e constatavo che per la mia ansia il tempo
correva più rapido delle lancette del mio Roskoff.
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