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la funzione rappresentativa dei personaggi platonici - Rocco Li Volsi ...

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LA FUNZIONE RAPPRESENTATIVA DEI PERSONAGGI PLATONICI *<br />

1. Aspetti generali<br />

Il problema <strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong> <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici contiene aspetti che vanno al di là del<strong>la</strong> curiosità erudita re<strong>la</strong>tiva al contesto<br />

storico da cui vengono tratti, poiché esso si innesta in quello dell’interpretazione del pensiero del filosofo, del quale essi sono<br />

espressione. Del resto, entrambe le questioni risultano spesso complementari, nel senso che alcuni <strong>personaggi</strong> storici si presentano<br />

emblematici di una linea di pensiero che orienta l’attenzione del lettore, mentre in altri casi <strong>la</strong> linea di pensiero tenuta da un<br />

<strong>personaggi</strong>o getta luce sul<strong>la</strong> sua fisionomia storia. 1<br />

Sono noti <strong>la</strong> varietà <strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong> e il profilo <strong>dei</strong> caratteri di molti di essi, tra i quali figurano personalità di non scarso rilievo<br />

storico, soprattutto in riferimento al periodo in cui i dialoghi furono scritti. È opportuno ricordare che, a parte gli anonimi di cui<br />

parleremo, tutti i <strong>personaggi</strong> sono tratti dal<strong>la</strong> realtà, e questo permette ad essi di svolgere un ruolo significativo di un modo di pensare<br />

o rappresentativo di altre personalità. Ad ogni modo, è da dire che le scelte operate da P<strong>la</strong>tone a riguardo non sono mai casuali: esse<br />

rispondono a diverse e partico<strong>la</strong>ri finalità.<br />

Quali che siano da considerare le premesse dell’origine del dialogo p<strong>la</strong>tonico, <strong>la</strong> <strong>funzione</strong> del<strong>la</strong> figura del <strong>personaggi</strong>o fissata da<br />

P<strong>la</strong>tone fin dall’inizio del<strong>la</strong> sua attività letteraria, se si arricchisce di sfaccettature molteplici e di sfumature varie, resta essenzialmente<br />

<strong>la</strong> stessa: rappresentare <strong>la</strong> dialogicità del<strong>la</strong> ragione nel suo itinerario di oggettivazione. La ragione di Socrate, che par<strong>la</strong> con un Ippia o<br />

un Alcibiade, è <strong>la</strong> ragione dell’uomo che par<strong>la</strong> a se stesso: Socrate che pone obbiezioni ai suoi interlocutori, ironizzando sulle loro<br />

concezioni, è lo stesso P<strong>la</strong>tone che mostra quante e quali ne crea <strong>la</strong> ragione alle persone sottoposte a un rigore razionale e al<strong>la</strong><br />

coerenza con se stesse.<br />

È un aspetto che fa certamente parte dell’arte p<strong>la</strong>tonica, ma solo in quanto il filosofo conosce quell’intero in cui può a piacere<br />

scegliere il sentiero da percorrere. “Infatti insieme si apprendono queste cose, e <strong>la</strong> verità e <strong>la</strong> menzogna dell’intera sostanza, dopo gran<br />

tempo e con molta fatica, come ho detto in principio; allora a stento, mentre che ciascun elemento (nomi, definizioni, immagini visive<br />

e percezioni), in dispute benevole e in discussioni fatte senza ostilità, viene sfregato con gli altri, avviene che l’intuizione e<br />

l’intellezione di ciascuno brillino a chi compie tutti gli sforzi che può fare un uomo.” 2 Il filosofo è colui che sa cogliere l’intero, e<br />

nell’intero, le connessioni dialettiche in esso implicite, poiché, come dice Socrate nel<strong>la</strong> Politeia, “chi è capace di una visione generale<br />

è dialettico, e chi non lo è no”, 3 e soltanto nell’intero è individuabile e percorribile <strong>la</strong> serie delle re<strong>la</strong>zioni.<br />

Nell’intero di ciò che è intellegibile è implicita essenzialmente quell’armonia di elementi che lo rende coerente e privo di<br />

contradizioni, al<strong>la</strong> quale l’uomo deve tendere se vuole armonizzare se stesso. L’azione torpedica dell’ironia socratica, e l’arte<br />

maieutica rispondono a questa istanza profonda del<strong>la</strong> natura umana, <strong>la</strong> quale non vuole ingannarsi né essere ingannata, non vuole<br />

contraddirsi né essere contraddetta; e quando lo è, lo è contro <strong>la</strong> propria volontà, tanto che l’individuo ne abbia coscienza quanto che<br />

non ne abbia. Questo legittima il dialogo socratico, poiché esso ha come fine il bene dell’interlocutore, non una puntigliosa<br />

contrapposizione di opinioni. 4<br />

Va messo in rilievo per ciò anche un altro aspetto <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici e dell’insegnamento accademico, poiché P<strong>la</strong>tone non<br />

guarda soltanto al<strong>la</strong> verità in se stessa e al<strong>la</strong> sua intrinseca struttura razionale: egli guarda al<strong>la</strong> persona a cui questa verità deve essere<br />

mostrata. Anzi, uno degli aspetti del<strong>la</strong> grandezza di P<strong>la</strong>tone sta proprio nel fatto che l’oggettività del logos da lui evidenziato è<br />

presentata nell’unione del<strong>la</strong> soggettività individuale, nel percorso concreto di un partico<strong>la</strong>re <strong>personaggi</strong>o nel sentiero verso il Bene. Il<br />

<strong>personaggi</strong>o p<strong>la</strong>tonico, in altre parole, risponde al<strong>la</strong> duplice esigenza di un’alta specu<strong>la</strong>zione filosofica: quel<strong>la</strong> di muovere <strong>la</strong> ragione<br />

al<strong>la</strong> ricerca del proprio fondamento (aspetto oggettivo), e quel<strong>la</strong> di far prendere coscienza all’individuo dell’approssimatività o falsità<br />

delle proprie concezioni (aspetto soggettivo). Le due esigenze devono divenire un’unica cosa. In questo modo, come afferma<br />

Rosmini, <strong>la</strong> filosofia diviene “pedagogia dello spirito umano”, 5 e chi insegna non disdegna di confrontarsi sullo stesso terreno di chi<br />

apprende.<br />

Senza perdere <strong>la</strong> propria personalità, l’interlocutore di Socrate è sollecitato e indotto a convenire con lui, in modo che entrambi<br />

possano venire in possesso del<strong>la</strong> identica conoscenza e raggiungere <strong>la</strong> stessa verità contemporaneamente, così che il risultato non sia<br />

più dell’uno che dell’altro. Il raggiungimento del<strong>la</strong> verità equivale infatti al possesso di un bene che non rende rivali gli individui,<br />

come lo sono tra loro i cuochi, 6 ma li fa amici perché li fa concordi come lo sono gli esperti di una determinata scienza, 7 e perché il<br />

bene conseguito al termine del<strong>la</strong> lunga ricerca è il Bene assoluto, che lega tutte le cose. 8 Per questo l’atteggiamento costante di<br />

Socrate, che discute con interlocutori anche sprezzanti o aggressivi, è quello del<strong>la</strong> benevolenza, a cui sono soggetti tanto <strong>la</strong> sua ironia<br />

quanto l’importunità che manifesta: esse hanno lo scopo di giungere fino al punto di conversione dell’opinione falsa dell’interlocutore<br />

in quel<strong>la</strong> vera, in modo che egli partecipi del<strong>la</strong> verità e del bene acui aspira <strong>la</strong> natura umana. Questo punto di conversione è <strong>la</strong><br />

vergogna: infatti, “l’anima […] non avrà utilità delle cognizioni fornitele prima che qualcuno esercitando <strong>la</strong> confutazione riduca al<strong>la</strong><br />

vergogna di sé il confutato, togliendo di mezzo le opinioni che sbarrano <strong>la</strong> via alle cognizioni e lo faccia risultare totalmente purificato<br />

e tale da ritener di sapere soltanto ciò che sa e niente più.” 9<br />

1<br />

Non sono pochi infatti i frammenti e le testimonianze re<strong>la</strong>tivi ai presocratici che si traggono dai dialoghi p<strong>la</strong>tonici.<br />

2<br />

Epist. VII 344 b.<br />

3<br />

Resp. VII 537 c.<br />

4<br />

Dice Socrate a Protarco nel Filebo: “Ora noi infatti non disputiamo per amor di prevalere, direi, sul<strong>la</strong> suddetta questione, perché sia vincitrice <strong>la</strong> tesi che io<br />

sostengo o <strong>la</strong> tua; bisogna che ambedue noi in qualche modo combattiamo come alleati dell’assoluta verità.” Phil. 14 b.<br />

5<br />

“Tale è il fine del<strong>la</strong> filosofia, tale il suo frutto. Ma se invece di considerare <strong>la</strong> scienza, si vuol considerare <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> del<strong>la</strong> filosofia, el<strong>la</strong> in tal caso diventa <strong>la</strong> vera<br />

pedagogia dello spirito umano, del<strong>la</strong> mente cui manoduce al<strong>la</strong> scienza più compiuta, e dell’animo a’ cui affetti sve<strong>la</strong> innanzi il più compiuto bene. Sotto il quale aspetto<br />

d’una pedagogia dell’umanità <strong>la</strong> filosofia è concepita da P<strong>la</strong>tone.” A. Rosmini, Sistema filosofico; in Introduzione al<strong>la</strong> filosofia, Città Nuova 1979, p. 302<br />

6<br />

De virt. 367 d.<br />

7<br />

Resp. I 349 c ss.<br />

8<br />

“[…] e ciò che è il bene, che è ciò che lega ogni cosa al suo fine, non pensano affatto né che veramente colleghi cosa veruna né che <strong>la</strong> contenga.” Phaed. 99 c.<br />

9 Soph. 230 d.<br />

1


La benevolenza è <strong>la</strong> condizione interiore di Socrate che giustifica <strong>la</strong> sua ‘mania’ del dialogare, e lo costringe a non abbandonare a<br />

se stesso chi gli sta davanti, ma a farselo amico anche contro il suo volere: cioè, a farselo amico in di un piano di verità che rende più<br />

saldo questo vincolo, e risponda all’esigenza profonda del suo essere.<br />

È significativo che P<strong>la</strong>tone, nel dialogo più drammatico che abbia scritto, attribuisca al maggiore avversario di Socrate, Callicle,<br />

questa benevolenza nei suoi confronti, tanto da far dire a Socrate di essere fortunato di dialogare con lui, poiché possiede i requisiti<br />

per saggiare l’eccellenza del<strong>la</strong> sua anima: scienza, benevolenza e franchezza. 10 In questo caso, per di più, tra Socrate e Callicle non vi<br />

è soltanto vicendevole benevolenza: un duplice amore li avvicina, anche se gli oggetti di questo amore sono diversi. Callicle ama<br />

Demo figlio di Piri<strong>la</strong>mpo ed il demo ateniese; Socrate ama Alcibiade e <strong>la</strong> filosofia. Si tratta come di un ponte gettato tra i due<br />

interlocutori che permette a Socrate di condurre Callicle sul<strong>la</strong> sponda del<strong>la</strong> conoscenza. 11 Se, viceversa, non vi fosse nul<strong>la</strong> di comune<br />

tra chi sa e chi non sa, o se chi non sa non volesse ammettere nul<strong>la</strong> di comune tra i due, non sarebbe possibile a chi sa di dimostrare<br />

all’altro quanto conosce.<br />

Resta comunque che gli interlocutori di coloro che rappresentano P<strong>la</strong>tone finiscono per essere convinti dalle argomentazioni del<br />

protagonista in rapporto o alle proprie capacità, o all’argomento non elevato, o allo sforzo dialettico manifestato; e inoltre, si dice che,<br />

nelle tematiche più elevate, chi volesse negare i risultati del<strong>la</strong> ragione, potrebbe essere convinto soltanto se “fosse uomo di lunga<br />

esperienza e non privo di capacità personali, tale poi da prestarsi a seguire una dimostrazione e<strong>la</strong>borata in modo molto complesso e<br />

tratta da lontane premesse", 12 altrimenti risulterebbe impossibile convincerlo.<br />

Il dialogo p<strong>la</strong>tonico, nel<strong>la</strong> forma brachilogica, è l’atto di fede di P<strong>la</strong>tone nel comune tessuto razionale <strong>dei</strong> rapporti umani: <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

par<strong>la</strong>ta è l’espressione di quel<strong>la</strong> pensata, e questa di una ‘paro<strong>la</strong>’ intellegibile costitutiva dell’anima umana; 13 ma nello stesso tempo è<br />

un atto di benevolenza nei confronti del singolo individuo, e di speranza nel comune destino in questa e nell’altra vita. 14<br />

