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7. Struttura dell'atomo

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LA STRUTTURA DELL’ATOMO (vers. light)<br />

L'atomo è divisibile!<br />

La teoria atomica di Dalton asseriva che gli atomi degli elementi<br />

chimici erano indivisibili e inalterabili. Tuttavia, una lunga serie<br />

di osservazioni e nuove importanti scoperte, dimostrarono che<br />

questa ipotesi non corrispondeva alla realtà dei fatti.<br />

L'elettrizzazione dei corpi<br />

Alcuni materiali come vetro, plastica o ambra, se vengono strofinati<br />

con un panno di lana, acquisiscono la capacità di attrarre a sé<br />

oggetti molto leggeri (pezzi di carta, capelli, palline di polistirolo<br />

ecc.). Si dice che i corpi acquistano, in questo modo, una carica<br />

elettrica.<br />

Un corpo privo di carica è detto elettricamente neutro, se è dotato<br />

di carica si definisce elettricamente carico. La quantità di carica<br />

(q) posseduta da un corpo può variare e nel SI viene misurata in<br />

coulomb (C).<br />

Esistono due tipi di cariche elettriche, definite convenzionalmente<br />

carica positiva (+) e carica negativa (-); il vetro strofinato, ad<br />

esempio, si carica positivamente, mentre l'ambra si carica negativamente.<br />

Cariche dello stesso segno si respingono, mentre cariche<br />

di segno opposto si attraggono; in entrambi i casi, vale la legge<br />

di Coulomb.<br />

L'intensità della forza elettrostatica (F) di repulsione o di<br />

attrazione tra due corpi dotati di carica elettrica è direttamente<br />

proporzionale al prodotto delle loro cariche (q1 e q2)<br />

e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza<br />

(d):<br />

= ∙ <br />

<br />

1


(k è detta costante di Coulomb, e vale 1/4πε, dove ε è detta costante dielettrica assoluta e dipende dalla sostanza<br />

che separa le 2 cariche; nel vuoto k vale 9·10 9 Nm 2 /C 2 )<br />

Le cariche elettriche si possono trasferire da un corpo all'altro:<br />

se tocchiamo fin oggetto neutro con un altro elettricamente carico,<br />

il primo assume una carica dello stesso segno del secondo.<br />

Se due oggetti di carica elettrica opposta si toccano diventano<br />

neutri: questo fa supporre che un corpo elettricamente neutro<br />

possieda "al suo interno" sia cariche positive sia cariche negative<br />

(in uguale numero); ma i corpi sono costituiti da atomi, per<br />

cui:<br />

le proprietà elettriche della materia si possono spiegare<br />

immaginando che all'interno degli atomi siano presenti<br />

particelle dotate di carica elettrica opposta e che queste<br />

si possano trasferire da un atomo all'altro.<br />

È così messa in discussione l'inalterabilità degli atomi.<br />

La radioattività<br />

Alla fine del XIX secolo, gli studi sulla radioattività portarono prove<br />

inconfutabili a sostegno di una nuova concezione <strong>dell'atomo</strong>,<br />

non più indivisibile, non più inalterabile: si scoprì infatti che alcuni<br />

elementi chimici "instabili" (come l'uranio) sono in grado di<br />

trasformarsi spontaneamente in altri elementi emettendo radiazioni<br />

(a seconda dei casi, raggi α, β e γ).<br />

Che cosa accade negli atomi instabili che si "disintegrano"? La risposta<br />

a questa domanda venne dalla scoperta delle particelle<br />

subatomiche.<br />

La scoperta delle particelle subatomiche<br />

Alcuni importanti esperimenti effettuati a cavallo tra '800 e '900<br />

permisero di dimostrare l'esistenza di tre corpuscoli: l'elettrone,<br />

il protone e il neutrone.<br />

L'elettrone<br />

2


La scoperta dell'elettrone si deve al tedesco E. Goldstein e agli inglesi<br />

W. Crooks e J.J. Thomson (1856-1940), che effettuarono<br />

esperimenti sui gas rarefatti facendo uso di un particolare dispositivo,<br />

il tubo di Crooks o tubo catodico (fig. 4.4).<br />

Si tratta, nella sua forma originaria, di un tubo di vetro in cui sono<br />

collocate due piastre metalliche, gli elettrodi, che vengono collegate<br />

ai due poli di un generatore di corrente.<br />

Dopo avere immesso un gas nel tubo (elio, neon, ossigeno ecc.),<br />

si aziona il generatore di corrente: uno dei due elettrodi si carica<br />

negativamente (il catodo) e l'altro positivamente (l'anodo). Contemporaneamente<br />

si collega il tubo catodico a una pompa a vuoto<br />

che aspira un poco alla volta il gas, provocando una graduale<br />

diminuzione della pressione interna. All'inizio, tra i due elettrodi<br />

si producono delle scariche elettriche irregolari (che non ci interessano),<br />

