20.05.2013 Views

Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

iverai. Tu entrerai in città dalla parte di Udulì, dove<br />

stanno costruendo il nuovo ospedale. Lo vedrai da lontano<br />

e non c’è da sbagliare: altissimo e dritto sulla cresta<br />

della collina. I Trezenesi che hanno la lingua lunga,<br />

lo chiamano ‘la scatola da scarpe’. Lo riconoscerai da<br />

lontano. Dietro quella collina con l’ospedale in cima,<br />

c’è Trezene. Tu sorpassi l’ospedale e scendi verso la<br />

parte vecchia della città. Non puoi sbagliare”.<br />

Quando mamma me la descriveva, mi pareva di vederla<br />

e di conoscerla già, la città:<br />

“La Trezene vecchia è divisa in due metà, come le<br />

due metà di una pesca. In mezzo alle due metà, come<br />

il letto asciutto di un torrente, c’è il Corso. Il Corso comincia,<br />

o termina, quasi in un fosso dove s’incontrano<br />

delle strade larghe con delle case nuove, alcune neppure<br />

terminate. È un posto che i Trezenesi chiamano<br />

‘Ponte di Ferro’, ma non aspettarti di vedere un ponte.<br />

È difficile capire i Trezenesi e gli strani nomi che<br />

danno alle loro strade. Lì, al Ponte di Ferro, non troverai<br />

un ponte ma solo delle strade larghe e in discesa<br />

che s’incrociano. Ma, fra queste, il Corso lo riconoscerai<br />

facilmente perché è lastricato di granito ed è circondato<br />

di case alte e antiche, con molti negozi e caffè<br />

al piano terreno. Tu sali per tutto il Corso senza fermarti<br />

e senza domandare niente a nessuno, perché la<br />

maggior parte di quelli che s’incontrano al Corso sono<br />

o sfaccendati, dei quali non c’è da fidarsi, o forestieri<br />

che forse non saprebbero neppure risponderti. Ma in<br />

ogni caso non c’è niente da domandare. La dottoressa<br />

168<br />

Rudas abita in una piazzetta, vicino a un vicolo, poco<br />

dopo la fine del Corso. Nella parte alta. Lì, se hai difficoltà<br />

a trovare la casa, puoi domandare. Lì tutti la conoscono,<br />

la dottoressa Rudas, come conoscevano suo<br />

padre. E la gente lì è abituata a rispondere ai bisognosi<br />

che arrivano dai paesi per consultarla. Perché è molto<br />

brava. Quasi quanto suo padre, che faceva miracoli<br />

come un santo. Ma se devi chiedere informazioni ricordati<br />

di non rivolgerti a ragazzi della tua età e neanche<br />

a uomini giovani. Preferisci le donne o i vecchi. Le<br />

donne di Trezene sono pietose, gli uomini invece si divertono<br />

a farsi beffe dei deboli”.<br />

Mamma sapeva tutto, e mi aveva spiegato tutto in<br />

un modo che mi pareva di vedere le strade e le persone<br />

che descriveva.<br />

“Quando sarai davanti alla casa, vedrai che ci sono<br />

due ingressi. Uno sul vicolo, ed è quello dell’ambulatorio.<br />

L’altro sulla piazzetta, ed è lì che devi presentarti<br />

e chiedere di parlare con la mamma della dottoressa<br />

Rudas. Le dirai chi sei e le dirai che sono io che<br />

ti mando. A lei puoi raccontare che cosa è successo.<br />

Ma solo a lei. Altrimenti, ricordati, non devi mai parlarne<br />

con nessuno. Assolutamente con nessuno”.<br />

Io avevo cominciato a protestare, che naturalmente<br />

non ne parlavo, e che non ero uno stupido… Però mamma<br />

aveva tagliato corto, e aveva continuato:<br />

“Se lungo la strada o a Trezene, qualcuno ti domanda<br />

da dove vieni, devi dire che vieni da Osuna e<br />

che sei arrivato a piedi, perché non avevi i soldi per la<br />

169

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!