Incarnare il pensiero nel<strong>la</strong> ‘storicità’ del <strong>personaggi</strong>o fa parte dell’esigenza del<strong>la</strong> concretezza dell’oggettività p<strong>la</strong>tonica, che non è<br />

mai disincarnata se non nelle altezze rarefatte del<strong>la</strong> dialettica più elevata; e questa il più delle volte è sviluppata in un contesto di<br />

ironia che ne tempera almeno in parte, ma anche nasconde, l’arduo rigore. Del resto, <strong>la</strong> diversità di ‘scrittura’ puntualizzata nel Fedro<br />

mostra che, quando si attui nell’anima con <strong>la</strong> verità, essa è a tal segno superiore a quel<strong>la</strong> indirizzata al<strong>la</strong> carta che con coloro che sono<br />

giunti al possesso di molte nozioni attraverso l’apprendimento libresco “sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece<br />

che sapienti.” 15<br />

Il divino dono del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> è <strong>la</strong> grande fonte di nutrizione dell’anima: un fiume che attraversa <strong>la</strong> bocca in senso inverso a quello<br />

del cibo che nutre il corpo. Ma occorre riempire di ‘essere’ l’anima, poiché essa, nel<strong>la</strong> condizione di ignoranza, è ‘vuota’ come lo è il<br />

corpo denutrito. 16 Ora, <strong>la</strong> nutrizione dello spirito è un fatto sociale, un fatto politico, per il rapporto che il linguaggio instaura tra<br />

individui, e che non può essere mediato dal<strong>la</strong> scrittura sul<strong>la</strong> carta se non con <strong>la</strong> perdita, almeno parziale, del principale elemento<br />

nutritivo: lo sforzo comune verso il Bene.<br />

Ecco cosa scrive P<strong>la</strong>tone a riguardo nel<strong>la</strong> Lettera VII: “A questa gente bisogna mostrare che cos’è davvero lo studio filosofico, e<br />

quante difficoltà presenta, e quanta fatica comporta. Allora, se colui che ascolta è dotato di natura divina ed è veramente filosofo,<br />

congenere a questo studio e degno di esso, giudica che si deva fare ogni sforzo per seguir<strong>la</strong>, e non si possa vivere altrimenti. Quindi<br />

unisce i suoi sforzi con quelli del<strong>la</strong> guida, e non desiste se prima non ha raggiunto completamente il fine, o non ha acquistato tanta<br />

forza da poter progredire da solo senza l’aiuto del maestro.” 17 P<strong>la</strong>tone non può per ciò essere scrittore di trattati, ma di dialoghi nei<br />

quali sia presente questo sforzo comune, poiché tutti gli uomini, per il possesso del<strong>la</strong> ragione, sono cittadini e amici di una medesima<br />

città ideale.<br />

Di amicizia P<strong>la</strong>tone par<strong>la</strong> in diversi dialoghi, 18 presentando alcuni casi di giovani amici; ma qui ci basti ricordare il caso di<br />

Parmenide e Zenone, che troviamo nel dialogo incentrato sul<strong>la</strong> grande figura dell’Eleate. In questo dialogo, l’appoggio specu<strong>la</strong>tivo<br />

che Zenone dà al maestro è anche espressione, come veniamo a sapere, di un rapporto di amicizia tra i due, il primo più anziano del<br />

secondo di una ventina d’anni: una re<strong>la</strong>zione che non li chiude in se stessi, ma li rende aperti al<strong>la</strong> benevolenza verso coloro che<br />

posseggono una natura filosofica, come ai loro occhi si presenta quel<strong>la</strong> di Socrate ancora giovane. 19 Essi rappresentano, in qualche<br />

modo, un modello di amicizia quale P<strong>la</strong>tone additava ai frequentatori del<strong>la</strong> sua Scuo<strong>la</strong>, al di là dell’aspetto erotico <strong>dei</strong> due filosofi, pur<br />

così presente nel<strong>la</strong> Grecia del tempo. 20<br />

Vi è infatti un altro aspetto che non deve essere trascurato: il dialogo p<strong>la</strong>tonico non è rivolto ad alcun lettore, salvo forse i primi, 21<br />

ma a degli ascoltatori che devono riuscire a cogliere il pensiero che vi è espresso attraverso il percorso di un dibattito dai caratteri<br />

del<strong>la</strong> verosimiglianza dialogica. Essi sono rivolti agli Accademici, giovani e meno giovani, che sono sollecitati al<strong>la</strong> discussione e al<strong>la</strong><br />

meditazione; in questo modo, con il passare degli anni e l’aumentare del numero di questi scritti, e dunque <strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong>, essi<br />

10 Gorg. 486 d-487 a.<br />

11 Gorg. 481 c-482 b. Vi è qui uno <strong>dei</strong> tanti ‘giochi’ che si incontrano nei dialoghi p<strong>la</strong>tonici: Callicle ama Demo, fratel<strong>la</strong>stro di Antifonte, il quale è fratel<strong>la</strong>stro di<br />

P<strong>la</strong>tone: dunque ama P<strong>la</strong>tone, e ama il demo ateniese, e cioè <strong>la</strong> politica, come Socrate ama Alcibiade, il futuro statista, ma anche <strong>la</strong> filosofia. In questo modo sarà<br />

possibile a Socrate condurre Callicle dai suoi ‘amori’ all’amore di P<strong>la</strong>tone per <strong>la</strong> filosofia.<br />

12 Parm. 133 b.<br />

13 Nel Teeteto l’anima viene definita ‘idea’: “E difatti strano sarebbe, o figlio, - dice Socrate - se un numero indefinito di sensi avessero lor sede in noi come dentro<br />

a cavalli di legno, ma non si ricongiungessero tutti insieme in un’unica idea, sia essa anima o come altrimenti si debba chiamare”. Theaet. 184 d.<br />

14 V. il Filebo, in cui Socrate fa frequenti riferimenti al<strong>la</strong> speranza.<br />

15 Phaedr. 275 a-b. È questo uno degli aspetti derivanti da quel<strong>la</strong> presunzione che nasce dal credere di sapere. Da essa derivano le passioni e gli egoismi per i quali<br />

gli uomini “si prendono a calci e a cornate, e s’ammazzano a vicenda con corna e zoccoli ferrei.” Resp. 586 b.<br />

16 Resp. IX 585 a ss.<br />

17 Epist. VII 340 b-c.<br />

18 “Il mio più gran desiderio – confessa Socrate nel <strong>Li</strong>side - è invece avere amici.” Lys. 212 e.<br />

19 Parm. 130 a.<br />

20 Per <strong>la</strong> condanna p<strong>la</strong>tonica dell’amore omosessuale, v. il discorso di Pausania nel Convivio, e soprattutto il secondo discorso fatto da Socrate nel Fedro.<br />

21 Sembra che si possa affermare che P<strong>la</strong>tone abbia cominciato a scrivere i primi dialoghi mentre era ancora in vita Socrate, ad imitazione di Simone il ciabattino; e<br />

deve quindi aver ripreso a scrivere successivamente ai viaggi compiuti dopo <strong>la</strong> morte di Socrate, e prima del suo primo viaggio a Siracusa e dell’apertura<br />

dell’Accademia.<br />

2


venivano a trovarsi in possesso di una varietà di opinioni e di soluzioni che permetteva una ricchezza di conoscenze capaci di<br />

fermentare le discussione tra i membri del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong>.<br />

Di questa partico<strong>la</strong>re impostazione didattica, che facilmente si può supporre, possediamo delle ve<strong>la</strong>te allusioni che non vanno<br />

trascurate. Una di queste è data dal riferimento di Clitofonte a Trasimaco quando dichiara, nel dialogo che porta il suo nome, <strong>la</strong><br />

propria intenzione di abbandonare l’insegnamento di Socrate per seguire quello del sofista: il riferimento al<strong>la</strong> Politeia, e a tutto il<br />

discorso sul<strong>la</strong> giustizia fatto in quel dialogo e nel precedente Gorgia, e agli Accademici più anziani, è ve<strong>la</strong>to, ma non<br />

incomprensibile. 22 Un altro caso interessante è dato dal Filebo, dove Protarco ringrazia Socrate per l’attenzione prestata al problema<br />

sorto tra alcuni giovani. 23<br />

L’importanza <strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong> <strong>dei</strong> dialoghi è per ciò da ritenere essenziale all’insegnamento accademico di P<strong>la</strong>tone, al<strong>la</strong> pai<strong>dei</strong>a in<br />

vista del<strong>la</strong> quale orientava i suoi ascoltatori: il pensiero dello Sco<strong>la</strong>rca si ca<strong>la</strong>va nel<strong>la</strong> forma contingente di un dialogare occasionale di<br />

un Socrate o di uno ‘straniero di Elea’, per additare al<strong>la</strong> ragione degli allievi <strong>la</strong> verità da raggiungere.<br />

I <strong>personaggi</strong> rappresentano <strong>la</strong> parte contrappuntistica del pensiero p<strong>la</strong>tonico: quel<strong>la</strong> che mette in risalto un determinato problema<br />

in contrasto al<strong>la</strong> posizione di Socrate o di qualche altro rappresentante di P<strong>la</strong>tone. Questo tuttavia non avviene sempre, e anzi si<br />

incontra sempre meno con l’aumentare del<strong>la</strong> produzione letteraria di P<strong>la</strong>tone, tanto che nel tempo cambia in parte <strong>la</strong> <strong>funzione</strong><br />

dell’interlocutore del protagonista, con una tendenza al monologo e al<strong>la</strong> forma quasi trattatistica. 24 Agli antagonisti subentrano allora i<br />

compagni di percorso, come Aristotele e Socrate il Giovane, i quali, non impersonando una concezione in opposizione a quel<strong>la</strong> che<br />

P<strong>la</strong>tone sta esponendo, risultano meno delineati e meno interessanti. D’altra parte, essi ora rappresentano più i giovani ascoltatori di<br />

P<strong>la</strong>tone che gli anziani compagni di Socrate.<br />

L’autentico filosofo, non colui che scrive libri e trattati, ma colui che dialoga faccia a faccia con persone, si trova di fronte ad una<br />

varietà di individui che il più delle volte gli sono ostili o lontani dal suo corretto modo di pensare. All’interno di questa varietà, i<br />

<strong>personaggi</strong> <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici si presentano con una grande diversità di fisionomie, espressione del<strong>la</strong> loro coscienza di conoscere o<br />

di ignorare l’argomento che viene trattato e del<strong>la</strong> loro stessa personalità. Il ventaglio di caratteri che ne nasce va da quelli comici<br />

(Eutifrone, Ippia, Eutidemo) a quelli seriosi (Gorgia, Protagora) o seri (Clinia, Megillo) o drammatici (Callicle, Trasimaco,<br />

Clitofonte). Spesso poi P<strong>la</strong>tone mesco<strong>la</strong> gli opposti caratteri del comico e del tragico in uno stesso dialogo, secondo il principio<br />

affermato da Socrate nel Convivio, che cioè “chi è poeta tragico, per arte, è anche comico”; 25 così che, ad esempio, un dialogo<br />

complessivamente comico, come l’Ippia minore, può terminare con una riflessione che non è meno tragica che comica. 26<br />

Potremmo dire che, non ostante le lezioni dategli da Socrate nei due dialoghi, Ippia compaia nel Protagora con <strong>la</strong> seriosità di<br />

sempre: egli è in qualche modo refrattario al<strong>la</strong> dialettica socratica, e per questo può essere assunto quale <strong>personaggi</strong>o paradigmatico;<br />

ma altre figure comiche, perché incoscienti del<strong>la</strong> propria ignoranza, noi troviamo accanto a lui, come quelle di Eutifrone, di Ione, e in<br />

qualche modo <strong>la</strong> coppia <strong>dei</strong> fratelli Eutidemo e Dionisodoro.<br />

Di contro a queste, figure tragiche sono quelle di Callicle e di Trasimaco, per <strong>la</strong> convinzione in essi radicata che <strong>la</strong> felicità<br />

dell’uomo stia in una vita tutta piaceri che trova <strong>la</strong> propria realizzazione nel<strong>la</strong> persona <strong>dei</strong> tiranni. In essi, il capovolgimento<br />

dell’aspirazione del<strong>la</strong> natura umana è tale che ciò a cui aspirano è propriamente il contrario del loro bene.<br />

Dunque, P<strong>la</strong>tone ha delineato figure concrete, figure incontrate nelle piazze, nelle strade, nei ginnasi, nelle case di conoscenti:<br />

<strong>personaggi</strong> storici conosciuti da tutti; noti più o meno anche a noi, ma notissimi ai suoi contemporanei; personalità stimate o<br />

disistimate, ma sempre concrete: di Atene, di Elide, di Chio; figlio del tale, fratello del ta<strong>la</strong>ltro, perché anche <strong>la</strong> soggettività rientra<br />

nell’oggettività greca, impedendo a quest’ultima di diventare ‘cartesiana’.<br />

All’interno <strong>dei</strong> quasi cento <strong>personaggi</strong> p<strong>la</strong>tonici, una distinzione va fatta tra gli anonimi, in realtà non molti, e tutti gli altri, che<br />

P<strong>la</strong>tone nomina espressamente. Troviamo i primi nei primissimi dialoghi: senza alcuna denominazione nei dialoghi Del giusto e Del<strong>la</strong><br />

virtù, con <strong>la</strong> denominazione di ‘Amico’ nel Minosse e nell’Ipparco. Il <strong>personaggi</strong>o anonimo lo incontriamo tuttavia anche in dialoghi<br />

ben più tardi: nel Protagora, nel Sofista, nel Politico e nelle Leggi, in cui compare un Ateniese, figura del vecchio P<strong>la</strong>tone. Inoltre,<br />

negli Amanti i due giovani interlocutori di Socrate non hanno nome. Altri anonimi non si incontrano, se non <strong>personaggi</strong> a cui si allude,<br />

ma che non partecipano alle discussioni, ad eccezione di un ambiguo <strong>personaggi</strong>o del Fedone. 27<br />

