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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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dilagare dentro di me in onde che mi scuotevano il corpo<br />

e mi facevano tremare le dita nell’impeto di stringergliele<br />

attorno alla gola. A quel meschino di figlio<br />

che Dio mi ha dato in sorte.<br />

E l’ira non era solo per la perdita, che era enorme,<br />

totale, ma anche per l’offesa, l’offesa atroce che mi<br />

avevano fatto approfittando di quella mia disgrazia di<br />

un figlio così inetto. Una femmina.<br />

Era proprio pensando alla sua debolezza che, da pastore<br />

di pecore, mi ero trasformato in vaccaro. Ai suoi<br />

grilli di studiare, di farsi geometra o maestro, io non<br />

ci ho mai creduto. Per studiare ci vuole cervello, e lui<br />

di cervello non ha mai dimostrato di averne, disgraziato.<br />

E neanche in questa occasione, ha dimostrato<br />

d’averne di cervello. Né cervello né altro.<br />

Venti vacche di razza. Tutti i nostri beni. E ora la<br />

stalla era vuota e lui era lì, tremante e piagnucolante.<br />

E sembrava davvero credere che volessi strangolarlo.<br />

Ed era invece per lui, pensando al suo futuro, che mi<br />

era venuta l’idea di trasformarmi in vaccaro, io pastore<br />

di pecore.<br />

La somma, il risultato di una vita di lavoro senza riposo,<br />

quelle venti vacche nelle quali avevo investito e<br />

impegnato persino il letto sul quale dormiva quell’altra<br />

infelice di sua madre. Venti vacche per comprare<br />

le quali non era bastato che vendessi le duecento pecore<br />

che erano il frutto di quasi trent’anni di servitù,<br />

ma avevo dovuto inchinarmi a destra e sinistra per ottenere<br />

le firme di cauzione che la banca esigeva per<br />

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prestarmi la somma che mancava. Perché venti vacche<br />

selezionate significavano anche una stalla moderna,<br />

un medicaio e dei pozzi per l’acqua. Significavano<br />

un silos per il mangime e bidoni nuovi e tanti di quegli<br />

attrezzi che a nominarli sembrano nulla, ma che<br />

sommati costano più di quanto uno non riesca neppure<br />

a immaginarsi.<br />

Venti vacche di razza che erano il frutto del sudore<br />

e del sangue di tutta la mia vita e che dovevano essere<br />

il futuro di quel disgraziato di figlio che se le era lasciate<br />

portar via.<br />

La stalla vuota, così vuota e fredda che, se non fosse<br />

stato per quegli escrementi, avrei quasi potuto credere<br />

di essermele sognate le mie venti vacche di razza.<br />

Dovevano averci spiato bene, i delinquenti. Dovevano<br />

essere stati lì intorno a osservarci e appena si furono<br />

accertati che io mi ero allontanato nella strada verso<br />

il paese, si erano infilati quelle maschere infami ed<br />

erano entrati in azione. E se io per caso, o per miracolo<br />

come sostiene lei, io che non dimentico mai<br />

niente non avessi dimenticato la forma di ricotta fresca<br />

che avevo promesso al dottore e, a circa metà<br />

strada, non fossi tornato per prenderla, allora te lo saluto<br />

il futuro di mio figlio, te le saluto le mie venti<br />

vacche selezionate. Scomparse per sempre, e noi rovinati,<br />

e con vergogna.<br />

– Ma babbo, ascoltatemi, non vi arrabbiate troppo, –<br />

continuava a piagnucolare, – non vi arrabbiate. Che<br />

cosa potevo fare contro tre uomini armati? Tre mitra<br />

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