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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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iuscivo a vedere in quel ruolo macabro d’eroe vendicatore,<br />

mi passava davanti agli occhi in una serie d’immagini,<br />

come un film o il ricordo di un’azione orrenda<br />

alla quale anch’io contro la mia volontà ero costretta a<br />

prendere parte.<br />

Comare Solinas non aveva detto esplicitamente d’essere<br />

stata lei ad armare la mano del ragazzo. E non lo<br />

disse, immagino, perché doveva sembrarle una vanteria<br />

superflua, un’ingiusta diminuzione dei meriti di<br />

Oreste. Ma non aveva mancato di descrivere l’astuzia,<br />

la segretezza e la tenacia con la quale lei, da sola, aveva<br />

condotto le indagini, ancora prima che, come aveva<br />

previsto sin da principio, la polizia e i carabinieri archiviassero<br />

il caso come “delitto d’ignoti”, e che col<br />

passare del tempo gli indizi e le prove venissero cancellati.<br />

Non aveva risparmiato mezzi né minacce sino a che<br />

non aveva avuto l’assoluta certezza sull’identità degli<br />

assassini. Ma la sua certezza e le sue prove non sarebbero<br />

bastate a “quelli che son pagati per fare giustizia<br />

e non la fanno”. Perciò le aveva tenute per sé ed era<br />

solo grazie al coraggio di Oreste che l’equilibrio, rotto<br />

dalla morte di Giosuè, era stato ristabilito.<br />

“Non siamo dei sanguinari, noi, e per noi adesso la<br />

partita è chiusa. Nessuno e niente potrà mai restituirci<br />

il nostro bambino, ma la sua anima non avrebbe potuto<br />

trovar pace se non avessimo fatto giustizia, se a<br />

causa della sua morte avessimo anche perduto l’onore.<br />

<strong>Gli</strong> assassini erano tre e due di loro sono vivi e, per<br />

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quanto mi riguarda, possono campare sino a cent’anni.<br />

Sono due miserabili che la vita sta già punendo più di<br />

quanto la morte non potrebbe fare. Uno è ubriaco dalla<br />

mattina alla sera e nessuno gli dà più un soldo di valore.<br />

L’altro è un povero cornuto che in quella combutta<br />

c’era entrato per sbaglio e che se la fa addosso dalla<br />

paura ogni volta che qualcuno bussa alla sua porta.<br />

Pur di essere lasciato in vita è disposto a fare per me<br />

qualunque cosa gli chieda. Ma la partita per quanto mi<br />

riguarda ora è chiusa”.<br />

Comare Solinas aveva parlato, in presenza di Oreste,<br />

con la certezza della nostra approvazione e omertà. Io<br />

avrei voluto essere lontana, dall’altra parte del mondo.<br />

Ovunque, ma non lì, in quel pozzo d’orrore che<br />

mi si era spalancato davanti, minacciandomi.<br />

Mi sentivo addosso le occhiate ansiose di mamma e<br />

di Oreste, come se volessero capire come reagivo e cercassero<br />

di prevenire qualche mia esplosione. Ma non ci<br />

fu alcuna esplosione. Mi sentivo annientata e tradita,<br />

anche se ero stata io a voler chiudere gli occhi, perché<br />

altrimenti avrei capito tutto sin da principio, e senza<br />

che nessuno dovesse dirmelo così esplicitamente.<br />

“Non siamo dei sanguinari, noi, e per noi ora la partita<br />

è chiusa” aveva detto comare Solinas di Dolomè,<br />

quasi come un ragioniere che, dopo averlo ripercorso,<br />

chiuda il suo registro di contabilità con la gradevole<br />

consapevolezza d’aver condotto bene a termine un lavoro<br />

difficile e onesto.<br />

Era quella sua certezza incrollabile e trionfante,<br />

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