Un’altra distinzione può essere fatta in rapporto all’età, poiché <strong>la</strong> cittadel<strong>la</strong> p<strong>la</strong>tonica è popo<strong>la</strong>ta da individui di età diverse, tutti<br />

rigorosamente di sesso maschile: le donne sono escluse, ovvero compaiono indirettamente. Ciò non toglie che non solo ci vengano<br />

presentate le Leggi dell’oltretomba in sembianze muliebri, com’è naturale, 28 ma anche due donne che suggeriscono a Socrate, dietro<br />

le quinte, i discorsi che egli riporta a suoi interlocutori, uno <strong>dei</strong> quali di straordinaria importanza. 29<br />

22<br />

Clitofonte è un <strong>personaggi</strong>o del<strong>la</strong> Politeia vicino a Trasimaco, e il discorso sul<strong>la</strong> giustizia svolto in questo dialogo è senza dubbio una continuazione di quello<br />

fatto nel Gorgia.<br />

23<br />

“Tu, Socrate, hai fatto dono a noi tutti di questa conversazione e di te stesso per individuare quale è <strong>la</strong> migliore cosa che un uomo possa acquistare.” Phil. 19 c. E<br />

poco dopo aggiunge: “Tu ci spingi nelle difficoltà e ci domandi ciò di cui noi non potremmo darti una risposta soddisfacente al momento presente.” Phil. 19 e. Per<br />

migliore comprensione, v. tutto il brano, in cui appare con sufficiente evidenza che si tratta di una disputa sorta tra i giovani dell’Accademia.<br />

24<br />

La forma di discorso continuo si incontra fin dai primi dialoghi, ma <strong>la</strong> forma trattatistica, se così si può dire per <strong>la</strong> scrittura p<strong>la</strong>tonica, è presente soltanto nel<br />

Timeo, mentre il Crizia, per l’argomento mitico-storico, è piuttosto una lunga narrazione continuata.<br />

25<br />

Symp. 223 d.<br />

26<br />

Dice Socrate: “Ma se anche voi, i sapienti, sarete incerti, anche per noi questa è, ormai, una terribile situazione, se neppure ricorrendo a voi riusciremo a liberarci<br />

dal nostro oscil<strong>la</strong>re.” Ipp. min. 376 c.<br />

27<br />

La strana presentazione di questo <strong>personaggi</strong>o (“E uno <strong>dei</strong> presenti, non ricordo bene chi fosse, udito ciò, disse […]” Phaed. 103 a), fa pensare ad un giudizio<br />

non benevolo nei suoi confronti da parte di P<strong>la</strong>tone. Si è pensato che egli rappresenti qualche avversario di P<strong>la</strong>tone, ma è più probabile che si tratti di un <strong>personaggi</strong>o<br />

dell’Accademia che P<strong>la</strong>tone non ha voluto umiliare, ma che doveva essere facilmente riconoscibile da parte di coloro che avrebbero ascoltato <strong>la</strong> lettura del dialogo. Non<br />

penso che si tratti di un amico di Socrate, convenuto con gli altri nel carcere nell’ultimo giorno del<strong>la</strong> vita del filosofo, sia perché P<strong>la</strong>tone non ha nessuna remora<br />

nell’alterare gli avvenimenti del passato, sia perché l’errore commesso da questo sconosciuto, dopo tanti anni, se fosse veramente stato commesso, non avrebbe avuto<br />

ormai più alcun valore. Si tratta invece, con probabilità, di un intervento infelice di un frequentatore dell’Accademia durante una qualche discussione di poco<br />

precedente <strong>la</strong> stesura del Fedone.<br />

28<br />

Crit. 50 a ss.<br />

29 Symp. 201 d ss.<br />

3


Troviamo alcuni anziani nel<strong>la</strong> Politeia (Cefalo), nel Parmenide (Cefalo), nel Timeo e nel Crizia (Timeo, Crizia, Ermocrate) nelle<br />

Leggi e nell’Epinomide (l’anonimo Ateniese, il cretese Clinia e lo spartano Megillo); ma nei dialoghi prevalgono decisamente i<br />

giovani, e ciò dipende certamente dal fatto che l’insegnamento accademico è volto ad essi in modo partico<strong>la</strong>re. Sono presenti anche<br />

nei dialoghi precedenti l’apertura dell’Accademia, tuttavia risultano più numerosi nel periodo successivo: questo sta a indicare come<br />

l’attività teoretica e formativa del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> fosse diretta soprattutto ai molti giovani che <strong>la</strong> dovevano frequentare. 30<br />

Ad ogni modo, troviamo giovani nei primi dialoghi diretti: Alcibiade nei due dialoghi che portano il suo nome, Teage<br />

nell’omonimo dialogo, Aristide e Tucidide nel Lachete, Menesseno nel Menesseno; li troviamo nei dialoghi narrati: i due interlocutori<br />

di Socrate negli Amanti; Carmide, Cherefonte e Crizia nel Carmide; <strong>Li</strong>side, Ippotale, Ctesippo e Menesseno nel <strong>Li</strong>side. <strong>Li</strong> troviamo in<br />

quelli misti: Fedone nel Fedone; Aristotele e Socrate ventenne nel Parmenide; Teeteto nel Teeteto; Fedro nel Fedro; Filebo e Protarco<br />

nel Filebo; ancora Teeteto e Socrate il Giovane nel Sofista e nel Politico, e in fine Clitofonte nell’omonimo dialogo.<br />

Non sono però queste le distinzioni più importanti, anche se hanno il loro valore, quanto quelle riguardanti <strong>la</strong> fisionomia e il ruolo<br />

<strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong> nel contesto <strong>dei</strong> dialoghi. Da questo punto di vista si possono fare diverse distinzioni generali, tra le quali quelle<br />

re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> loro rappresentatività, che è quel<strong>la</strong> che qui ci interessa. Per questo analizzeremo brevemente alcuni <strong>personaggi</strong> divisi nelle<br />

due categorie di coloro che rappresentano P<strong>la</strong>tone e di coloro che non lo rappresentano, cominciando da questi ultimi.<br />

2. I <strong>personaggi</strong> non rappresentativi di P<strong>la</strong>tone<br />

Come abbiamo già detto, i circa cento <strong>personaggi</strong> p<strong>la</strong>tonici si possono dividere in due c<strong>la</strong>ssi: quelli denominati e quelli che non lo<br />

sono. A questo ultimo gruppo si possono far rientrare comparse quali un ‘portinaio’ del Protagora, il ‘messo’ degli Undici del<br />

Fedone, e qualche altro. Tra di essi va fatta un’ulteriore distinzione: coloro che si presentano come interlocutori o che comunque<br />

dicono qualcosa, e coloro che non intervengono affatto. In questo ultimo caso, si tratta o di singoli individui senza importanza o di<br />

fol<strong>la</strong> anonima che è presente alle discussioni, come nell’Eutidemo o nel Protagora o nel Convivio, oppure di anonimi che hanno un<br />

ruolo rappresentativo di un certo valore, anche se non intervengono nelle discussioni.<br />

È questo il caso di alcuni ‘veri filosofi’ presentati nel Parmenide, provenienti da C<strong>la</strong>zòmene assieme a Cefalo: essi stanno a<br />

significare abbastanza scopertamente <strong>la</strong> richiesta filosofica fatta dal mondo greco, non soddisfatta neppure da loro Anassagora, nativo<br />

appunto di C<strong>la</strong>zòmane, il quale aveva avuto l’intuizione di un ordine dell’universo derivato da una Mente divina separata da tutto, ma<br />

non aveva saputo utilizzar<strong>la</strong> in modo adeguato. 31 Questi ‘veri filosofi’ ora sono giunti ad Atene per ascoltare da Antifonte i<br />

ragionamenti di Socrate, Zenone, Parmenide, che anche per questo motivo si annunciano di notevole importanza. Strano sarebbe<br />

infatti che Cefalo (‘testa’), che li presenta ai fratelli di P<strong>la</strong>tone, narrasse poi un dialogo di scarso valore, un semplice divertimento<br />

eristico, o una confutazione alle proprie teorie. In realtà, si tratta di una discussione nel<strong>la</strong> quale Parmenide dà, per così dire, le<br />

coordinate del<strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> partecipazione e il quadro <strong>dei</strong> rapporti dialettici tra i quattro piani del<strong>la</strong> realtà: Dio, dèi, anima, corpi. 32<br />

Passando all’altra c<strong>la</strong>sse di <strong>personaggi</strong> e ai Sofisti in partico<strong>la</strong>re, possiamo dire che, non ostante gli effetti negativi<br />

dell’insegnamento di Gorgia e di Protagora sulle giovani generazioni, P<strong>la</strong>tone manifesta un certo rispetto nei loro confronti, come<br />

appare dalle discussioni che Socrate svolge con entrambi. La critica avanzata da Socrate a Gorgia si riferisce al<strong>la</strong> retorica,<br />

coinvolgendo <strong>la</strong> stessa tragedia attica: P<strong>la</strong>tone ignora del tutto le tre negazioni del sofista siciliano, soffermandosi sull’uso negativo<br />

del<strong>la</strong> retorica, volta al<strong>la</strong> adu<strong>la</strong>zione e non al<strong>la</strong> verità. Ma le tre negazioni nichiliste non gli sono sconosciute, ed esse fanno parte del<br />

sottofondo del Sofista. 33<br />

Nel Gorgia troviamo una crescente opposizione da parte di Gorgia, Polo e Callicle al<strong>la</strong> difesa del<strong>la</strong> giustizia fatta da Socrate, in<br />

rapporto al succedersi di questi <strong>personaggi</strong> nel<strong>la</strong> discussione con lui. Sebbene le tre posizioni si susseguano secondo una<br />

radicalizzazione teoretica sempre più forte del concetto sofistico di giustizia, che giustifica di per sé <strong>la</strong> sua esperienza drammaticità, il<br />

dialogo presenta alcuni elementi che paiono alludere al<strong>la</strong> esperienza siracusana vissuta da P<strong>la</strong>tone, presso il tiranno Dionisio il<br />

Vecchio, così da fare di Socrate il rappresentante sia delle sue idee sia del<strong>la</strong> propria vicenda personale. È noto infatti che P<strong>la</strong>tone fu<br />

invitato da Dione ad un soggiorno presso <strong>la</strong> città siciliana, come è noto che il tiranno, dopo un colloquio con il filosofo, cercò di<br />

ucciderlo, limitandosi tuttavia fine a consegnarlo al comandante di una nave perché lo vendesse come schiavo. Ad Egina P<strong>la</strong>tone<br />

sarebbe stato effettivamente venduto, se non fosse stato riconosciuto e riscattato da Anniceride di Cirene. In tutta questa vicenda<br />

P<strong>la</strong>tone mantenne un silenzio, come ci attesta Diogene Laerzio, che probabilmente esasperò il venditore pubblico. 34 Da qui <strong>la</strong><br />

drammaticità del dialogo, i suoi riferimenti ad Egina e al giudizio nell’Ade da parte di Eaco figlio di Egina. 35<br />

In ogni caso, nel Gorgia e nel primo libro del<strong>la</strong> Politeia gli interlocutori di Socrate vengono introdotti a discutere uno dopo l’altro<br />

con l’intento di creare un crescendo di opposizione al concetto di giustizia difeso da Socrate. Il primo libro del<strong>la</strong> Politeia è noto come<br />

il Trasimaco, poiché sappiamo da Diogene Laerzio che esso fu rie<strong>la</strong>borato da P<strong>la</strong>tone per trasformarlo da dialogo diretto in dialogo<br />

narrato, ponendolo come parte iniziale del<strong>la</strong> grande opera politica. 36 Il nome gli deriva dal terzo degli interlocutori di Socrate: il<br />

maggiore oppositore al<strong>la</strong> figura di Socrate creato da P<strong>la</strong>tone. Egli è il rappresentante di quel gruppo di sofisti del<strong>la</strong> seconda<br />

generazione che vengono denominati ‘politici’.<br />

30<br />

Si veda l’aneddoto del<strong>la</strong> cacciata di P<strong>la</strong>tone dal<strong>la</strong> sua sede abituale di insegnamento da parte di Aristotele (Aelian., Varia Hist. III 19; in Senocrate - Ermodoro,<br />

Frammenti. Bibliopolis 1982; fr. 11, p. 170). In questo aneddoto troviamo due gruppi di ascoltatori: quello di coloro che sono rimasti fedeli a P<strong>la</strong>tone, e quello di chi<br />

ha preferito seguire Aristotele. Entrambi i gruppi sembrano essere formati in gran parte da giovani o non ancora giunti all’acmé.<br />

31<br />

Phaed. 97 c-d.<br />

32<br />

V. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Commentario al Parmenide di P<strong>la</strong>tone. Treviso, 1997.<br />

33<br />

V. sotto.<br />

34<br />

Diogene Laerzio, Vite <strong>dei</strong> filosofi; III 18-20. Laterza, 1975.<br />

