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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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sobrio, elegante, molto femminile ma non direttamente<br />

provocante. Sobrio, elegante e fresco, un po’ ingenuo<br />

e molto onesto, era anche il profumo di colonia<br />

che la mia persona e i miei indumenti emanavano. Sapevo<br />

d’essere la perfetta immagine di ciò che dovevo<br />

essere: una giovane, stimata professionista, prodotto e<br />

rappresentante di quella piccola aristocrazia provinciale<br />

e borghesia intellettuale di cui anche i giudici e<br />

gli avvocati erano rappresentanti e prodotto. Alla solidarietà<br />

di classe e di sfondo culturale, che subito s’era<br />

fatta palese tra loro e me, s’aggiungeva l’aureola di<br />

simpatia e d’interesse che ancora mi circondava a causa<br />

del libro e, forse ancora di più, di quella mia azione di<br />

salvataggio, fortunata nel suo esito ma quasi pazzesca<br />

e irresponsabile dal punto di vista professionale, alla<br />

quale giornali e rotocalchi avevano dato più spazio di<br />

quanto meritasse.<br />

Era quella donna giovane e carina, toccata dalla magia<br />

di una sia pure effimera celebrità, che giudici e avvocati<br />

- tutti maschi - si bevevano con gli occhi. Forse<br />

neppure ascoltavano le piccole e insulse storie di vita<br />

quotidiana che stava raccontando. Storie nelle quali<br />

l’accusato, il presunto omicida, appariva come un ragazzino<br />

mite e quasi bigotto nella sua scrupolosa religiosità,<br />

meticoloso nel suo lavoro, avido di quella stessa<br />

letteratura giovanile cha a suo tempo giudici e avvocati<br />

dovevano aver gustato. Simile dunque a loro, e perciò<br />

difficilmente colpevole del delitto di cui lo si accusava.<br />

In uno stato di lucidissima, autoconsapevole trance,<br />

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parlavo calma, a voce quasi bassa, sapendo di recitare<br />

- di recitare bene - un’assoluta verità formale e una sostanziale<br />

menzogna. Ma in quel momento non si trattava<br />

più del ragazzo Oreste, lì nella gabbia, colpevole<br />

o innocente che fosse, della sua assoluzione o della sua<br />

condanna. Per me in quel momento si trattava di condurre<br />

il più brillantemente possibile a termine un compito<br />

che, sia pure contro voglia, avevo accettato d’assumermi.<br />

Non si trattava di lui e di un suo eventuale<br />

salvataggio, si trattava di me, del ruolo che mi ero trovata<br />

a recitare e che, col puntiglio che ho sempre<br />

messo nell’assolvere bene i miei compiti, cercavo di recitare<br />

meglio che potevo.<br />

Appena pochi minuti prima, nella saletta angusta e<br />

semibuia dei testimoni, ero in preda al panico e alla<br />

nausea. Dopo i corridoi e le scale enormi, fatti per impressionare<br />

e per smarrircisi, quello stambugio mi era<br />

parso ancora più tenebroso e incomodo.<br />

Nelle panche lungo le pareti stavano seduti degli uomini<br />

vestiti del fustagno verdastro dei pastori, il berretto<br />

a visiera calato sulla fronte, i gambali e gli scarponi<br />

informi di cuoio grasso. Silenziosi e immobili come<br />

statue. Alcuni sedevano per terra, i gomiti appoggiati<br />

alle ginocchia, il mento nel cavo delle mani. Una<br />

donna giovane ma precocemente sciupata, avvolta in<br />

uno scialle scuro che la copriva dalla testa ai piedi, se<br />

ne stava accoccolata, solitaria e spaurita, nell’angolo tra<br />

la porta e la finestra.<br />

Una zaffata di cattivo odore mi aveva accolto. Odore<br />

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