ma quando si raggiungono condizioni di estrema rarefazione<br />

del gas (intorno a 10 -6 atm), il tubo si oscura completamente;<br />

solo allora si può notare una debole fluorescenza sulla parete<br />

di vetro opposta al catodo, prodotta da radiazioni che si originano<br />

dal catodo e vanno verso l'anodo, definite da Goldstein raggi catodici.<br />

Ma da che cosa sono costituite queste radiazioni? Fu Thomson a<br />

trovare la risposta, effettuando alcune prove:<br />

• interpose un mulinello lungo il percorso dei raggi e vide che<br />

questo si metteva in movimento; verificò così che i raggi catodici<br />

erano in realtà costituiti da corpuscoli, dotati di massa, perché solo<br />

in questo caso potevano trasferire energia cinetica al mulinello<br />

3


(fig. 4.5);<br />

• posizionò una croce di Malta lungo la traiettoria dei raggi e, in<br />

base alla posizione dell'ombra da essa proiettata, dedusse che si<br />

muovevano in linea retta (fig. 4.6);<br />

• applicò un campo elettrico trasversalmente alla direzione dei<br />

raggi e osservò che questi deviavano verso il polo positivo (fig.<br />

4.7).<br />

Si trattava quindi di particelle con carica elettrica negativa.<br />

Thomson ipotizzò che venissero in parte prodotte dal catodo e in<br />

parte "strappate" agli atomi del gas presente nel tubo: l'intensità<br />

dei raggi, infatti, era maggiore quando la pressione (quindi la<br />

densità del gas) era più elevata. Cambiò sia il materiale del catodo<br />

sia il gas presente e scoprì che le particelle non mutavano le<br />

loro caratteristiche: rimaneva infatti costante il rapporto tra la<br />

loro carica e la loro massa (e/m, misurato in base alla deviazione<br />

del raggio catodico).<br />

Thomson concluse quindi che:<br />

4


i raggi catodici sono particelle di carica negativa che non<br />

modificano le loro caratteristiche in base al materiale che li<br />

produce: sono quindi presenti negli atomi di tutti gli elementi.<br />

A essi fu dato il nome di elettroni.<br />

Il protone<br />

Utilizzando un tubo catodico dotato di un catodo forato, E.<br />

Goldstein scoprì la presenza di radiazioni che si muovevano<br />

dall'anodo verso il catodo (in senso opposto rispetto ai raggi catodici).<br />

Vennero chiamate raggi canale o raggi positivi: si trattava<br />

di particelle positive, decisamente più pesanti degli elettroni, che<br />

modificavano la loro carica e la loro massa in funzione del gas<br />

contenuto all'interno del tubo.<br />

Goldstein ipotizzò che si trattasse degli atomi del gas che, urtati<br />

dai raggi catodici, perdevano elettroni, trasformandosi in atomi<br />

dotati di carica positiva (ioni positivi). Infatti, la massa di queste<br />

particelle era sostanzialmente uguale alla massa degli atomi del<br />

gas presente nel tubo (la massa degli elettroni è irrilevante) (fig.<br />

4.8).<br />

Scoprì inoltre che i valori delle cariche degli ioni erano multipli interi<br />

di un valore minimo, quello riscontrato quando si utilizzava,<br />

5


come gas, l'idrogeno. Alcuni anni dopo si comprese che, in questo<br />

ultimo caso, la particella individuata era un costituente fondamentale<br />

di ogni atomo: il protone. Il valore minimo misurato per<br />

l'idrogeno era dovuto al fatto che in esso è presente un solo protone,<br />

mentre gli altri atomi ne contengono un numero maggiore.<br />

I protoni sono particelle positive presenti, in numero variabile, in<br />

tutti gli atomi.<br />

Il neutrone<br />

Negli anni successivi alla scoperta di elettroni e protoni si verificò<br />

che la massa degli atomi era superiore a quella prevista teoricamente;<br />

l'elio, ad esempio, ha massa atomica relativa uguale a 4 u,<br />

ma in esso sono presenti solo due protoni; si ipotizzò quindi l'esistenza<br />

di un'altra particella elementare, il neutrone. Questo fu<br />

isolato solo nel 1932, da J. Chadwick, che bombardò con raggi a<br />

una lamina di berillio in modo da disintegrarne gli atomi.<br />

I neutroni sono particelle prive di carica, di massa molto simile a<br />