35<br />

“[…] e quando arriverai di fronte al tuo giudice - dice Socrate a Callicle - al figlio di Egina, ed egli ti avrà fermato, allora sarai tu a restare con <strong>la</strong> bocca aperta,<br />

sarai tu ad essere preso dal<strong>la</strong> vertigine - come io qua, tu là -, e, forse, qualcuno ignominiosamente ti schiaffeggerà e ti coprirà di ogni sorta di oltraggi.” Gorg. 526 e-527<br />

a. Queste espressioni non hanno molto senso se riferite a Socrate, ma acquistano grande valore se sono state dette in riferimento al<strong>la</strong> esposizione di P<strong>la</strong>tone nel mercato<br />

di Egina.<br />

36<br />

Diog. Laert. III 37.<br />

4


Il crescendo che incontriamo nei due dialoghi è identico: esso segue scansioni ben precise, che vanno da Gorgia a Polo a Callicle<br />

nel primo dialogo, da Cefalo a Polemarco a Trasimaco nel secondo. Gorgia e Cefalo rappresentano il punto di origine delle posizioni<br />

di coloro che intervengono nelle discussioni successive e alle loro concezioni; ma essi hanno poco in comune: il primo è il maestro di<br />

retorica circondato dall’ammirazione e dal<strong>la</strong> stima <strong>dei</strong> presenti; il secondo è invece rappresentativo di quegli individui che, giunti<br />

avanti con gli anni, cercano di cambiare <strong>la</strong> loro vita, assil<strong>la</strong>ti dal pensiero del<strong>la</strong> morte.<br />

Le altre due coppie si possono porre su due piani diversi: su di uno, Polo e Polemarco, più moderati; sull’altro, Callicle e<br />

Trasimaco, più estremisti nelle loro tesi. I primi due sono sostenitori di una concezione soggettivistica del<strong>la</strong> giustizia, come lo sono i<br />

secondi, ma essi non <strong>la</strong> portano alle estreme conseguenze, e si <strong>la</strong>sciano convincere abbastanza facilmente dalle argomentazioni<br />

dialettiche di Socrate. Callicle e Trasimaco, benché mostrino <strong>la</strong> stessa forza di convinzione e <strong>la</strong> stessa resistenza alle argomentazioni<br />

socratiche, non hanno però lo stesso carattere: Callicle ha un atteggiamento di benevolenza verso Socrate che Trasimaco non<br />

possiede.<br />

Tutti e quattro, ad ogni modo, pur con qualche ripetizione, svolgono una coerente difesa del concetto di giustizia come utile<br />

esclusivo del più forte. La resistenza di Callicle e <strong>la</strong> veemenza di Trasimaco dunque, mentre sono espressione di una concezione che<br />

appare evidente e naturale ai loro occhi, contro <strong>la</strong> quale Socrate mobilita tutte le armi del<strong>la</strong> dialettica, sono però anche il riflesso del<strong>la</strong><br />

drammatica esperienza di P<strong>la</strong>tone: i due dialoghi, per questo e per altre ragioni, devono essere considerati scritti subito dopo il ritorno<br />

di P<strong>la</strong>tone ad Atene e <strong>la</strong> fondazione dell’Accademia. L’ideale di vita del tiranno, difeso dai due <strong>personaggi</strong>, appare il punto di<br />

riferimento negativo sia di tutto il discorso teoretico sul<strong>la</strong> giustizia, sia del<strong>la</strong> trasfigurazione letteraria del<strong>la</strong> vicenda siracusana. 37<br />

Proprio per questo i due dialoghi sono i più drammatici usciti dallo stilo p<strong>la</strong>tonico, il quale, dopo questa parentesi, riprenderà i toni<br />

ironici e comici precedenti, per tornare ad una nuova tensione drammatica con il secondo viaggio a Siracusa e il tradimento di<br />

Aristotele. 38<br />

Rispetto a Gorgia, di maggiore ironia è investito Protagora nel dialogo a lui dedicato. In esso, P<strong>la</strong>tone crea una scena comica nel<strong>la</strong><br />

descrizione del<strong>la</strong> lezione peripatetica di Protagora nell’atrio di Callia, con le due ali <strong>dei</strong> suoi ossequiosi ascoltatori che, nel momento<br />

di volgersi assieme al maestro per percorrere in senso inverso l’atrio, cercano affannosamente di mantenere l’allineamento. Ma tutta <strong>la</strong><br />

descrizione del<strong>la</strong> riunione notturna che si tiene in quell’ambiente è un quadro aristofanesco.<br />

Il centro del<strong>la</strong> scena è tuttavia dato dalle passeggiate di Protagora, in quell’andare avanti e in dietro che è l’anticipazione del<br />

capovolgimento che subiranno le tesi di Socrate e di Protagora nel corso del<strong>la</strong> discussione, così che ciò che inizialmente sosteneva<br />

Socrate sarà sostenuto da Protagora, e ciò che affermava Protagora al<strong>la</strong> fine sarà affermato da Socrate: un capovolgimento di opinioni<br />

che P<strong>la</strong>tone impone al sofista attraverso <strong>la</strong> discussione socratica, rispondente ironicamente alle Antilogie protagoree.<br />

Se in questo dialogo P<strong>la</strong>tone non calca <strong>la</strong> mano nei confronti di Protagora, nel Cratilo <strong>la</strong> presentazione del principio soggettivistico<br />

del sofista lo spinge ad una condanna senza riserve: 39 esso è infatti il principio contro cui si è maggiormente impegnato P<strong>la</strong>tone, anche<br />

se nel dialogo risulta facile da confutare. Nel Cratilo il principio protagoreo è affiancato a quello eristico di Eutidemo, poiché sono<br />

antitesi l’uno dell’altro, ed entrambi falsi. Ma mentre nel dialogo che porta il suo nome, Eutidemo è chiamato a svolgere, assieme al<br />

fratello Dionisodoro, <strong>la</strong> parte comica dell’erista da strada che muove all’i<strong>la</strong>rità gli ascoltatori, che lo app<strong>la</strong>udono calorosamente<br />

ponendo in imbarazzo il giovane Clinia, il suo principio è il perno nascosto attorno al quale ruota tutto il Sofista, 40 e coinvolge anche<br />

il Filebo, rendendoli entrambi drammatici.<br />

Altro sofista è Ippia, il “bello e sapiente Ippia”, 41 esempio di figura comica a cui P<strong>la</strong>tone dedica due dialoghi, e che fa comparire<br />

nel Protagora. Di lui P<strong>la</strong>tone ironizza l’enciclopedismo nozionistico e <strong>la</strong> tendenza all’autarchia nel<strong>la</strong> produzione di alcuni oggetti.<br />

Socrate ricorda infatti che una volta Ippia si era presentato per le gare di Olimpia indossando oggetti costruiti da lui stesso. 42 Il molto<br />

sapere, inteso come cattiva arte, denunciato da Esiodo ed Eraclito, viene messo in evidenza nei due dialoghi, poiché il sapere del<br />

sofista appare senza coerenza interna e privo di fondamento razionale. Contro questo molto sapere P<strong>la</strong>tone tornerà negli Amanti, in cui<br />

dirà che <strong>la</strong> filosofia non è un sapere molte cose, ma un insieme di conoscenze misurate, come sono misurati gli esercizi fisici che <strong>la</strong><br />

ginnastica prescrive per <strong>la</strong> salute del corpo. 43<br />

La presunzione di sapere di Ippia rappresenta un pericolo non solo per lui stesso, ma anche per chi ascolta le sue lezioni; e infatti<br />

all’inizio del minore <strong>dei</strong> due dialoghi Eudico dice che Ippia “ha tenuto [… una] bril<strong>la</strong>nte lezione”, 44 il che mostra <strong>la</strong> sua immediata<br />

influenza sulle persone comuni, mentre, dopo <strong>la</strong> discussione tra lui e Socrate, l’amara conclusione di Socrate, come abbiamo visto,<br />

rive<strong>la</strong> l’equivoco in cui cade chi segua un tale ‘sapiente’.<br />

Egli, come i vari ‘sapienti’ che incontriamo nei dialoghi p<strong>la</strong>tonici, risponde a quanto Socrate dice davanti ai giudici nel suo<br />

discorso di difesa, e cioè di aver fatto un’indagine sul<strong>la</strong> sapienza <strong>dei</strong> suoi concittadini senza incontrarne uno che veramente <strong>la</strong><br />

possedesse. 45 Il ‘conosci te stesso’ delfico appariva per contrasto nel<strong>la</strong> presunzione delle persone, alimentava <strong>la</strong> ricerca di Socrate, e<br />

gli faceva considerare indegna di un uomo <strong>la</strong> vita condotta senza questa fondamentale conoscenza. 46<br />

37<br />

Se nel Gorgia si afferma che il giusto può essere impunemente schiaffeggiato, nel Trasimaco (e poi nel resto del<strong>la</strong> Politeia) il filosofo è osteggiato dalle persone,<br />

fino ad essere accecato e ucciso.<br />

38<br />

“Aristotele mi prese a calci, - dice P<strong>la</strong>tone, secondo una tradizione - come i puledri <strong>la</strong> madre che li generò.” Diog. Laert. V 2. V. sotto.<br />

39<br />

Prot. 314 c ss.<br />

40<br />

In questo dialogo, <strong>la</strong> tesi che non esiste il falso deriva dal<strong>la</strong> teoria parmenidea che non esiste il non essere: se il non essere non è e non può essere, tutto ciò che<br />

esiste è vero; non c’è dunque falsità né menzogna. Da Parmenide di Elea sono derivate due concezioni contrarie tra loro ed entrambe contrarie a quel<strong>la</strong> parmenidea,<br />

ugualmente combattute da P<strong>la</strong>tone: quel<strong>la</strong> di Eutidemo, che afferma l’essere con esclusione del non essere; quel<strong>la</strong> di Gorgia, che nega l’esistenza dell’essere, e se anche<br />

fosse non sarebbe pensabile, e se fosse pensabile non sarebbe esprimibile. Ma P<strong>la</strong>tone nel Sofista affronta direttamente soltanto <strong>la</strong> concezione eristica, mentre quel<strong>la</strong><br />

nichilista resta come un sottofondo non evidenziato.<br />

41<br />

Ipp. ma. 281 a.<br />

42<br />

Ipp. min. 368 b-c.<br />

43<br />

Amat. 133 e ss.<br />

44<br />

Ipp. min. 363 a.<br />

45<br />

Apol. 21 b ss.<br />

46<br />

La considerazione ricorre alcune volte in dialoghi anche molto distanziati, a partire dai primissimi: v. Minos. 321 d.<br />

5


Ma P<strong>la</strong>tone con Ippia si diverte come si diverte con il ‘sapiente’ Eutifrone, esperto di cose divine, o con il ‘divino’ Ione. La sua<br />

ingenuità è infatti grande quanto <strong>la</strong> sua presunzione: egli vince le gare olimpiche, viene incaricato dai suoi compatrioti di ambascerie<br />

politiche e guadagna molto denaro; e inoltre è l’inventore di una mnemotecnica di cui Socrate, ogni volta che fa l’elenco delle grandi<br />

qualità del sofista, finge di dimenticarsi.<br />

Potremmo dire in definitiva che Ippia sia il tipico sofista che porta baldanzosamente con sé <strong>la</strong> propria incosciente tragedia. Egli<br />

non si rende conto del<strong>la</strong> presa in giro di Socrate quando questi, ad esempio, introduce se stesso come <strong>personaggi</strong>o distinto da lui, e lo<br />

definisce figlio di Sofronisco. Ma come non comprende che Socrate par<strong>la</strong> di se stesso, così non riesce più a comprendere cosa egli<br />

stesso dice: non comprende se stesso, non riconosce le conseguenze dedotte dalle sue premesse; e in questo senso, rappresenta, in<br />

qualche modo, l’interlocutore tipo di Socrate: l’individuo in disaccordo con se stesso e neppure in accordo con <strong>la</strong> propria ignoranza. È<br />

<strong>la</strong> condizione opposta a quel<strong>la</strong> di Socrate che nel Gorgia così si rivolge a Callicle: “Personalmente, invece, ottimo amico, credo che<br />

meglio sarebbe suonare su di una lira scordata, che stonato fosse un coro da me diretto, che <strong>la</strong> maggioranza degli uomini non fosse<br />

d’accordo con me, e dicesse il contrario di quel che penso io, piuttosto ch’essere in disaccordo e in contraddizione con me stesso.” 47<br />

Comicità e drammaticità procedono per ciò spesso intrecciate nei dialoghi p<strong>la</strong>tonici; ma con il tempo <strong>la</strong> comicità si attenua e viene<br />

meno. Se un fondo drammatico hanno entrambi il Sofista e il Filebo, come abbiamo ricordato, il Clitofonte, nel silenzio in cui si<br />

chiude Socrate davanti alle parole del protagonista, nasconde <strong>la</strong> delusione amara di P<strong>la</strong>tone per l’abbandono del suo insegnamento da<br />

parte di un <strong>personaggi</strong>o dell’Accademia. Siamo giunti così a par<strong>la</strong>re di Aristotele di Stagira, che, entrato a far parte del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

p<strong>la</strong>tonica all’età di diciassette anni, presto si allontanò da P<strong>la</strong>tone fino ad opporglisi apertamente: Clitofonte, che decide di seguire<br />

l’insegnamento di Trasimaco, ve<strong>la</strong> appena <strong>la</strong> figura dello Stagirita, il quale predilige <strong>la</strong> retorica rispetto al<strong>la</strong> dialettica, e dunque finirà<br />

seguace di Trasimaco, seguace ideale di Gorgia.<br />

La persona di Aristotele si riflette in diverse figure p<strong>la</strong>toniche: nel giovanissimo Aristotele del Parmenide, nel Fedro del dialogo<br />

omonimo, nel “bel Filebo” del dialogo a lui dedicato, nel Clitofonte del dialogo che porta il suo nome, nel <strong>personaggi</strong>o che non<br />

compare, ma era atteso, del Timeo. Come si vede, diversi sono i dialoghi che sembrano incentrarsi sullo Stagirita o fare riferimento a<br />

lui; e questo accade per un buon numero di anni, poiché essi vennero scritti dal secondo viaggio di P<strong>la</strong>tone a Siracusa (367) a dopo il<br />

terzo (360), verosimilmente fino al<strong>la</strong> metà del decennio successivo.<br />

