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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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nalmente calata su di lui. E questo bastò perché lei,<br />

che con la vecchiaia sta diventando anche bigotta, cominciasse<br />

a rimproverarmi con quelle sue frasi stantie<br />

che, anche a causa della voce che l’età sta rendendo<br />

mascolina, mi fanno quasi credere d’essermi sposato<br />

con un prete e di averci impiegato trent’anni per accorgermene.<br />

– Ma è stato o non stato lui che ha cercato di metterci<br />

sul lastrico, noi, i suoi benefattori? Dimmi! È<br />

stato o non stato lui, a legare tuo figlio come una bestia<br />

da mandare al macello, a minacciarlo di morte, ad<br />

avvelenarci i cani e a svuotarci la stalla? Per non parlare<br />

di ciò che ha fatto ad altri.<br />

Dicevo. E lei naturalmente sapeva benissimo che avevo<br />

ragione. Ma prima di cedere e di ammettere il proprio<br />

torto crepa, la santa donna. Lei che parla di perdono,<br />

e delle sofferenze di Gesù sulla croce, dei nostri<br />

peccati, e dell’umiltà… E poi quella frase melensa che<br />

proprio mi fa montare in bestia: “Impara a vedere la<br />

trave nel tuo occhio, ecc. ecc.”<br />

Come se si possano fare confronti, tra uno che non ha<br />

rispettato mai niente e nessuno, una belva che, anche<br />

dimenticando ciò che fece a noi e a molti altri come<br />

noi, chiunque avrebbe condannato senza appello per<br />

quella vendetta bestiale che si prese su un innocente, e<br />

uno come me che ha sempre tirato avanti per la sua<br />

strada, cercando di non infastidire nessuno, logorandosi<br />

nel lavoro per riuscire a vivere senza vergogna.<br />

“Impara a vedere la trave nel tuo occhio…” come se<br />

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si possano fare confronti! Perché sì, anche se son cose<br />

di cui non posso parlare con lei o con nessun altro, io<br />

posso ammetterlo davanti a Dio: è vero che io il ragazzo<br />

lo calai nel pozzo e che feci la voce grossa con lui<br />

sino a che non si decise a parlare, ma dopo fui io stesso<br />

che, con queste mie mani, nonostante la fretta che<br />

avevo, gli attizzai il fuoco perché si asciugasse e non si<br />

prendesse una polmonite, con quel vento freddo che<br />

tirava e quella tempesta che stava per scoppiare da un<br />

momento all’altro. E forse sarebbe stato meglio che se<br />

la fosse presa una polmonite galoppante, e che fosse<br />

morto di morte naturale, non in quel modo atroce che<br />

neppure una bestia meriterebbe.<br />

Ma forse che io non avevo diritto, io, di costringerlo<br />

ad aiutarmi? Non era forse il mio, frutto del mio sudore<br />

e del mio sangue, quel bestiame che inseguivo e<br />

le cui tracce si confondevano e minacciavano di perdersi,<br />

proprio lì, davanti alla sua capanna? Era colpa<br />

mia, e non di quel poltrone ubriacone di suo padre, se<br />

quel bambino inesperto si trovava da solo in un posto<br />

così pericoloso ed esposto?<br />

Io in quella situazione ero la vittima e l’offeso e ho<br />

fatto solo ciò che era necessario per difendermi. Ma la<br />

baciapile bigotta cercava e cerca di convincermi che io<br />

ero e sono un peccatore alla stregua di quel traditore e<br />

assassino di bambini che quella sera finalmente il diavolo<br />

si era preso con sé. Anch’io ero in grado di dire:<br />

“che Dio gli perdoni”, ora che le sue mani erano legate<br />

per sempre e il suo fiato aveva finito d’appestare l’aria<br />

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