quella del protone, presenti in tutti gli atomi in numero variabile.<br />

RICAPITOLANDO<br />

<strong>Struttura</strong> dell’atomo elettrone (e –1 [J.J.Thomson, 1897])<br />

– protone (p +1 [J.J.Thomson, primi anni ‘900] – neutrone<br />

(n°[Chadwick, 1932]).<br />

mp≈mn ≈ 1.67·10 -27 kg ≈ 1.0073u [ p + = +1.6·10 -19 C<br />

n - = -1.6·10 -19 C ]<br />

me≈9.11·10 -31 kg ≈ 0.00055u (trascur.)<br />

mp≈1836 me mn≈1839 me<br />

6


Il modello atomico di Thomson (1904)<br />

Si tratta di un modello che ha ormai solo interesse storico, anche<br />

se spiega correttamente la trasformazione di un atomo in uno ione<br />

positivo o negativo attraverso l'acquisto e la perdita di elettroni.<br />

Secondo Thomson l'atomo è una sfera dotata di una carica positiva<br />

diffusa, al cui interno sono distribuiti uniformemente<br />

gli elettroni, come le uvette in un panettone<br />

(da cui il nome di modello a panettone,<br />

in originale plum pudding) (fig. 4.9). L'atomo è<br />

neutro poiché gli elettroni negativi bilanciano la<br />

carica positiva ed è sostanzialmente omogeneo<br />

in tutte le sue parti.<br />

Il modello di Thomson non spiega però il "comportamento<br />

chimico" degli atomi (la diversa capacità di reagire, la<br />

tendenza di alcuni a trasformarsi in ioni negativi e di altri in ioni<br />

positivi ecc.).<br />

Il modello atomico "planetario" di Rutherford (1911)<br />

Nei primi anni del '900, il fisico Ernest Rutherford (1871-1937)<br />

elaborò un nuovo modello atomico sulla base degli esperimenti di<br />

H. Geiger ed E. Marsden.<br />

Un fascio di particelle a (costituite da due cariche positive) emesse<br />

da una sostanza radioattiva venne lanciato contro una sottilissima<br />

lamina d'oro nel cui spessore vi erano poche migliaia di<br />

atomi (fig. 4.10). Uno schermo fluorescente venne posizionato<br />

tutt'intorno alla lamina d'oro, in modo da evidenziare l'arrivo di<br />

ogni particella a con la produzione di un lampo di luce. In questo<br />

modo era possibile ricostruire la traiettoria percorsa dalle particelle<br />

a dopo l'impatto con la lamina.<br />

Si scoprì che la grandissima maggioranza delle particelle attraversava<br />

la lamina senza modificare la propria direzione; tuttavia, un<br />

7


certo numero di esse subiva deviazioni più o meno consistenti<br />

(angoli di deflessione tra 1° e 90°) e una su diecimila veniva addirittura<br />

respinta (angolo di deflessione maggiore di 90°) (fig. 4.11).<br />

Convinto della validità del modello di Thomson,<br />

Rutherford si stupì soprattutto per quest'ultimo<br />

fenomeno, poiché i leggerissimi elettroni<br />

non potevano certo respingere le "pesanti"<br />

particelle a (di massa 7000 volte maggiore),<br />

lanciate a grande velocità. E infatti disse:<br />

«Fu come sparare un proiettile da 15 pollici contro un foglio di<br />

carta e vedersi respingere il proiettile!»<br />

I collaboratori di Rutherford studiarono gli angoli di deviazione<br />

delle particelle a dopo l'impatto con la lamina e si accorsero che<br />

variavano in base alla legge di Coulomb: le deviazioni erano quindi<br />

prodotte da una repulsione elettrica con particolari punti, piccolissimi<br />

e di carica positiva, interni alla lamina (e quindi agli atomi<br />

d'oro).<br />

In base a queste considerazioni, Rutherford costruì un modello<br />

atomico avente al centro il nucleo, costituito da un certo numero<br />

di protoni, e intorno gli elettroni, in ugual numero dei protoni e<br />

in movimento rapidissimo su orbite circolari: l'atomo appariva co-<br />

8


me un minuscolo sistema planetario, in cui il nucleo corrispondeva<br />

al Sole e gli elettroni ai pianeti.<br />

Nel modello proposto da Rutherford i nuclei, costituiti da protoni,<br />

sono dotati di carica positiva e in essi è contenuta la quasi totalità<br />

della massa <strong>dell'atomo</strong>, data l'enorme differenza di massa tra<br />

protoni ed elettroni.<br />

Inoltre, il diametro di un atomo è da 10 000 a 100 000 volte maggiore<br />

di quello del suo nucleo (a seconda <strong>dell'atomo</strong>). Significa<br />