Dei cinque <strong>personaggi</strong> p<strong>la</strong>tonici ricordati, l’Aristotele del Parmenide, che in seguito fu uno <strong>dei</strong> Trenta Tiranni, viene presentato<br />

come giovanissimo, più o meno dell’età di Aristotele quando entrò a far parte dell’Accademia. Sembra che P<strong>la</strong>tone abbia subito<br />

compreso l’indole del giovane, se lo presenta come un futuro ‘tiranno’. A lui pare abbia dedicato il secondo discorso di Socrate nel<br />

Fedro e <strong>la</strong> restante parte del dialogo. In esso infatti, Socrate teme che il giovane finisca per compiacere chi non lo ama; 48 e inoltre vi<br />

sono altri passi che sembrano riferirsi ad Aristotele ormai propenso a prendere le distanze da P<strong>la</strong>tone. Nel Filebo il distacco è già in<br />

atto, perché “il bel Filebo” si rifiuta di partecipare al<strong>la</strong> discussione con Socrate. Clitofonte poi dichiara <strong>la</strong> propria decisione di<br />

abbandonare l’insegnamento di Socrate per seguire quello di Trasimaco; e nel Timeo infine si registra ormai l’assenza di un<br />

<strong>personaggi</strong>o convitato da Socrate. 49<br />

Non è importante che noi ora prendiamo in considerazione tutti i <strong>personaggi</strong> non rappresentativi di P<strong>la</strong>tone: omettendo di par<strong>la</strong>re<br />

di quanti di loro restano, alcuni anche di rilievo come Alcibiade, diciamo soltanto qualcosa sulle coppie di <strong>personaggi</strong> che incontriamo<br />

numerose nei dialoghi, perché ci preme passare alle figure che rappresentano espressamente P<strong>la</strong>tone.<br />

Possiamo schematizzare questa parte, affermando che alcune coppie hanno <strong>funzione</strong> di contrasto e opposizione a Socrate o tra<br />

loro, altre di integrazione, altre di concordanza. Fra le tante, importante è quel<strong>la</strong> di Cratilo ed Ermogene che sostengono tesi opposte<br />

sul linguaggio; tesi che Socrate unifica nel<strong>la</strong> teoria naturale e convenzionale insieme del<strong>la</strong> lingua: essa è per natura, come facoltà<br />

dianoetica, ed è per convenzione, per estrinsecazione fonetica. Importante è ancora <strong>la</strong> coppia di amici, Simmia e Cebete, che offre a<br />

Socrate <strong>la</strong> possibilità di esporre distintamente le dimostrazioni dell’immortalità dell’anima, senza connetterle in un discorso unitario,<br />

come invece vanno lette. Importanti sono i fratelli Eutidemo e Dionisodoro con i loro giochi eristici, in reciproca opposizione, ma<br />

integrantisi tra loro; e ancora Teeteto e Socrate il Giovane che vengono presentati quasi come due facce di Socrate, come diremo tra<br />

poco.<br />

3. I <strong>personaggi</strong> rappresentativi di P<strong>la</strong>tone<br />

La scrittura p<strong>la</strong>tonica è scrittura del nascondimento sia del pensiero sia del<strong>la</strong> persona di P<strong>la</strong>tone, e Socrate, sotto il suo stilo, non è<br />

che <strong>la</strong> maschera con <strong>la</strong> quale egli ha molto presto coperto il proprio volto; maschera ora comica ora tragica, dal<strong>la</strong> quale ha fatto uscire<br />

quel<strong>la</strong> voce che abbiamo sempre chiamato socratica, ma che in realtà è voce p<strong>la</strong>tonica. Ne è nata <strong>la</strong> convinzione di un Socrate di<br />

grande levatura morale e teoretica, del quale il discepolo si era fatto portavoce: è nato il mito di Socrate. 50<br />

Ma Socrate, secondo le parole di Alcibiade che interviene ubriaco nel convivio in onore di Agatone, è simile a quelle immagini di<br />

sileni che nascondono dentro di sé “simu<strong>la</strong>cri degli dèi”; 51 e “i suoi discorsi sono quasi identici ai sileni che si aprono in due”: 52 “essi<br />

soli, fra tutti i discorsi, hanno una mente”. 53 Tutto questo episodio, che termina con <strong>la</strong> sua incoronazione da parte di Alcibiade, e che è<br />

un elogio straordinario del ‘Sileno scalzo’, in realtà deve essere letto guardando anche al di là del<strong>la</strong> sua persona, oltre <strong>la</strong> quale<br />

appaiono molti tratti del<strong>la</strong> fisionomia di P<strong>la</strong>tone.<br />

47 Gorg. 482 b-c.<br />

48 Phaedr. 243 e.<br />

49 V. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Sul<strong>la</strong> cronologia <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici; in Giornale di Metafisica, Nuova Serie XXIII 2001 n. 2.<br />

50 Le parole con le quali Fedone termina <strong>la</strong> narrazione del dialogo che porta il suo nome sono di grande stima e ammirazione per <strong>la</strong> persona di Socrate, ma<br />

contengono nello stesso tempo un limite. Fedone, e cioè P<strong>la</strong>tone, dice infatti che Socrate fu il migliore degli uomini, “e senza paragone il più savio e il più giusto”, “di<br />

quelli che allora conoscemmo”: dunque non in assoluto.<br />

51 Symp. 214 b.<br />

52 Symp. 220 d.<br />

53 Symp. 221 a.<br />

6


Noi qui tuttavia non prenderemo in considerazione lo specifico problema del rapporto tra il Socrate p<strong>la</strong>tonico e quello storico in<br />

un’analisi delle testimonianze che ci sono pervenute: ci limiteremo al<strong>la</strong> sua rappresentatività nei confronti di P<strong>la</strong>tone, assieme a quel<strong>la</strong><br />

di altri <strong>personaggi</strong> <strong>dei</strong> dialoghi.<br />

Che questo gioco del nascondimento sia presente fin dagli scritti giovanili, lo possiamo scorgere prima di tutto nel<strong>la</strong> presenza<br />

dell’ironia nello stesso contesto dialogico. L’ironia è infatti molto spesso per P<strong>la</strong>tone una forma di nascondimento, ed essa tende<br />

naturalmente al comico, come avviene in diversi dialoghi. Nul<strong>la</strong> impedisce di pensare che l’ironia sia stata anche del Socrate storico,<br />

ma in P<strong>la</strong>tone essa assume <strong>la</strong> <strong>funzione</strong> di confondere il lettore, non solo quel<strong>la</strong> di ironizzare sull’interlocutore per le sue errate<br />

opinioni: non fosse altro che per questo, egli si pone per ciò oltre Socrate. Questo tuttavia non toglie che alcuni dialoghi siano stati<br />

scritti proprio in difesa del maestro; ma si tratta comunque di una idealizzazione, e si può par<strong>la</strong>re quindi anche in questo caso di<br />

benevo<strong>la</strong> ironizzazione nei confronti dello stesso Socrate.<br />

Così, <strong>la</strong> difesa fatta da Socrate nell’Apologia è <strong>la</strong> difesa che P<strong>la</strong>tone ha concepito per il maestro, e i discorsi tenuti con Alcibiade,<br />

nei due dialoghi dedicatigli, rappresentano il tentativo di scagionarlo dall’accusa di corruzione <strong>dei</strong> giovani, e quindi ancora un<br />

momento del<strong>la</strong> presentazione di Socrate davanti ai cittadini di Atene, ma il livello in cui si collocano i suoi discorsi sembra superiore a<br />

quello socratico. 54 Ad ogni modo, con il Teage e il Lachete Socrate è già maggiormente <strong>la</strong> controfigura di P<strong>la</strong>tone, se i due dialoghi<br />

furono scritti, come si può congetturare, quale invito al<strong>la</strong> frequentazione del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> di P<strong>la</strong>tone aperta dopo <strong>la</strong> serie di viaggi<br />

giovanili e il ritorno in patria, prima del<strong>la</strong> fondazione dell’Accademia.<br />

La <strong>funzione</strong> di rappresentante di P<strong>la</strong>tone, Socrate l’assume ancor di più nei dialoghi che riteniamo immediatamente successivi, e<br />

che mostrano una intensificazione dell’ironia, culminante nel<strong>la</strong> comicità dell’Ippia maggiore. Essi sono l’Ione, l’Eutifrone, il Menone,<br />

l’Ippia minore, l’Ippia maggiore, il Menesseno: in quasi tutti il gioco ironico è spinto fino a frastornare il povero interlocutore, che<br />

sembra cadere nelle mani di un Socrate straordinariamente dialettico quale è difficile pensare sia stato nel<strong>la</strong> realtà, senza che sappia<br />

opporsi alle sue argomentazioni, comprendere quanto esse contengano. 55<br />

Sembra in definitiva che si possa dire che il Socrate di questi dialoghi abbia una tale carica umoristica che si addice più a un<br />

P<strong>la</strong>tone non ancora quarantenne che ad un Socrate vicino ai settanta anni. Vi è poi in essi una finezza nel<strong>la</strong> conduzione <strong>dei</strong><br />

ragionamenti e dell’andamento del dialogo che ha un sapore aristocratico lontano dal<strong>la</strong> rusticità popo<strong>la</strong>re che forse si deve attribuire a<br />

Socrate. Sono caratteri che si manterranno e si svilupperanno nei successivi dialoghi, culminando in alcuni di essi, quali ad esempio<br />

l’Eutidemo, il Protagora, il Convivio, il Fedro.<br />

Nel<strong>la</strong> serie <strong>dei</strong> primi dialoghi diretti, il Gorgia segna un momento fortemente diverso del<strong>la</strong> <strong>funzione</strong> di Socrate quale<br />

rappresentante di P<strong>la</strong>tone. Il Gorgia infatti si caratterizza per un contrasto tra Socrate e il terzo interlocutore, Callicle, che lo rende,<br />

come abbiamo visto, il più drammatico tra tutti gli scritti p<strong>la</strong>tonici. Nel Gorgia e poi nel Trasimaco, in questi dialoghi in cui<br />

improvvisamente viene meno <strong>la</strong> briosità che caratterizza i precedenti per dar luogo ad una forte tensione, P<strong>la</strong>tone sembra nascondersi<br />

maggiormente dietro <strong>la</strong> figura di Socrate, mentre questi si difende dall’aggressività di coloro che propugnano l’ideale del potere e<br />

del<strong>la</strong> felicità <strong>dei</strong> tiranni.<br />

Terminato il ciclo <strong>dei</strong> primi dialoghi diretti con questi due dialoghi, e dunque con l’avventura siracusana trasfigurata, P<strong>la</strong>tone,<br />

tornato ad Atene, fonda l’Accademia, e affida a Socrate <strong>la</strong> <strong>funzione</strong> di narratore <strong>dei</strong> propri dialoghi, ovvero <strong>la</strong> <strong>funzione</strong> di presentare<br />

le tematiche trattate nel<strong>la</strong> nuova Scuo<strong>la</strong>. Socrate diviene narratore di se stesso; e se questo è vero, siamo davanti ad un’altra forma di<br />

ironia: quel<strong>la</strong> di P<strong>la</strong>tone che, ex cathedra Academiae, affida a Socrate il compito di par<strong>la</strong>re di se stesso, quale eco del<strong>la</strong> voce di<br />

P<strong>la</strong>tone. Nascono i dialoghi narrati: Gli amanti, il Carmide, il <strong>Li</strong>side, <strong>la</strong> Politeia, tutti narrati dallo stesso Socrate, che resta<br />

l’incontrastato protagonista. A questi fanno seguito due dialoghi misti, narrati anch’essi da Socrate: l’Eutidemo e il Protagora, mentre<br />

i misti successivi vengono narrati da <strong>personaggi</strong> secondari: il Fedone da Fedone, il Convivio da Apollodoro, il Parmenide da Cefalo, il<br />

Teeteto, che segna il ritorno al dialogo diretto, da un giovanetto che legge gli appunti di un dialogo tra Socrate e Teeteto presi da<br />

Euclide. La svolta tra questi ultimi e i due precedenti è data dal Fedone, che, trattando dell’ultimo giorno del<strong>la</strong> vita di Socrate, non<br />

poteva essere raccontato da lui stesso.<br />

A guardare attentamente, il dialogo è quello in cui <strong>la</strong> figura di Socrate svolge l’analoga <strong>funzione</strong> di quel<strong>la</strong> del Gorgia: il Fedone<br />

infatti va letto come testamento spirituale di P<strong>la</strong>tone in procinto di partire per <strong>la</strong> seconda volta, a distanza di venti anni, verso quel<strong>la</strong><br />

