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Gli arcipelaghi - Sardegna Cultura

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casi la madre di Lorenzo era sincera e, almeno in parte, nel<br />

giusto.<br />

Il padre invece non aveva mai sofferto e non aveva mai<br />

avuto motivo di soffrire di contraddittorie nostalgie, di<br />

quell’odio-amore che non si poteva spiegare razionalmente e<br />

che forse perciò non dava pace. Il padre non era nativo dell’Isola.<br />

Era fiorentino e il suo amore per Firenze, la città<br />

dove era nato, aveva studiato, aveva amici e famiglia e radici,<br />

non aveva bisogno di giustificazioni. Quell’amore era<br />

ovvio. Nessuna città al mondo è bella e gentile come Firenze.<br />

Nessun cittadino al mondo è civile e gentile come il toscano.<br />

Niente di negativo si può dire o provare per Firenze. Chi è<br />

nato e cresciuto a Firenze può amarla in pace e senza rimorsi.<br />

Per bellezza e civiltà Milano non poteva misurarsi con<br />

Firenze. Ma il lavoro è lavoro, e la carriera è carriera. E<br />

per la carriera, nessuna città in Italia, a parte Roma, poteva<br />

valere Milano. Firenze ormai per il padre di Lorenzo<br />

era pensabile solo come luogo di ritiro dopo la pensione. Un<br />

trasferimento d’ufficio da Milano a Firenze sarebbe stato un<br />

passo indietro. Per quanto assurdo ciò potesse sembrare, sarebbe<br />

equivalso a una punizione.<br />

Pensione, Punizione, Prima nomina, le tre P dell’esilio dei<br />

funzionari italiani nell’Isola.<br />

Quando lui, il padre, c’era arrivato, nell’Isola, giovanissimo<br />

e di prima nomina, ancora sotto il fascismo, quella storia<br />

delle tre P circolava come una specie di spiritosaggine o di<br />

constatazione, a seconda di chi la pronunziava. Tra i funzionari<br />

italiani che ci venivano mandati, e soprattutto fra<br />

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quelli che ci venivano mandati perché, pur avendolo tentato,<br />

non erano riusciti a evitarlo, correvano molte storie sulla durezza<br />

e spinosità dei luoghi e delle persone in quella “colonia<br />

penale”, come alcuni la chiamavano. <strong>Gli</strong> stessi Isolani, certe<br />

volte, le citavano quelle storie. Un po’ offesi, un po’ divertiti<br />

dell’immagine esotica che si dava di loro, ma anche un po’<br />

convinti e, tutto sommato, fieri se riuscivano a riconoscervisi.<br />

Per il padre di Lorenzo, l’Isola era stata ed era rimasta il<br />

luogo in cui si era fatto degli amici e aveva incontrato la ragazza<br />

che aveva sposato. Se non fosse stato per lei, diceva,<br />

forse avrei cercato di restarci meno a lungo. Pretore di prima<br />

nomina, poi giudice. Il tribunale. La Corte d’Appello. Quasi<br />

dieci anni. Ma erano passati in fretta. Una scuola. L’Isola,<br />

per un giovane magistrato, è la scuola per eccellenza, diceva.<br />

Niente potrà sorprenderti, nessuna prova, nessun alibi ti convinceranno<br />

del tutto. Nessun testimone potrà mai più ingannarti…<br />

se hai imparato a non lasciarti ingannare da un testimone<br />

isolano, magari analfabeta. Perché gli Isolani davanti<br />

al giudice mentono anche quando dicono la verità e dicono<br />

la verità anche quando mentono.<br />

“Mentire quando si dice la verità e dire la verità quando<br />

si mente…” Uno dei paradossi tipici del padre, pensò mentre<br />

l’aereo, avvicinandosi all’aeroporto, faceva un ampio giro attorno<br />

allo sperone biancoazzurro di Capo Malia e si preparava<br />

ad atterrare.<br />

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