che, per esempio, se un atomo avesse il diametro di 10 (o 100)<br />

km il suo nucleo avrebbe il diametro di 1 m soltanto! Poiché, inoltre,<br />

gli elettroni che occupano lo spazio intorno al nucleo sono di<br />

gran lunga più piccoli dei nuclei stessi, possiamo concludere che<br />

un atomo è quasi del tutto vuoto: lo dimostra il fatto che solo<br />

una piccolissima percentuale di particelle a passa talmente vicino<br />

ai nuclei degli atomi d'oro da essere deviata o respinta.<br />

Il modello, tuttavia, risultava inadeguato perché:<br />

1) gli elettroni in movimento lungo le orbite, secondo le leggi<br />

dell’elettromagnetismo, avrebbero dovuto continuamente perdere<br />

energia per irraggiamento fino a precipitare sul nucleo;<br />

2) il modello non metteva in relazione le diverse proprietà chimiche<br />

degli elementi con la distribuzione degli elettroni nello<br />

spazio intorno all’atomo.<br />

Il modello atomico planetario, per quanto superato da successivi<br />

modelli teorici, prevede l'esistenza del nucleo e quindi ci permette<br />

di introdurre due concetti fondamentali.<br />

9


Numero atomico e numero di massa<br />

Il numero atomico (Z) è il numero di protoni presenti nel nucleo<br />

di un atomo.<br />

Atomi dello stesso elemento hanno il medesimo numero atomico,<br />

che è quindi caratteristico dell'elemento. L'idrogeno, ad<br />

esempio, ha numero atomico 1, poiché ha un solo protone nel<br />

nucleo, mentre l'elio ha Z = 2, perché ha due protoni nel nucleo. Il<br />

numero atomico di un elemento viene scritto in basso a sinistra<br />

del simbolo:<br />

Il numero di massa (A) è la somma del numero di protoni (Z) e<br />

del numero di neutroni (N) presenti nel nucleo di un atomo: A = Z<br />

+ N<br />

Il numero di massa si scrive in alto a sinistra del simbolo dell'elemento:<br />

(si può anche scrivere: idrogeno-1, carbonio-12 ecc.).<br />

Spesso nel simbolo si indicano sia il numero atomico sia quello di<br />

massa:<br />

In generale:<br />

dove un qualsiasi atomo X, rappresentato in questo modo per<br />

evidenziarne le caratteristiche nucleari, è detto nuclide. I protoni<br />

e i neutroni presenti nel nucleo sono detti nucleoni.<br />

Gli isotopi<br />

Gli atomi di uno stesso elemento chimico hanno il medesimo<br />

numero atomico, ma non obbligatoriamente lo stesso numero di<br />

massa, poiché possono possedere un diverso numero di neutroni.<br />

Si definiscono isotopi i nuclidi di uno stesso elemento aventi<br />

uguale numero atomico e diverso numero di massa. Possiedono<br />

10


identiche proprietà chimiche, ma massa diversa.<br />

La maggior parte degli elementi chimici è in pratica un "miscuglio"<br />

di isotopi, non separabili chimicamente, presenti in natura<br />

in percentuali differenti ma costanti nel tempo. Il caso più noto è<br />

quello dell'idrogeno (Z = 1), di cui esistono tre isotopi:<br />

— l'idrogeno normale o pròzio con un protone nel nucleo 1 1 H<br />

(99,985% del totale);<br />

— il deuterio con un protone e un neutrone nel nucleo 1 2 H<br />

(0,015%);<br />

— il trizio con un protone e due neutroni 1 3 H (percentuale irrilevante).<br />

Un altro esempio importante è quello del carbonio (Z = 6), anch'esso<br />

con tre isotopi:<br />

Il carbonio-14 è un isotopo radioattivo utilizzato per la datazione<br />

dei fossili. Possiamo ora capire il motivo per cui la massa atomica<br />

relativa, a differenza del numero di massa, non è mai un numero<br />

intero, nonostante i nucleoni abbiano massa praticamente uguale<br />

a 1 u e la massa degli elettroni sia ininfluente nel computo finale.<br />

La massa atomica di un elemento è la media "ponderata" delle<br />

masse atomiche degli isotopi che lo costituiscono (per media<br />

ponderata si intende una media che tiene conto della diffusione<br />

percentuale di ogni isotopo in natura misurata con lo spettrometro<br />

di massa).<br />

Il potassio, ad esempio, esiste come 39 K (93,2%) e 41 K (6,8%). La<br />

massa atomica relativa del potassio si ricava quindi così:<br />

Gli atomi possono perdere o acquistare elettroni<br />

11


Un atomo neutro contiene lo stesso numero di protoni e di elettroni:<br />

il numero di elettroni però può subire delle modificazioni.<br />

Un atomo che perde uno o più elettroni si trasforma in uno ione<br />

positivo (catione) e si indica con il suo simbolo seguito dalla carica<br />

come esponente:<br />

Un atomo che acquista uno o più elettroni si trasforma in uno ione<br />

negativo (anione):<br />

In generale:<br />

(n rappresenta il numero di cariche elettriche possedute dall'atomo).<br />

12


Modello quantico di Bohr (1913)<br />

Per risolvere le inadeguatezze evidenziate nel modello di Rutheford,<br />

Bohr, anche attraverso l’analisi di fenomeni che riguardano<br />

strettamente la luce, propose un nuovo modello di atomo<br />

che rivoluzionava alcuni concetti della fisica classica.<br />

Prima di passare ad illustrare il modello di Bohr, vediamo brevemente<br />

alcuni concetti che riguardano la luce e onde elettromagnetiche.<br />

Le onde elettromagnetiche<br />

Le onde elettromagnetiche sono energia radiante che si propaga<br />

nello spazio a una velocità costante che si indica con c (nel vuoto<br />

c = 299.792,458 Km/s).<br />

Sono formate da un campo elettrico sinusoidale che oscilla perpendicolarmente<br />