Siracusa da cui supponeva che non avrebbe fatto ritorno. A conferma di ciò, ricordiamo che esso fu letto al<strong>la</strong> presenza di molti<br />

frequentatori dell’Accademia, tra cui Aristotele, cioè nell’anno in cui il giovane Stagirita entrava a far parte del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong>: l’anno<br />

stesso del secondo viaggio di P<strong>la</strong>tone a Siracusa.<br />

Parte del<strong>la</strong> bellezza e del<strong>la</strong> grandezza di questo dialogo, e del<strong>la</strong> persona del protagonista, nasce proprio dal<strong>la</strong> sovrapposizione delle<br />

figure <strong>dei</strong> due filosofi nel gioco del<strong>la</strong> finzione scenica e dell’elevatezza dialettica: <strong>la</strong> serenità davanti al<strong>la</strong> morte e <strong>la</strong> ricerca razionale<br />

del<strong>la</strong> dimostrazione dell’immortalità dell’anima erano dell’uno come erano state dell’altro; e chi era in grado di comprendere si<br />

rendeva conto che quanto Fedone andava dicendo di Socrate era da riferire a P<strong>la</strong>tone. Eccetto il giovane Aristotele, tutti si alzarono e<br />

se ne andarono, abbandonando l’ascolto del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del maestro che annunciava <strong>la</strong> sua probabile morte a Siracusa al<strong>la</strong> corte del<br />

nuovo tiranno. 56<br />

Dopo il Fedone, <strong>la</strong> figura di Socrate subisce <strong>la</strong> prima limitazione: nel Convivio egli non par<strong>la</strong> per sé, ma riporta il dialogo avuto<br />

con una donna di Mantinea; 57 nel Parmenide, dialogo immediatamente successivo, compare come giovane interlocutore del ben più<br />

importante Eleate. Tuttavia, dopo i dialoghi misti, <strong>la</strong> figura di Socrate continua ad essere presente nel<strong>la</strong> produzione letteraria p<strong>la</strong>tonica<br />

nel Teeteto, nel Fedro, nel Cratilo, nel Filebo, senza subire ancora quel<strong>la</strong> limitazione ritenuta necessaria da P<strong>la</strong>tone a partire dal<br />

Sofista. Se si eccettua il Parmenide, è il Sofista il primo dialogo nel quale assistiamo all’emarginazione del<strong>la</strong> figura di Socrate. 58 Nel<br />

54<br />

V. Sul<strong>la</strong> cronologia <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici.<br />

55<br />

Questo in generale accade anche a coloro che si accostano al pensiero di P<strong>la</strong>tone mediante una lettura sommaria o parziale. Per penetrare in esso e cogliere <strong>la</strong><br />

ricchezza e i nessi che lo rendono una teoria organica è necessario rileggere l’intera sua opera più volte, diffidando sempre di quello che P<strong>la</strong>tone dice.<br />

56<br />

Diog. Laert. III 37. V. Sul<strong>la</strong> cronologia <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici.<br />

57<br />

Questo per altro era accaduto anche nel Menesseno.<br />

58<br />

Il Parmenide sembra un dialogo tenuto in sospeso da P<strong>la</strong>tone, nel senso che è probabile che esso non sia stato letto e sottoposto a discussione durante le lezioni<br />

accademiche per alcuni anni. Questa ipotesi si regge sui seguenti punti: 1. nel Fedro Socrate fa un complesso gioco di allusioni re<strong>la</strong>tivo ad un discorso scritto da un<br />

7


Sofista, nel Politico, nel Clitofonte, nel Timeo e nel Crizia, egli diviene un <strong>personaggi</strong>o secondario; mentre nelle Leggi e<br />

nell’Epinomide Socrate non compare neppure, né viene nominato: P<strong>la</strong>tone si è tolto definitivamente <strong>la</strong> maschera che aveva portato per<br />

quasi sessant’anni. 59<br />

Tuttavia, prima di abbandonare questa straordinaria figura creata da P<strong>la</strong>tone, dobbiamo precisare alcune cose in rapporto al<br />

Parmenide e ad alcuni dialoghi successivi. Nel Parmenide, a proposito di Socrate, troviamo una novità: egli è presentato<br />

giovanissimo, come abbiamo ricordato, anche se è sempre un Socrate che mette in crisi uno Zenone di Elea e lo invita ad elevarsi con<br />

<strong>la</strong> discussione dal piano sensibile a quello intellegibile perché sia possibile una valida difesa del<strong>la</strong> concezione parmenidea: questo<br />

infatti fa nel<strong>la</strong> prima parte del<strong>la</strong> discussione. Egli appare come un giovane così ben dotato da cimentarsi poi con il più grande filosofo<br />

del passato, e ricevere da lui una lezione di dialettica di elevatissimo valore. 60 Non può dunque rappresentare P<strong>la</strong>tone, il quale par<strong>la</strong><br />

per bocca di Parmenide, come vedremo: deve rappresentare qualche altro o forse se stesso, ma non il suo allievo, che ora troppo lo<br />

sopravanza per <strong>la</strong> trattazione che affida aell’Eleate, e che esu<strong>la</strong> dall’ambito morale al quale Socrate si era limitato. 61<br />

Teeteto, Fedro, Cratilo, Filebo presentano un Socrate con molte sfaccettature, dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> impegnata nell’analisi dialettica <strong>dei</strong><br />

piani conoscitivo e metafisico, che lo allontanano sempre più dalle indagini etiche del Socrate storico. Nel Sofista e nel Politico <strong>la</strong><br />

presenza di Socrate è del tutto secondaria, ma in un certo senso ancora di garanzia dell’importanza <strong>dei</strong> discorsi che vi si tengono, anzi<br />

del<strong>la</strong> loro unità, benché egli stesso quell’unità non abbia raggiunto. Infatti, i due giovani interlocutori del protagonista <strong>dei</strong> due dialoghi<br />

posseggono aspetti che formano l’unità di Socrate: l’uno gli somiglia nel volto, l’altro porta il suo stesso nome; così Teeteto e Socrate<br />

il Giovane, e cioè colui che discute sul problema metafisico e colui che lo fa su quello politico, rappresentano come due facce di<br />

Socrate, e dunque ancora una volta P<strong>la</strong>tone. In altre parole, le due metà che Socrate storico non seppe raggiungere e unificare sono ora<br />

presentate dallo straniero di Elea che, come vedremo, rappresenta un alto livello di P<strong>la</strong>tone, sul quale non poteva essere posto Socrate.<br />

Importante è ancora <strong>la</strong> figura di Socrate nel Clitofonte. Questo dialogo, come abbiamo già detto, rappresenta <strong>la</strong> testimonianza che<br />

P<strong>la</strong>tone ha voluto <strong>la</strong>sciare dell’incomprensione e del conflitto che da tempo era sorto tra Aristotele e lui, ormai prossimi a risolversi<br />

nel<strong>la</strong> completa rottura <strong>dei</strong> rapporti. Di lì a poco infatti nel Timeo Socrate annuncerà l’avvenuta rottura con le parole iniziali del<br />

dialogo: “Uno, due, tre: e dov’è, caro Timeo, il quarto di quelli che ieri convitai e che oggi mi convitano? TIMEO. È un po’ indisposto,<br />

o Socrate: perché non sarebbe mancato volontariamente a questa riunione.” 62<br />

Secondo l’aneddoto che abbiamo sopra ricordato, sarebbero dovuti passare tuttavia ancora diversi anni prima che Aristotele<br />

mostrasse <strong>la</strong> sua bassezza d’animo nel suo tentativo di esautorare P<strong>la</strong>tone e sostituirsi a lui nel<strong>la</strong> guida dell’insegnamento<br />

nell’Accademia. Eppure P<strong>la</strong>tone, come possiamo intravedere in alcuni dialoghi scritti tra il Parmenide e il Timeo, aveva cercato di<br />

colmare <strong>la</strong> frattura aperta da Aristotele: troviamo in proposito qualche allusione soprattutto nel Fedro, 63 nel Filebo, in cui compare “il<br />

bel Filebo” che si è ritirato dal<strong>la</strong> competizione ed ha abbracciato incondizionatamente <strong>la</strong> tesi che il bene è il piacere, e non vuole<br />

discutere con Socrate. 64<br />

Possiamo concludere in definitiva che Socrate usciva gradualmente dal<strong>la</strong> scena <strong>dei</strong> dialoghi p<strong>la</strong>tonici nello steso periodo in cui si<br />

andava consumando il distacco di Aristotele dal maestro, e nuove figure venivano prendendo il posto del ‘Sileno’: figure più<br />

teoreticamente rappresentative di P<strong>la</strong>tone, in quanto le tematiche e le soluzioni dialettiche da esse trattate si presentavano ormai<br />

troppo lontane dal<strong>la</strong> scepsi del maestro, frutto del<strong>la</strong> lunga e personale specu<strong>la</strong>zione p<strong>la</strong>tonica sul materiale presocratico e di cultura<br />

‘barbara’.<br />

Le figure rappresentative di P<strong>la</strong>tone, al di fuori di Socrate, comprendono anche quelle <strong>dei</strong> parenti di P<strong>la</strong>tone e quelle di Aspasia del<br />

Menesseno, di Diotìma del Convivio, quindi quelle di Parmenide del dialogo omonimo, dello straniero di Elea del Sofista e del<br />

Politico, di Timeo e di Crizia <strong>dei</strong> dialoghi che portano il loro nome, per terminare con <strong>la</strong> grande figura dell’Ateniese delle Leggi e<br />

dell’Epinomide.<br />

Nel<strong>la</strong> polis p<strong>la</strong>tonica un ruolo partico<strong>la</strong>re svolgono i parenti di P<strong>la</strong>tone, anche se <strong>la</strong> loro presenza ha soltanto il valore di garantire<br />

l’importanza delle argomentazioni che si svolgono. Non tutti poi sono veri e propri <strong>personaggi</strong> <strong>dei</strong> dialoghi, poiché alcuni vengono<br />

soltanto nominati; come è il caso di Demo, figlio di Piri<strong>la</strong>mpo, che abbiamo ricordato.<br />

Pa<strong>la</strong>mede di Elea durante l’assedio di Troia (“nelle ore d’ozio a Troia”; Phaedr. 261 b-d), che è un riferimento allo scritto di Zenone di Elea, da lui perduto e ritrovato,<br />

come si legge nel Parmenide (Parm. 128 b-e), ma anche a quanto P<strong>la</strong>tone aveva abbozzato per il giovane tiranno e che forma <strong>la</strong> seconda parte del Parmenide, scritta<br />

“nelle ore d’ozio a Troia”; 2. nel Filebo si par<strong>la</strong> di una teoria non ancora universalmente nota (Phil. 14 e); 3. in nessuno scritto aristotelico viene mai citato il<br />

Parmenide. Il passo del Filebo è il seguente: “E tu allora, Socrate, di quali altre cose parli, riguardanti il medesimo problema, che non siano ancora di pubblico dominio<br />

e su cui non vi sia comune accordo re<strong>la</strong>tivamente al<strong>la</strong> sopra esposta valutazione?” Il problema è quello del rapporto tra ‘uno’ e molti’, e che l’uno sia molti: si tratta<br />

del<strong>la</strong> tematica trattata appunto nel<strong>la</strong> seconda parte del Parmenide, dunque non ancora presentata nelle lezioni accademiche. Ricordiamo inoltre che Dionisio fece<br />

passare per suo uno scritto desunto dai colloqui con P<strong>la</strong>tone (Epist. VII 341 b): questo giustificherebbe <strong>la</strong> scomparsa e il ritrovamento dello scritto di Zenone (P<strong>la</strong>tone).<br />

59<br />

Vi è un’affermazione p<strong>la</strong>tonica, in una lettera inviata da P<strong>la</strong>tone a Dionisio il Giovane dopo il suo secondo viaggio a Siracusa, che ci sorprende: in essa P<strong>la</strong>tone<br />

dice di non aver mai scritto nul<strong>la</strong> sulle sue dottrine più elevate, “sicché non esiste e non esisterà mai alcun trattato di P<strong>la</strong>tone. Quanto ora gli si attribuisce, è dovuto a<br />

Socrate, bello e giovane.” Epist. II 314 c. Non è tuttavia difficile comprendere che l’espressione “Socrate, bello e giovane” non può riferirsi al<strong>la</strong> persona di Socrate, ma<br />

a ciò che vi era di positivo e potenziale nel dialogare socratico, che P<strong>la</strong>tone ha sviluppato negli scritti fino a quel momento (prima del<strong>la</strong> stesura <strong>dei</strong> secondi dialoghi<br />

diretti), ma che non contengono ancora nessuna trattazione di quelle dottrine, le quali del resto non saranno mai trattate esplicitamente né interamente.<br />

60<br />

V. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Commentario al Parmenide di P<strong>la</strong>tone; p. 73 ss.<br />

61<br />

Un riferimento di questo giovane Socrate al Socrate storico l’abbiamo in un passo del<strong>la</strong> trattazione del<strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong> partecipazione delle cose alle idee. In essa,<br />

Socrate avanza l’ipotesi che il rapporto tra idee e cose possa risolversi nell’essere le idee nient’altro che pensieri che si formano in noi (Parm. 132 b ss.), avvicinandosi<br />

al<strong>la</strong> posizione che Aristotele gli attribuisce di scopritore del concetto. Ma il giovane Socrate rappresenta probabilmente anche Speusippo, il nipote di P<strong>la</strong>tone, per le<br />

parole che Parmenide rivolge a Socrate: “Lo capii ascoltandoti anche l’altro ieri qui e par<strong>la</strong>vi a questo nostro Aristotele.” Parm. 135 d. Speusippo e Aristotele erano<br />

probabilmente in quel periodo le due maggiori speranze dell’Accademia.<br />

62<br />

Tim. 17 a. Che Timeo giustifichi l’assenza del quarto <strong>personaggi</strong>o con una indisposizione, “perché non sarebbe mancato volontariamente a questa riunione”, non<br />

toglie nul<strong>la</strong> al<strong>la</strong> nostra ipotesi, anzi <strong>la</strong> rafforza, in quanto sappiamo che per P<strong>la</strong>tone ogni male è involontario, e dunque anche l’ingiustificata ostilità di Aristotele verso<br />

