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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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una parte non più veritiera o nobile di un’altra. Ogni<br />

parte è ugualmente nobile e necessaria e ogni battuta,<br />

in quanto necessaria allo svolgimento del dramma,<br />

ugualmente vera.<br />

Jago, Otello, Desdemona… se non come persone,<br />

come personaggi tutti sono ugualmente nobili e necessari,<br />

nessuno di loro sarebbe qualcosa senza l’altro,<br />

e nessun attore mente quando pronunzia le battute<br />

che gli sono state assegnate perché necessarie allo svolgimento<br />

del dramma. La battuta che lo scrittore ha<br />

messo loro in bocca è la sola verità che conti e l’attore<br />

deve pronunziarla con convinzione e per convincere,<br />

come la verità che è. La verità che lo scrittore ha scelto.<br />

Una delle molte possibili, certo. Ma quella. Qualunque<br />

esitazione o trasgressione rovinerebbe il delicato e<br />

magico meccanismo del dramma.<br />

L’avvocato difensore mi aveva presentato dicendo,<br />

con una retorica che in quel momento mi lusingò, che<br />

“ogni presentazione era superflua, perché ormai tutti<br />

in Italia conoscevano la giovane e brillante ricercatrice,<br />

la donna generosa, la dottoressa che…” etc. etc.<br />

Nessun regista mi aveva preparato ma d’istinto<br />

scelsi di non abbassare gli occhi per fingere modestia.<br />

Guardai nel vuoto, cercando di non cambiare espressione,<br />

di non sorridere, per esempio. Di fare come se le<br />

parole dell’avvocato non mi riguardassero. Come se le<br />

lodi che continuava a tessermi e la rievocazione di<br />

quell’operazione azzardata o disperata, che lui definiva<br />

“brillante”, “eroica sino al totale sacrifizio di sé” - ma<br />

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che io sapevo che solo per la bontà del destino non si<br />

era conclusa in una doppia tragedia - non mi riguardassero<br />

neanche un poco.<br />

Quell’operazione che avevo fatto quasi senza pensare<br />

a ciò che stavo facendo, come se fosse inevitabile e indipendente<br />

dalla mia volontà, io la consideravo eticamente<br />

indifferente e professionalmente forse sbagliata,<br />

ma in quel momento la rivivevo nella descrizione che<br />

l’avvocato ne stava facendo come se fosse stata il risultato<br />

di una razionale e generosa volontà di sacrifizio,<br />

un atto eroico nella mia professione.<br />

Mi permisi però un calcolatamente breve battito di<br />

ciglia e strinsi un po’ le labbra, come per frenare una<br />

piena di sentimenti che in quel momento non provavo<br />

ma sapevo di “dover” provare, quando l’avvocato passò<br />

a tessere le lodi di babbo, “il medico dei poveri”, “il<br />

santo laico”, “lo scienziato”, “il francescano”…<br />

Io ero lì, con un bel ruolo e con la sensazione di poterlo<br />

recitare bene. Fredda e intelligente, elegante nel<br />

mio bell’abito di seta verde. Intorno a me l’aria era leggermente<br />

profumata di colonia. Io non emanavo l’odore<br />

acre e sgradevole degli altri testimoni. Immancabilmente<br />

la mia persona doveva dare un’impressione<br />

di pulizia. Di pulizia fisica e morale.<br />

Quando si passò all’interrogatorio, la mia voce era bassa<br />

ma sicura. Continuavo a recitare e a sentirmi recitare.<br />

Sì, conoscevo l’imputato. Era stato al nostro servizio,<br />

dal febbraio del 1968 all’ottobre dello stesso anno,<br />

quando era stato arrestato… aggiunsi abbassando an-<br />

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