a un campo magnetico sinusoidale .<br />

La parte superiore dell'onda si chiama cresta, la parte inferiore<br />

valle.<br />

La distanza in metri tra due creste o due valli consecutive si chiama<br />

lunghezza d'onda, e si indica con la lettera greca λ, (si legge<br />

lambda); si esprime in nanometri (nm) o in ångstrom (Å).<br />

L’insieme delle onde elettromagnetiche costituisce lo spettro<br />

elettromagnetico.<br />

La frequenza, ovvero il numero di cicli che si ripetono in un secondo,<br />

si indica con la lettera greca ν (si legge ni). L'unità di misura<br />

della frequenza è l'hertz (Hz).<br />

13


Queste grandezze sono legate dalle seguenti relazioni matematiche:<br />

Per calcolare l’energia associata a un'onda elettromagnetica ci<br />

serviamo dell’equazione di Plank (premio Nobel per la fisica nel<br />

1918):<br />

dove la «h» è la costante di Planck (h = 6,626075 • 10 -34 J • s).<br />

Da questa relazione si evince che l'energia aumenta all'aumentare<br />

della frequenza e diminuisce alla aumentare della lunghezza<br />

d'onda.<br />

Le onde elettromagnetiche esistono in un intervallo di frequenze<br />

e lunghezze d'onda limitato detto spettro elettromagnetico.<br />

Quest'ultimo parte dalle onde lunghe, passando poi per le medie,<br />

le corte e le ultra corte che vengono impiegate per le radio e le<br />

telecomunicazioni. Si arriva poi alle microonde, all'infrarosso, al<br />

visibile (campo in cui noi vediamo), all'ultravioletto, ai raggi X, fino<br />

ai raggi y (gamma).<br />

14


La frequenza e l'energia aumentano passando dalle onde lunghe<br />

via via fino ai raggi gamma, mentre la lunghezza d'onda diminuisce<br />

e la velocità, come abbiamo detto, rimane costante.<br />

Planck dimostrò inoltre che l'energia, manifestata in qualunque<br />

forma, non può essere scambiata dalla materia in qualsiasi<br />

quantità, ma a «pacchetti» ben definiti detti «quanti».<br />

In parole povere, un corpo può cedere o assorbire 1 quanto o un<br />

suo multiplo intero ma non, ad esempio, mezzo quanto o 3,5<br />

quanti.<br />

Riassumendo ciò significa semplicemente che la materia può<br />

scambiare energia (assorbendola o cedendola) con l'ambiente<br />

esterno solo in quantità ben definite dette quanti.<br />

Questa nuova e rivoluzionaria teoria venne chiamata teoria dei<br />

quanti.<br />

Nello stesso periodo Einstein (premio Nobel per la fisica nel<br />

1921) formulava la teoria della relatività ristretta nella quale veniva<br />

dimostrata l'equivalenza tra energia e massa:<br />

E = mc 2<br />

dove m è la massa e c è la velocità della luce.<br />

A questo punto era chiaro che la materia e l'energia erano due<br />

facce della stessa medaglia.<br />

L'atomo di Bohr<br />

Rutherford, come abbiamo detto in precedenza, aveva dimostrato<br />

l'esistenza del nucleo all'interno <strong>dell'atomo</strong> e aveva ipotizzato<br />

15


una struttura di tipo «planetario» per gli elettroni, ma il suo modello<br />

non ne prevedeva una concreta disposizione spaziale.<br />

Molti scienziati dell'epoca sostenevano che, applicando alla lettera<br />

il modello di Rutherford, gli elettroni, ruotando attorno al<br />

nucleo, avrebbero dovuto perdere energia.<br />

Questa perdita di energia avrebbe prodotto un moto a spirale<br />

verso il nucleo. L'elettrone così si sarebbe avvicinato sempre più<br />

al nucleo fino a collidere con lo stesso, disintegrandosi.<br />

Risultava chiaro che si doveva formulare un modello atomico<br />

che tenesse conto di ciò, visto che gli atomi che compongono la<br />

materia sono particelle stabili e, fortunatamente per noi, non si<br />

annichiliscono così facilmente.<br />

Niels Bohr (premio Nobel per la fisica nel 1922) superò questo<br />

ostacolo, applicando la meccanica quantistica di Planck.<br />

Bohr e i suoi collaboratori dimostrarono come l'atomo di idrogeno<br />

prima, e tutti gli altri atomi poi, avessero al loro interno degli<br />

spazi particolari nei quali gli elettroni ruotano attorno al nucleo.<br />

In questi spazi gli elettroni possono ruotare attorno al nucleo<br />

senza assorbire né emettere energia: si introduceva così il concetto<br />

di «orbita stazionaria».<br />

Quindi, secondo Bohr gli elettroni possono muoversi nell’atomo<br />

solo lungo certe orbite circolari permesse o stazionarie corrispondenti<br />

a ben definiti livelli quantizzati di energia.<br />

Percorrendo orbite stazionarie, l’elettrone non irraggia energia,<br />

poiché si trova in una condizione stabile; solo quando in seguito<br />

16


ad una eccitazione dovuta a cause esterne (calore, radiazioni,<br />

ecc) è costretto a passare da un’orbita quantizzata ad un’altra,<br />

l’elettrone emette o assorbe energia (vedi più approfonditamente<br />

nel capitolo successivo).<br />

Il nuovo modello <strong>dell'atomo</strong> d'idrogeno di Bohr si basa sulle seguenti<br />

assunzioni, che spiegano lo spettro a righe dell'elemento.<br />

1. L'elettrone percorre solo determinate orbite circolari, chiamate<br />

orbite stazionarie. Quando l'elettrone ruota su un'orbita stazionaria<br />

non assorbe e non emette energia. L'atomo di idrogeno,<br />

insomma, è stabile, e l'elettrone (negativo) non cadrà mai sul<br />

protone (positivo).<br />

2. All'elettrone sono permesse solo certe orbite, che posseggono<br />

determinate energie. In altre parole, le orbite sono quantizzate,<br />

cioè sono nettamente separate e si possono contare.<br />

3. Per saltare da un'orbita a un'altra di livello energetico più elevato,<br />

l'elettrone deve assorbire energia. Tale energia gli viene<br />

fornita per mezzo di calore, oppure di una scarica elettrica.<br />

4. Una volta però che l'assorbimento di energia si esaurisce, l'elettrone<br />

ritorna nell'orbita stazionaria, cedendo l'energia precedentemente<br />

acquistata sotto forma di radiazione elettromagnetica<br />

(hv) ed emettendo una luce caratteristica (energia sotto forma<br />

di fotone); la luce emessa compare come riga colorata nello spettro a righe.<br />

17


Le quantità di energia che sono in gioco in queste transizioni<br />

non sono arbitrarie ma sono fisse o, più correttamente, «quantizzate».<br />

Purtroppo, il modello di Bohr si adattava molto bene a descrivere<br />

l’atomo di H, ma evidenziava dei problemi nella descrizione<br />

completa degli atomi più grandi.<br />

MODELLO QUANTO-MECCANICO<br />

La teoria di Bohr (detta anche di Bohr-Sommerfeld) lasciava ancora<br />

insoluti numerosi problemi.<br />

Ma negli anni ’30, a seguito degli studi sulle caratteristiche ondulatorie<br />

degli elettroni (De Broglie) e in conseguenza del Principio<br />

di indeterminazione di Heisenberg, un nuovo modello si fece<br />

strada nella comunità scientifica.<br />

Le teorie più moderne considerano l'elettrone come un'entità<br />

che si comporta sia come una particella che come un'onda. In<br />

particolare, la teoria di De Broglie (premio Nobel per la fisica nel<br />

1929) partiva dalla semplice uguaglianza tra l'equazione di Einstein<br />

e quella di Plank:<br />

per cui:<br />

dalla quale si poteva estrarre la lunghezza d'onda associata a<br />

qualsiasi corpo materiale:<br />

18


Un'onda associata a un corpo materiale ha una validità fisica solo<br />

quando la massa dell'anzidetto corpo è molto piccola, come<br />

quella dell'elettrone.<br />

Infatti per l'elettrone si può calcolare la lunghezza dell'onda ad<br />

esso associata:<br />

Particolare importanza ebbe il Principio di indeterminazione Heisemberg<br />

(1927), secondo cui non è possibile conoscere contemporaneamente<br />

la velocità (o, meglio, la quantità di moto, m·v) e<br />

la posizione dell’elettrone: la precisione di misura dell’una è inversamente<br />