P<strong>la</strong>tone.<br />

63<br />

Phaedr. 243 e. Lo stesso ‘ricupero’ del<strong>la</strong> retorica fatto da P<strong>la</strong>tone in questo dialogo sembra rispondere anche allo studio di questo ambito intrapreso da Aristotele<br />

durante il periodo accademico.<br />

64<br />

Phil. 11 c. La mancata stesura del Filosofo, che doveva far seguito al Sofista e al Politico, può essere giustificata in rapporto al<strong>la</strong> produzione, forse polemica, di<br />

Aristotele, il quale nel periodo accademico scrisse dialoghi con lo stesso nome di quelli di P<strong>la</strong>tone: Sofista e Politico.<br />

8


Ad ogni modo, a cominciare dai dialoghi narrati fanno <strong>la</strong> loro comparsa i parenti di P<strong>la</strong>tone come <strong>personaggi</strong> di una certa<br />

importanza: Crizia nel Carmide, Adimanto e G<strong>la</strong>ucone nel<strong>la</strong> Politeia, ancora entrambi, assieme al fratel<strong>la</strong>stro Antifonte, nel<br />

Parmenide, nuovamente Crizia nel Timeo e nel Crizia.<br />

Nel<strong>la</strong> Politeia <strong>la</strong> presenza <strong>dei</strong> due fratelli di P<strong>la</strong>tone diviene significativa dal secondo libro in poi, con un alternarsi di interventi<br />

che, in linea di massima, sottolineano <strong>la</strong> maggiore o minore importanza del discorso di Socrate: ad Adimanto sono rivolti i discorsi<br />

più elevati, a G<strong>la</strong>ucone quelli che lo sono meno. Nel Parmenide è ugualmente Adimanto che par<strong>la</strong> e conduce Cefalo dal fratel<strong>la</strong>stro<br />

Antifonte, mentre di G<strong>la</strong>ucone si dice soltanto che è con lui. Senonché, se <strong>la</strong> presenza <strong>dei</strong> due fratelli è garanzia del<strong>la</strong> grande<br />

importanza del<strong>la</strong> Politeia, quel<strong>la</strong> di tutti e tre diviene segno di una rilevanza massima. Che tutto il dialogo narrato da Cefalo sia<br />

presentato come raccontato a lui da Antifonte, che lo ha appreso da Pitodoro, il quale era stato presente ai discorsi tenuti da Socrate,<br />

Zenone e Parmenide sta ad indicare che il numero tre è il telos a cui deve essere volta l’attenzione dell’ascoltatore o del lettore del<br />

dialogo. Tre sono infatti i racconti, tre i fratelli di P<strong>la</strong>tone, tre i luoghi in cui si svolgono le scene del dialogo, tre le parti in cui è<br />

diviso, tre i protagonisti; e le terne non sono finite. Ma su questo dialogo torneremo par<strong>la</strong>ndo del suo protagonista.<br />

L’importanza di Crizia, quale rappresentante di P<strong>la</strong>tone, è data dal<strong>la</strong> narrazione che egli fa del<strong>la</strong> “storia tutta vera” nel Timeo e nel<br />

Crizia, e dal<strong>la</strong> precisazione che essa è pervenuta a lui dai racconti del nonno omonimo, e a questi da Solone, che li aveva appresi da<br />

un sacerdote di Sais al tempo del suo viaggio in Egitto. È da ricordare innanzi tutto che P<strong>la</strong>tone per parte di madre discendeva da un<br />

fratello di Solone, e inoltre che egli stesso aveva fatto un viaggio in Egitto tra il 399 e il 387. Senza entrare nel<strong>la</strong> questione del<strong>la</strong><br />

“storia tutta vera” dell’At<strong>la</strong>ntide, dirò soltanto che esistono validi motivi per ritenere che il racconto non sia un’invenzione di P<strong>la</strong>tone,<br />

ma che egli l’abbia ascoltato dai sacerdoti egizi durante il suo soggiorno nel<strong>la</strong> terra del Nilo. Crizia, zio di P<strong>la</strong>tone, lo rappresenta<br />

dunque pienamente come narratore di una storia che egli ha semplicemente appreso. 65<br />

Usciti dal<strong>la</strong> seria <strong>dei</strong> parenti di P<strong>la</strong>tone, dobbiamo tornare ai primi dialoghi diretti per ricordare altri suoi rappresentanti. In questo<br />

gruppo di dialoghi, a parte <strong>la</strong> personificazione delle Leggi dell’Ade che troviamo nel Critone, dobbiamo ricordare Aspasia del<br />

Menesseno, che, secondo le parole di Socrate, gli avrebbe recitato l’orazione funebre che egli riferisce a Menesseno. Si tratta di uno<br />

<strong>dei</strong> tanti giochi dietro i quali P<strong>la</strong>tone nasconde il proprio pensiero. In questo caso, <strong>la</strong> storia ideale di Atene, manifestamente lontana<br />

dalle vicende reali, allude al parallelo tra uomo e popolo: Atene, che assieme agli altri Greci vince i barbari, quindi da so<strong>la</strong> sconfigge<br />

il resto <strong>dei</strong> Greci, e in fine vince se stessa nelle rivolte interne, raffigura l’anima razionale che si impone su quel<strong>la</strong> concupiscibile, su<br />

quel<strong>la</strong> irascibile e su se stessa, per un dominio dell’individuo su di sé che è espressione del<strong>la</strong> regalità al<strong>la</strong> quale è chiamato per natura.<br />

Aspasia dunque, legata a Pericle, fa da tramite tra il filosofo e lo statista, quasi a dire che questa sarebbe potuta essere <strong>la</strong> storia di<br />

Atene se <strong>la</strong> polis fosse stata retta dai filosofi, poiché il vero filosofo compie appunto quel<strong>la</strong> subordinazione nel<strong>la</strong> propria persona.<br />

L’altra donna che incontriamo nel<strong>la</strong> produzione letteraria di P<strong>la</strong>tone è Diotìma di Mantinea, che nel Convivio Socrate presenta<br />

come l’esperta d’amore che almeno in parte lo ha iniziato al<strong>la</strong> sua scienza. 66 Socrate ha modo così di riferire ai convenuti al convivio<br />

in onore di Agatone il colloquio avuto con lei, e cioè il suo discorso su Eros. Si tratta di una delle pagine p<strong>la</strong>toniche più elevate, nel<strong>la</strong><br />

quale P<strong>la</strong>tone espone una teoria troppo al di sopra delle possibilità di Socrate per poter<strong>la</strong> affidare interamente a lui; e questo, come<br />

abbiamo visto, accadrà di frequente dopo il Convivio. 67<br />

A fianco di Diotìma possiamo qui porre gli altri <strong>personaggi</strong> del Convivio, ciascuno <strong>dei</strong> quali manifesta nel proprio elogio ad Eros<br />

un <strong>la</strong>to del pensiero di P<strong>la</strong>tone sul potere del<strong>la</strong> Bellezza in sé e sull’amore che da essa deriva ad ogni aspetto del<strong>la</strong> realtà. La<br />

molteplicità del reale appare legata e attirata dal Bello come da una ca<strong>la</strong>mita, al<strong>la</strong> cui sommità anche il più insignificante elemento<br />

aspira, secondo una sca<strong>la</strong> che tende a mantenere nell’Essere ogni singo<strong>la</strong> cosa. In questo senso, il Convivio rappresenta una sintesi<br />

straordinaria di tutto un ambito del pensiero p<strong>la</strong>tonico: quello del sentiero del<strong>la</strong> Bellezza.<br />

Dopo Diotìma, l’altra grande figura <strong>rappresentativa</strong> di P<strong>la</strong>tone è Parmenide. I giudizi di grande stima, espressi da Socrate nei suoi<br />

confronti nel Teeteto e nel Sofista, sono molto eloquenti, soprattutto in quanto scritti dopo il dialogo a lui dedicato. 68 Parmenide<br />

rappresenta l’intuizione e <strong>la</strong> dimostrazione dell’esistenza del<strong>la</strong> realtà intellegibile, e dell’affinità dell’anima umana ad essa.<br />

Parmenide, per P<strong>la</strong>tone, incarna <strong>la</strong> figura del filosofo capace di fondare <strong>la</strong> possibilità di unificazione di quei principi sui quali si<br />

erano affaticati i Presocratici: dall’Ápeiron di Anassimandro all’Uno di Pitagora, al Nous di Anassagora. La sua affermazione<br />

dell’Essere, che permette a P<strong>la</strong>tone <strong>la</strong> giustificazione delle scienze teoretiche e del<strong>la</strong> dialettica, sta a fondamento del<strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong><br />

partecipazione, e costituisce il punto di Archimede per sollevare <strong>la</strong> ragione al<strong>la</strong> concezione di Dio. 69<br />

Il Parmenide p<strong>la</strong>tonico si presenta come colui che può dare all’ancora giovane Socrate una lezione di dialettica, un “gioco serio”, 70<br />

in cui, dialogando con Aristotele, espone i risultati del massimo sforzo di pensiero effettuato da P<strong>la</strong>tone. Nel dialogo, egli delinea,<br />

attraverso otto ipotesi, i quattro piani del<strong>la</strong> realtà che P<strong>la</strong>tone era riuscito a determinare razionalmente: l’Uno che è (Dio); gli Altri che<br />

sono (gli dèi); l’uno che non è (l’anima umana); gli altri che non sono (i corpi); quattro realtà rispondenti a quelle che Parmenide<br />

aveva denominato in precedenza con <strong>la</strong> metafora del padrone e dello schiavo:<br />

65 Quanto ad Ermocrate, il generale ateniese che avrebbe dovuto sostenere l’impegno del terzo dialogo, si può soltanto ipotizzare che avrebbe forse presentato <strong>la</strong><br />

storia dell’umanità più o meno come ci viene esposta nel terzo libro delle Leggi. Che sia questa o altra <strong>la</strong> soluzione da dare al problema, il terzo libro delle Leggi resta<br />

una grande pagina p<strong>la</strong>tonica che ben sarebbe figurata nel<strong>la</strong> bocca del generale ateniese.<br />

66 Sappiamo da Diogene Laerzio che due donne frequentavano l’Accademia al tempo di P<strong>la</strong>tone: Lastenia di Mantinea e Assiotea di Fliunte. Diog. Laert. III 46.<br />

Non è improbabile che <strong>la</strong> scelta di una donna di Mantinea, Diotìma, sia un omaggio alle due donne dell’Accademia.<br />

67 P<strong>la</strong>tone sente l’esigenza di andare oltre <strong>la</strong> figura di Socrate e <strong>la</strong> sua posizione di ricerca, non per presentare <strong>la</strong> propria dottrina direttamente e in forma<br />

trattatistica, ma in qualche modo per evidenziarne le difficoltà. I dialoghi dialettici rispondono a questa esigenza; ma, mentre approfondiscono maggiormente il metodo<br />

di ricerca, continuano a nascondere i contenuti. Sono questi tuttavia gli scritti in cui si deve ricercare il pensiero più elevato di P<strong>la</strong>tone.<br />

68 I due passi sono i seguenti: 1. “Ecco: di fronte a Melisso e agli altri, i quali dicono che l’universo è un’unica cosa immobile, per quanto io abbia un certo ritegno<br />

di trattar <strong>la</strong> questione grosso<strong>la</strong>namente, ne ho pur meno che di fronte a Parmènide. Parmènide mi pare che sia come direbbe Omero, venerando e insieme terribile. Io mi<br />

trovai con lui che già era molto vecchio, e io ero molto giovane; e mi par ch’egli avesse una profondità di pensiero veramente nobile e maestosa. Io temo dunque che il<br />

suo linguaggio noi non si capisca, e molto più ci sfugga il senso di ciò che disse”. Theaet. 183 e-184 a. 2. “Da giovane, io ebbi modo di assistere all’opera di<br />

Parmenide, il quale, allora già molto avanzato in età, usando anch’egli quest’ultimo metodo [brachilogico], disse cose meravigliose.” Soph. 217 c. È del tutto<br />

impensabile che le due espressioni messe in bocca a Socrate non si riferiscano al <strong>personaggi</strong>o del dialogo e dunque a P<strong>la</strong>tone.<br />

69 Per questi problemi v. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Commentario al Parmenide di P<strong>la</strong>tone, e Il sentiero p<strong>la</strong>tonico del<strong>la</strong> verità e dell’Essere; in Giornale di Metafisica, Nuova<br />

Serie, anno XXII 2000, n. 3 e anno XXIII 2001 n. 1.<br />

70 Parm. 137 b.<br />

9


1. il Padrone in sé Dio<br />

2. lo Schiavo in sé dèi<br />

3. il padrone umano anima<br />

4. lo schiavo umano corpi. 71<br />

Inoltre, discutendo con Socrate, Parmenide aveva esposto le due uniche forme di partecipazione: per l’intero Intellegibile, e per <strong>la</strong><br />

sua parte, a fianco alle quali aveva mostrato i rispettivi caratteri degli esseri generati da tali partecipazioni. 72<br />

La sublimità di queste trattazioni pone Parmenide su di un piano così elevato e inaccessibile ai più che P<strong>la</strong>tone sarà spinto a creare<br />

un <strong>personaggi</strong>o che indicasse i gradini necessari per salire a tanta altezza: lo straniero di Elea, un discepolo di Parmenide.<br />

