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la funzione rappresentativa dei personaggi platonici - Rocco Li Volsi ...

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Ma P<strong>la</strong>tone con Ippia si diverte come si diverte con il ‘sapiente’ Eutifrone, esperto di cose divine, o con il ‘divino’ Ione. La sua<br />

ingenuità è infatti grande quanto <strong>la</strong> sua presunzione: egli vince le gare olimpiche, viene incaricato dai suoi compatrioti di ambascerie<br />

politiche e guadagna molto denaro; e inoltre è l’inventore di una mnemotecnica di cui Socrate, ogni volta che fa l’elenco delle grandi<br />

qualità del sofista, finge di dimenticarsi.<br />

Potremmo dire in definitiva che Ippia sia il tipico sofista che porta baldanzosamente con sé <strong>la</strong> propria incosciente tragedia. Egli<br />

non si rende conto del<strong>la</strong> presa in giro di Socrate quando questi, ad esempio, introduce se stesso come <strong>personaggi</strong>o distinto da lui, e lo<br />

definisce figlio di Sofronisco. Ma come non comprende che Socrate par<strong>la</strong> di se stesso, così non riesce più a comprendere cosa egli<br />

stesso dice: non comprende se stesso, non riconosce le conseguenze dedotte dalle sue premesse; e in questo senso, rappresenta, in<br />

qualche modo, l’interlocutore tipo di Socrate: l’individuo in disaccordo con se stesso e neppure in accordo con <strong>la</strong> propria ignoranza. È<br />

<strong>la</strong> condizione opposta a quel<strong>la</strong> di Socrate che nel Gorgia così si rivolge a Callicle: “Personalmente, invece, ottimo amico, credo che<br />

meglio sarebbe suonare su di una lira scordata, che stonato fosse un coro da me diretto, che <strong>la</strong> maggioranza degli uomini non fosse<br />

d’accordo con me, e dicesse il contrario di quel che penso io, piuttosto ch’essere in disaccordo e in contraddizione con me stesso.” 47<br />

Comicità e drammaticità procedono per ciò spesso intrecciate nei dialoghi p<strong>la</strong>tonici; ma con il tempo <strong>la</strong> comicità si attenua e viene<br />

meno. Se un fondo drammatico hanno entrambi il Sofista e il Filebo, come abbiamo ricordato, il Clitofonte, nel silenzio in cui si<br />

chiude Socrate davanti alle parole del protagonista, nasconde <strong>la</strong> delusione amara di P<strong>la</strong>tone per l’abbandono del suo insegnamento da<br />

parte di un <strong>personaggi</strong>o dell’Accademia. Siamo giunti così a par<strong>la</strong>re di Aristotele di Stagira, che, entrato a far parte del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

p<strong>la</strong>tonica all’età di diciassette anni, presto si allontanò da P<strong>la</strong>tone fino ad opporglisi apertamente: Clitofonte, che decide di seguire<br />

l’insegnamento di Trasimaco, ve<strong>la</strong> appena <strong>la</strong> figura dello Stagirita, il quale predilige <strong>la</strong> retorica rispetto al<strong>la</strong> dialettica, e dunque finirà<br />

seguace di Trasimaco, seguace ideale di Gorgia.<br />

La persona di Aristotele si riflette in diverse figure p<strong>la</strong>toniche: nel giovanissimo Aristotele del Parmenide, nel Fedro del dialogo<br />

omonimo, nel “bel Filebo” del dialogo a lui dedicato, nel Clitofonte del dialogo che porta il suo nome, nel <strong>personaggi</strong>o che non<br />

compare, ma era atteso, del Timeo. Come si vede, diversi sono i dialoghi che sembrano incentrarsi sullo Stagirita o fare riferimento a<br />

lui; e questo accade per un buon numero di anni, poiché essi vennero scritti dal secondo viaggio di P<strong>la</strong>tone a Siracusa (367) a dopo il<br />

terzo (360), verosimilmente fino al<strong>la</strong> metà del decennio successivo.<br />

Dei cinque <strong>personaggi</strong> p<strong>la</strong>tonici ricordati, l’Aristotele del Parmenide, che in seguito fu uno <strong>dei</strong> Trenta Tiranni, viene presentato<br />

come giovanissimo, più o meno dell’età di Aristotele quando entrò a far parte dell’Accademia. Sembra che P<strong>la</strong>tone abbia subito<br />

compreso l’indole del giovane, se lo presenta come un futuro ‘tiranno’. A lui pare abbia dedicato il secondo discorso di Socrate nel<br />