proporzionale alla precisione di misura dell’altra.<br />

Per localizzare (“vedere” su un rilevatore) un elettrone, che è<br />

piccolissimo, sarebbe necessario usare fotoni con un contenuto<br />

energetico talmente alto da deviare l’elettrone stesso, modificandone<br />

la sua velocità.<br />

Ciò escludeva la possibilità di attribuire all’elettrone orbite definite<br />

come quelle del modello di Bohr, ammettendo invece la<br />

possibilità di delimitare una regione di spazio intorno al nucleo,<br />

dove è massima la probabilità di trovare l’elettrone.<br />

Schrödinger (1926): Partendo dall’ipotesi di de Broglie, E.<br />

Schrödinger formulò un’equazione che tenesse conto del comportamento<br />

ondulatorio dell’elettrone ed è nota come Equazione<br />

d’onda.<br />

Una equazione d’onda è una equazione che presenta, come soluzioni,<br />

anziché dei numeri, delle funzioni, chiamate funzioni<br />

d’onda.<br />

19


Una funzione d’onda, indicata con la lettera (Ψ)(psi), è una funzione<br />

delle 3 coordinate spaziali (x,y e z) e del tempo t; il suo<br />

simbolo è pertanto Ψ(x,y,z,t).<br />

La soluzione di questa espressione matematica permette di rappresentare<br />

l’elettrone come una nube elettronica di carica negativa<br />

la cui densità varia in funzione della distanza dal nucleo e<br />

della direzione presa in esame.<br />

Il quadrato della funzione d’onda, cioè Ψ 2 , esprime la probabilità<br />

di trovare, in un dato istante, l’elettrone in un dato punto di<br />

coordinate x,y,z note.<br />

Pertanto, viene denominato orbitale atomico la regione di spazio<br />

intorno al nucleo dove è massima la probabilità di trovare<br />

l’elettrone.<br />

Nella funzione d’onda Ψ compaiono alcune costanti numeriche,<br />

dette numeri quantici (n. 4). Un numero quantico è un numero<br />

che specifica il valore di una proprietà dell’elettrone e contribuisce<br />

a definire lo “stato quantico” dell’elettrone.<br />

In generale si può affermare che lo stato di un elettrone in un<br />

atomo è univocamente determinato dai valori dei suoi tre numeri<br />

quantici (n, l, m) + il numero quantico ms, che descrive una<br />

particolare proprietà dell’elettrone, lo spin.<br />

Alla funzione d’onda elettronica che contiene una particolare<br />

terna di numeri quantici si da il nome di ORBITALE; a ciascuna<br />

terna corrisponde un particolare stato quantico dell’elettrone.<br />

• n = numero quantico principale, definisce il livello e il contenuto<br />

di energia dell’elettrone (che dipende dalla sua distanza<br />

20


dal nucleo) e la dimensione degli orbitali.<br />

Quando n cresce, gli orbitali diventano più grandi, la loro<br />

energia cresce e gli elettroni si allontanano dal nucleo (per n=1<br />

abbiamo lo stato a più bassa energia).<br />

Può assumere valori interi positivi: n = 1, 2, 3, 4 …. (7).<br />

Tutti gli orbitali che sono caratterizzati dallo stesso valore di<br />

“n” appartengono allo stesso livello energetico.<br />

Il numero di orbitali di un certo livello energetico corrisponde<br />

a n 2 ; il numero max di elettroni per ciascun livello è pari a 2n 2 .<br />

• l = numero quantico secondario, determina le caratteristiche<br />

geometriche dell’orbitale [la forma] (sottolivello).<br />

Ogni sottolivello raggruppa orbitali della stessa forma definita<br />

dal valore di l compreso tra 0 e n-1 e comunemente viene indicato<br />

con una lettera minuscola: si parla quindi di orbitali di tipo<br />

s (se l = 0), orbitali di tipo p (l = 1), orbitali di tipo d (l = 2),<br />

orbitali di tipo f (l = 3) .<br />

valore di l 0 1 2 3 4<br />

simbolo s p d f g<br />

energia crescente<br />

• Ciascun livello ha un numero di sottolivelli pari al valore<br />

del numero quantico principale (n); quindi, per: n = 1 1<br />

sottolivello (s); n=2 2 sottolivelli (s, p); n=3 3 sottolivelli<br />

(s, p, d); n=4 4 sottolivelli (s, p, d, f) .<br />

• Il numero di orbitali di ogni sottolivello è pari a n 2 .<br />

Tutti gli elettroni di uno stesso sottolivello hanno uguale<br />

energia.<br />

( Le lettere s, p, d e f con cui si indicano i sottolivelli energetici derivano dai nomi dati alle righe in<br />

cui si suddividono le bande principali dello spettro: sharp, principal, diffuse, fundamental.)<br />

