Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura
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di sego, e di corpi e d’indumenti chissà da quando non<br />
lavati. Odore di sudore e odore d’ansia.<br />
Ero rimasta in piedi guardandomi attorno con disagio,<br />
in preda alla nausea e al capogiro. Poi, l’usciere<br />
che poco prima mi aveva accompagnato, era tornato<br />
con una sedia. Appena seduta, avevo estratto dalla<br />
borsa il fazzolettino profumato e vi avevo respirato<br />
profondamente, filtrando l’aria e il suo cattivo odore.<br />
Subito, ma troppo tardi, me n’ero vergognata. Mentre<br />
rimettevo il fazzolettino nella borsa, mi ero guardata<br />
attorno per controllare se qualcuno mi aveva osservato<br />
e condannato. <strong>Gli</strong> uomini erano immobili e silenziosi,<br />
gli sguardi abbassati sulle loro mani spesse dalle vene<br />
affioranti, come isolati in una segreta, necessaria meditazione<br />
prima della battaglia. Per un momento mi<br />
parvero dei prigionieri. Prigionieri di guerra negli<br />
sconosciuti e infidi territori del nemico.<br />
La donna invece guardava dritto davanti a sé, in<br />
qualche punto impreciso alle mie spalle. <strong>Gli</strong> occhi<br />
verdi e larghi erano spalancati e nudi nel viso pallidissimo,<br />
la sola parte di lei che, insieme ad alcune dita di<br />
una mano, emergesse dai drappeggi dello scialle. Le<br />
sue labbra si muovevano quasi impercettibilmente.<br />
Forse pregava. Forse parlava con qualcuno che l’accompagnava<br />
nei suoi pensieri. Forse si preparava mentalmente<br />
le risposte che voleva dare o che le era stato<br />
ordinato di dare.<br />
Anche lei, come gli altri, aveva una sua verità e una<br />
sua menzogna da recitare, parti e aspetti della verità e<br />
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menzogna complessiva. Forse qualcuno di quegli uomini<br />
aveva visto e riconosciuto il ragazzo Oreste quella<br />
sera di pioggia e di tuoni. E allora la loro verità - o<br />
menzogna - era in rapporto alla “causa” più verità e<br />
meno menzogna della mia menzogna-verità.<br />
Ma io ero vestita di seta e loro erano vestiti di rozzo<br />
fustagno; io ero profumata di lavanda e loro puzzavano<br />
di sego e di sudore; io ero stata portata alle stelle<br />
per il mio libro ed esaltata per il mio cosiddetto “atto<br />
eroico”, loro forse non avevano neppure una fedina<br />
penale immacolata; io parlavo bene l’italiano e loro<br />
parlavano quella loro lingua arcaica che i giudici non<br />
erano obbligati a conoscere e non conoscevano.<br />
Costretti a parlare in italiano si sarebbero espressi<br />
male, la loro lingua sarebbe stata imprecisa e rozza, fastidiosa<br />
per chi li ascoltava. Io, insieme ai giudici e<br />
agli avvocati, ero fra la mia gente, fra i miei pari, loro<br />
sarebbero stati in territorio nemico.<br />
Mentre in quella stanzetta mal illuminata e greve<br />
d’odori e d’ansia aspettavo d’essere chiamata a deporre,<br />
sentivo la mia situazione di privilegio come un’ingiustizia<br />
odiosa, alla quale però, per quanto odiosa mi apparisse,<br />
sapevo che né in quell’occasione né in altra<br />
avrei mai voluto rinunziare.<br />
Questo è un ricordo. Una delle sparse e numerose isole<br />
e isolette coesistenti nell’arcipelago della memoria.<br />
Ma nell’acqua di quel tempo che durò anni emerge,<br />
come un’isola più vasta di tutte le altre, soleggiata e<br />
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