Fedro e <strong>la</strong> restante parte del dialogo. In esso infatti, Socrate teme che il giovane finisca per compiacere chi non lo ama; 48 e inoltre vi<br />

sono altri passi che sembrano riferirsi ad Aristotele ormai propenso a prendere le distanze da P<strong>la</strong>tone. Nel Filebo il distacco è già in<br />

atto, perché “il bel Filebo” si rifiuta di partecipare al<strong>la</strong> discussione con Socrate. Clitofonte poi dichiara <strong>la</strong> propria decisione di<br />

abbandonare l’insegnamento di Socrate per seguire quello di Trasimaco; e nel Timeo infine si registra ormai l’assenza di un<br />

<strong>personaggi</strong>o convitato da Socrate. 49<br />

Non è importante che noi ora prendiamo in considerazione tutti i <strong>personaggi</strong> non rappresentativi di P<strong>la</strong>tone: omettendo di par<strong>la</strong>re<br />

di quanti di loro restano, alcuni anche di rilievo come Alcibiade, diciamo soltanto qualcosa sulle coppie di <strong>personaggi</strong> che incontriamo<br />

numerose nei dialoghi, perché ci preme passare alle figure che rappresentano espressamente P<strong>la</strong>tone.<br />

Possiamo schematizzare questa parte, affermando che alcune coppie hanno <strong>funzione</strong> di contrasto e opposizione a Socrate o tra<br />

loro, altre di integrazione, altre di concordanza. Fra le tante, importante è quel<strong>la</strong> di Cratilo ed Ermogene che sostengono tesi opposte<br />

sul linguaggio; tesi che Socrate unifica nel<strong>la</strong> teoria naturale e convenzionale insieme del<strong>la</strong> lingua: essa è per natura, come facoltà<br />

dianoetica, ed è per convenzione, per estrinsecazione fonetica. Importante è ancora <strong>la</strong> coppia di amici, Simmia e Cebete, che offre a<br />

Socrate <strong>la</strong> possibilità di esporre distintamente le dimostrazioni dell’immortalità dell’anima, senza connetterle in un discorso unitario,<br />

come invece vanno lette. Importanti sono i fratelli Eutidemo e Dionisodoro con i loro giochi eristici, in reciproca opposizione, ma<br />

integrantisi tra loro; e ancora Teeteto e Socrate il Giovane che vengono presentati quasi come due facce di Socrate, come diremo tra<br />

poco.<br />

3. I <strong>personaggi</strong> rappresentativi di P<strong>la</strong>tone<br />

La scrittura p<strong>la</strong>tonica è scrittura del nascondimento sia del pensiero sia del<strong>la</strong> persona di P<strong>la</strong>tone, e Socrate, sotto il suo stilo, non è<br />

che <strong>la</strong> maschera con <strong>la</strong> quale egli ha molto presto coperto il proprio volto; maschera ora comica ora tragica, dal<strong>la</strong> quale ha fatto uscire<br />

quel<strong>la</strong> voce che abbiamo sempre chiamato socratica, ma che in realtà è voce p<strong>la</strong>tonica. Ne è nata <strong>la</strong> convinzione di un Socrate di<br />

grande levatura morale e teoretica, del quale il discepolo si era fatto portavoce: è nato il mito di Socrate. 50<br />

Ma Socrate, secondo le parole di Alcibiade che interviene ubriaco nel convivio in onore di Agatone, è simile a quelle immagini di<br />

sileni che nascondono dentro di sé “simu<strong>la</strong>cri degli dèi”; 51 e “i suoi discorsi sono quasi identici ai sileni che si aprono in due”: 52 “essi<br />

soli, fra tutti i discorsi, hanno una mente”. 53 Tutto questo episodio, che termina con <strong>la</strong> sua incoronazione da parte di Alcibiade, e che è<br />

un elogio straordinario del ‘Sileno scalzo’, in realtà deve essere letto guardando anche al di là del<strong>la</strong> sua persona, oltre <strong>la</strong> quale<br />

appaiono molti tratti del<strong>la</strong> fisionomia di P<strong>la</strong>tone.<br />

47 Gorg. 482 b-c.<br />

48 Phaedr. 243 e.<br />

49 V. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Sul<strong>la</strong> cronologia <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici; in Giornale di Metafisica, Nuova Serie XXIII 2001 n. 2.<br />

50 Le parole con le quali Fedone termina <strong>la</strong> narrazione del dialogo che porta il suo nome sono di grande stima e ammirazione per <strong>la</strong> persona di Socrate, ma<br />

contengono nello stesso tempo un limite. Fedone, e cioè P<strong>la</strong>tone, dice infatti che Socrate fu il migliore degli uomini, “e senza paragone il più savio e il più giusto”, “di<br />

quelli che allora conoscemmo”: dunque non in assoluto.<br />

51 Symp. 214 b.<br />

52 Symp. 220 d.<br />

53 Symp. 221 a.<br />

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