21


• m = numero quantico magnetico, determina le proprietà<br />

dell’atomo quando questo è sottoposto ad un campo magnetico<br />

esterno.<br />

In pratica, determina il numero di orbitali appartenenti a ciascun<br />

sottolivello e il loro orientamento nello spazio.<br />

Dato che l’orbitale s è di forma sferica, esso ha un'unica orientazione<br />

nello spazio; gli orbitali p, d, f, invece, possono avere<br />

diverse orientazioni, ciascuna delle quali è stabilita dal valore<br />

di m, che può assumere tutti i valori interi compresi tra –l e +l,<br />

compreso lo 0.<br />

Si definisce superficie di contorno quella superficie che racchiude<br />

uno spazio intorno al nucleo in cui si ha una certa probabilità di<br />

rinvenire l’elettrone. Essa non corrisponde alla “forma dell’orbitale”, come<br />

impropriamente si dice: ricordiamo che l’orbitale è un’espressione matematica che<br />

non ha alcun significato fisico.<br />

La superficie di contorno degli orbitali s è una sfera il cui volume<br />

aumenta all’aumentare del numero quantico principale n.<br />

La superficie di contorno degli orbitali p è un doppio lobo che si<br />

espande lungo gli assi x, y e z<br />

La superficie di contorno degli orbitali d è a quattro lobi.<br />

Di grande complessità è la superficie di contorno degli orbitali f.<br />

22


• ms = numero quantico di spin, è legato al senso di rotazione,<br />

orario o antiorario, dell’elettrone attorno al proprio asse. Esso<br />

può assumere valore +1/2 e -1/2. Ogni orbitale può contenere<br />

al massimo due elettroni (doppietto elettronico) con spin opposto<br />

(spin antiparalleli).<br />

n l<br />

(da 0 a n-1)<br />

m<br />

(-l,0,+l)<br />

Nome del<br />

sottolivello<br />

(ORBITALE)<br />

Numero di orbitali<br />

del sottolivello<br />

(= n 2 )<br />

Numero max.<br />

di elettroni<br />

(=2n 2 )<br />

1 0 0 1s 1 2<br />

2 0<br />

1<br />

0<br />

-1, 0, +1<br />

2s<br />

2p<br />

1<br />

3<br />

4<br />

2<br />

6<br />

8<br />

3 0<br />

1<br />

2<br />

4 0<br />

1<br />

2<br />

3<br />

Relazioni tra i valori di n, l, m e rispettivi orbitali<br />

0<br />

-1, 0, +1<br />

-2, -1, 0 +1, +2<br />

0<br />

-1, 0, +1<br />

-2, -1, 0 +1, +2<br />

-3, -2, -1, 0, +1, +2, +3<br />

• due elettroni che abbiano uguale il numero n appartengono allo<br />

stesso livello energetico;<br />

• due elettroni che abbiano uguali i numeri n e l appartengono<br />

allo stesso sottolivello energetico;<br />

• due elettroni che abbiano uguali i numeri n, l, m appartengono<br />

allo stesso orbitale. In tal caso differiscono però per il numero<br />

ms, perché, come si è detto, i due elettroni che fanno parte<br />

dello stesso orbitale devono avere gli spin antiparalleli (+1/2 e<br />

-1/2). Da qui il:<br />

Principio di esclusione di Pauli = in uno stesso atomo non vi possono<br />

essere due elettroni che abbiano uguali tutti e quattro i<br />

numeri quantici.<br />

3s<br />

3p<br />

3d<br />

4s<br />

4d<br />

4p<br />

4f<br />

1<br />

3<br />

5<br />

1<br />

3<br />

5<br />

7<br />

2<br />

6<br />

10<br />

2<br />

6<br />

10<br />

14<br />

23


La scienza, nei primi tre decenni del ventesimo secolo, compì<br />

degli sviluppi enormi.<br />

A questi sviluppi contribuì in maniera decisiva Werner Heisenberg<br />

(premio Nobel per la fisica nel 1932, figura 26), il quale formulò,<br />

come abbiamo detto, il principio di indeterminazione.<br />

Il principio di indeterminazione modificò tutta la concezione della<br />

realtà: assieme alla relatività di Einstein, esso considera i fenomeni<br />

che regolano l'Universo non più determinati e certi ma<br />

sempre più relativi (di natura probabilistica).<br />

Le traiettorie degli elettroni non erano orbite ben determinate<br />

come nel modello di Bohr.<br />

Le orbite venivano così definite da funzioni matematiche chiamate<br />

orbitali che rappresentavano le traiettorie più probabili (95-<br />

98%) che l'elettrone può percorrere.<br />

CONFIGURAZIONE ELETTRONICA<br />

Si definisce configurazione elettronica di un atomo lo schema di<br />

distribuzione dei suoi elettroni nei singoli orbitali atomici.<br />

Essa si rappresenta scrivendo i valori di n dei livelli occupati seguiti<br />

dalle lettere che indicano i sottolivelli ed un numero, posto<br />

in alto a dx di queste lettere, corrispondente al numero di elettroni<br />

presenti in un dato sottolivello:<br />

p.e., nella rappresentazione simbolica 1s 2 , 1 è il numero quantico<br />

principale (livello di enegia), s è il tipo di orbitale (sottolivello),<br />

l’esponente 2 è il numero di elettroni.<br />

24


L’orbitale può essere rappresentato simbolicamente con un diagramma<br />

orbitale formato da un quadratino e due frecce di senso<br />

contrario che raffigurano gli elettroni a spin opposto.<br />

ORDINE DI RIEMPIMENTO DEGLI OBITALI<br />

• Regola di Hund (principio della massima molteplicità) =<br />

quando più elettroni devono distribuirsi negli orbitali di uno<br />

stesso sottolivello, essi si dispongono con spin paralleli in modo<br />

tale da occupare il massimo numero di orbitali disponibili.<br />

• Principio dell’aufbau (dal tedesco “costruzione) - regola della<br />

minima energia = gli elettroni occupano nell’ordine gli orbitali<br />

disponibili a più bassa energia.<br />

La sequenza energetica degli orbitali si può dedurre seguendo<br />

la regola della diagonale.<br />

Relazioni tra i valori di n, l, m e rispettivi orbitali Ordine di riempimento di livelli e sottolivelli<br />

