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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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Ai miei scossoni lasciava penzolare il capo senza reagire,<br />

come privo di vita, fissandomi con quegli occhi<br />

rovesciati al bianco che sembravano sul punto di schizzargli<br />

dalle orbite. Avrei potuto schiaffeggiarlo, ma capii<br />

che sarebbe servito solo a eccitare ancora di più la<br />

mia ira, senza farmi ottenere da lui ciò che mi occorreva<br />

sapere, e subito.<br />

Sapevo dove si trovava il loro pozzo perché non era<br />

la prima volta che passavo da quelle parti, ma glielo<br />

domandai, sperando che ciò l’avvertisse delle mie intenzioni<br />

e bastasse per fargli paura. Invece sembrò non<br />

capire e continuò a guardarmi con quegli occhi di bestia<br />

moribonda, senza rispondermi. Ce lo trascinai, e la<br />

sua mancanza di resistenza di nuovo eccitava le mie<br />

manifestazioni d’ira, mentre l’ira stessa si sgonfiava<br />

dentro di me, come del latte in ebollizione quando un<br />

soffio ne sfiora la superficie.<br />

Ma non c’era niente da fare, non era per sfogare la<br />

mia ira che facevo ciò facevo. Dopo quella lunga stagione<br />

di siccità, pensavo che il pozzo dovesse essere<br />

quasi asciutto e, per un momento, la paura del ridicolo<br />

di calarlo in un pozzo senz’acqua si mescolò alle altre<br />

preoccupazioni.<br />

Avevo chiuso il cane nella capanna, perché il suo abbaiare<br />

mi stava dando sui nervi e ora, mentre lo legavo,<br />

il ragazzo mi domandava, in una specie di lamento<br />

mescolato a quell’irritante rumore di grandine dei<br />

suoi denti che non avevano smesso di battere:<br />

– Che cosa mi fate, zio Antonio, che cosa mi fate?<br />

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– Dimmi dove sono andati e ti slego, altrimenti aspetta<br />

e sentirai che cosa ti faccio! – gli risposi, e attesi<br />

un momento.<br />

– Non so nulla, vi giuro sull’anima mia! – gridò. E<br />

se non avessi avuto la certezza che mentiva, avrei quasi<br />

potuto credergli.<br />

Quando già lo sollevavo per calarlo nel pozzo, si udì<br />

un tuono che rotolava nel cielo dove la luna continuava<br />

a mostrarsi e a nascondersi in mezzo alle nuvole,<br />

e capii che non c’era tempo da perdere. Non potevo<br />

avere pietà, anche se non averne era impossibile.<br />

Lo calai nel pozzo con precauzione, per evitare che<br />

sbattesse contro le rocce che sporgevano dalle pareti. E<br />

lui: – Che cosa mi fate? – gridava, e sembrava davvero<br />

non aver capito che cosa gli stavo facendo. Come se<br />

mai nessuno gli avesse raccontato che così si faceva a<br />

quelli che sapevano e non volevano parlare.<br />

Quando udii il tonfo dei suoi piedi che raggiungevano<br />

l’acqua, fermai la fune e, affacciato a quel cerchio<br />

buio, gli gridai:<br />

– Racconta dove sono andati, disgraziato, senza farmi<br />

perdere altro tempo. Altrimenti taglio la fune e<br />

non sarai ripescato che quando il fetore della tua carogna<br />

avrà chiamato tutti i corvi e gli avvoltoi dell’isola.<br />

Non rispose neppure allora, e io cedetti un tratto di<br />

fune sino a che l’acqua stava per coprirlo e la sua voce,<br />

debole, agitata e come lontanissima, non disse quasi in<br />

un singhiozzo: – Il sentiero di Salaghìa!<br />

Lo tirai su e, prima di rimettermi al galoppo nella<br />

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