L’anonimo <strong>personaggi</strong>o, protagonista del Sofista e del Politico, che al giovane Teeteto dirà di non volere affatto passare per<br />

parricida nei confronti del padre del<strong>la</strong> teoria dell’Essere, 73 rappresenta P<strong>la</strong>tone quale autore del grande passo fatto avanti nei confronti<br />

del<strong>la</strong> concezione parmenidea: lo straniero infatti, senza compiere nessun parricidio, mostra, in un contesto di non facile comprensione,<br />

<strong>la</strong> possibilità del molteplice, negata da Parmenide.<br />

I due grandi <strong>personaggi</strong>, Parmenide e lo straniero di Elea, rispecchiano per ciò P<strong>la</strong>tone nelle conclusioni dialettiche più elevate a<br />

cui egli è giunto: <strong>la</strong> conferma del<strong>la</strong> concezione monistica dell’Essere intellegibile di Parmenide, e <strong>la</strong> soluzione dell’aporia da lui<br />

introdotta, ma non da lui superata, attraverso una originare teoria dell’Assoluto, e quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> partecipazione che giustificano<br />

l’esistenza del molteplice senza contraddire l’unicità dell’Essere. 74<br />

A tale altezza metafisica Socrate non appariva rappresentante adeguato, anche se nel<strong>la</strong> Politeia P<strong>la</strong>tone gli aveva affidato <strong>la</strong> parte<br />

di annunciatore del<strong>la</strong> scienza del Bene. 75<br />

Era necessario tuttavia fare anche un altro passo al di là del<strong>la</strong> concezione eleatica da P<strong>la</strong>tone dialettizzata: era necessario<br />

immettere in essa <strong>la</strong> teoria pitagorica, anch’essa rinnovata e connessa secondo più vere modalità dialettiche, per poter risolvere <strong>la</strong><br />

seco<strong>la</strong>re questione del<strong>la</strong> struttura e del<strong>la</strong> generazione del Cosmo. Nasce in questo modo <strong>la</strong> quarta grande figura p<strong>la</strong>tonica, dopo quel<strong>la</strong><br />

di Socrate: quel<strong>la</strong> di Timeo.<br />

Se le figure di Parmenide e dello straniero di Elea rispondono al debito di P<strong>la</strong>tone nei confronti del pensiero eleatico, quel<strong>la</strong> di<br />

Timeo risponde al debito p<strong>la</strong>tonico verso il Pitagorismo. Si tratta senza dubbio di debiti non superficiali, che P<strong>la</strong>tone mostra di<br />

riconoscere assieme ad altri, nei confronti <strong>dei</strong> Presocratici e dello stesso Socrate; ma nello stesso tempo essi riguardano elementi che<br />

so<strong>la</strong>mente lui era stato in grado di vagliare, comparare, connettere e sviluppare. Ne sono nate le due grandi sintesi che portano i nomi<br />

di Parmenide e di Timeo, in immaginari incontri di Socrate con i due pensatori: è ancora un omaggio al maestro di gioventù, il quale,<br />

nel<strong>la</strong> finzione letteraria, si incontra giovane con l’Eleate e ormai anziano con il Pitagorico.<br />

Dopo i due tentativi di spiegare il Cosmo e le sue leggi, che troviamo nel<strong>la</strong> Politeia e nel Fedone, P<strong>la</strong>tone torna con ben altre<br />

conoscenze e con ben altro approfondimento sul problema cosmologico nel Timeo, nel quale confluiscono in una sintesi mirabile i<br />

risultati delle meditazioni p<strong>la</strong>toniche sul pensiero presocratico. La vecchia distinzione che voleva P<strong>la</strong>tone parmenideo e Aristotele<br />

eracliteo è stato uno di quegli abbagli storiografici che permangono a lungo e falsano l’accostamento alle opere <strong>dei</strong> due filosofi. È<br />

piuttosto da capovolgere <strong>la</strong> duplice definizione per affermare che <strong>la</strong> concezione fisica dello Stagirita, incentrata sull’eternità sia <strong>dei</strong><br />

moti celesti sia del<strong>la</strong> generazione degli esseri viventi, risponde, seppure in modo inadeguato, al<strong>la</strong> impostazione eleatica, così come<br />

pure <strong>la</strong> sua teoria <strong>dei</strong> luoghi naturali. Di contro, P<strong>la</strong>tone, nel rispetto dell’intuizione dell’Essere effettuata da Parmenide, Essere di<br />

ordine intellegibile e trascendente, ci dà <strong>la</strong> visione di un Cosmo in continuo divenire, il cui stesso fondamento, percepibile “senza il<br />

senso per mezzo d’un ragionamento bastardo, ed appena credibile,” 76 è di una dinamicità che va al di là del<strong>la</strong> stessa concezione di<br />

Eraclito, e impronta di sé tutti i livelli del sensibile. 77<br />

Non possiamo stabilire con precisione quando sia avvenuto in modo determinante l’innesto pitagorico sul tronco che P<strong>la</strong>tone<br />

andava sviluppando, ma è certo che il secondo e il terzo viaggio a Siracusa deve essere stato essenziale assieme al rapporto, che noi<br />

abbiamo incompleto, con Archita di Taranto, e all’acquisto dell’opera di Filo<strong>la</strong>o. Ne abbiamo una chiara dimostrazione nel Filebo, 78<br />

ma non mancano elementi pitagorici in qualche dialogo precedente. È però soprattutto nel Timeo che il Pitagorismo è messo a frutto<br />

in una visione che va oltre <strong>la</strong> concezione dell’antica Scuo<strong>la</strong>. Timeo rappresenta per ciò il nuovo passo avanti effettuato da P<strong>la</strong>tone, al<br />

di là di Socrate e di Parmenide, senza ‘parricidio’ nei confronti dell’Eleate.<br />

Ma neanche con questo nuovo <strong>personaggi</strong>o P<strong>la</strong>tone si rive<strong>la</strong> completamente: gli rimangono ancora alcune cose che nel<strong>la</strong><br />

descrizione del Cosmo aveva omesso, e che rivelerà nelle Leggi, mentre su quelle già esposte non ritorna. 79 Il debito con il<br />

Pitagorismo è ad ogni modo pagato; e P<strong>la</strong>tone, dopo l’esposizione di Timeo e il racconto di Crizia del<strong>la</strong> storia di At<strong>la</strong>ntide, può<br />

abbandonare le maschere dietro le quali si era ce<strong>la</strong>to, e presentarsi direttamente e nello stesso tempo con un ultimo e tenue velo sul<br />

volto per pagare l’ultimo e più grande debito: il debito con <strong>la</strong> propria patria. Nasce <strong>la</strong> figura dell’‘Ateniese’; quell’ateniese aperto a<br />

tutte le culture, simboleggiate nelle Leggi dalle due più affini: <strong>la</strong> cultura cretese, impersonata da Clinia, e quel<strong>la</strong> spartana, impersonata<br />

da Megillo.<br />

71 Parm. 133 d-134 a. Il rapporto tra le quattro realtà è duplice: il primo, tra Padrone in sé e padrone umano, tra Schiavo in sé e schiavo umano è un rapporto di<br />

partecipazione; il secondo, tra Padrone in sé e Schiavo in sé, tra padrone umano e schiavo umano è di intero-parti. Analoghi sono i rapporti tra Verità in sé e verità<br />

umana, tra Scienza in sé e scienza umana, a cui accenna Parmenide.<br />

72 Per P<strong>la</strong>tone l’anima partecipa dell’intero Intellegibile, che essa possiede come sua nota caratteristica, tale da render<strong>la</strong> pensiero pensante; mentre un corpo<br />

partecipa per <strong>la</strong> parte dell’Intellegibile, <strong>la</strong> quale è modello nei confronti del corpo, che per ciò è razionale soltanto come pensiero pensato.<br />

73 Soph. 241 d.<br />

74<br />

V. Il sentiero p<strong>la</strong>tonico del<strong>la</strong> verità e dell’Essere.<br />

75<br />

Resp. VI 506 d-e.<br />

76<br />

Tim. 52 b.<br />

77<br />

Questo fondamento viene definito nel Politico con l’espressione “mare infinito del<strong>la</strong> dissomiglianza”. Polit. 273 d. V. Il sentiero p<strong>la</strong>tonico del<strong>la</strong> verità e<br />

dell’Essere.<br />

78 Si veda nel Filebo <strong>la</strong> presentazione del corporeo come unione di un elemento infinito (“mare infinito del<strong>la</strong> dissomiglianza) e di elementi finiti (intellegibili),<br />

concezione che si trova nei frammenti che abbiamo di Filo<strong>la</strong>o.<br />

79 Leg. X 903 b ss.<br />

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I tre vecchi, nell’immota ora meridiana, nell’eterna ora meridiana del<strong>la</strong> Grecia (“quest’ora ardente”, come <strong>la</strong> chiama), si avviano<br />

per un sentiero che da Cnosso conduce all’antro di Zeus, nel quale il padre degli dèi e degli uomini aveva insegnato per nove anni a<br />

Minosse le leggi del vivere umano. 80 P<strong>la</strong>tone, lo scopritore del<strong>la</strong> città ideale, al<strong>la</strong> quale dobbiamo guardare per fondare quel<strong>la</strong> terrena,<br />

che ora mostra apertamente <strong>la</strong> propria cittadinanza terrena, nel<strong>la</strong> sua ultima opera si colloca a Creta, nell’iso<strong>la</strong> su cui era scesa un<br />

tempo <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione divina, diretto all’altro di Zeus con passi stanchi per presentarsi all’ultimo giudizio.<br />

APPENDICE<br />

Do qui <strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> <strong>dei</strong> <strong>personaggi</strong> p<strong>la</strong>tonici <strong>dei</strong> vari dialoghi, secondo l’ordine cronologico da me avanzato, distinto in primi dialoghi diretti, dialoghi narrati, dialoghi<br />

misti, secondi dialoghi diretti.<br />

TAVOLA DEI PERSONAGGI<br />

PRIMI DIALOGHI DIRETTI 81 Protagonista Altri <strong>personaggi</strong><br />

Demodoco Anonimo Demodoco<br />

Quesiti Anonimo Anonimo<br />

Del giusto Socrate Anonimo<br />

Del<strong>la</strong> virtù Socrate Anonimo<br />

Minosse Socrate Amico<br />

Ipparco Socrate Amico<br />

Sisifo Socrate Sisifo<br />

Apologia di Socrate Socrate Meleto<br />

Critone Socrate Critone<br />

Alcibiade I Socrate Alcibiade<br />

Alcibiade II Socrate Alcibiade<br />

Teage Socrate Demodoco Teage<br />

Lachete Socrate Lachete Nicia <strong>Li</strong>simaco Melesia<br />

Ione Socrate Ione<br />

Eutifrone Socrate Eutifrone<br />

Menone Socrate Menone Anito Servo<br />

Ippia minore Socrate Ippia Eudico<br />

Ippia maggiore Socrate Ippia<br />

Menesseno Socrate Menesseno<br />

Gorgia Socrate Gorgia Polo Callicle Cherefonte<br />

DIALOGHI NARRATI<br />

Amanti (narrato da Socrate) Socrate Primo amante Secondo amante<br />

Carmide (narrato da Socrate) Socrate Carmide Crizia Cherefonte<br />

<strong>Li</strong>side (narrato da Socrate) Socrate <strong>Li</strong>side Ippotale Ctesippo Menesseno<br />

Politeia (narrato da Socrate) Socrate Cefalo Polemarco Trasimaco Adimanto G<strong>la</strong>ucone<br />

DIALOGHI MISTI<br />

Eutidemo (narrato da Socrate) Socrate Eutidemo Dionisodoro Clinia Ctesippo (Socrate Critone)<br />

Protagora (narrato da Socrate) Socrate Protagora Ippocrate Alcibiade Prodico Callia Crizia Ippia (Socrate Amico)<br />

Fedone (narrato da Fedone) Socrate Fedone Critone Simmia Cebete Apollodoro Anonimo Messo Carceriere Santippe (Fedone Echecrate)<br />

Convivio (narrato da Apollodoro) Socrate Aristodemo Agatone Aristofane Fedro Pausania Eurissimaco Alcibiade [Diotìma] (Apollodoro Amico)<br />

Parmenide (narrato da Cefalo) Parmenide Zenone Socrate Aristotele Pitodoro (Cefalo Adimanto [G<strong>la</strong>ucone] Antifonte)<br />

Teeteto (letto da un ragazzo) Socrate Teeteto Teodoro (Euclide Terpsione)<br />

SECONDI DIALOGHI DIRETTI<br />

Fedro Socrate Fedro<br />

Cratilo Socrate Cratilo Ermogene<br />

Filebo Socrate Filebo Protarco<br />

Sofista Straniero Socrate Teeteto Teodoro<br />

Politico Straniero Socrate il Giovane Socrate Teodoro<br />

Clitofonte Clitofonte Socrate<br />

Timeo Timeo Socrate Crizia Ermocrate<br />

Crizia Crizia Socrate Timeo Ermocrate<br />

Leggi Ateniese Clinia Megillo<br />

Epinomide Ateniese Clinia Megillo<br />

80 Leg I 624 ass.<br />

81 Chiamo Quesiti i tre brevi scritti che formano <strong>la</strong> seconda parte del Demodoco. Quanto al Demodoco, chi par<strong>la</strong> o scrive non è affatto detto che sia Socrate.<br />

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