n l m Nome del<br />

sottolivello<br />

Numero di orbitali<br />

del sottolivello<br />

(= n 2 )<br />

1 0 0 1s 1<br />

2 0<br />

0<br />

2s 1<br />

1 -1, 0, +1<br />

2p 3<br />

3 0<br />

0<br />

3s 1<br />

1 -1, 0, +1<br />

3p 3<br />

2 -2, -1, 0 +1, +2 3d 5<br />

4 0<br />

0<br />

4s 1<br />

1 -1, 0, +1<br />

4d 3<br />

2 -2, -1, 0 +1, +2 4p 5<br />

3 -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 4f 7<br />

Regola della diagonale<br />

1s 2<br />

2s 2 2p 6<br />

3s 2 3p 6 3d 10<br />

25<br />

4s 2 4p 6 4d 10 4f 14<br />

5s 2 5p 6 5d 10 5f 14<br />

6s 2 6p 6 6d 10<br />

7s 2 7p 6


ECCEZIONI ALLA REGOLA DELLA DIAGONALE (esempi)<br />

4s 3d<br />

Cr ↑(↓) ↑ ↑ ↑ ↑ ↑ [Ar] 3d 5 4s 1<br />

Cu ↑(↓) ↑↓ ↑↓ ↑↓ ↑↓ ↑↓ [Ar] 3d 10 4s 1<br />

1 sottolivello completo [3d] e 1 semicompleto [4s] (Rame) o 2 semicompleti<br />

[3d e 4s] (Cromo) rendono più stabile l’atomo di quanto non lo sarebbe avendo<br />

un sottolivello senza alcun assetto particolare (p.e.: Cr => [Ar] 3d 4 4s 2 )<br />

IMPORTANTE !!! Si parla di elettroni esterni (o di valenza) riferendosi<br />

agli elettroni di tipo “s” o di tipo “p” [config. max.: s 2 p 6 ];<br />

infatti gli elettroni di tipo “d” e di tipo “f” non potranno mai trovarsi,<br />

teoricamente, nel livello più esterno di una atomo (vedi regola<br />

della diagonale).<br />

Per rappresentare gli elettroni di valenza, che non sono mai più<br />

di 8 ( vedi sopra), si usano spesso dei puntini posti attorno al simbolo<br />

dell’elemento (formule di Lewis).<br />

Per esempio:<br />

26


PERIODO<br />

blocco “s”<br />

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18<br />

1<br />

I<br />

1 H<br />

II<br />

blocco “d”<br />

GRUPPO III IV V VI VII VIII<br />

2 He<br />

2 3 Li 4 Be 5 B 6 C 7 N 8 O 9 F 10 Ne<br />

3 11 Na 12 Mg 13 Al 14 Si 15 P 16 S 17 Cl 18 Ar<br />

4 19 K 20 Ca 21 Sc 22 Ti 23 V 24 Cr 25 Mn 26 Fe 27 Co 28 Ni 29 Cu 30 Zn 31 Ga 32 Ge 33 As 34 Se 35 Br 36 Kr<br />

5 37 Rb 38 Sr 39 Y 40 Zr 41 Nb 42 Mo 43 Tc 44 Ru 45 Rh 46 Pd 47 Ag 48 Cd 49 In 50 Sn 51 Sb 52 Te 53 I 54 Xe<br />

6 55 Cs 56 Ba 57 La* 72 Hf 73 Ta 74 W 75 Re 76 Os 77 Ir 78 Pt 79 Au 80 Hg 81 Tl 82 Pb 83 Bi 84 Po 85 At 86 Rn<br />

7 87 Fr 88 Ra 89 Ac* 104 105 106 107 108 109<br />

E∙<br />

E:<br />

Però, la promozione di elettroni per poter formare un maggior<br />

numero di legami è un fenomeno generale. Per questo motivo, è<br />

abitudine scrivere i simboli di Lewis degli elementi tenendo<br />

spaiati il maggior numero possibili di elettroni:<br />

. . .<br />

Be∙ e non Be: - B∙ e non B: - ∙C∙ e non ∙C:<br />

˙ ˙ ˙ ˙ ˙<br />

La tavola periodica sopraindicata, oggi normalmente in uso, si deve<br />

al chimico svizzero A. Werner, che l’ha rielaborata alla luce del<br />

modello quanto-meccanico. Gli elementi sono inseriti in funzione<br />

della loro configurazione elettronica.<br />

.<br />

∙E:<br />

˙<br />

.<br />

∙E:<br />

˙˙<br />

.<br />

:E:<br />

˙˙<br />

blocco “s”<br />

blocco “f”<br />

E: ∙E:<br />

˙ ˙<br />

58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71<br />

90 Th 91 92 U 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103<br />

..<br />

:E:<br />

˙˙<br />

27<br />

blocco “p”

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