Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura
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sbrigativamente ancora definivo superstizione, qualche<br />
volta mi sorprendeva sino allo scandalo.<br />
Ancora però non avevo capito lo spessore del muro<br />
che avrebbe potuto dividerci. E ancora meno avevo capito<br />
da quale parte e perché questo muro avrebbe potuto<br />
sorgere. Forse non lo capivo perché quasi sempre,<br />
o sempre, le nostre discussioni e conversazioni, i nostri<br />
incontri e scontri intellettuali, si concludevano quasi<br />
bruscamente in quegli incontri e scontri insaziabili<br />
dei nostri corpi, dove il suo mi si rivelava come una<br />
parte per me prima sconosciuta del mio stesso corpo.<br />
La parte migliore, più viva, più amata e amabile e però,<br />
anche nei momenti della fusione più estatica, non<br />
del tutto raggiunta e raggiungibile.<br />
Mamma si teneva distante e credo che si sforzasse di<br />
moderare il suo solito bisogno d’invadere i miei spazi<br />
e di polemizzare con me su ogni cosa.<br />
In principio, riguardo a lei, l’arrivo del ragazzo mi<br />
era stato utile. Se non altro, aveva dirottato la sua attenzione<br />
dal suo oggetto preferito che, sin da quando<br />
ero nata, ero sempre stata io.<br />
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L’oasi<br />
Nei giorni subito dopo la malattia, mi sedevo in cucina,<br />
davanti alla grande finestra che dà sul giardino,<br />
e aiutavo a sgranare i piselli, a mondare i carciofi, a<br />
sbucciare le patate e a fare altri lavori che a Dolomè<br />
son considerati lavori da donna. Ma questo dove mi<br />
trovavo era un mondo diverso da quello di Dolomè,<br />
diverso come lo è il giorno dalla notte.<br />
Tutto era diverso. A cominciare dalla luce e dall’aria<br />
dentro la casa dove sembrava che non ci fosse posto per<br />
l’ombra. Le finestre erano enormi, grandi almeno come<br />
quelle del caseggiato scolastico a Dolomè. Ma pulite,<br />
non opache e sporche come quelle della nostra<br />
scuola. E dietro i vetri scintillanti si vedevano gli alberi<br />
del giardino.<br />
Proprio sotto la finestra di cucina cresceva un melograno<br />
carico di fiori rossi che parevano piccole trombe<br />
di corallo. E più lontano c’era un filare di cipressi, o di<br />
ginepri, che serviva da frangivento dalla parte della<br />
valle. Dietro quegli alberi che mi facevano pensare a<br />
persone che si tenevano per mano, si vedevano le cime<br />
dei monti che cambiavano colore col passare delle ore.<br />
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